Contrappunti del Silenzio

“...Essendo i quattro Elementi
le quattro corde del Canto Fermo,
sopra le quali stanno appoggiate
le note della vita humana.”


(Angelo Berardi, "Ragionamenti musicali", Bologna 1681, pag. 123)

1

Contrappunti del Silenzio
una meditazione nelle stanze del musicista,

 


“Trovati un posto isolato, illuminato dalle stelle, e componi qualcosa di armonico e semplice, legato al mistero della Creazione, del ritrovarsi. Componi un'armonia che possano i bambini del futuro ascoltare... perché non partano svantaggiati dalla sordità dei genitori, perché la scissione dell'ascolto armonico non divenga una scissione col Trascendente.
Buona giornata. Antonella”

(E-mail di Antonella Fatelli a Claudio Ronco, 12 luglio 2002)

 

Comporre qualcosa di armonico e semplice?...
Ma cos'è abbastanza semplice da essere offerto a un bambino e a un adulto insieme, composto d'armonia e di mistero, così che possano ascoltarlo i bambini del futuro? Forse non esiste altra possibilità che quella di tentar d'imitare la musica di un Mozart? Ma è poi veramente così "universale" la nostra musica, tanto da poterla offrire senza imporla a un africano, o un cinese, o semplicemente un bambino nato fra una televisione e un videogioco?... E poi ancora: un posto isolato, avvolto nel silenzio, dove la solitudine sia illuminata e addolcita dalle stelle, è davvero il posto giusto in cui recarsi a comporre qualcosa da destinarsi a chi è cresciuto accanto a genitori ossessionati dal lavoro e dai divertimenti, alla luce dei pixel delle televisioni, ai suoni e ai ritmi onnipresenti della musica commerciale?

Se delle iniziative individuali potessero rispondere a queste domande, come le scelte di un padre e di una madre che vogliono far crescere i loro figli liberi dai condizionamenti della particolare società che li circonda, qualche risposta pronta l'avremmo tutti. Proprio come fa il compositore di musica quando, di fronte all'evidente complessità di un mondo divenuto multiculturale tutto d'un colpo, risponde accettando serenamente che "i figli" della sua arte, ovvero la sua produzione artistica, siano destinati ad esser compresi e fruiti solo da un tassello di quella molteplicità, sapendo o ignorando che non esistono realmente canali di comunicazione e scambio tra i diversi modi di vivere dell'umanità attuale, ma solo —e il più delle volte strategicamente pilotate dai mezzi di persuasione del mercato— occasionali "contaminazioni" di stili e modelli. Il che è ben diverso da ciò che nei secoli passati è avvenuto nelle periferie dei grandi imperi o nei porti di mare, dove si miscelavano le diverse culture in ibridi grandiosi...

E allora: chi è, fra noi sulla terra, che possiede quella ricetta perfetta, per cui sia possibile mettere insieme un'opera d'arte da offrire a tutti, e che sia semplice e armonica, che penetri nel profondo di qualsiasi essere umano, incontri il suo centro assoluto, lo apra, lo sveli e lo riveli, lo ricongiunga alla sua coscienza, lo liberi dall'esilio della sua ignoranza, lo renda degno di dominare con il suo ingegno la natura?

Che questa fosse una nozione svelata da un libro, l'hanno creduto le moltitudini e alcune lo credono ancora. Per molti è una nozione palese, e da pochi è creduta nascosta fra le parole e i segni il cui vero ordine ci è per ora ignoto. Se il primo caso può essere quello di un animo semplice, e se una tale persona difficilmente potrebbe far parte dei pochi, un moderno scienziato può invece far parte di tutt'e due questi casi, alla pari di un sacerdote o di un mistico, col semplice atto di sostituire un libro con altri libri e una fede con una certezza.

Quando medito sul modo in cui potrei offrire la musica dei nostri Classici a chi non l'ha ereditata per diritto di famiglia, non riesco a vedere una grande differenza fra il mio problema e quello di un sacerdote cristiano che offra al "diverso" una Bibbia e una fede che egli vuole universale. Ma quando questa sua fede viene rifiutata o non compresa, se sempre più spesso è percepita nel mondo come una prevaricazione intollerabile delle identità culturali, io mi trovo allora di fronte a una diversa domanda anziché una risposta: come faremo a condividere qualcosa che abbia la grandezza dell'esperienza di generazioni e generazioni di esseri umani? Dovremo adattarci a cercarla lontano dal conosciuto, da ciò che vive in virtù del proprio nome e delle proprie origini, che esprime la sua complessità negli intrecci delle stratificazioni storiche di cui è composto?

Cos'è dunque questo silenzio, oggi, della voce di Dio? Perché parla ad alcuni, negli antichi libri sacri o nelle armonie raffinate dallo studio e dalla pratica secolare, e tace ad altri? E' una voce in silenzio, o coloro cui è diretta hanno incoscientemente prodotto in loro stessi la sordità funzionale a vivere, non più disturbati dal richiamo di una coscienza divenuta indesiderabile?

«E se Dio fosse veramente morto? Se il silenzio post-biblico non fosse un'eclissi accidentale, ma il frutto, il risultato di una disparizione, imprevista ma reale, di quel piccolo grano con cui la Parola si nutre e che chiamiamo l'Assoluto? Se, all'opposto, fosse il compagno umano ad essersi smarrito cammin facendo, e se il silenzio post-biblico non fosse che l'indizio di un fatto la cui realtà non potrebbe mai né verificarsi, né esser contestata, e cioè che la storia post-biblica non è più che un sogno, una ripetizione memoriale di qualcosa che l'umanità ha vissuto una volta, ma che non è più vissuta oggi se non nella memoria di Dio?»

(André Neher, L'esilio della parola, dal silenzio biblico al silenzio di Auschwitz,
Marietti, 1983, pag.147)

 

Continua

 

 

immagini:

Victor Tilgner (1844 - 1896)
Particolare di busto marmoreo;
coll. René Clemencic, Vienna

——

"Naxos, dov'è Arianna"
foto di Franca Cecchinato, Padova

 

 

 

 

©claudioronco2006