"Il
popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si
affollò intorno ad Aronne e gli disse: "Facci un Dio che cammini
alla nostra testa, perché a quel Mosè, luomo che ci
ha fatti uscire fuori dallEgitto, non sappiamo che cosa sia accaduto."
[
] Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi
e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece
fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero:
" ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese
dEgitto!"
(
Esodo 32,1-4 )
Così ecco la società umana, dagli albori ai giorni nostri:
la sua potenzialità intellettiva è, come abbiamo visto anche
in Daniele, la sua "corona", la sua forza, il suo potere più
grande. Ma attenzione, perché dietro a questa corona si nasconde
un corno che "parla con grandi parole darroganza",
un corno che ci svela la seconda faccia della medaglia, necessariamente
conseguente alla natura dicotomica delluomo. La falsità,
lipocrisia, la voglia di approfittarsi dell'altro per raggiungere
un fine, il modellare la materia delle parole a seconda di un soffio non
benigno, del marcio che si nasconde sotto lapparenza di una corona
splendente.
Nel passo citato dellEsodo si esprimono concetti fondamentali: linsofferenza
nellattesa di un risultato è il primo, e oggi si chiama "voglia
di profitto". Il "tutto e subito" è ciò che
oggi ci separa all'interno di una società: nel "voler avere
tutto ora" ogni attesa si è ristretta al minimo, allo zero,
e ognuno vuole poter raggiungere chissà cosa, in ogni istante.
Perché il tempo è denaro.
Nell'immagine del "vitello di metallo fuso", possiamo riconoscere
il seme che viene sparso dalla stessa società per vedersi moltiplicare
a dismisura, lesca che con la sua favolosa bellezza e desiderabilità
permette al "volere del mercato" di guidare la mano delluomo
secondo le proprie leggi imperniate sul denaro e sul profitto materiale.
La materia è cosa così facile da modellare, oggi; le lettere
che compongono i nomi delle cose sembrano spostarsi di continuo in un
gioco già previsto, guidato da uomini che vedono il proprio interesse
come l'unico scopo da conseguire. Somiglia un po, per certi aspetti,
all'illusione di tanti letterati delletà romantica: crearsi
il proprio habitat con le parole, "materia prima" di infiniti
altri mondi possibili, verso società dove ritrovarsi fra simili
e vivere in equilibrio. Qui, però, il mondo è creato da
parole vere, manipolate solo parzialmente, ed è un mondo che viene
"tessuto" non sulla carta dei libri, ma nellineffabile
"rete" virtuale. Messe in movimento con una sola delicata spinta,
nuove e selezionate etimologie prendono vita grazie allinteresse
che suscitano nella massa, al brusìo di voci che le danno capacità
di respirare. Ci stiamo avvicinando al vivere come sciami di insetti che
si posano su un'enorme piattaforma, e chi la osserva può credere
che sia quella piattaforma stessa a muoversi, ad essere viva.
Ultimamente ho letto un romanzo di Andrea De Carlo: "Macno".
Vi si narra la storia di un uomo che non sopporta la vita massificante
e anonima della città, sicché, modellando i suoi discorsi
grazie ai mass media e rendendoli "entusiasmo" agli occhi della
gente, riesce a prendere il potere e a stabilire una dittatura senza imposizioni
dirette, ma ispirata all'idea del "subito". Ogni progetto è
attuato allistante, senza badare a possibili conseguenze nel futuro,
e solo in quanto è costituito di cose utopistiche ed esaltanti
al primo sguardo. Quest'uomo si crea un palazzo impermeabile alla vita
della città che tanto aveva detestato, e allinterno di quell'edificio
si illude di vivere nel suo "locus amoenus". Alla fine del romanzo
Macno viene ucciso in un attentato.
Ogni uomo seduto davanti al proprio computer crea la sua reggia alienata
dal reale, il mondo in cui ama vivere, pure se in realtà non vive
affatto. È il "luogo impermeabile" a una società
che non potrà mai conoscere fino in fondo, e che per questo lo
impaurisce. Lélite che opera con i mezzi di comunicazione
ha capito tutto ciò, e ha creato un programma, unemissione
di luci e suoni sintetizzati per far dimenticare lenormità
della massa; e così ci fa osservare il dettaglio della vita, la
quotidianità di dieci esseri del tutto identici ad ognuno di noi,
per tre mesi di seguito (lo spettacolo televisivo "Il grande fratello"
delle reti Mediaset). Ovvio, un simile show ha suscitato interesse
enorme. Lidea di una cosa così poco conosciuta oggigiorno,
come la quotidianità di altri esseri umani, crea curiosità
e attenzione e forse anche sguardo critico verso le cavie
dellesperimento. Fa vivere le notizie divulgate ogni giorno con
un respiro, in un enorme crogiolo di pareri diversi. Ed ecco che riappare
lo sciame di insetti. Sembra un po di tornare ai poeti di età
alessandrina, che veneravano lopera breve, ma perfetta nei dettagli;
e qui si cerca il piccolo, il quotidiano che è perfettamente osservabile.
In realtà il progresso iperbolico che ci sta investendo è
molto simile alle "riforme" del personaggio di Macno: senza
conoscenza delle conseguenze nel futuro. È paradossale pensare
che nellepoca della scienza in cui dovremmo vivere, è nata
anche la "new age", in cui sono riaffiorate fra la gente
comune le paure mistiche, o il desiderio di ricerca nel mondo dellignoto
e delle profezie. Ma è fra gli stessi scienziati che non cè
più sicurezza sul "dove" si arriverà; ormai ogni
previsione ha i caratteri del fantastico, ed è inverosimile anche
per chi la propone. Ma badiamo bene: Macno, alla fine del romanzo, muore.
Dunque cosa possiamo fare per ristabilire la nostra dignità e forse
la nostra stessa salvezza, pensando che noi viviamo nella materia e ne
siamo parte? Per trovare una metriotes tra quellindividualismo
romantico che ci aliena e una massificazione altrettanto alienante?
Daniele
continua
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