Cusano visse in pieno Quattrocento, lesse e scrisse moltissimi testi,
fu amico di umanisti. Alcuni studiosi hanno considerato Cusano un uomo
del Medioevo, altri l'hanno considerato un moderno, altri ancora una personalità
di transizione tra due epoche diverse. Dibattiti di questo tipo non sono
evidentemente efficaci per una vera conoscenza di Cusano, perché
Cusano non si offre alle generalizzazioni, non si presta alle presentazioni
sintetiche, e neppure a facili semplificazioni, sia in sede storica sia
in sede teoretica.
Cusano ci dà prima di tutto un modello di comprensione e di valutazione
delle questioni del suo tempo, ci fornisce una risposta originale, libera
e portatrice di qualcosa di nuovo di fronte alla crisi, uno sforzo, considerato
da tutti rivoluzionario, di soluzione mediante un invito alla genuinità
originale, mostrato con il ricorso all'interpretazione delle scritture
ed allo status storico primitivo dell'istituzione della Chiesa.
Al di là di questo pregio continuo di rinnovamento e di cambiamento
nella cultura della Chiesa, anche se oggi la situazione storica è
profondamente diversa, sono sempre valide alcune soluzioni ed alcuni concetti
suggeriti proprio da Cusano, i quali adesso si presentano con nuova attualità,
e che confermano come Cusano non sia soltanto l'uomo che rappresenta la
fine del Medioevo, ma anche un profeta del futuro. In Cusano possiamo vedere
prima di tutto l'antica dottrina cattolica della Chiesa vista come comunità
dei fedeli, cioè come concordantia, vale a dire come un qualcosa
di armonico in influenza reciproca tra le varie membra ed i capi a qualsiasi
livello, e verso il cui corpus l'autorità viene efficientemente
indirizzata come un servizio.
La Chiesa è messa in rilievo da Cusano come communio fidelium
che vive dello Spirito Santo, fautore di concordanza sia da un punto di
vista personale, sia su quello strutturale, per cui l'idea dell'assemblearismo
della Chiesa trova la sua più autentica dimostrazione nel concilio
come vero ed unico rappresentante della Chiesa universale e massimo organo
di potere e di autorità.
Tutto ciò non viene contestato, ma anzi si aggiunge armoniosamente
con l'idea del primato considerato nella sua dimensione giuridica e pastorale.
Oltre questo valore basilare è possibile rilevare altri elementi
di una certa importanza: in Cusano si trova l'idea della rappresentanza
e del consenso che si rispecchiano prima di tutto nell'elezione e nel valorizzare
il collegio episcopale, ma anche nell'esigenza di fare rinascere i patriarcati,
nell'importante funzione di un capace Consiglio episcopale del Papa ed
in conclusione l'indispensabile riorganizzazione del Collegio dei cardinali
nel suo significato di rappresentanza della Chiesa: è questo che
per Cusano rappresenta la radix di un utile rinnovamento della Chiesa.
Cusano si ispirò continuamente a questo sogno, anche se, malgrado
la falsa austerità, il suo progetto innovativo sembra in larga parte
conservatore dal momento che segue fedelmente le dottrine della Chiesa.
Se può impressionare ciò che Cusano dice sul primato di Pietro,
le restrizioni che poi elabora lo riportano in conclusione alla corrente
più tipica del pensiero cattolico.
Cusano occupa un posto molto equilibrato: non porta mai i suoi princìpi
alle ultime conseguenze.
Tutti questi passaggi del suo sviluppo sono sottoposti all'idea di unità
che dirime i conflitti con l'effettuazione dell'armonia e della concordantia.
Cusano vede questa concordanza dapprima nel concilio, e poi nel papato.
Non si può negare l'importanza dell'opera politica di Cusano, e
ciò sia che con essa termini il Medioevo sia che venga posta come
inizio dei "tempi nuovi", è carica di molti componenti
che non si possono non osservare, proprio perché fanno parte della
grande storia delle idee e sicuramente marcano un'epoca.
Ma dopo Cusano? Alcune correnti filosofiche antiassolutiste si riallacciano
direttamente alla filosofia conciliare: è con la disputa sulla convocazione
del concilio di Pisa (1511-12) tra Luigi XII e Giulio II che le tesi conciliari
recuperano nuova forza. Tuttavia è necessario definirle in modo
molto diverso, ad esempio, dal conciliarismo cusaniano, perché la
teoria conciliare di Cusano nasce e si sviluppa in un contesto estremamente
differente.
Secondo queste teorie "neo-conciliari"1
il re ha la possibilità di convocare il concilio e di esercitare
i poteri papali non appena il concilio si sia riunito: si sottolinea come
l'esigenza sia di porre al riparo il potere temporale dalle pretese dell'autorità
ecclesiastica, ricordando però che la potestas appartiene
alla comunità nel suo insieme. Il re dispone cioè di un potere
che deriva direttamente dal popolo, ed è quest'ultimo, e solo quest'ultimo,
sottolineano i neo-conciliaristi, che conserva la pienezza della sua plenitudo
potestatis2.
Nel frattempo, tuttavia, inizia la grande ascesa delle teorie assolutistiche,
che giungono a sotituire completamente tutti i vecchi sistemi interpretativi
del medioevo; il pensiero "neo-conciliare", negando la plenitudo
potestatis del potere legittimo, resta ormai legata al passato.
«L'universalesimo del papato servì, in Avignone, la politica
di potenza dei re francesi, mentre dotti teologi [...] cominciarono a porsi
il problema della validità del concetto di Chiesa. Ormai l'atteggiamento
moderno dello spirito individuale e degli stati nazionali ha scelto un
suo cammino, il cammino che condurrà a Lutero ed a Machiavelli»3.
1. Enzo Sciacca, «L'Opposition "néo-conciliariste"
à l'absolutisme monarchique en France: Jacques Almain et Jean Mair»,
in Parliaments, Estates and Representation, vol. 8, n. 2 (dic. 1988),
p. 151.
2. Ivi, pp. 153-4.
3. H. Jedin, Storia del concilio di Trento, I 14.