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Nadia Agustoni

Da: La partenza di Arturo

saprò il bene e il male

 

 

Il mare

I

noi siamo sempre soli
e non siamo lasciati
da soli.

da migranti mari
ho ascoltato salire
notte interminabile.

serrata ai porti
in spire di spume
famelica muta dondola il petto.

asciutta la crepa
in sciamare di bocche
anche il silenzio
affonda le spalle
trafigge il gomito
e nel fianco si porta
alto d'acque.
 

II

in superficie d'alghe
scaglie di luce
in riga coi meridiani -
improvviso l 'azzurro
e posarsi compatto di squame:
stretti i pesci
alla duna subaquea
con guizzo che cede
l'occhio rotondo si confonde
impigliato nel sonno delle reti.
 

III

ferme le correnti
col polso ritornello
dicendo: è lenta la vela
schiarita al salire di marine
e al nuovo orizzonte s'imprime
nei lidi spolpati
in naufraghe file
col peso reciso della terra.
 

IV

spaccato in altri il cordoglio
si ricalca da nord a nord
risata blu è l'esca
spina nel muscolo.

esaudito il tempo
puoi non sapere?

ti cresci il limite, inondi
a viva forza cerchi silenzio

lo fai scoperto, immobile
scagliato nel visibile.
 

V

colore
geografie di titani
barbara eco.
azzurrino azzurro
perduto
non ti trova uguale:
vuoto l'astro
della buona fortuna
chi hai davanti?
 

VI

lascia che maree voltino
e compiangi.
chi manca ai remi?
chi pronuncia il tempo?
rimani a galla
scuoti la bocca
e radice d'acqua
ti mangi i piedi
quando sarai
al mutare d'anni
solo.

in duri becchi
avrai parola
e seguito.
 

VII

dai continenti
farsi aperto
del sonno marino.

l'ineguale spazio
è puntuale al riposo:

premi la palpebra -
nuotano le origini
al chiaroscuro.
 

VIII

nel nudo toccare di tutti
lo speso bene
il versato saluto di sale
che il mare congeda.
generoso staccarsi la fatica dell'acqua.

 

 

Arthur se ne va

I

se con gli occhi del mondo
mi guardo -
non mi vedo.

tutto il passare nel petto
di cenere -
tutta la febbre a trattenermi
vivo -
invera le visioni
lo so intero il dolore.

quello che prendo
con mano larga dalla terra
misuro -
non associarmi alle tue colpe
ad abitudini prese
all'orrore che si assolve -
anche di me l'inaudito
molto e molto poco
troverà -
chi mente
chi non dice il vero
suggerisce.
 

II

molto somiglia a sparire -

a malapena con me si saziano
c'è un intervallo cieco
che non copro -
l'intermittenza del tempo
è vuota
l'umanità sfilata -
si perdona negli altri
il presente
o ci trova uccisi -
una pietà piccola
ben presto
ci stancherà -
e dove andremo inermi
saremo
in mezzo alla vita.
 

III

sono il ragazzo che hanno perso
senza tendere l'orecchio -

nella tenerezza taciuta
sono il ragazzo versato all'indignazione -
l'alterco che sfigura.

era alle partenze
al timbro crudo di rotaie
che davo ascolto -

questo nascersi male.
 

IV

un po' interni al dolore

domanda rapace
finisce il sogno -
passione mi nomina
ricominciati occhi.
 

V

non ho che povertà a nascondermi

sbagliando dissero
è troppo poco -
questo è l'inganno:
di paura che non vede sé stessa.

spio la diaspora degli altri
chi doveva annegare
non ha lingua arida
né ultime parole.

dove siamo è impossibile
non esserci -
l'ora slarga
e ci tiene insieme.
 

VI

la bellezza può cambiarci

se c'è un bene
un qualcosa di bene
puoi impararlo -

siediti al vento:
anche le promesse
frullano l'incerto.

questa libertà
trova la pioggia.
 

VII

dico il perché

io rispondo
a voci schive -
di chi venne per primo
e non ha fermato.

questi anni
lì passerò parte a parte
con occhi nudi
e non mancherò il freddo.

l'arteria indurita
si regola lenta -
ho detto logora
la fortuna dei nomi.

datemi pietra
o cos'altro?
 

VIII

rimpiangerai di certo

talvolta si radunano goccie
che premono -
sopravviveremo a domande
al molto ritardo
al molto ingiusto.

attente pupille
incalzano la bruma -
preparati agli eventi
alle brevi morti
all'insensato riso
che ti oltraggia.
 

IX

il coraggio cammina

ha certezza di piedi
si benda la bocca
se non ha parole forti.

se ti tradiranno
pensa a vivere -
per i torti
chiamerai il tuo prezzo.

radici lunghe
strappano la lingua
degli uccisori.
 

X

dormiamo senza notte

con grido che assolve
mi figuro la sciagura

non c'è presente che basti
e non conosciamo di più.

 

[Uroboro - Rassegna contemporanea, Edizioni Mediateca, Campi Bisenzio, 2000.]


 
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