Ensemble barocco

Settecento Italiano

con strumenti dell'epoca

Karin Wolf-Bauer fsoprano 

Andrea Ortu flauto traverso barocco

Claudio Frigerio violoncello

Milena Frige' clavicembalo

L'Amore Sacro e l'Amor Profano

Arie e Cantate del Settecento

Da sempre il canto è il mezzo più affascinante per esprimere il senso compiuto dell’espressione dei sentimenti; alla sonorità del canto duetta il flauto traverso, nel XVIII secolo considerato lo strumento più vicino alla voce umana e il più adatto ad eprimere le intime sfumature dello spirito dell’Uomo.
E’ da questo presupposto che prende vita il concerto, idealmente diviso un due parti: la prima, l’Amore Sacro, dal carattere composto ed ispirato, rende lode a Dio, a quel Dio universale e di tutti, attraverso pagine di grande spessore melodico e di ieratica bellezza e intensità: la seconda parte, l’Amore Profano, apparentemente frivola e spensierata, ma intimamente carica di sentimento, omaggia l’amore terreno nelle ampie sfumature dell’emozione.
La quasi totalità dei brani è scritta nello stile italiano, modello estetico di composizione adottato dai più grandi musicisti europei dell’epoca.
I testi dei brani della seconda parte (l’Amore Profano) sono tutti in lingua italiana.
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PROGRAMMA





1° Parte
L’AMORE SACRO

J. S. BACH Aria dalla Cantata BWV 204 “Ich bin mir vergnügt”
per soprano, flauto traverso e b.c.

T. ALBINONI Sonata in Do maggiore “da chiesa”
per flauto traverso e b.c.

J. S. BACH Aria dalla Cantata BWV 100 “Was Gott tut, das ist wohlgetan”
per soprano, flauto traverso e b.c.

J. S. BACH Aria dalla Cantata BWV 115 “Mache dich, mein Geist, bereit”
per soprano, flauto traverso e b.c.

F. SCHUBERT “Totus in corde lanqueo”op. 46
per soprano, flauto traverso e b.c.

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2° Parte
L’AMORE PROFANO

J.Christian BACH “Semplicetto, ancor non sai” – aria di Diana dall’opera L’Endimione
per soprano, flauto traverso e b. c.

G. F. HÄNDEL “Nel dolce dell’oblio” – cantata italiana –
per soprano, flauto e b. c.

A. VIVALDI Sonata da camera
per violoncello e clavicembalo

A. VIVALDI “All’ombra di sospetto”
per soprano, flauto traverso e b.c.

J. A. HASSE “Quel vago seno” – cantata italiana –
per soprano, flauto traverso e b. c.


Secondo Programma

In occasione del 250° anniversario della morte (1757-2007)

Domenico Scarlatti: “l’Aquila, cui son cresciute l’ali”

“Altezza Reale, Domenico mio figlio si porta, col mio cuore, umilmente ai piedi di V.A.R. (Vostra Altezza Reale il principe Ferdinando dè Medici)… Io l’ho staccato a forza da Napoli dove benché avesse luogo il suo talento, non era talento per quel luogo. L’allontano anche da Roma, perché Roma non ha tetto per accogliere la musica, chi ci vive mendica. Questo figlio che è un’aquila cui son cresciute l’ali, non deve star oziosa nel nido, ed io non devo impedirle il volo…”

Così scriveva il 30 maggio del 1705 Alessandro Scarlatti, papà di Domenico allora ventenne, che avendo constatato le enormi doti del figlio fa di tutto per assicurargli un futuro degno delle sue capacità. Domenico che rimase per sempre molto legato al padre non ne delude certamente le aspettative. L’Europa intera lo accoglie a braccia aperte e tra la corte di Spagna a Madrid e quella del Portogallo a Lisbona compone le musiche che lo renderanno immortale

Nel nostro programma non poteva certo mancare un omaggio all’illustre e celebrato padre Alessandro Scarlatti.

Ensemble “Settecento Italiano”
con strumenti dell’epoca

Alessandra Gardini, soprano
Andrea Ortu, flauto traversiere
Laura Santanchè, flauto traversiere
Silvia Leggio, clavicembalo
Claudio Frigerio, violoncello

PROGRAMMA

Alessandro SCARLATTI Aria “Correa nel seno amato”
per soprano, flauto traversiere, violoncello e b.c.
Domenico SCARLATTI Sonata in Sib maggiore K. 89
per flauto traversiere e basso continuo
Domenico SCARLATTI Sonata K 9 in re mnore
Sonata K 27 in si minoreSonata K 119 - F 78 in re maggiore
per clavicembalo solo
Domenico SCARLATTI Cantata “Che vidi o Ciel, che vidi”
per soprano 2 flauti traversieri e basso continuo
Domenico SCARLATTI Sonata in Mi minore K.81
per flauto traversiere e basso continuo
Domenico SCARLATTI Sonata K 493 - F 436 in re maggioreSonata K 481 in fa minore
per clavicembalo solo
Domenico SCARLATTI Aria “Vi lascio tranquille”
per soprano 2 flauti traversieri, basso e cembalo



Terzo Programma

Nella sala d’armi di Tartini
Musica e scherma nel ‘700
in collaborazione con la sala d’armi di scherma storica e bastone Lazzaro Delfino, Milano


Musiche di Giuseppe Tartini (1692-1770) a cura dell’Ensemble l’Apothèose

Enrico di Felice flauto traversiere
Andrea Ortu flauto traversiere
Attilio Motzo violino
Ruggero Laganà clavicembalo
Claudio Frigerio violoncello

Lorenzo Ravazzani e Alejandro Angelica spada da lato, spadino, daga

Cesare Saliu voce narrante

Domenico Franchi scenografo
PRESENTAZIONE

Il progetto e la realizzazione di un “concerto teatralizzato” si discosta sensibilmente da ciò che intendiamo comunemente per musica e teatro. La lettura con musica (detta anche reading) o l’opera sono esempi di come le due arti si possano accostare.
Nel “concerto teatralizzato” la musica è l’elemento principale, intorno alla quale viene costruita una storia che fungerà da involucro che la possa contenere.
Gli elementi principali che costituiscono “Nella sala d’armi di Tartini” sono fondamentalmente tre: la musica e alcuni aspetti della vita di Giuseppe Tartini, la scherma storica dell’epoca e il sogno.
Del Tartini violinista, compositore e studioso degli aspetti scientifici della musica siamo a conoscenza di tanti elementi che ne raffigurano la grandezza. E’ noto che indagò attentamente la tecnica dell’archetto aumentandone le lunghezza e sviluppando una tecnica violinistica che descrisse nelle “Regole per arrivare a saper ben suonare il violino”; oppure della sua capacità di osservazione che lo portò a scoprire un fenomeno acustico noto come il terzo suono di Tartini, dimostrata nel “Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia”, in cui due note suonate comtemporaneamente ne producono una terza, più grave. Soltanto alcuni stralci della sua vita privata ci restituiscono invece una figura inquieta, impetuosa e a volte fuori delle regole anche se riferiti soltanto al periodo della sua gioventù.
Nel 1710, a 18 anni, dopo aver frequentato un collegio di padri Scolopi, venne iscritto alla facoltà di giurisprudenza dai suoi genitori per fargli intraprendere la carriera di avvocato, ma la sua attenzione all’epoca era rivolta, oltre alla musica, all’arte cavalleresca e alla scherma, arte in cui mostrava doti eccellenti. Protagonista di numerose risse a suon di lama con suoi compagni di università, venne preso di mira dalle autorità di pubblica sicurezza e avutone sentore pensò di recarsi a Napoli o in Francia con l’idea di aprire una scuola di scherma. Musica o scherma dunque?
Noi sappiamo che sciolse presto il suo dubbio: probabilmente non aprì mai una scuola di scherma sicuramente la sua arte musicale fece scuola nel mondo intero.

Per questo concerto la scelta di affiancare il flauto traversiere al violino, strumento musicale a cui Tartini dedicò quasi 350 opere fra sonate e concerti, non è casuale; era consuetudine, soprattutto in Italia, che in molte composizioni pubblicate per violino venisse specificato la destinazione “per violino o flauto traverso” : ciò era dovuto al fatto che da una parte il flauto diventava sempre più popolare fra i dilettanti di musica per cui gli editori vedevano ampliata la possibilità di vendere più copie, mentre dall’altra, strettamente artistica, l’estensione e la tecnica, dei due strumenti, con opportune correzioni, potevano ben adattarsi e sortire sentimenti simili. Inoltre, inserito in questo contesto, il flauto è teatralmente utile per mitigare i toni e per aumentare il potere evocativo da contrapporre alla elegante veemenza del violino e dell’arte cavalleresca

Infine il sogno. Riportiamo il celebre racconto tramandatoci da Joseph-Jerôme de Lalande, astronomo e viaggiatore francese, nonché collaboratore di Diderot e D’Alambert. Impegnato in suo Grand Tour italiano ci narra di un episodio faustiano che mette in luce un aspetto fantastico e romantico di Giuseppe Tartini. Secondo Lalande questo episodio gli venne confidato da Tartini stesso durante un incontro avvenuto a Padova:
“In una notte (era il 1713) sognai di aver patteggiato col diavolo, a prezzo della mia anima. Tutto andava secondo i miei cenni: il mio nuovo servitore preveniva ogni mio desiderio. Tra le altre mie idee, vi era stata anche quella di dargli il mio violino, per vedere se egli fosse stato capace di suonare qualche pezzo grazioso. Ma grande fu il mio stupore quando udii una sonata così meravigliosamente bella, eseguita con tanta arte e perizia che il più ardito volo di fantasia non avrebbe potuto raggiungerla. Talché ne fui così trascinato, rapito, incantato che mi si arrestò il fiato e mi svegliai. Afferrai subito il mio violino per fermare nella realtà una parte almeno nei suoni che avevo udito in sogno, ma invano. Allora composi una musica, la migliore che abbia scritto nella mia vita e la chiamai e la chiamo ancora ‘Sonata del diavolo’. Ma la distanza tra essa e quella che mi aveva tanto preso è si grande che avrei fatto a pezzi il mio strumento, rinunziando per sempre alla musica, se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che essa sempre mi ha dato.”

E sarà proprio il sogno l’elemento chiave di tutto lo spettacolo; un percorso non cronologico dove confluiscono i vari elementi musicali, poetici, schermistici e teatrali.

 
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