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Con gli occhi saturi e il cuore gonfio è un uomo solo che si avventura nel terzo millennio.

Crogiuolo di potenzialità inespresse, desideri, progetti e sogni stroncati sovente da una mentalità nichilista e razionale ai limiti dell’irragionevole, al mito di dio sostituì il mito di sé. Portato in vetta al monte diede la propria anima per regni che non sempre gli vennero accordati. Nel vendere se stesso svendette la sua terra e il suo onore. Non riconobbe la sua casa, bevve l’acqua dei suoi figli, tolse il pane dalle loro mense.

Ora la belva impazzita divora la propria progenie.  Il mondo che lascerà loro non lo riguarda.

Brancola per la rete, entra dallo stargate dell’anima, propone le proprie perversioni, i propri miti delusi elusi illusi. Si vende per poco amore. Narra di sé, dell’uomo che è stato, narra dell’uomo sognato dai padri sconfitti, narra di madri baldracche di orrori dell’anima, di intimità violate, di lacrime consumate nella notte delle proprie solitudini. Ora si gioca tutto, il giocatore d’azzardo, per un poco di ascolto. Gioca il suo nulla e il suo tutto, per un solo attimo di verità.

E l’uomo discese agli inferi. Nel paradiso indicato non trovava se stesso: né cibo per la propria ambizione, né libertà per il proprio spirito. Folle di angeli neri l’accolsero nell’unico paradiso reale, l’altra era solo  la terra promessa e come ogni promessa avrebbe potuto essere  tradita.

Ora si fida di quello che vede l’uomo. Non si fida di quello che sente l’uomo. E da quando gli hanno detto che anche la vista è un inganno non crede ai suoi occhi. Gira vorticosamente nel suo inferno, sbatte contro le pareti della sua casa oramai cieco.

E se cieco sono, disse a se stesso, chiuderò le palpebre per meglio vedere. Saranno i sensi a guidarmi.

Solcò ogni corpo quest’uomo, lo plasmò con le mani e tastò nel buio ogni anima persa trovasse lungo il cammino. Sentì le spine trafiggergli la carne ed ebbe nostalgia della luce.

 

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