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Borghi
Pizzocorno per opera di fra Costantino Ruggeri
e di Gigi Leoni

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Foto: Chiesa di Pizzocorno

          15 febbraio 1990

La chiesa restaurata

A due passi da casa, per così dire, martedì 13 Agosto, mi è capitata una felice avventura. Ho potuto tornare, con quel sole inaudito che c'era martedì, e lo spruzzo festoso di neve che è rimasto ai piedi degli alberi, a Sant'Alberto di Butrio. E, di passaggio ho rammentato, con rimorso e con gioia, d’aver un debito con la chiesa di Pizzocorno e con don Erasmo Camera, fedele prete-operaio di salda mano e fervida fantasia: il debito di segnalare, in quella piccola chiesa, un avvenimento straordinario, il restauro della chiesa per mano di fra Costantino Ruggeri e Gigi Leoni, inseparabili ormai, in tutta l'Italia, in queste "avventure" di riscoperta delle bellezze artistiche ed ambientali dell’Oltrepò.
"L'avventura” comincia nel 1962 quando arriva a Pizzocorno don Erasmo, che pensa subito a far rivestire con splendore la sua, come direbbe Bruce  Marshall delle chiese dei parroci,  “sposa bella". Pensato, detto e fatto. Si comincia dall’interno pareti, dipinti, mobili, arredo sacro, decorazioni. Il pittore che fa rifiorire le decorazioni il vogherese Fiori. La gente comincia a interessarsi
ad appassionarsi, a dare, come può e nel modo che può, una mano. Nell'estate del 1962 vengono "ripuliti” anche la facciata e l'esterno del campanile.
Cade l'anonimo intonaco già del resto logorato, e torna in vista la splendida pietra locale. E gia l'insieme, con questa "spogliazione" dalla bruttezza accessoria, risplende e vive rinnovato nel contesto del paesaggio.
Nel 1966 entra in opera fra Costantino Ruggeri, insieme a Gigi Leoni, e lasciano il segno dell'intelligenza, del rispetto, e insieme della fantasia e di quella “novità”, anche visiva che ha il suo saldo cuore "nell'antico”, complessivo della chiesetta deliziosa. Quando se ne vanno,
Ruggeri e Leoni, lasciano anche a Pizzocorno, oltre all'altare maggiore bianchissimo, grezzo e fulgido, la loro "firma”, ormai più garante e festosa, già nota in ltalia ed all'estero, sino in Francia, in Svizzera, nel Burundi: le inimitabili vetratine. Il tocco finale avviene negli anni Ottanta, quando arriva a Pizzocorno il restauratore Gianni Gardelli che cura anche il restauro delle lignee della sacrestia. In chiesa nasce, opera dell'artista di origine haitiana Anita Averna, la Via Crucis in terracotta "misurata” con acume e lirica plasticità sulle dimensioni e l'intimità della chiesa. Don Erasmo decide di fare della sacrestia in certo modo un piccolo museo, che da allora si è presto arricchito di oggetti e suppellettili sacre raccolte con pazienza e intelligenza dovunque fossero.
Per ultimo don Erasmo riesce a vincere una piccola "guerra" locale: la ripavimentazione della piazzetta della chiesa in pietra locale; si rende così di fatto impossibile il "progetto" personale e di comprensibile comodo della gente del posto o di passaggio, sventando l'ipotesi di sfruttare quello spazio per farne un posteggio. Il problema del posteggio esiste senza dubbio anche a Pizzocorno, ma quella chiesa, già così piccola, discreta, educata, niente affatto invadente, la sua piazzetta la merita. E la merita anche tutta la gente fedele a Pizzocorno, indigeni, ospiti stagionali e i turisti che vi sostano ora anche per ammirare quanto è stato fatto, di ristrutturazione e di restauro, per salvare quello spazio, questo monumento umile e vivo che è il tempio che contempla dall'alto una valle deliziosa da ogni punto di vista.
Se tutto questo è stato possibile qui - mi domando - perché non dovrebbe essere possibile anche altrove, dove esistono problemi, ma anche possibilità, analoghi a quelli che, per ostinazione pastorale e civile di don Erasmo, qui è stato possibile risolverli al meglio sotto tutti gli aspetti, e senza bisogno di "miracoli”, mecenatistici e di sovvenzioni di Stato. La popolazione di Pizzocorno ha dimostrato di tenerci, alla sua chiesa, e di capire l'ostinazione creati di don Erasmo. E ha dato una mano, una preziosa mano.
Perché la chiesa è "sua", di questa gente cristiana, e questa gente l'ama e la rispetta e l'abbellisce anche per questo. Mi pare un ottimo esempio di senso attivo della "comunità”. E spero ed auguro a don  Erasmo e ai suoi parrocchiani, di essere "contagiosi” per altre chiese e parrocchie. Sarebbe il più gratificante e splendido dei contagi.
Perché amare la bellezza anche della propria chiesa, rende vero un pensiero di Dostokjevski:
“Solo la bellezza salverà il mondo”.

Nazareno Fabbretti
Giornale di Voghera

  Castello di Pizzocorno