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Alla brava Beatrice,
che dopo qualche invito sussurrato
ha assai ben risposto al mio messaggio rimato,
or posso svelare l'arcana strategia
che mosse i miei passi fra la scienza e la magia...


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...sapesse che effetti positivi ha avuto quel fantasioso intermezzo ...
rivitalizzando la fantasia mi ha permesso di fuoriscire da un impasse di
codice su cui ero ingrippata da ieri ... ben vengano le rime ... bravo il maestro poeta!
Un abbraccio, Beatrice.


Brava, infine, proprio alla mia buona allieva, che questa piccola esperienza dovrà ora pian pianino applicare a quello studio e pratica dell'armonia e del contrappunto, che altrimenti resterà odiosa fatica e pena spesa a vuoto e senza costrutto!
Scrivere note in verticale su una linea melodica in orizzontale significa compiere un'azione destinata a migliorare il mondo, a correggere l'errore del demiurgo, ripercorrendo i passi della Sua Creazione!... Ma se tra regoline e regolette che a fatica e con sconforto si imparano e si applicano al nulla-vuoto-zero del compitino in classe... beh, tutto quel che può succedere, tutt'al più, è di optare per divenire discepoli del minimalismo musicale americano, così non c'è più nulla di cui preoccuparsi: niente problemi di armonia e di contrappunto, solo moduletti a semplice incastro e la più grande presunzione mostrata come arguta, democratica e futuribile nuova intelligenza musicale.

Le rime equivalgono a relazioni armoniche, e gli intrecci del pensiero che prosegue nei suo obiettivo logico attraverso i limiti e gli stimoli dell'adattarsi a trovar rime corrispondono al contrappunto. Ricorda, naturalmente, che è contrappunto anche il rapporto fra più parti melodiche omoritmiche, e quindi il semplice movimento delle parti in una sequenza di accordi.
Metti dunque in ordine il tuo pensiero al fine di comunicarlo, attraverso l'esercizio delle rime, e in tal modo presto ti accorgerai che puoi fare la stessa cosa ordinando le sequenze di note musicali. Ciò ti porterà presto ad accorgerti che quelle sequenze prive apparentemente di parola, di fatto hanno senso e significato, ma si caricano però dell'energia particolare, ineffabile e INFINITA del "significante"!

Qual è il linguaggio degli dèi, si domandava Hölderlin? E rispondeva con una saggia lezione antica: esso è il divenire, l'alternanza. Nulla di ciò che s'immobilizza può conservare alcunché di divino... l'accordo perfetto già in sé, moltiplicandosi nelle sue armoniche più distanti, contiene la dissonanza, e la dissonanza è la spinta al movimento, al divenire, al trasmutarsi, all'alternarsi del centro, motore del movimento di trasformazione.

Vuoi un esempio?
Leggi con attenzione la scena finale del primo atto del Barbiere di Siviglia, nel libretto di Cesare Sterbini che verrà poi felicemente musicato da Gioacchino Rossini:

(Prima rappresentazione: Roma, Teatro Argentina, 20 Febbraio 1816)

Scena XX
Un ufficiale con soldati, e tutti i presenti in scena.


CORO
Fermi tutti. Niun si mova.
Miei signori, che si fa?
Questo chiasso d'onde è nato?
La cagione presto qua.

BARTOLO
Questa bestia di soldato,
mio signor, m'ha maltrattato.

FIGARO
Io qua venni, mio signore,
questo chiasso ad acquetare.

BERTA E BASILIO
Fa un inferno di rumore,
parla sempre d'ammazzare.

CONTE
In alloggio quel briccone
non mi volle qui accettare.

ROSINA
Perdonate, poverino,
tutto effetto fu del vino.

UFFICIALE
Ho inteso.
(al Conte)
Galantuom, siete in arresto.
Fuori presto,
via di qua.
(I soldati si muovono per circondare il Conte.)

CONTE
Io in arresto?
Fermi, olà.

(Con gesto autorevole trattiene i soldati che si arrestano. Egli chiama a sé l'Ufficiale, gli dà a leggere un foglio: l'Ufficiale resta sorpreso, vuol fargli un inchino, e il Conte lo trattiene. L'Ufficiale fa cenno ai soldati che si ritirano, e anch'egIi fa lo stesso. Quadro di stupore.)

BARTOLO, ROSINA, BASILIO E BERTA
Fredd o/a ed immobile
come una statua
fiato non restami
da respirar.

CONTE
Freddo ed immobile
come una statua,
fiato non restagli
da respirar.

FIGARO
(ridendo)
Guarda Don Bartolo!
Sembra una statua!
Ah ah! dal ridere
sto per crepar!

BARTOLO
(all'Ufficiale)
Ma, signor…

CORO
Zitto tu!

BARTOLO
Ma un dottor…

CORO
Oh, non più!

BARTOLO
Ma se lei…

CORO
Non parlar!

BARTOLO
Ma vorrei…

CORO
Non gridar.

A TRE
Ma se noi…

CORO
Zitti voi.

A TRE
Ma se poi…

CORO
Pensiam noi.
Vada ognun pe' fatti suoi,
si finisca d'altercar.

BARTOLO
Ma sentite…

A TRE
Zitto su!
Zitto giù!

BARTOLO
Ma ascoltate..

A TRE
Zitto qua!
Zitto là!

TUTTI
Mi par d'esser con la testa
in un'orrida fucina,
dove cresce e mai non resta
delle incudini sonore
l'importuno strepitar.
Alternando questo e quello
pesantissimo martello
fa con barbara armonia
muri e volte rimbombar.
E il cervello, poverello,
già stordito, sbalordito,
non ragiona, si confonde,
si riduce ad impazzar.

 

 

Letto?
Bene, adesso rileggi il tutto pensando a cose assolute, che sono poste in arresto, quindi si rifiutano d’essere arrestate (immobilizzate) e ribellandosi all’arresto si liberano creando una ben ordinata confusione… giusto un suggerimento: l’armonia di Schoenberg, fondata sui dodici toni, non potrebbe forse essere proprio un esempio di “ordinata confusione”, organizzata al fine di liberarsi dall’arresto di un pensiero musicale che alla fine dell’Ottocento era ormai cristallizzato in formulette vuote e insignificanti?...

Rileggi poi ancora seguendo la traccia dei simboli: non è forse proprio l’INCUDINE percossa dal martello del fabbro l’origine mitologica della musica, così come Pitagora ce l’ha tramandata? E l’armonia applicata alla scala musicale non è forse l’arte dell’ALTERNANZA dei modi in musica?

E allora ecco che diventa più chiaro anche il senso del messaggio di Figaro, alla fine dell’opera, quando la lanterna che ha retto per tutto il tempo metaforicamente (il lume della ragione), in quel momento la regge realmente fra le mani, poiché è notte e lui e il conte sono penetrati furtivamente nella casa di Don Bartolo al fine di rapire la bella Rosina:

 

FIGARO
Di sì felice innesto
serbiam memoria eterna;
io smorzo la lanterna;
qui più non ho che far.


(Smorza la lanterna.)

 


Già: l’intelligenza “illuminata” (o "illuminista"?) di Figaro ha completato per ora il suo compito; quella lanterna che all'nizio dell'Opera è portata dal popolo dei semplici, rappresentato dall'orchestra munita di strumenti musicali e lanterne, che all'alba si ritrova sotto la finestra di Rosina per accompagnare il Conte d'Almaviva nella sua canzone d'amore, nel silenzio del mondo addormentato..........

TUTTI
Tutto è silenzio;
nessun qui sta
che i nostri canti
possa turbar.
 
CONTE
(sottovoce)
Fiorello Olà
 
FIORELLO
Signor son qua.
 
CONTE
Ebben! gli amici?
 
FIORELLO
Son pronti già.
 
CONTE
Bravi, bravissimi,
fate silenzio;
piano, pianissimo,
senza parlar.
 
CORO
Piano, pianissimo, senza parlar.

(I Suonatori accordano gli istrumenti, e il Conte canta accompagnato da essi.)
 
CONTE
Ecco, ridente in cielo
spunta la bella aurora,
e tu non sorgi ancora
e puoi dormir così?
Sorgi, mia dolce speme,
vieni, bell'idol mio;
rendi men crudo, oh Dio,
lo stral che mi ferì.
...


...bene, quella lanterna ora può essere finalmente smorzata, al fine di poter godere della breve illusione che ci viene espressa dal coro finale dell’opera, introdotto dal commento di Rosina:

ROSINA
Costò sospiri e pianti
un sì felice istante:
alfin quest'alma amante
comincia a respirar.

 

CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.




….. “L’alma amante comincia a respirar”: cioè “alterna” il movimento fra interno ed esterno, corpo e anima, fisico e metafisico. Da quel punto è possibile intravedere il Paradiso, come da uno spiraglio della porta che si è schiusa fra questo mondo e quello futuro: “Amor e fede eterna”
Il messaggio della musica e della filosofia, a questo punto, dovrebbe esserti più chiaro: il Paradiso terrestre nel quale e per il quale Dio ci ha creati non si mantiene divorando i frutti dell’albero della conoscenza, e ancor meno dell’albero della vita… Cannibali quali siamo diventati nella stupida voracità “consumistica” dei nostri tempi, questa metafora dovrebbe venir meditata ogni mattino alzandosi e ogni sera coricandosi… in naturale alternanza

A te vada il mio affettuosissimo abbraccio,

Claudio Ronco

Lo maggior don che Dio per sua larghezza
fesse creando, ed a la sua bontade
più conformato e quel ch'e' più apprezza,
fu de la volontà la libertate;
di che le creature intelligenti,
e tutte e sole, furono e son dotate.

Dante, Paradiso, 5, v. 19-24



©claudioronco2006