Dalle Memorie del Mainati apprendiamo che a partire dal 1733 la chiesa
del Rosario, alla domenica, ospitava, oltre alle consuete funzioni religiose,
dei corsi di dottrina cristiana per la gioventu'.
Gli insegnamenti erano impartiti da un priore ed un sottopriore che duravano
circa un anno.
a nostra chiesetta aveva dunque un suo ruolo tutt'altro che secondario
nella vita cittadina, quando, nel novembre del 1783, si crearono i presupposti
per un inopinato colpo di scena. L'imperatore Giuseppe II, volle promulgare
un decreto di <> d quegli edifici religiosi che venissero
giudicati "superflui all cura delle anime", ed in una specifica <>
emanata due anni piu' tardi, nel 1785, incluse la chiesa del Rosario fra
quelle da sopprimere.
A salvarla dalla demolizione o dalla destinazione ad usi profani intervenne
pero', provvidenzialmente, la Comunita' Evangelica di confessione augustana,
che ne divenne proprietaria, per la somma di 7480 fiorini, all'asta svoltasi
il 26 settembre 1785.
Gli acquirenti decisero di conservare l'altar maggiore, ma preferirono
togliere quelli laterali; inoltre decorarono la facciata con l'immagine
dell'occhio di Dio a cui nulla sfugge, circonfusa di raggi dorati.
Nel maggio 1786 la cantoria fu dotata di un organo nuovo, la cui inaugurazione
risaliva all'agosto 1777; lo strumento, opera di Francesco Dacci, proveniva
dalla chiesa della Madonna del Mare, anch'essa giudicata in soprannumero
dall'imperatore e successivamente demolita. (fig.2,
2a, 2b)
Furono interrate le tombe dei fondatori, ivi sepolti fin dal 1638; le lapidi
andarono perdute, eccetto quella della famiglia Locatelli che fu murata
all'esterno della Cattedrale di S.Giusto, dal lato della sacrestia.
La chiesa del Rosario si era cosi' trasformata nel tempio della Santissima
Trinita', il primo luogo di culto pubblico della Comunita' Augustana di
Trieste.
Tocco' al pastore Arnold l'onore di celebrare la prima solenne funzione
sacra, il mattino del 27 agosto 1786, alla presenza del governatore, conte
Pompeo de Brigido e di altre autorita'.
Furono poste iscrizioni e lapidi per commentare l'avvenimento e fu pronunciato
un discorso di ringraziamento a Giuseppe II, convinto paladino della pluralita'
religiosa dell'impero.
Le campane originali del '600, che erano state poste all'incanto pochi
mesi dopo l'edificio ed aggiudicate agli stessi compratori, ebbero l'insolito
destino d'essere... battezzate! Nel giubileo della Riforma, correva l'anno
1817, esse uscirono dall'allora rnomata Fonderia Cobalchini di Udine coi
nomi di Fede, Speranza e Carita' iscritti nel bronzo in lingua tedesca.
Siamo giunti a questa suggestiva ipotesi ahinoi, non suffragata tutt'oggi
da prove concrete, interpretando un'affermazione del Generini alla luce
di una testimonianza raccolta dal Tribel, nonostante altre fonti parlino
di <> in dotazione alla chiesa da quella data. Chi volesse
la chiave del piccolo mistero, puo' cercare i libri contabili della Fonderia
(che faceva capo al Catasto Austriaco) nel Repertorio delle Industrie dell'Archivio
di Stato udinese, senza farsi troppe illusioni, pero', vista la difficolta'
di acquisire informazioni su fatti anteriori al 1850; sono risultate finora
infruttuose altre ricerche presso gli Augustani e su testi specifici di
storia delle campane in Regione.
Ai lati della navata vennero aggiunte, nel primo Ottocento, de pregevoli
opere dell'insigne scultore veneto Antonio Bosa, discepolo del Canova:
una stele funeraria appartenente alla famiglia del Console di Danimarca
Dumreicher ed un monumento che era stato commissionato dalla vedova Trapp
in memoria del marito.
Attraversiamo ora rapidamente qualche decennio, per arrivare al 1870, anno
in cui si verifico' una convergenza di opportunita' determinante per la
nostra storia.
Finalmente si era delineato con precisione il progetto urbanistico di rinnovamento
della Piazza Grande, l'odierna Piazza Unita', ed uno dei primi passi da
compiere sarebbe stato radere al suolo la chiesa di San Rocco, che popolarmente
si continuava a chiamare San Pietro, in ricordo di un'ala dello stesso
edificio piu' antica e oramai scomparsa.
La preesistente chiesa di S.Pietro, fin dal '300, epoca della sua costruzione,
si era distinta dalle altre in quanto le era stata ufficialmente riconosciuta
la dunzione di oratorio pubblico, in tempi in cui tutti gli altri erano
privati e, d'abitudine, i riti cui era ammesso il popolo si officiavano
solo in Cattedrale. Questa peculiarita' si tradusse nel titolo di Cappella
Civica, cioe' posta sotto l'esclusivo patronato del Comune e in quei lontani
giorni cio' implicava il diritto-dovere di ospitare i procedimenti giudiziari
civili, mai, comunque, i processi penali.
Edificata, quasi tre secoli dopo, la parte attigua e comunicante dedicata
a S.Rocco, le due chiese condivisero la denominazione di Cappella Civica.
Nel 1870 il Consiglio Municipale, decretato l'abbattimento della parte
superstite dell'edificio, i trovo' ad analizzare il problema di questo
titolo rimasto vacante. Fra le proposte vi era quella di realizzare una
nuova, imponente chiesa al posto della demolita.
A questo punto, quanto mai a proposito, intervenne il presbitero della
comunita' augustana, fornendo l'idea che doveva rivelarsi risolutiva. La
comuniya' aveva messo gli occhi su un appezzamento di terreno edificabile,
sito in quella che allora si chiamava Piazza dei Carradori, con l'obiettivo
di erigervi un nuovo tempio.