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ANTOLOGICA: I POETI DI "GAZEBO"

(II parte)

 

[Nota. La prima parte di I poeti di "Gazebo" è uscita in Uroboro 6. Nel gennaio 2000 è prevista l'uscita di Gazebo. Scrittori e scritture di fine '900, a cura di M. Bettarini e G. Maleti, Edizioni Mediateca: un'ampia selezione dei volumi pubblicati nelle collane "Gazebo" con apparati critici e bio-bibliografici. Per tutti i testi © degli autori.]

 

Che cos'è GAZEBO?

I) GLI INIZI: la Collana di poesia e prosa Gazebo viene ideata nel 1984 da Gabriella Maleti, che la propone a Mariella Bettarini, la quale subito vi aderisce. La Collana è inaugurata da un volumetto collettivo dal titolo Etrusca-mente. Sinora (febbraio 1998) sono usciti 79 titoli, mentre altri sono in via di pubblicazione. Alla prima Collana se ne sono aggiunte due: Gazebo verde e I quaderni di Gazebo.

II) PER UNA TEORIA DI GAZEBO: il gazebo (piccolo edificio all'aperto, chiosco da giardino) è luogo d'incontro, di scambio, di dialogo; luogo fuori dal chiuso della cultura accademica e tradizionale, fuori dagli steccati, dalle separazioni, dai dualismi poesia-prosa, scrittura alta-bassa, scrittori noti-ignoti, cultura d'élite-cultura di massa, parola-immagine, arte-scienza, ecc.

III) GAZEBO FUCINA DI SCRITTURA CREATIVA, EDITRICE DI RICERCA: ricerca letteraria, formale, nei testi da pubblicare (rifiutiamo il dilettantismo dei cosiddetti "scrittori della domenica"); ricerca di voci nuove, valide, spesso ignorate, voci di persone che il più delle volte rischiano di cadere in balìa di sedicenti editori, che commerciano la parola, non la amano, sfruttando l'idealismo, la non-informazione, il profondo bisogno di espressività da parte di scrittori talora alle loro prime esperienze; Gazebo, dunque, come terreno di scoperta e "coltura" per scrittori giovani o meno giovani, in una intensa opera di valorizzazione di voci emergenti, di autori "di qualità".

IV) IN QUANTO EDITRICI, LE CURATRICI SI RITENGONO PREVALENTEMENTE SCRITTRICI, ossia partecipi in prima persona e innanzitutto dei problemi della scrittura; in secondo luogo, della affaticante conoscenza della oscura situazione editoriale italiana; in quanto scrittrici, le curatrici sono, dunque, profondamente consapevoli di tutto l'iter di un dattiloscritto verso (sia pur potenziali) lettori, in un amore per la scrittura e in una necessità di collaborazione da cui soltanto può nascere una editoria davvero partecipata, non finalizzata allo sfruttamento di ideali e talenti, né volta al commercio dei testi creativi.

V) COME FUNZIONA GAZEBO

a) L'editing: quando è necessario: sotto forma di proposta all'autore di re-intervenire sul proprio testo; editing collaborativo, in un "dialogo di lavoro" sul testo propostoci.

b) Strettissima cura editoriale, talora con stesura di introduzioni ai testi, di indicazioni di critici da interpellare per l'introduzione stessa; possibilità di usufruire - per le immagini di copertina - di fotografie di una delle curatrici.

c) Consegna della tiratura del libro all'autore, per una effettiva e diretta spedizione del volume a critici e riviste specializzati.

d) Fornitura di un ricco indirizzario di critici e riviste, per un contatto diretto autore-critico.

e) Frequente cura della presentazione del libro in una sede fiorentina adatta; ricerca di uno o più critici e fornitura di un indirizzario locale per spedizione inviti.

[Mariella Bettarini - Gabriella Maleti]

 

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GAETANO PAMPALLONA: da CENERI D'ASSOLUTI (1991)
 

***

Sarebbe fedele questo approdo
se non m'ardessero festose tenerezze
nostalgie di luoghi rifiutati
ceneri d'assoluti
di passati.
 

***

Qualcosa resta sempre lontano
nelle campagne la gente
non era viziata nei silenzi
le facce all'unisono di nenie.
 

***

Al lago vengo
nel grigio d'ombre
trasceso ti vedo
pure t'ho visto in aurore
incarnarmi di pazienza.
 

***

Solo col drago
tra vetrate
alla Florer Kapelle.
Luce viola, scampanio
(rotto il silenzio).

Sulla porta una vecchia
in movenze e segreti.
Non capii quanto dissero quegli occhi
né seppi dei suoi gesti
se delirio o grazia.
 

***

Una nuvola bianca sul tuo funerale
una bambagia di gelsomini
volati dalle tue rive.

Da domani tutto sarà precario
e così vicino
verso dentro.
La morte può fare questo
e quanto non è misura
far perire.
 

***

Nemmeno beffando riappari
in queste notturne strade.
Le sfrecciavi rotta di paura
gole dei tuoi travedimenti.
Per noi ossessioni le tue avventure
pena rimuoverti
rimuoverle.
 

***

Una donna in un largo di pioppi
chissà la verità del suo corpo.
A lungo resta
in un bilico d'opachi
in mezzo spezzata
in punti opposti.

 

DANIELA LUCATTI: da STATUA DEL GESTO (1992)
 

***

Sono talvolta attimi
strade bagnate in
mimiche di sintesi
entità riconvertite in ombre
e il richiamo
reale delle voci
sembra ogni tanto
a sera
ricomporre il senso
franto da una bottiglia
plastiche di sguardi liberati ora
            il mai vero
poi
grandine di schermi e
te
simulazione
 

***

Saranno due
domani
le storie di una storia sola
ore smussate
nel cerchio dell'assenza
e il gioco dell'anello
ceduto nel silenzio
delle mani chiuse
il simbolo lasciato in fine
            per non finire forse

acqua per vivere
ed al mio posto bere?
opacità vetri traslati e
cieli staccati dalle sere
polveri
ora già
di essenze semplici
 

***

Tornare sarà un volo soltanto
un'idea
la paura che blocca la strada
e interrompe il cammino
il flusso
sul chiostro del ritorno
libererà l'assenza
dovremo spiare allora
nell'antro della strega
quando
ogni suono sarà stato emesso
e del verdetto non rimarrà
che la lancia
spezzata
degli sguardi
 

***

Tu non potrai
strega ventosa
muovere persiane
            di case fatiscenti
dove
fantasmi di pensieri
dimorano scannando cani
e piccoli animali
nascono e muoiono
senza rigenerarsi più
            nell'arca
e verde
il serpente
come non mai
e vivo
striscia negli angoli del tempo
risparmiando il suo veleno
per dolorosi giorni
dove poi tutto si ferma
            quando
statue di sale
chiedono vero cibo
e non latte nero
per ingannare
l'ancestrale fame
 

***

Avevi sognato
papaveri fremere
            ai suoni del vento
e
percorso deserti
per seminare il gene di chi sa
dopo le sette prove
arcuare il raggio
che circoscrive il segno

sembrava già tutto risolto
a parte il fatto che
esiste il buio
e che
l'idea di luce scivola
sui vetri della notte
 

***

Mai riconosceresti l'altro
            ieri
lì nel cesto del cipresso monco
scalpita
            gettata via
la furia
rispuntano nella stasi bestie piccole
insidie dove
tedio e timore
            celano
l'evento

poi ancora grida
quasi a graffiare spiagge
in attesa dell'ultimo libeccio
per ingoiare il mare

 

ELISA BIAGINI: da QUESTI NODI (1993)
 

***

Nero di storie
formiche divorano il bianco:
ce ne vorrebbero meno, più spazio;
meno formiche
che passeggino calme
le antenne in corona sul foglio,
punte di lapis in movimento
scendano di resina sui tronchi.
 

***

Sogno gli occhi
come larghi tavolati senz'angoli,
la luce è di lampo,
vedo il legno sotto il fuoco.
Le tavole aspettano a muoversi
che un suono da fuori
le spacchi in più punti.
Verso di me
verso una scatola
per i noccioli, i sassi,
questi nodi stellati.
 

***

S'apre una crepa nel sole, una carie
mi avverte del lutto quotidiano;
mi sporgo per recuperarmi
e lettere tonde rotolano lontano
dal mio braccio.
 

***

"Ho un gufo sul petto"
sembra lana ma è più un ferro da stiro;
una suora dalle bianche ali:
ricama con filo da sutura un cuore rosso per me
ha il sorriso tuffato nell'amido,
uno steccato di colletti lisi.
Mi circonda una cascata di foglie di garza,
so di medicina:
mi cola dello sciroppo dalle orecchie,
forse è miele di mosche
lo raccolgo, nella tazza più bella
un regalo per natale, dei più cari.
 

***

Nella stanza accanto
la lavatrice e tre persone parlano.
Scrivo della paura di piatto
e del ritorno
e i rumori mi assalgono
crescono nel foglio, tra le righe:
lo scrivere altro
finora mi ha salvato,
non svelato
la grana di questo linguaggio
la conta dei fogli migliori.
Non dimostro la natura
né lo spirito,
ma ciò che vola in mezzo
e insegue l'angelo.

 

NADIA AGUSTONI: da GRAMMATICA TEMPO (1994)
 

***

dal sogno mio
io differisco
quasi mi specchiassi
al rovescio.
 

***

sbrogliando l'affanno
sono da capo;
in cattività a mezzo
il filo reciso e l'ago storto per bilancia.
 

***

di fughe
parvenze mi seguono
che dicano non so;
a volte un silenzio le possiede
e tace tutto.
 

***

ripida -
l'eco della voce risalgo
a sbalzi, immune
da forza contraria
nuotandomi incontro.
 

se avessi dato di me
(dedicata a chi capisce tutto e a chi capisce niente)

se avessi dato di me
l'idea di voi
lasciando intendere
e non intendendo affatto
avrei avuto credo
un cambio vantaggioso.

coniugando forza e taciuto
ottemperando a qualche obbligo
come casualmente fare ricami
non avrei profuso sgomento
nel vostro timido affanno,
né dato sciabolate.

le vittorie che conto
non posso masticare
a lungo sotto i palmi sudati
il cuore resta grosso e ribatte i colpi
perché è negli inizi
che a volte io sbaglio.

se avessi dato di me
la liscia superficie del niente
non mi avreste compreso
ma vi avrei forse accanto.
Adesso tra le mani
le parole si arruffano. Ed è tardi.
 

***

quando s'inceppa
parola
inutile cade.
S'afferma dove non cerco.
 

***

scialbe figure del dove
le parole irretite.

Fuoco contro fuoco
che rovescia i termini e conchiude.
 

***

scricchiola l'età corta
palese inganno
sul rovescio di cose.
 

***

quel farfugliare insonne
lo sfagliarsi d'una luce scalza
tentativo sottile, ottico
intenso codice del disparire.
 

***

punta rotta
graffia graffia la paura.
 

***

si solidifica lo sbaglio.
Tempo raffermo.

 

RICCARDO BOCCACCI: da PERSONA (1995)
 

***

Acqua fuoco ferro aria
melodia della voce.
Non migliore né peggiore:
eri.
Ora ti allontani.
Un soffio di vento
e subito sparisci.
 

***

Cosa ti sei messo addosso?
Lacrime mai parlate? Pioggia?
Una delle tante storie.
I libri (sai)
cerchiamo di raggiungerli
scappiamo via
senza padri o maestri.
Questo il senso delle cose pensate
che volevo dire a te stasera.
 

***

Scordata la morte che ti ha preso.
La morte come idea che rimbomba
alle pareti delle tempie
cartapecora e silenzio.

Non so stare accanto al dolore.
 

***

Lasciami mente
sepàrati dal corpo
non resistere
plàcati.
 

***

Mestamente latrano cani randagi.
 

***

In nome di non so cosa o chi.
Scimmie d'aria m'han preso.
Non ho altro di te.
 

***

Stringo con la mente
il corpo che balla
come mela marcia.
Quando mi desterò
il non fatto peserà

(teoria di pini
sul limite del viale).
 

***

Adesso che siamo altro
per sangue nervi sudore
vengo a ricadere nel buio
delle ruote della terra non unte.
Una voce dice:
sei la cera che cola e riempie
io sono il calco.

 

LILIANA UGOLINI: da BESTIARIO (1995)
 

Scimmia

Per il pelo, per la presa
(un cervello ridotto)
il belzebù primate
si rispecchia.
Noi di razze e corazze
emarginati, in sottecchio
d'immagini diramo
siamo eretti (la magia
degli eventi) in riflesso
d'un doppio consapevole
 

Sirene

Per certo il mare.
Di piumaggio o di pesce
l'altra donna c'incanta
di risacche violacee di sconquasso,
di lucori in fremiti di groppe,
nel tuffo d'un aspetto,
in attese di specchi
scontro imprendibile.
A noi di cera, inutile
l'udito assorda cantilene
 

Drago

Alato sputafuoco che s'arrende
all'incetta dei simili,
sforza la scatenata mole del serpente
in rassegne d'eroi. Cade trafitto
in fitte ricadute fino a spostarsi
dove ora si tuona, in grinta
d'un evento incontrollato
 

Cigno

Anatide che sfuma
biancori d'ascelle
nel collo di profilo,
si copia al negativo
nel nero dell'atrata
l'ombra lasciata libera.
Nell'incostante, il fischio
batte un flauto, le distanze
si chiudono nel parco delle terre,
il canto è la smentita pendolare
 

Farfalla

Zuccheri s'umettano
d'attrazione di fuochi,
la fiamma del raggiungersi
a bruciarsi le ali
 

Cervo

Plenicorno a palchi forcuti
(un inverno di rami in fardello)
sta nella mira, il bianco
teneramente imbruna un collare
di pregi. Esilità la folata di fughe
a guida di femmina, lo spoglio
della sconfitta di lame,
lungo d'occhi
 

Pantera

Slancio macchiato nella notte
d'un giallo, un guanto (gli spigoli
uncinati) la zampata riversa nella chiazza
al cigolo d'un'ombra dileguata
 

Aquila

Ingegno ha l'apertura
naturale alare
nell'oltre di due metri.
Il profilo imperiale
nel conio di monete
da baratto è lo scambio
in aspetto d'epiloghi
d'esempio, sugli emblemi
 

Corvo

Riflesso del non ritorno
l'artificio d'un complesso
di sventura, il lacunoso
canto dell'abito mentale
che ruina l'umano ritirarsi
in marsina di penne, nel nero
fino al dito, nell'additarsi
bieco d'un iniquo costante,
all'insaputa del corvo,
un miracolo torvo per natura

 

MARIA PIA MOSCHINI: da BATACLAN (1996)
 

L'uomo senza bagaglio (1993)
(Sei azioni teatrali per valigia e attore)

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Sul fondo scena:

Una struttura ruotante
con al centro, fissa,
una valigia.

Sul pavimento:

Una struttura analoga,

uno sgabello su cui sta
seduto l'attore,

una valigia identica
a quella appesa.

LA VALIGIA DELL'ETERNO VIAGGIO

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Prima azione teatrale:

L'uomo:
Siedo al centro del mondo.
Il Bagaglio?
La valigia dell'eterno viaggio
per non dimenticare
l'assalto di ventate ispirate

(un ventilatore muove
lunghi frammenti scritti)
l'oggetto visionario
che tramuta il pensiero
in azione,
         il pesce

(estrae dalle tasche un
pesce scultura)

in marinaio.

(indicando se stesso)

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Seconda azione teatrale:

L'uomo:
(si alza e cammina a braccia aperte
lungo un raggio tracciato sulla
piattaforma circolare)

Potrò muovermi allora obliquamente
in tracciati, fino a fughe desertiche
a orbite stellari...

(raggiunge la circonferenza)

sull'orlo che mi espone
al ridere dei venti.

Oh, gli eventi irrisori!

(lancia sul pubblico una manciata
di coriandoli)

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Terza azione teatrale:

L'uomo:
(camminando lungo la circonferenza)

Perché se raggiungo il confine
in qualche modo
sarò circolare veloce,
stanco del poco
derelitto di me
         su commissione.

(torna seduto al centro)

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Quarta azione teatrale:

L'uomo:
(estrae di tasca una pila:
si abbassano le luci, l'attore
illumina il bagaglio)

Da seduto il bagaglio è mia
lapide.
Leggo epitaffi disordinati:

FESTINA... SEMPER...
MEMENTO AUDERE... LENTE...

confusa mente in pellegrini
sandali, viaggiatore in cappelli.
L'utopia?
L'uomo senza bagaglio
ché l'artista dispone
di un passo discontinuo
e in lentezze tramuta
il vero
         in falso.

(si toglie il cappello)

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Quinta azione teatrale:

L'uomo:
(in piedi davanti alla struttura
appesa)

A raggi, a fette, a spicchi...
LA VITA E' MOVIMENTO
melone
velocipede
torta
gastronomica occasione
per un viaggio.
L'ostaggio?
La valigia dell'eterna
apprensione,
il bagaglio astronomico,
stellare,
che mi rende sarcofago.

(buio in sala)

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Sesta azione teatrale:

L'uomo:
(siede al centro della piattaforma
e apre la valigia: musica violenta;
parla a gran voce)

Inizia l'inventario:
dalla casa memoria
in propaggini appesa
a biciclette senza pedali,
a teatri di tavola,
distillerò l'essenza
di creazioni (creature?)
fuggite dalle mani.
Occasioni d'arte,
visioni
con anime a tracolla
a sé stanti.
Strani oggetti mutanti.
 

LIBERAZIONE / AZIONE

Le opere vengono donate ai presenti,
accompagnando il gesto con la descrizione
del lavoro, le istruzioni per l'uso e le debite
raccomandazioni per la loro conservazione.
Resta la valigia vuota sulla scena.
L'attore con le mani in tasca si muove lungo
il percorso circolare, esce dall'orbita,

SI ECLISSA

Musica

 

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GLI AUTORI

G.Pampallona (Catania, 1928) vive a Roma e in provincia di Viterbo. * D.Lucatti (Pisa, 1953) vive a Pisa. * E.Biagini (Firenze, 1970) vive a Firenze. * N.Agustoni (Bergamo, 1964) vive in provincia di Firenze. * R.Boccacci (Firenze, 1952) vive a Firenze. * L.Ugolini (Firenze, 1934) vive a Firenze. * M.P.Moschini (Firenze, 1939) vive a Firenze.

 

[Uroboro 7, Edizioni Mediateca, Campi Bisenzio, 1999.]


 
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