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Chi fu Piero Bottoni |
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Piero
Bottoni nasce a Milano nel 1903, e si laurea in architettura al
Politecnica di Milano nel 1926; l'impegno militante per l'architettura
moderna lo porta a svolgere una intensa attività di organizzatore di
cultura, oltre che di progettistica e pubblicità: è membro fondatore
del gruppo milanese del Miar e partecipa alle Esposizioni di
architettura Razionale che si tengono a Roma nel 1928 e nel 1931; è
delegato italiano ai congressi Internazionali di Architettura Moderna e,
in tale veste, collabora alla redazione della "carta d'Atene"
del 1933; nello stesso anno promuove con altri la rivista
"Quadrante"; partecipa a molti fra i più importanti concorsi
di architettura e urbanistica degli anni Trenta; è presente in tutte le
manifestazioni della Triennale di Milano di quegli anni con proposte
sulla casa razionale; stabilisce infine rapporti, proficui sul piano
propositivo, con i settori meno conservatori degli enti pubblici
milanesi (Amministrazione Provinciale e Ifcap), nonché con industriali
illuminati, fra i quali spicca il nome di Adriano Olivetti.
Dopo aver partecipato con altri architetti milanesi, negli anni 1944-45,
alla redazione della prima proposta organica prodotta in Italia a scala
della città-regione - Il piano AR per Milano e la Lombardia -, si fa
parte attiva nel sostenere i contenuti nei dibattiti e nei lavori per
l'approntamento del piano regolatore di Milano nel periodo della
Ricostruzione.
Nominato commissario Straordinario della VIII Triennale del 1945 dal Cln,
promuove gli studi per la realizzazione di un quartiere sperimentale (il
QT8), avendo così modo di sottoporre alla prova dei fatti le idee
maturate in materia di urbanistica, di architettura abitativa e di
tecnologie costruttive.
Le implicazioni politiche delle battaglie urbanistiche lo portano a più
dirette assunzioni di responsabilità nel campo della politica e
dell'amministrazione pubblica.
Iscritto al Pci dal 1944, è membro della Consulta Nazionale alla Camera
dei Deputati nel 1945-46; eletto, poi, consigliere comunale a Milano dal
1956 al 1964, conduce un'attiva denuncia contro le degenerazioni
speculative che venivano svuotando dei pochi contenuti qualificanti il
piano regolatore del 1953.
Continua nel frattempo il suo impegno di organizzatore della cultura:
dal 1945 partecipa alla direzione della rivista "Metron"; nel
1946 è tra i fondatori del Movimento Studi Architettura, e, a partire
dal 1953, è membro del Consiglio direttivo dell'Istituto Nazionale di
Urbanistica.
Prosegue la sua variegata opera di pubblicista.
Suoi articoli appaiono nelle migliori riviste di architettura e
urbanistica, mentre ai volumi degli anni Trenta (Urbanistica, 1938;
Indagine sul problema delle abitazioni operaie nella provincia di Milano
e proposte per la sua soluzione, 1939) si aggiungono: La casa a chi
lavora, 1945; Edifici moderni di Milano, 1954; Il quartiere sperimentale
QT8, 1954.
Anche nel dopoguerra il suo lavoro di progettista si mantiene fedele
alla ricerca di una unità fra architettura e urbanistica.
Accanto a importanti edifici realizzati nell'area milanese, affronta
nuovamente sia la progettazione alla scala di quartiere sia la redazione
di diversi piani urbanistici.
Sul tema dell'unità architettura-urbanistica, particolarmente
impegnativo è il complesso lavoro svolto a Sesto S.Giovanni.
Negli ultimi decenni, la vocazione pedagogica che ha sempre
contraddistinto il suo operare lo porta a quell'impegno più diretto
nell'insegnamento che, in periodo fascista, gli era stato impedito.
Entrato come assistente nel 1927 nella Facoltà di Architettura di
Milano, era stato infatti allontanato una prima volta in quello stesso
anno e successivamente nel 1937.
Vi ritorna come libero docente nel 1951; ma solo dopo un periodo di
insegnamento alla Facoltà di Ingegneria di Trieste, è finalmente
chiamato a tenere un corso ufficiale nella Facoltà di Architettura del
Politecnico di Milano nel 1963.
Nel 1967 gli viene assegnata la cattedra di Urbanistica, che ricoprirà
fino alla sospensione disciplinare ordinata dal Ministro della Pubblica
Istruzione Misasi nel 1971 contro tutti i professori del Consiglio di
Facoltà, che avevano cercato di avviare, anche sulla spinta delle
richieste studentesche, una sperimentazione didattica al fine di
adeguare le strutture universitarie ai nuovi bisogni di conoscenza e
preparazione professionale (le linee di tale sperimentazione sarebbero
poi state ufficialmente recepite nella nuova organizzazione didattica
della Facoltà da 31 luglio 1980). |
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