Swords And Crosses Cursors

Taddeo, Aggai, Palut... Ethalah, Rabbula, Baradeus... S. Nicola, Eulavio, Giustiniano
PERCORSI del SUDARIO, verso Alessandria, e della SINDONE verso Edessa ed oltre

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Ariani, Nestoriani, Monofisiti e Ortodossi

        Nicola di Pinara nacque ivi nel VI secolo, presso Antalia (Licia) a SW di Konia e Daniel Kilise, che presenta immagini che ricordano il Telo della Resurrezione, come in Val Göreme. Monaco in Sion di Pinara, fu vescovo di Myra e morì nel 564, proprio dopo il Concilio di Myra, dove fu sepolto, vicino allo Zio e al venerato S. Nicola di Pàtara (anti-ariano) nella Chiesa a questi dedicata. Il Sepolcro poteva quindi contenere sia i resti di Nicola di Pinara, sia quelli di Nicola di Pàtara, quando vennero raccolti dai Crociati Baresi nel 1087, mentre i Veneziani raccolsero quelli di una Cappella adiacente. La Chiesa era stata costruita subito dopo la morte del primo Santo (343) e ristrutturata dopo i terremoti e le incursioni arabe. In suo onore, Giustiniano imperatore (527-565) costituì il Vescovado di Pàtara, forse in seguito al sogno di cui diremo. Nella vicina Pinara si era già insediata una comunità cristiana con il vescovo Eustazio, che tuttavia aveva sottoscritto una formula di fede imposta dall'imperatore filo-ariano Costanzo ai Vescovi del Concilio di Seleucia d'Isauria (359).
        Per contrastare i Nestoriani, anche Baradeus, Patriarca monofisita d'Edessa (541-578) protetto dall'imperatrice Teodora (†548), recatosi ad Alessandria (diocesi tradizionalmente monacale) nominò due vescovi: Conon in Seleucia d'Isauria, a 300 km da Antalia, e nella vicina Tarso, in Cilicia, Eugenio. Ma in seguito (Storia della Chiesa di Giovanni d'Efeso) accusò Conon di Triteismo, mentre essi accusavano Baradeus di Sabellismo (interpretazione modale della Trinità) e quindi furono costretti a dimettersi, rifugiandosi presso il monaco Atanasio (†571) nipote della stessa Teodora, che però era più vicino al miafisismo degli Armeni e di Giovanni Filoponos (490†571, Grammatico d'Alessandria autore di un trattato "Sulla Resurrezione" e fautore della Trinità come tre Sostanze in un'unica Natura). Anche Paolo il Nero patriarca di Antiochia (550-575) per scelta di Baradeus, ma imprigionato da Giustiniano, finì per accettare la comunione di Giovanni Scolastico, patriarca di Constantinopoli, aderendo così al Concilio di Calcedonia del 451 (sulla dualità di Cristo). Invano il monofisita al-Mundhir, re degli Arabi Gassanidi (569-581) presso cui Paul si era rifugiato, tentò una riconciliazione con Baradeus, ma questi non ne volle sapere. In questo scenario, i segreti dei Monofisiti che occultarono la Sindone a Ebrei, Pagani, Gnostici, Ariani e Nestoriani dopo Taddeo, Aggai, Palut, Ethalah e Rabbula non erano certamente al sicuro.

              Il "triteismo" fu condannato nel 553 dal II Concilio di Costantinopoli
Di-Tricerium :.. :.. :.. :.. L-holes
        Il segno a L (:..) prodotto da tre evidenti "bruciature" allineate, accanto ad un'altra (ripetute per quattro volte sul bordo della Sindone ripiegata) potrebbe ricordare i miracoli di San Nicola a favore di tre bimbi, tre chierici, tre vergini e tre capitani, ma certo intendeva ribadire il simbolo trinitario di Costantinopoli (381-553) e la dualità cristologica (451). L'imperatore Giustiniano, rigido censore dei monofisiti, quando ebbe in mano la Sindone poté facilmente contrassegnarla con tre ostie allineate, simbolo trinitario che ritroviamo anche nei suoi mosaici.
Atanasio di Alessandria 325...547 San Vitale in Ravenna

1980/2010 Giovanni Imbalzano Lulu © La magica storia della Santa Sindone
Dall'inizio dei secoli


Il segreto di Pulcinella
        Giustiniano e il vescovo ortodosso da lui nominato a Edessa, il georgiano Eulavio, tenevano in gran considerazione San Nicola di Pàtara. Si narra che entrambi sognarono il Santo nella stessa notte, e con grande spavento; in seguito a questo sogno Eulavio scoprì la Sindone, illuminata all'interno di una nicchia della Torre d'Edessa, nel 544. Ricordiamo che, per la festa di S. Nicola, esiste la tradizione di mettere fuori dalla finestra una candela accesa ed una Teca, affinché il Santo possa mettere i suoi doni, in particolare per le ragazze da marito. Tutto questo fa pensare ai seguenti passaggi d'informazione:
        dai Monaci di Val Göreme (attraverso Daniel Kilise) al "Monaco" Baradeus, che riporta la Sindone dai Conventi alla sua Teca, nella Torre d'Edessa. Poi qualcuno in dissidio con Baradeus (Conon o Eugenio) lo racconta al Monaco Atanasio e all'imperatrice Teodora, amante degli spettacoli... e qui avviene il sogno di Eulavio, e dello stesso imperatore Giustiniano, ai quali San Nicola (di Pàtara o di Pinara?) fa ritrovare la Sindone nella Teca illuminata di Edessa.
In basso a sinistra di una lunetta di Elmali, sul Volto della Tela a rombi si rileva un 3\ (/ε rovesciata) come da un decalco sulla copertura del Telo (visto da Eulavio).
Spirito di Palut, Rabbula, Atanasio & Sindone intera (*)   
Torre e Mandilion dal 544 al 944: Göreme: Rock Elmali Kilise ==>

Forse in ricordo del "sogno" di San Nicola
la statua mortuaria di Myra, del VI secolo, presenta S. Nicola avvolto in una Sindone con un Sudario al collo e, come nella Sindone ben nota, le mani incrociate in basso.
La leggenda aggiunge che dal sarcofago di S. Nicola sgorgava il Myron, un liquido che si poteva raccogliere con una piuma, tanto da attirare migliaia di pellegrini.

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        (*) Elmali Kilise fu costruita intorno al 1054, anno dello scisma d'Oriente, un secolo prima del dominio di Sultani Selgiucidi, che già occupavano Edessa. La restaurazione del 1991 ha rivelato il sotto-strato dei dipinti più antichi. A parte il tratteggio dell'intero corpo del Risorto, dalla Sindone appoggiata sulle ginocchia del monaco spunta una nuvola, simile a quella individuata nella pagina principale. Ciò conferma che la Sindone di Torino, passata alla casa Savoia dall'imperatore di Bisanzio Baldovino II (†1273) è proprio quella scoperta nel 544 da Giustiniano I e traslata a Bisanzio nel 944 da Costantino VII (per escludere l'ipotesi di una falsa copia, si consideri l'autenticità delle impronte ematiche, non sovrapposte ma sottostanti all'immagine principale).
        Per quanto riguarda l'autenticità della "nuvoletta", ove la si pensi sovrapposta ad arte all'originale potremmo supporre l'intervento di un Patriarca, vissuto dopo il I Concilio di Costantinopoli (381) sullo Spirito Santo ed esperto nel disegno, quale fu Rabbula (avverso ai negatori della perfetta divinità del Cristo) ma ciò contrasterebbe con la sua innegabile religiosità. È più probabile che la nuvola, che si trova presso il Viso del Trono sacro (e raschiata più in basso) sia stata causata da un'evaporazione, come avvenne anche sulla "Tela" che ricopriva la Sindone, per la presenza del Lume votivo ricordato da Eulavio. Forse per questo, le imitazioni del Mandilion rappresentano la barba di Cristo con un "pizzetto", simile alla punta della nuvola che si espande con la forma di un Volto umano, fin dal VI secolo:
Sacro Volto Bartolomeo degli Armeni, Genova;         Sacro Volto di Edessa Sala Contessa Matilde, Vaticano
(L. Fossati "La cosiddetta acheropita di Edessa...", La Sindone, II Convegno 1981, CLUEB Bologna), anche se il più famoso esempio risale al III secolo, con il
Cristo docente all'Ipogeo degli Aurelii, Roma.

A sinistra del dipinto di Elmali compare una coppia con copricapo edesseno, recante un dono: forse Abgar IX e Shalmath, sposati da Palut (212).
        Il monaco a destra sembra in possesso di un reliquiario e sul cilicio compare una croce a forma di Colomba, come nello stemma di Etchmiadzin d'Armenia e della statua di S. Gregorio in Vaticano; notare che gli caratteri armeni sono ben arrotondati, in particolare prendono forme crociate le lettere Գ Դ (γ τ) che anticamente simbolizzavano il Supplizio e la Resurrezione.
        Elmali fu completata dopo il 544 da artisti orientali, ma richiama esplicitamente il ritrovamento della Sindone in loco, quando Göreme si era allontanata dal monofisismo di Baradeus, adeguandosi ai Concili del 325 contro Ario, 381 sullo Spirito Santo, 431 contro Nestorio e del 451 contro i Monofisiti. Etchmiadzin è il centro spirituale fondato nel 301 da Gregorio l'Illuminatore († 325) devoto di S. Taddeo, e ricordiamo che Gregorio Armeno, Ethalah d'Edessa e Nicola di Pàtara si conoscevano già al tempo del Concilio di Nicea (325). Per inciso, dalla Cilicia, dove nel 1071 si rifugiarono gli Armeni perseguitati dai Turchi Selgiucidi, provengono i tradizionali abiti di pelle ruvida, indossati per lungo tempo dai Monofisiti. In mancanza di documenti scritti, o dopo le distruzioni effettuate dagli Arabi, queste sbiadite immagini sembrano raccogliere una tradizione orale: chi prelevò la Sindone da Elmali fu certamente un Monaco autorevole, d'ispirazione armena o miafisita.

        Segue un brindisi del poeta e storico Giorgio Pisides per l’imperatore Eraclio I, che sconfisse i Persiani a Ninive, oltre Edessa (628) con una descrizione della Sindone, qui descritta come Acheropita. Prima di Pisides, anche lo storico Teofilatto da Simocatta nomina l'immagine "acheropita" che fu di buon auspicio per la guerra contro i Persiani Sasanidi (602-628).
        “Prese la figura divina e venerabile, l’immagine della scrittura non scritta,
        che non fu tracciata da mani umane, ma che fu fatta dal Logos secondo la sua arte
        generato senza seme dell’uomo dal Logos che forma l’universo…
        Fidandoti di quest’Archetipo, che Dio ha tracciato,
        tu hai messo in atto l’opera delle battaglie.”

Tuttavia, le lotte islamiche (635-717) e quelle iconoclastiche degli imperatori Siriaci (717-820) stavano per riprendere, e la Sindone fu nuovamente nascosta! I Califfi arabi strapparono ai Bizantini la Siria (635), quindi Palestina(638), Armenia (640), Babylon (641), Egitto (642) e Nordafrica (647/698), ma furono respinti a Costantinopoli nel 717. Nel 640 Eraclio aveva deposto Ciro, Vescovo di Alessandria, sospettato di intesa con gli Arabi a causa delle sue simpatie monofisite, pur avendo appoggiato in precedenza le sue tesi monoteliste (Cristo con un'unica volontà) al fine di ricomporre lo scisma con gli Ortodossi. Questo perché prima di Maometto (570†632) i Monofisiti, oltre che i Nestoriani, avevano istruito gli Arabi sulla figura di Cristo. Ad esempio Hind, moglie del re monofisita al-Mundhir, nel 560 fondò il Monastero al-Kubra di al-Hira, presso An-Najaf; questo convento contiene iscrizioni arabo-cristiane che indicano come in quest'epoca il Vangelo era stato già stato tradotto dal siriaco all'arabo.
        Nel 559, Baradeus nominava l'ex-nestoriano Ahoudemmeh di Balad metropolita d'Oriente. Ma il miafisita Cristoforo, dal 539 al 545 Catholicos dell'Armenia lo aveva già consacrato Vescovo di Beth-Ctesifonte. Nel primo Sinodo di Dvin del 505, affollato da monaci siriani perseguitati, gli Armeni avevano rifiutato il Concilio di Calcedonia (451) alleandosi con i Monofisiti di Siria ed Egitto; certo Cristoforo collaborò con Baradeus, che potrebbe averlo informato sulla collocazione della Sindone. Ma non è difficile immaginare come le informazioni sulla Sindone potessero trasmettersi direttamente ai Georgiani. Nel 523 i Persiani avevano invaso la Georgia, che rimase ai Persiani anche dopo la pace del 532, perciò la nomina di Eulavio quale Vescovo georgiano (532†544) avvenne fuori sede, a Edessa e con l'appoggio di Giustiniano, politicamente preoccupato dell'unità relgiosa. I contatti anche forzati di Giustiniano ed Eulavio con monaci e monofisiti, perseguitati e in maggior parte coscritti, così come il caso di Conon e Eugenio rifugiati presso Atanasio e Teodora, fecero il resto.
        Ahoudemmeh convertì all'Ortodossia siriana molti Arabi e i cultori dei Magi "con la sola forza della preghiera". La scuola monofisita fu causa di forti discordie teologiche in Occidente, eppure procurò qualche rispetto per il culto dei Cristiani, tanto che gli Arabi conservarono la Sindone, riconsegnandola nel 944 a Costantino VII.

1980/2010 Giovanni Imbalzano Lulu © Libro sacro della Sindone
Rivelazioni dall'inizio dei secoli


«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46)

«Ora osserva la pietra che ho preparata per Giosuè; su una pietra saranno Sette Occhi:
guarda, io con questi inciderò il Sepolcro, disse il Signore degli eserciti, e rimuoverò l'iniquità di quella terra in un giorno» (Zac 3,9)

  "...tornerà un giorno allo stesso modo..." (Atti 1,11)

Note that the translucent part in the extreme of the right eye represents a probable small coin, not the pupil, hid among eyelids.

Gli occhi si confondono con i grumi di sangue e sembrano dirigersi in direzioni diverse, anche per via della sovrapposizione ante/posteriore della Sindone.

      Dalle foto originali, possiamo rilevare varie forme circolari (indipendenti dagli aloni dell'incendio del 1532); in particolare, sembra che le monetine inizialmente poste sulle palpebre abbiano subito un rapido spostamento verso il basso (tener conto del loro adagiamento ed anche delle vibrazioni sismiche, già citate altrove) e si siano impresse in posizioni diverse in un tempo successivo (con minore intensità) ciò che consente l'osservazione degli occhi semiaperti. Segue l'Aureo di 24 denari del "Divino Cesare Augusto" Tiberio, moneta trovata sull'occhio DESTRO dal sottoscritto:

. Trasparenza... e confronto: la firma!
        La figura a fianco riguarda la presunta monetina posta sull'occhio SINISTRO, ma la sua origine è problematica. Di certo, alcune stille di sangue si sono diffuse dai capelli della nuca verso la parte frontale della Sindone e fino all'esterno, al momento della scomparsa dell'Uomo; ma nella pupilla qui resa trasparente ai precedenti grumi di sangue sembra profilarsi l'immagine di un Volto. Il confronto con il positivo della Sindone porta al fantastico risultato che prima di scomparire, l'occhio dell'Uomo potette vedere il proprio Volto impresso sul Telo, sottoposto ad una forte scarica luminosa, mentre il suo stesso sangue restituiva parte dell'energia fotonica alla superficie del Telo, impregnato di aloe. (*) L'impronta esterna ha assunto forma esagonale, non propriamente a causa della trama del tessuto, poiché in tal caso avrebbe dovuto coinvolgere anche altre parti dell'immagine. Essa ricorda la diffrazione prodotta sul cristallino dell'occhio umano da un'intensa sorgente luminosa "puntiforme" alla normale distanza di lettura, fenomeno che si amplifica in presenza di qualche disturbo oculare (cataratta). Sulla Sindone, alla distribuzione del flusso luminoso corrispose simmetricamente la formazione dei coaguli di sangue, impressi verso l'esterno; all'istante, il Corpo cambiò la propria direzione temporale, mentre la Sindone, il Sepolcro e tutto il resto continuavano a obbedire alla legge del Tempo. Come l'intero corpo, anche la pupilla dell'Uomo ha lasciato l'impressione del martirio, assurto nel contempo a testimoniare la resurrezione. Le immagini rammentano una parabola sul mistero della Resurrezione, legata direttamente alla funzione dell'Occhio umano:

        «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona... Ed ecco, ben più di Giona c'è qui. Nessuno accende una lucerna e la mette in luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce.
        La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore.» (Lc 1, 29... 32-36)

+  & +

        (*) Per analogia, riporto qualche foto ripresa alla web-cam; si noti che in tal caso il riflesso del volto è verticalmente simmetrico rispetto a quello reale.

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        Dal confronto, abbiamo che le distanza reale tra il Telo e la pupilla era inferiore a 5 mm, ma tale da consentire una certa apertura per l'immagine,
ciò che conferma la teoria termografica del sottoscritto G. Imbalzano ===> Santa Sindone © Holy Shroud

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