Il suono, nella nostra tradizione musicale, è una cosa che si deve «cavar fuori» dallo strumento. E questa è un'immagine da meditare a fondo.
Cavar fuori il suono: come l'attore che cava fuori dal testo teatrale il personaggio, come lo scultore che cava fuori dal marmo la sua opera.
Questa, inoltre, non è che la condizione di chi esegue un'opera, poiché il crearla è ancora un passo più in là: è il cavar fuori dal sé l'opera, trovandola dentro al proprio essere, e cavandola fuori essa nasce alla vita: come in un parto, l'opera nasce sottraendola a sé, con dolore, diminuendosi, perdendo sangue e forze. E, subito dopo, questa sua naturale situazione si deve convertire in un altro atto d'amore immenso: l'allattamento, il cavar fuori il latte, donare questo succo di se stessi, questo estratto sublime, per nutrire corpo e anima dell'opera.
C.R.
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