Sollecitazioni nucleari

Da una lettera a Lino (5 dicembre 1998)

Ci chiediamo di chi sia stata la colpa della misera fine che ha fatto da noi il nucleare. Ho scritto una lettera al prof. Salvetti - lui che è stato per molto tempo un pò il capo del nucleare - per fargli auguri per i suoi 80 anni, in cui scherzo al riguardo. Una cosa però mi pare seria. E cioè che ci siamo lasciati abbacinare dalla nostra intelligenza e dal pensare che poiché eravamo intelligenti come o più degli altri (americani o russi) potevamo fare come, se non di più, di loro. Invece ci ha fregato la nostra poca capacità di fare.

Mi è venuto in mente un episodio poco noto. Quando ero in America, la Westinghouse, dove mi trovavo, aveva vinto una gara per realizzare un razzo nucleare per andare sulla luna (parlo del 1958). Avevano messo su un'organizzazione che si chiamava ASTRA per cui in poco tempo avevano raccolto 2500 persone. Mi aveva sempre impressionato la loro capacità di disporre di risorse umane competenti. Si trattava di realizzare una megamacchina sia come prodotto (concepirla ancor prima che disegnarla) che come organizzazione. Ricordo di aver visto tutta una serie di disegni di alternative. Già si preparavano a fare dei prototipi. La cosa è durata un paio d'anni forse, poi non se n'è più parlato. Probabilmente si sono accorti che il compito era troppo difficile e rischioso e i 2500 saranno andati a fare qualcos'altro.

Pensiamo adesso al caso italiano. Per noi era forse più difficile e campato per aria il compito di realizzare delle centrali nucleari che per gli americani di andare sulla luna con ASTRA. 
Anche noi partivamo dal nulla per concepire e realizzare una megamachine, una piramide moderna. 
Se la piramide richiese una megamacchina organizzativa per realizzare un disegno nel suo complesso semplice, nel nostro caso, come nel caso Astra, anche il prodotto era complesso se non di più della macchina organizzativa per realizzarlo. E poi nessuno sapeva come era il prodotto. 
La megamacchina organizzativa doveva anzitutto imparare come concepire il prodotto prima ancora di farlo. E ' qui che entra in gioco la nostra eccessiva intelligenza e la spavalderia giovanile dei due - tre mila giovani che si era riusciti a mettere insieme. Non slo volevamo fare un reattore, ma che fosse il miglio e più avveniristico del mondo. I 2500 dell'Astra avrebbero presto capito che si trattava di un compito irrealizzabile e se ne sarebbero andati. Noi invece non ci siamo mai resi conto della nostra impreparazione al compito sproporzionato. Ci prendevamo sul serio e purtroppo ci prendevano sul serio anche gli altri.
Anche perché chi è senza peccato... Come ci si spiega altrimenti che la Siemens potesse prendere sul serio la collaborazione con Fiat per realizzare una nave nucleare? 
E poi un reattore di tipo fantasioso non eravamo solo noi a ricercarlo. Tante organizzazioni, anche internazionali, sono sorte per trovare l'idea più buona. Ti ricordi Orgel, il reattore moderato ad acqua pesante e refrigerato a fluido organico studiato dal centro europeo di Ispra?

La Francia ha anche lei seguito chimere, ma però aveva anche una linea di realizzazioni più concrete (bomba inclusa e arricchimento uranio) che ha fatto sì che le avventure esplorative fossero comunque una piccola parte del tutto. Da noi invece l'immaginazione nucleare era la sola al potere. I 3000 giovani non ebbero occasione di venire immessi in un'organizzazione con i piedi per terra che realizzasse qualche tempietto invece di pensare a delle fanta-piramidi.

C'è stata qualche eccezione, è vero. La realizzazione di centrali ha permesso di imparare qualcosa. Ma va detto che i vari team che avevano partecipato a Trino o Latina o Caorso erano pur sempre visti come dei volgari ingegneri rispetto agli scienziati nucleari che dovevano inventare qualcosa di ben più avanzato, PEC o CIRENE che dir si voglia. Sarebbero stati questi progetti una ottima palestra di addestramento risorse se fossero stati dei progetti di R&S avanzata in un contesto in cui si facevano delle realizzazioni concrete. In tal caso le risorse avrebbero dovuto essere opportunamente ripartite: 10 - 20% per R&S ed il resto per attività industriali. Invece era il contrario.

Il progetto nave nucleare avrebbe potuto avere un ruolo importante, se si fosse portato a termine, ma soprattutto se fosse inquadrato come progetto non di ricerca avanzata ma di sviluppo a ridosso della realizzazione industriale di centrali vere. Invece era anche lui un progetto nel vuoto.

Se penso retrospettivamente al mio comportamento personale, vedo tutti i difetti di una visione del mondo ottimista e distorta propria di giovani entusiasti ma incompetenti. Pensa alle risorse buttate per realizzare a Saluggia un reattore di ricerca a piscina. Pensa ai mesi che abbiamo perso a discutere la realizzazione nella piscina di una grande finestra di irraggiamento componenti. Sai perché? Perché i problemi veri non li conoscevamo ed andavamo a cercarli spiando qua e là, facendo parlare qualcuno sulle sue visioni dei problemi del futuro e prendendo quelli di cui loro parlavano più volentieri. Quelli più lontani e più avveniristici. Gli altri, i problemi veri, erano troppo legati alle cose che si facevano da poterli anzitutto capire.

Forse avremmo fatto meglio a capire per tempo la situazione ed a smontare la mega-macchina. Ma ti pare sarebbe stato possibile? Mica eravamo in America. Che alternative  avevano quei giovani entusiasti di andare a fare qualcosa di concreto, svaniti i sogni di gioventù?

E così alla fine gli unici che ci hanno preso sul serio sono stati i verdi che temevano che avessimo riempito l’Italia di PEC e Cirene. Un progetto più concreto di centrali tipo quelli francesi realizzati da un’equipe italiana forse avrebbe fatto maggiore resistenza. Ma avremmo dovuto essere anche in un paese più serio.

Tutti i salmi finiscono in gloria. Che razza di paese siamo?