LIMPORTANZA
DI NON AVERE UNA CASA.
Dal
mio diario:
«Barcelona,
30 luglio; 7.30 della sera, davanti alla sala prove del Liceu de Barcelona;
ESCUCHAS SUS ALAS.
("Ascolta le sue ali": è scritto sulla porta dell'antica chiesa.
oggi sconsacrata e destinata alle prove d'orchestra.)
...L'altro
ieri, sulla "rambla", la strada degli avvenimenti e degli incontri,
c'era un artista di strada, un giovane argentino emulo di Houdini. Vestito
con una calzamaglia nera, il volto impassibile e un po' triste, si faceva
legare con una ventina di metri di una grossa corda da barca, e prima
di cominciare a slegarsi si produceva in un lungo discorso sulla sua
arte, sul fatto che lui ci vive e ci paga l'affitto di casa e che se
il pubblico era lì per divertirsi lui era lì per guadagnare
qualcosa di più che solo l'applauso; tutto ciò saltellando
come poteva con le gambe legate strette, come un ovino destinato al
macello, e dietro alla schiena un sacchetto per l'obolo, tenuto con
le sole tre dita rimaste libere dalla corda. E' stato uno spettacolo
che mi ha divertito e commosso profondamente. Non so se l'ha capito,
quando gliel'ho detto, ma la sua stretta di mano di ringraziamento era
forte, dolce e sincera. Io ho pensato di essere simile a lui, in qualche
modo; ho pensato di essere qualcuno che ama farsi legare per poi sciogliere
i nodi con destrezza (o certezza di potersi slegare) , e l'ho pensato
perché la commozione che mi ha causato quell'artista di strada
derivava dal senso del suo soffrire nel lavoro. Sì, siamo tutti
artisti di strada, funamboli che rischiano o donano la loro
vita per offrire qualche breve momento di divertimento a un pubblico
che passava di lì per caso, solo per caso.
...C'è
una forza strana, particolare, che nasce nel momento in cui si è
per strada, qualcosa di ancestrale; è nel sangue, e ti fa guarire
da ogni malattia, ti fa riposare bene, ti dà appetito e benessere.»
...Amica
infinitamente preziosa,
compagna delle mie meditazioni,
mi domando se il tempo del tuo sonno non abbia sfiorato quello del mio
risveglio, ancora nel cuore della notte, in attesa dell'alba.
Dalle molte finestre di questa casa veneziana in cui oggi mi riposo
e riscaldo le mie ossa, vedo da ogni lato prospettive di tetti, campanili,
cupole barocche, e un sinuoso, elegante canale che scorre fra due fondamenta
e le ritmiche interpunzioni dei ponti. L'alba è arrivata con
una leggera nebbia, annunciando l'arrivo del sole d'inverno e di quando,
forse, gli sarebbe venuto il desiderio di giocare con tetti e camini
e i lontani riflessi immersi nelle acque dei canali. Anche queste immagini
rimarranno in me per qualche tempo, come nostalgica memoria, come sollievo
del pensiero prima di prender sonno, o prima di iniziare un lavoro...
Eppure mi accorgo ogni giorno che quest'unica casa che veramente posseggo,
che è la mia memoria, è cosa di cui potrei dire con te:
"ogni volta diventa il mio rifugio, e le quattro pareti che mi abbracciano,
i mille angoli in cui nascondermi."
Ecco:
mi alzo dal letto, apro una finestra e respiro la nuova aria; accendo
il fuoco sotto il bricco del caffé; non sento freddo. L'acqua
lava via dal mio volto il ricordo della notte e i residui dei sogni;
il profumo del sapone introduce le nuove sensazioni; si riaccende la
curiosità, ma la schiena è un po' acciaccata e mi fa male
un ginocchio. Non sono più giovane; me l'ero scordato? Ci sono
molte rughe sul mio viso, e i miei occhi stanno pian piano dissolvendosi
in acqua.
So bene, ricordo perfettamente: sono qui soltanto per poco tempo, TEMPORANEAMENTE.
Accendo
una sigaretta so che dovrei smettere... sì sì, ho
letto e riletto quel libro di Svevo!... solo per non dover costringere
la mia volontà alla tortura di una colazione a base di sacrificio!...
E all'idea di una sigaretta che-non-finisce-mai segue, come sempre,
quella della possibilità innocente! di un'altra sigaretta,
prima o poi. Sicché mi premio con l'altra sigaretta, mi punisco
con l'altra sigaretta, svelo al mio intimo il segreto dell'altra sigaretta,
getto via l'altra sigaretta... ma non con disprezzo!...
spendiamo,
consumiamo, risparmiamo, conserviamo...
SULLA STRADA, eternamente sulla strada... sognando di possedere una
casa.
Ma
cosa potrei poggiare sul mio tavolo preferito, in quella casa che potrei
possedere ma che non posso avere, in un mattino come questo?
Forse disporrei soltanto, a mo' di fiori recisi in un vaso, le parole
in cui tu dici e tu non dici. In effetti, così faccio stamane:
ripongo le tue parole in un vaso, sul tavolo fra le due finestre che
guardano ad Est; le contemplo, le aggiusto come si fa con i fiori recisi,
le annuso, mi allontano e torno a guardarle nell'insieme che ho creato
per loro.
Ed è a quel punto che mi accorgo di non sapere nulla...
Baudelaire
mi tornava spesso in mente, in questi ultimi tempi, per una frase che
avevo riletto in un giorno nel quale mi affannavo a ottenere qualche
finanziamento per non so più quale dei miei innumerevoli progetti
d'arte:
"Si un poète demandait à l'Etat le droit d'avoir quelques
bourgeois dans son écurie, on serait fort étonné,
tandis que si un bourgeois demandait du poète rôti, on
le trouverait tout naturel".
La rabbia dei miei fallimenti, tuttavia, è sempre mediata dall'orgoglio
della mia coscienza, e poi si impantana in un bel po' di altri meccanismi
mentali complessi o complicati, in caduta libera verso lo "spleen"
più abissale. Spesso, allora, la mia mente tornava a Baudelaire,
con un certo brivido:
"Quando avrò ispirato il disgusto e
l'orrore universale, allora avrò conquistato la solitudine"
(Charles Baudelaire, Diari intimi, XVII).
Sì: ho terrore della solitudine... come tutti gli artisti! come
tutti gli esseri viventi! E questa paura terrificante, anniichilente,
colpisce di notte o di giorno, indifferentemente, ad ogni istante in
cui ci si accorge di un'unica cosa: di INVECCHIARE...
Che fare, quando ci pare che DIO sia DIVENTATO VECCHIO?
"Dieu est un scandale, un scandale qui rapporte." conclude
il brano XVII dei "Fusées" di Baudelaire, prima di aprire
il XVIII, con un invito preciso:
"Ne méprisez le sensibilité de personne. La sensibilité
c'est son génie".
Io
sono un "artista di strada", ricordi? Io non posseggo, né mai
potrò possedere alcun luogo dove fermarmi e credere di essere
giunto a riposare. Io non ho casa, se non quel calore che emana dall'amare
profondamente la vita e la verità, camminando, camminando, camminando...
Tuo
Claudio, negli ultimi giorni dell'anno 2002.
(Dedicato
a tutte le mie donne...)
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