1 Il Giubileo del Papa Montalto

1.1 Tutte le strade conducono a Roma

Nel febbraio 1590, a sei mesi dalla morte, Sisto V giustificava le opere del suo pontificato affermando:"porto sicuro per tutte le nazioni che vi confluiscono, Roma non ha solo bisogno della potenza divina e della forza armata e spirituale, ma anche della bellezza che pocurano gli agi e gli ornamenti materiali. Per questo fin dall'inizio del Nostro pontificato abbiamo voluto conservare all'intera città la sua grandezza e la sua bellezza."
Sisto V riprende la enfatizzazione del momento del pellegrinaggio "di massa", come era stato pensato da Bonifacio VIII, ma con meno accentuazione degli effetti di organizzazione del consenso politico al di fuori del territorio della Chiesa (unico faro contro l'impero, contro i nuovi regni nazionali).
Il papa Montalto fa i conti con la struttura e l'eredità imperiale. Esistono a Roma dei punti di interesse, le basiliche e gli altri siti del martirologio. Con metodo "romano" li collegherà con strade dritte, efficienti come le rotte transoceaniche dei velieri verso il Nuovo Mondo, aperto alla diffusione dalla fede, percorso dai missionari.
I pellegrini devono raggiungere i luoghi santi in modo diretto e razionale, poche curve, niente scorciatoie iniziatiche o superstiziose ma raggi di luce, visioni frontali a distanza (non prospettive illusorie o "teatrini" come nelle città ideali del primo rinascimento, tutte tese a valorizzare la figura umana e la vita di relazione della città murata), colonne e obelischi o i prospetti di lontane costruzioni devozionali (visione di santa Susanna, di Porta Pia, del fontanone) oppure di antiche rovine "messe in valore" come il Colosseo e Santa Maria degli Angeli, San Bernardo, i Dioscuri.
Mete spaziali e terrene che suggeriscono tragitti fisici, anche come metafora di mete spirituali.

1.2 Invenzione della topografia e della pianificazione

Come gli astronomi misurano le orbite stellari e scoprono il "disegno di Dio", così i topografi con la balestriglia, il goniometro e la bussola rilevano la terra.
La pianificazione del territorio è resa possibile dalla proiezione ortogonale in planimetria (anche se poi l'altimetria fa qualche scherzo, come nel mancato congiungimento della via Felice con Porta del Popolo, cui in seguito dovremo il miracolo di disegno urbano della scalinata di Trinità dei Monti).

1.3 Città/territorio policentrico dal mito alla lettura sequenziale.

Roma era un enorme scheletro nel quale si erano annidate, saprofiti o tarli, le strutture di una mal riuscita città dell'era cristiana, anche se i diversi poli devozionali irradiavano strutture urbane senza riuscire a prevalere. I papi predecessori, come Giulio II, Urbano VIII, Pio V avevano tentato di penetrare e ridare vita al corpaccione partendo dalla città Leonina, ma quell'unico polo, pur protendendosi con raggi stradali, verso l'Aracoeli, il Campo Marzio, Ripetta e il borgo isolato di Trastevere non ce la faceva a riordinare il territorio e a far nascere la città che restava policentrica e ingovernabile (ed anche nel sito geologicamente più fragile, soggetto ai capricci del Tevere).
Sisto V inaugura il suo pontificato facendo eseguire sentenze penali sospese da anni (mettendo gli impiccati, nobili prepotenti, in bella vista all'esedra di Santa Maria degli Angeli, in uno dei poli del suo successivo piano urbanistico), riordina il fisco e investe nei suoi "grandi lavori" mettendo i romani a scavare, spingere carrette e guadagnarsi il pane.
Il suo piano recupera anche i frammenti delle strade dei predecessori e le tracce di alcune strade antiche, come la via Panisperna.
Aveva poco tempo da vivere e doveva recuperare tutto quello perduto nell'emarginazione di anni e anni a tenere in ordin ]e la sua vigna e la vicina chiesona di Santa Maria Maggiore (non collegata al martirologio ma luogo di miracolo o meraviglia medievale e popolaresco, la neve in agosto!) quindi i lavori dovevano essere vasti e rapidi, stradoni polverosi sottolineati da semplici mete, colonne ed obelischi, tracce su cui sarebbe cresciuta la nuova città (le nuove strade non servono solo alle processioni e ai pellegrini ma anche a trasportare sui birrocci le verdura e le botticelle di vino e anche a controllarne il traffico e riscuotere i dazi). Le strade dritte e livellate permettono anche il passaggio delle carrozze tardo rinascimentali e barocche che, come i vascelli sull'oceano, collegano i centri maggiori e minori del potere.

1.4 Il segno araldico e il verde urbano

Per questo, Montalto sta col rione Monti, coi Monticiani, pecorari ortolani e barrocciai, facili a ¢l coltello e lavoratori, cui costruisce strade e fontanelle e che tiene a freno anche con qualche condanna al lavoro forzato.
E mette i tre monti (che poi sono tre sovrapposti, ripetuti tre volte, nell'araldica del rione) nel suo stemma insieme con la croce della fede, che domina il mondo e la stella a otto punte dell'astronomia e della geografia, un'araldica rionale ossessivamente ostentata, contrapposta a quella gentilizia, che restaura il rapporto fra la curia papale e il popolo (Santa Maria del Popolo - uno dei luoghi dove il papa veniva eletto a suffragio popolare) compromesso nel resto d'Europa dalle rivolte contadine e dalle successive repressioni.
Probabilmente il popolo era dalla sua parte, e non da quella dei blasonati, prepotenti prelati, se è rimasto poi, per secoli, nell'immaginario popolare non solo chi "non perdona neanche a Cristo", ma anche la filastrocca del "papa Sisto con gli occhiali s'inculava i cardinali" ; il Sisto è lui, perché nessuno dei suoi successori ha osato di assumere quel nome (perfino la Santa Sede è sensibile alla cacofonia) e gli occhiali sono uno strumento scientifico e moderno, lo strumento di chi legge e scrive da sè documenti e carte. Non se li fa leggere dai minutanti, li usa come uno strumento di potere e di verità contro i privilegi.
C'era un paesaggio di orti e vigne, fra le rovine, le ville e i conventi, contrapposto ai Borghi e al Campo Marzio stretti, murati e turriti. Le strade di Papa Montalto devono fare i conti con la campagna. Davanti alla sua villa, all'inizio del suo cardinalato, aveva piantato due filari di alberelli diritti e allineati che sono il primo segno del futuro ordinamento viario; forse sono loro discendenti i platani di Santa Maria Maggiore, rumoreggianti di storni. Così tutto il piano sistino si trova a fare i conti con il verde di Roma, i pini di villa Med wici, i viali del pomerio fra San Giovanni e Santa Croce in Gerusalemme, lo sfondo verde del Campo Vaccino, i parchi di Montecavallo. E' il volto di Roma che si forma, così diverso da quello delle altre grandi città coeve dell'epoca moderna, Parigi, Vienna, Londra e che ispira probabilmente la struttura di altre nuove capitali.
L'urbanistica sistina è una sorta di sfida. L'appropriazione da parte di una nuova struttura urbana del "magnifico guscio" di una lontana, incombente, preesistenza, non ricalcandone le sopravvivenze, ma usandole come nodi di un disegno complesso, pieno di opportunità che i secoli successivi coglieranno solo in piccola parte, ma che, anche per quel poco, useranno come disegno ordinatore (i quartieri del 1700 e dell'800) e perfino per i suggerimenti alla scala dell'architettura e dell'arredo. Il Piano di Sisto V costituisce, come si legge chiaramente dal confronto delle piante della città, un solido supporto per tutta la successiva grande architettura dell'età barocca e poi per la Roma dei buzzurri e del tramway.
Talché oggi, in una ricompozione del disegno urbano del centro di Roma, si può ventilare di rinunciare ai superflui squarci urbani del fori, della via del Mare, della via della Conciliazione, ma a nessuno viene in mente che si possano proporre alternative per le stelle e le croci, grandi assi tagliati nella carcassa della città imperiale da Papa Sisto.

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