Spartaco e la rivolta degli schiavi
Le guerre di conquista
avevano procurato un gran numero di schiavi che venivano
utilizzati nei latifondi. Per impedir loro di fuggire, spesso i
padroni facevano lavorare gli schiavi incatenati, e questo
rendeva la loro vita insopportabile. Inoltre i Romani si erano
abituati sempre più al sangue e gli spettacoli dei gladiatori,
che si svolgevano in occasione delle cerimonie funebri, stavano
diventando sempre più diffusi.
Nel 73 a.C. Spartaco , uno schiavo di origine tracia, gladiatore
della scuola di Capua, riuscì a fuggire con un gruppo di
compagni e si impossesò del monte Vesuvio. Allora il Vesuvio non
era un vulcano attivo. Raggiunto da alcuni pastori e da altri
schiavi fuggitivi, formò ben presto un esercito con cui devastò
la Campania e la Lucania e sconfisse le truppe che Roma aveva
mandato contro di lui.
Spartaco non pensava di poter sconfiggere completamente Roma, per
cui decise saggiamente di ritirarsi a nord delle Alpi, in modo
che i suoi seguaci potessero disperdersi tornando ciascuno al
proprio paese di origine.
Ma gli schiavi della Gallia e della Germania si rifiutarono:
preferivano rimanere in Italia e saccheggiare.
L'esercito di schiavi aveva raggiunto 70.000 combattenti. Il
Senato, resosi conto finalmente del pericolo, mandò contro di
loro entrambi i consoli del 72 a.C., che però furono sconfitti.
Spartaco allora puntò di nuovo verso nord, ma ancora una volta i
suoi lo costrinsero a cambiare idea.
Dopo due anni però la ribellione si concluse tragicamente:
Spartaco morì in battaglia mentre il suo esercito veniva
sconfitto da Crasso. 6000 schiavi suoi seguaci furono
crocifissi lungo la via Appia tra Roma e Capua. Alcuni
fuggiaschi, che erano riusciti a dirigersi verso nord, furono
intercettati in Etruria da Pompeo , che poté così vantare di aver
portato a termine la guerra.
A cura degli alunni della scuola elementare "Gianni Rodari" di via F. Santi I-00155 Roma, coadiuvati dagli insegnanti Maria Grazia Pesce e Piero Cusinato