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Malata
democrazia
Che
sia un feudatario, un Signore, un Re o un ciarlatano, purché ci copra col suo ombrello e ci
protegga: popolo servile.
Di
fronte ad una tavola imbandita morimmo di fame per non saper usare la
forchetta, ignorando la spinta primordiale che ti invita a mangiare con
le mani. La Repubblica,
questa Res che ci ritrovammo tra le mani, è gestita a colpi di
maggioranza, a tavole rotonde, ad arene parlamentari, metafore della
giungla nella quale interessi opposti si scontrano, scollati da valori
condivisi e sorretti dalle spinte che da sempre hanno accomunato gli
uomini: potere, denaro. Resta da capire se il servitore possa in pochi
anni diventar padrone e se spariscano i calli dalle mani del suddito
sostituendo la zappa con la penna. Non comprendo come si possa
scientemente rinunciare ad un’opportunità democratica accettando una
concentrazione di potere gigantesca nelle mani di un unico uomo
ambizioso e servile.
Poco
abituati alla libertà dunque, al giudizio, cediamo le redini
all’istrione, all’imbonitore di piazze. Diamo credito a chi non
rimborserà mai il debito. A chi non sa ragionar con prospettive di
medio e lungo termine, a chi non dà spazio nella sua mente se non ai
propri pensieri e integra degli altrui quanto è funzionale ad un
proprio obiettivo comunque narcisistico.
Restano da indagare i meccanismi del
consenso. Resta da capire se impedire il suicidio sia una forma di
giudizio o una prevaricazione dell’altrui libertà. |
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