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La nobildonna e il duca

 di Eric Rohmer

con  Marie Riviere

Rohmer ha dipinto un film. Ha usato una tavolozza inedita per una vicenda insolita. E nel Teatro ha rappresentato la Storia vista dalla parte della nobildonna Grace e del suo Duca, amico e traditore, fragile amante.

Si parla della  nascita di una nuova via per il pensiero occidentale tutto.

Si parla della Rivoluzione Francese. Una rivoluzione che sembra aver mutato il corso degli eventi, una rivoluzione che ha sparso il sangue dei diversi dagli uguali al grido di libertà, uguaglianza, fraternità. La rivoluzione che ha recluso i liberi, che li ha decapitati nelle piazze inseguendoli col terrore, colpendoli negli affetti.

Così siamo diventati tutti uguali. Tutti uguali tranne gli altri.

Rohmer ci mostra un volto dell’aristocrazia: la fedeltà ai valori. Ci mostra un volto di ogni uomo: la contraddizione e il dubbio.  Narra del  travaglio di un’umanità, di cortesie profonde, di sacrificio, di signorilità del cuore. Racconta di crudeltà gratuite, di odi celati. Parla di strade percorse con i piedi feriti,  lasciando alle spalle le mura dipinte a protezione della città amata, per raggiungere la campagna e spiare dall’esilio, con il cannocchiale, il proprio credo decapitato e deriso.

Rohmer è un’esteta. Si innamora delle sue inquadrature, ora le può dipingere anche grazie alla tecnica digitale.

Ne esce un film d’autore, di sapiente regia, armonica commistione di arte cinematografica e teatrale.

Il tempo ritratto è quello della vita che scorre con i suoi indugi, ma è anche il tempo sempre presente di vicende che hanno caratterizzato l’evoluzione culturale della nostra Europa.

 

 

 

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