Contrappunti del Silenzio

«Ricordare non basta, bisogna saper dimenticare»
Reiner Maria Rilke

 

So bene di non aver detto fin qui molto di nuovo o che non fosse già stato detto. Ma uno dei motti che mi vanto d'aver composto dice: "Leggere non basta, bisogna saper rileggere". E nelle mie intenzioni, questo motto non fa riferimento solo a un miglior uso della memoria, ma a una vera e propria metodologia della lettura.
Non sarà qui e ora che mi perderò nei dettagli di questa metodologia, ma mi limiterò a mostrarne almeno un aspetto, attraverso l'osservazione di un lettore antico, Sant'Ambrogio, il quale a sua volta viene osservato nell'atto di leggere da Sant'Agostino, che così lo descrive:

“Sed cum legebat, oculi ducebantur per paginas
et cor intellectum rimabatur,
vox autem et lingua quiescebant.”

Ma quando leggeva, gli occhi erano condotti per le pagine,
e il cuore dell'intelletto apriva fessure,
mentre la voce e la lingua, invece, stavano a riposo

(Agostino, Confessiones, VI, 3,3;
Corpus Christianorum, Series Latina, XXVII, pp. 75)

Nella scena che ci viene mostrata, il punto centrale che vediamo è "il cuore dell'intelletto che apriva fessure", che potrebbe anche essere tradotto, forse con maggior aderenza al pensiero e alla visione di Agostino, abituato come tutti i suoi contemporanei a concepire la lettura come un'esperienza collettiva data ad alta voce dal lettore di fronte a un'assemblea, in "l'anima dell'intelletto" che apre fessure come un aratro nella terra, tra le parole e i segni del testo: le rimae, termine latino per fessure, da cui il verbo rimor, aprire fessure, verso il quale gli istruttori della Dottrina volgeranno il senso dell'instruo, che è l'eliminare le fessure.
Su
quest'immagine Maria Tasinato, docente di Estetica all'Università di Padova, si sofferma per un intero libro, intitolato "L'occhio del silenzio", dove annota:

« [...] avvicinandoci a côté di Sant'Ambrogio [assorto nella lettura silenziosa], ci s'accorge [...] di come, ancor prima che nel divino colloquio, egli sia immerso in un'operazione più profana, ma ineliminabile: quella che faceva d'ogni lettura, sia ad alta voce che silenziosa, propriamente una lettura, e non un ottuso sguardo su segni grafici indecifrati. Ambrogio sta cercando, giustappunto, la rima ossia la fessura che divide una parola da un'altra. Egli sta impavidamente affrontando, senza il rassicurante ausilio della voce, le traversie della scriptio continua, la quale, direbbe dal proprio punto di vista un moderno, angariava il lettore antico. Quest'ultimo si trovava davanti agli occhi una compatta schiera di lettere, quasi mai interrotta né da spazi bianchi, né da segni di punteggiatura, né tanto meno differenziata da accenti (o spiriti). Leggere, in simili condizioni, diveniva qualcosa di molto più impegnativo di quanto s'è soliti concepire: era cominciare subito ad interpretare; leggere era già informare, dar forma (typoo) a dei segni grafici (typoi). Non era permessa al lettore antico la distrazione: la comprensione parziale, concessa al lettore moderno, si traduceva sin dall'inizio in un'incomprensione assoluta.»

(Maria Tasinato, L'occhio del silenzio.
ed. Esedra, Padova 1997, pag.14)

L'autrice prosegue poi nel suo discorso (ne voglio consigliare la lettura: è tra le più ricche e affascinanti pubblicazioni italiane degli ultimi decenni, e quindi sommersa dal soprannumero di libri dati alle stampe...), ma nella mia meditazione attuale è sufficiente soffermarci in prossimità di un lettore silenzioso, i cui occhi, senza potersi distrarre, senza riposarsi sul frammento o sul dettaglio, senza rallentare o accelerare l'incedere della lettura, guardano attraverso le parole e i segni, oltre un testo: questo uomo non è un retore; egli è il Musicista.

Naturalmente, non è la figura di qualcuno che mette insieme note e suoni musicali assecondando i propri gusti o quelli dei fruitori, concentrandosi, appunto, solo sugli equilibri degli insiemi che ha composto: un simile musicista è, a tutti gli effetti, un buon cuciniere e il suo teatro è un ristorante. Ma non è neppure il musicista che ha scelto la musica in quanto linguaggio astratto, che si presuppone, a differenza della parola, libero di esprimersi in libertà dai vincoli del "significato".
La figura che vedo, infatti, muove gli occhi sui segni scritti come fa chi legge con coscienza una partitura musicale senza avvalersi di alcuno strumento: nel silenzio della sua lettura mentale, sente la musica solo con gli occhi, che devono scorrere sulle sequenze di segni nell'esatto tempo di quell'ascolto. Altrove, un insieme di persone e strumenti potrà in un qualsiasi momento eseguire quella partitura e renderla così musica per le orecchie dei presenti, espressione di sentimenti ed emozioni pure o formanti immagini sublimate, esperienza ineffabile o semplice diletto, profonda consolazione dell'anima o puro divertimento... poco importa: nelle sue effimere manifestazioni la pratica musicale può svolgersi o essere immaginata in molti modi; ma ciò che veramente conta, ciò che ne costituisce il senso e la struttura, ciò a cui deve restar fedele il compositore e l'interprete, è l'origine della musica al di là dei suoni che ascoltiamo o dei segni che li rappresentano; quell'origine è oltre il suono così come, per il mistico, la parola divina è oltre il testo, in un luogo che si può visitare solo lasciandoci visitare, e attraversando il silenzio assoluto di un vuoto: la solitudine dell'uomo oltre la quale ci può essere soltanto ciò che chiamiamo Dio, oppure il suo pensiero, leggero, libero, infinitamente nuovo.

«Ambrogio tacite legens è uno scandalo, un inciampo rispetto al cum [...] che Agostino tanto amava proprio come consuetudine di una lettura fatta assieme agli amici, quel simul legere che di norma avveniva ad alta voce senza nascondimenti individuali», scrive ancora Maria Tasinato, «Tuttavia Ambrogio, così leggendo, fa mostra d'aver raggiunto un tacito colloquio con la divinità.»

(op. cit., pag.12***)

 

Concepire la musica in silenzio certo non fa scandalo, né ieri né oggi, ma spingere noi stessi a cercarla là dove i suoni non sono ancora, comporta un sacrificio che forse non siamo più capaci di compiere, che presto o tardi nessuno sarà più in grado di insegnarci, e che già ora, apparentemente, troppo pochi desiderano.

 

“Trovati un posto isolato, illuminato dalle stelle, e componi qualcosa di armonico e semplice, legato al mistero della Creazione, del ritrovarsi. Componi un'armonia che possano i bambini del futuro ascoltare... perché non partano svantaggiati dalla sordità dei genitori, perché la scissione dell'ascolto armonico non divenga una scissione col Trascendente.
Buona giornata. Antonella”

(E-mail di Antonella Fatelli a Claudio Ronco, 12 luglio 2002)

 

 

immagini:

Gianlorenzo Bernini,
"Plutone e Persefone", 1622,
particolare.

 

 

 

«Ambrogio tacite legens è uno scandalo, un inciampo rispetto al cum della conversione, quel cum che Agostino tanto amava proprio come consuetudine di una lettura fatta assieme agli amici, quel simul legere che di norma avveniva ad alta voce senza nascondimenti individuali (Conf. IV, 8,13). Tuttavia Ambrogio, così leggendo, fa mostra d'aver raggiunto un tacito colloquio con la divinità, giacché: cum (...) legimus Deus nobiscum loquitur (Isidoro di Siviglia, Sententiae, III, 8,2)»

(op. cit., pag.12)




 

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