ASCOLTANDO LE ALI DEGLI ANGELI

un concerto-racconto
di Claudio Ronco,
per violoncello solo

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   Racconterò al mio pubblico di quella strada di Barcelona, la "Rambla" che scende dritta verso il mare, come il letto di un fiume nato dal cuore più antico della città. Su quella strada si riversa ogni giorno, ad ogni ora, una folla divertita o rilassata, silenziosa o vivace, e si muove e si confonde tra giocolieri, musicisti di strada, venditori ambulanti; ogni cosa lentamente, senza quasi accorgersene, scivola verso il mare come se là in fondo, alla fine, dovesse dissolversi e scomparire.

   Nel mio racconto, la seconda Sarabanda di Bach rappresenta il cuore antico della città, e da quella inizia la mia discesa verso il contemporaneo con i brevi brani di David Popper, offerti uno dopo l'altro come in una collana di perle, ognuno affiancato al ricordo di un artista di strada sulla Rambla. Alla fine del percorso, quando si mmagina sia giunta la sera, la scena si sposta alla spiaggia, dove al tramonto alcuni bambini giocano con la sabbia, e poco distante un vecchio seduto su una barca in secca gioca a scacchi in solitudine. In quell'ultima immagine suoneranno le note della terza Giga di Bach per violoncello solo.

   Qua sotto incollo quel brano dal mio diario personale che già si era riversato nelle mie pagine sulle prigioni, e da lì nell'oceano web...

 

«Barcelona, 30 luglio; 7.30 della sera, davanti alla sala prove del Liceu de Barcelona; ESCUCHAS SUS ALAS
"Ascolta le sue ali":
è scritto sulla porta della antica chiesa oggi sconsacrata e destinata alle prove d'orchestra.

Una delle migliori produzioni musicali a cui io abbia partecipato in questi ultimi anni: un cast sensibile, preparato, rilassato, amichevole. Credo davvero che l'atmosfera di questa città riesca ad aiutarci per la riuscita di questo lavoro. L'altro ieri, sulla "rambla", la strada degli avvenimenti e degli incontri, c'era un artista di strada, un giovane argentino emulo di Houdini. Vestito con una calzamaglia nera, il volto impassibile e un po' triste, si faceva legare con una ventina di metri di una grossa corda da barca, e prima di cominciare a slegarsi si produceva in un lungo discorso sulla sua arte, sul fatto che lui ci vive e ci paga l'affitto di casa e che se il pubblico era lì per divertirsi lui era lì per guadagnare qualcosa di più che solo l'applauso; tutto ciò lo diceva saltellando come poteva con le gambe legate strette, come un ovino destinato al macello, e dietro alla schiena un sacchetto per l'obolo, tenuto con le sole tre dita rimaste libere dalla corda.
È stato uno spettacolo che mi ha divertito e commosso profondamente. Non so se l'ha capito quando gliel'ho detto, ma la sua stretta di mano di ringraziamento era forte, dolce e sincera.
Io ho pensato di essere simile a lui, in qualche modo; ho pensato di essere qualcuno che ama farsi legare per poi sciogliere i nodi con destrezza (o certezza di potersi slegare), e l'ho pensato perché la commozione che mi ha causato quell'artista di strada derivava dal senso del suo soffrire nel lavoro.
Sì, siamo tutti artisti di strada, funamboli che rischiano –o donano– la loro vita per offrire qualche breve momento di divertimento a un pubblico che passava di lì per caso, solo per caso. Forse è proprio questo il punto: il mio pubblico è solo quello che passa per caso: quello che è venuto apposta non capisce, forse perché normalmente non trova in me quel che è venuto a cercare.

In questo arcicomodo hotel sto studiando benissimo... devo davvero ringraziare il buon fato, ma la cosa che più mi fa pensare in questi giorni è il fatto che forse tutti noi siamo "artisti di strada". C'è una forza strana, particolare, che nasce nel momento in cui si è per strada, qualcosa di ancestrale; è nel sangue e ti fa guarire da ogni malattia, ti fa riposare bene, ti dà appetito e benessere...»

 

 

 

Musica:
David Popper, Studio in Do maggiore op.73 n.8

Immagine:
ritratto fotografico di Edith Rowe, ca.1910,
con interventi di Emanuela Vozza.

Spettacolo realizzato per il Rotary Club di Palmanova, dicembre 2003