Il tempo di una risposta.

 

 

 

  Caro Claudio,

grazie di esserti preso la pena di rispondere alla mia infuocata protesta. Credo di sapere davvero come suoni e ciò che rappresenta, e lo ammiro infinitamente.
Abbiamo concetti diversi (per me in questo momento l'America fa una guerra terroristica, dove non c'è piu nessun rispetto per l'umanità, e neppure legge), però abbiamo questo diritto, almeno per un po' di tempo ancora.
Penso che chiunque ti ascolta diventa migliore, ed è già molto, sai?...


Un abbraccio, S.




Amica mia,

hai un cuore troppo grande e infuocato di passioni (altissime e profondissime al tempo stesso) che finisce sempre col trascinarti in tempeste di sentimenti confusi...
Detesto agire con l'intenzione di persuadere l'interlocutore o convertirlo al mio pensiero, e vorrei limitarmi all'apologia, il che sembrerebbe un modo più "democratico" di far circolare idee destinate all'esercizio del dialogo anziché altro...

Tuttavia mi è impossibile (o almeno: è troppo doloroso...) tollerare in un momento storico come questo considerazioni estreme e incontrovertibili come quella dell'affermare che le forze armate di uno Stato democratico come l'America o Israele siano incondizionatamente "terroristiche".
E' un'affermazione gravissima e —lo ripeto con tutta la mia forza!— irresponsabile.

Le responsabilità civili ed etiche che ci troviamo ad avere oggi sono troppo alte per accettare qualsiasi forma di semplificazione o di rilassamento intellettuale, per cui ci si possa serenamente abituare a comunicazioni di quattro righe scritte, o di quattro frasi sintetiche, o di quattro concetti sinteticamente elaborati, per poi sorridere piacevolmente alla constatazione di una positiva "pluralità" di pensieri e convinzioni!

La guerra —orribile, sanguinosa, infame, perché nulla di positivo, esaltante o desiderabile ci può essere nella guerra di oggi...— non è soltanto "vicina", ma è già cominciata, è già in atto, e sarà necessario un amore infinito e una formidabile intelligenza per sopravvivere a ciò che sta per accadere. Non possiamo quindi più stringerci SOLO intorno ai sentimenti, ma dobbiamo fortemente costruire nuovi pensieri e nuove CAPACITA' di pensare e dialogare. E queste non potranno più passare o contenere le "abbreviazioni", gli "short cuts" dei pregiudizi o degli slogans, o delle automatiche attribuzioni di valori e funzioni a quello o quell'altro ente culturale, politico, sociale, civile o militare.

Dobbiamo dare alle nostre intelligenze più TEMPO a disposizione, per raccogliere le informazioni dal mondo, mediatizzate da questo immenso "stomaco ruminante" che è il moderno giornalismo (televisivo o cartaceo; c'è ormai poca differenza...) e situare la nostra attenzione nel rumine anziché nell'esofago, al fine di guadagnare, se non altro, almeno il tempo di RILEGGERE ciò che è stato, e non appropriarci al volo di un senso univoco pur di cogliere la notizia, così come facciamo se la nostra posizione di raccolta si limita a sostare di fronte al veloce passaggio delle cose, là dove scorrono appena dopo esser state velocemente ingurgitate.

Perdona questa strana metafora —che potrebbe ovviamente continuare anche più in basso, negli intestini, fino all'evacuazione di un sottoprodotto della "notizia" neppure più capace di concimare, ma solo di avvelenare l'ambiente...— e considera il fatto che non ci sia più data alcuna miglior "posizione" per ricevere e leggere notizie di cronaca dal mondo, a causa, forse, della troppo grande "misura" che il mondo ha raggiunto...

Anche solo cent'anni fa, infatti, il mondo era assai più piccolo e semplice, ma anche la nostra capacità di distruggere e devastare, in qualche modo, era proporzionata a quello. Oggi, proprio quelle proporzioni sono sbagliate, in tutti gli aspetti della vita, e anche l'arte e il linguaggio elevato, sebbene possano mantenere gradi molto alti di "densità" e "complessità", vengono rese cose inutilizzabili chiudendole in camere stagne e incomunicanti...

Io, invece, invito a cercar di fermare a comando lo scorrere veloce del tempo, almeno una volta al giorno, per guardare le cose come fossero nuove, appena nate; e così rendere anche il nostro sguardo capace di raccogliere la possibile "differenza" da una visione precostituita e univoca della realtà, verso nuovi scenari possibili.
Nessuno al mondo è più innocente, ma se nell'arte del dilatare il tempo e il pensiero possiamo rinnovarci ogni volta, allora ogni volta ritroveremo una scintilla di quell'innocenza perduta, e in quella è la speranza del mondo a venire.

Questo è ciò che era la "preghiera" nel tempo antico, e forse nel sintetizzarla in questo modo, possiamo intuire le strutture di un "pregare" nel nostro nuovo universo di diversità in conflitto, di congiunzione degli opposti, di "contemporaneità" e "coabitazione" di quest'ultimi.

In tempi antichi, la musica più alta era —come la filosofia— arte della "consolazione", e poteva servire come esercizio alla "buona morte", a guardare oltre, al di là della terrificante parete divisoria fra il sensibile e l'ultrasensibile, fra il mondo fisico e quello metafisico. Fungeva, in effetti, da "ponte" fra i mondi, e, come ogni ponte, serviva nelle due direzioni.
Noi dovremo dunque fare in modo che la musica sia nuovamente questo sguardo sull'infinito mutare delle cose che ci rende liberi dalla prigionia del senso di parole ormai costipate e divenute vecchie, malate, disperate...

Bach pare abbia detto dell'arte del Contrappunto: "Essa corregge l'errore del Demiurgo". E il Contrappunto delle nostre parole e dei nostri sentimenti si deve assoggettare a quella complessa, difficile, apparentemente obsoleta disciplina... Nella lentezza del procedere, allora, avremo il tempo di ascoltare "l'altro", e di offrire l'atto d'amore della nostra intelligenza rinnovata.
Questo io credo. Con questo io coltivo la mia speranza, nel mio piccolo orto di sopravvivenza...

SINE MUSICA NULLA VITA...


Claudio.
Vancouver, 5 Dicembre 2001.

CONTINUA

 

 

 

 

Musica:
Claudio Ronco, "Contrappunto, d'aprés un'idée de J.J.F. Dotzauer", Venezia, 1992.