PAESAGGI SONORI

“...Or mentre i canti alterno, or lieti or mesti,

non si mova augellin fra queste piante,

né s'oda in queste rive onda sonante,

ed ogni auretta in suo cammin s'arresti.”

 

 
(C. Monteverdi, Orfeo, Prologo della Musica; libretto di A. Striggio, 1607)

 

L'uomo corregge la natura.

E' il suo modo di amarla e di cercare d'essere ricambiato per il suo amore. La natura, di per sé, ingloberebbe l'uomo nella sua instabile complessità, senza offrirgli alcun privilegio oltre a quei lussi altrimenti incomprensibili che l'uomo possiede, come il vedere un gran numero di colori o l'avere mani abilissime e sensibili per intrecciare cose e trasformarle in altre.

Forse la natura ama e teme l'uomo al tempo stesso, dunque tace o sussurra appena al suo amante, si sottomette ai suoi poteri; a volte impazzisce per questo, s'infuria, distrugge ciecamente le opere dell'uomo, lo punisce, lo riduce alla disperazione, lo accoglie nuovamente nel suo abbraccio sereno... 

Questi sono pensieri che affollano il mio cervello ogni qual volta mi ritrovo in silenzio, fra i suoni della natura: cinguettii d'uccelli, grilli nelle notti d'estate, vento fra gli alberi, acque che scorrono. Di fatto, con tutto questo pensare, nella mia mente non c'è mai silenzio. E stento a credere che ci possa essere nella mente di qualcun altro, pure se di un dormiente. Noi sentiamo, ascoltiamo e organizziamo: architetture complesse di sensazioni, emozioni, idee, sogni, visioni. Ovunque e comunque, noi elaboriamo strutture artificiose sopra lo scorrere indifferente di tutte le cose naturali. 

 

O forse proprio quell'apparente indifferenza che le cose della natura sembrano provare nei nostri confronti ci spinge ad essere invadenti, provocatori, aggressivi. Come amanti gelosi. E questo ci porta a rubare alla natura la sua innocenza, violentandola, spesso, anche solo col nostro appropriarci dei suoi richiami, delle sue forme apparenti, delle sue segrete strategie di sopravvivenza. Questi sono i pensieri che mi inquietano, quando penso all'arte che vuole imitare la natura, o che cerca di appropriarsi le sue manifestazioni.

 

Dunque, poiché una Cattedrale gotica è, di fatto, un bosco sacro ricostruito con l'arte di tagliare e scolpire la pietra, e poiché la dolcezza dei suoni di un ruscello che scorre o di un fuoco che schioppetta si deve prima o poi legare allo scorrere di una catena di pensieri, di idee o di ricordi, forse a noi non serve affatto trovare il ruscello e il bosco ancora incontaminati per cercare in noi la capacità ancestrale di ascoltarli, bensì il ritrovare quell'antico amore per l'arte, che era null'altro che esercizio profondo, immenso, di amore per la natura stessa e la vita. 

E nell'arte, in tempi antichi, vi era l'esercizio delle virtù, che restituivano alla natura, se non altro, l'attenzione intelligente ai suoi delicati equilibri. Ecco: nella foresta artificiale e caotica che è una grande città tecnologizzata, il paesaggio sonoro, per decorarsi di suoni naturali, dispone i canti d'uccelletti di un giardino pubblico, o i suoni d'acqua e di vento di una fontana municipale, a convivere umilmente col fracasso delle cose fatte e organizzate dall'uomo, per rasserenarlo, fargli credere almeno un pochino che c'è ancora un barlume d'innocenza, in questo mondo balordo.

 

Ma a questo scopo basterebbero pure i suoni registrati di un bosco vero, della pioggia che cade e del tuono in lontananza, delle onde del mare che sbattono sugli scogli o che carezzano la sabbia... siamo così adattabili, noi... e così ipocriti... e così pigri...

 Eppure è curioso contemplare le nostre vecchie immagini, e osservare i volti che ci guardano dal passato, ormai coscienti dei loro innumerevoli errori, vergognosi della loro ignoranza, invidiosi del nostro indiscutibile benessere. A tratti, ognuno di quegli sguardi cerca di rammentarci la sua severa lezione di civiltà e rigore.

 

 

 

 

 

 

“...qualcosa di lontano, d'inaspettato, di sorprendente...”.