Sul labirinto, tempo fa mi era capitato di scrivere questo: “I labirinti sono luoghi nei quali entrare significa uscire, e viceversa. Sembra a tutti che debbano avere un centro, e invece non hanno neppure un perimetro. Questa è la ragione per cui alcuni restano intrappolati, altri vanno fieri di se stessi per esser riusciti a uscirne grazie all'intelligenza, senza però accorgersi che non per volontà loro ne sono stati rigettati; altri ancora li attraversano con levità solenne, sostenuti dalle leggi d'armonia. Insomma, quelle stesse leggi che hanno fatto volare le ali di Dedalo, risucchiandole in spirali verso l'alto. Dove l'intelligenza ha prevalso, dei suoni acuti e cristallini si è sfruttata la trasparenza, e il tessuto ampio dei suoni bassi si è così palesato alla vista e alla volontà che ha potuto dirigere il volo. Dove è prevalsa l'emozione e l'eccitamento, o l'estasi e il distacco dalle cose terrene, il risucchio si è capovolto in caduta verticale, scivolando fra le trame degli accordi nei bassi, di vuoto in vuoto, fino alla dissoluzione violenta della materia preziosa che pure era giunta tanto in alto.” Oggi penso che quella mia descrizione del labirinto, così adatta a descrivere il cosmo, dimenticasse di notare il pericolo che una tale sovrapposizione di figure comporta; ma nel contempo mi sono convinto della inevitabilità del nostro compito di penetrare proprio quel cosmo, dove ogni cosa è contemporanea ed equivalente al suo contrario, e che la possibilità di sopravvivere e di non impazzire in un tale luogo sia la sfida del futuro. Il web è il campo delle esercitazioni; il mondo reale è il luogo della battaglia; la battaglia è la stessa che affrontò il primo uomo: quella tra la luce e la tenebra. |
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