RIVOLTA
CONTRO IL MONDIALISMO MODERNO
di Carlo Terracciano
(parte A)
“E anche se non dovesse
verificarsi la catastrofe temuta da alcuni in relazione all’uso delle armi
atomiche,
al compiersi di tale
destino tutta questa civiltà di titani, di metropoli di acciaio, di cristallo e
di cemento, di masse pullulanti, di algebre e macchine incatenanti le forze
della materia, di dominatori di cieli e di oceani,
apparirà come un mondo che
oscilla nella sua orbita e volge a disciogliersene per allontanarsi e perdersi
definitivamente negli spazi, dove non vi è più nessuna luce, fuor da quella
sinistra accesa dall’accelerazione della sua stessa caduta”…potrebbe
salvare l’occidente soltanto un ritorno allo spirito Tradizionale in una nuova
coscienza unitaria europea”.
(Julius
Evola, Rivolta contro il mondo moderno)
“E’ allora che anche
sul piano dell’azione potrebbe venire in evidenza il lato positivo del
superamento dell’idea di patria, sia come mito del periodo romantico borghese,
sia come fatto naturalistico quasi irrilevante ad unità di diverso tipo: all’essere
di una stessa patria o terra, si contrapporrà l’essere o non essere per una
stessa Causa”.
(Julius Evola, Cavalcare la
tigre)
“Conosco il mio destino.
Un giorno si ricollegherà il mio nome al ricordo di qualcosa di enorme, d’una
crisi come mai ce ne furono sulla Terra, del più formidabile urto di coscienze,
d’una dichiarazione di guerra a tutto ciò che fino allora era stato creduto e
santificato. D’ora in poi il concetto di politica entra in piena fase
rivoluzionaria, tutte le formazioni di potenza della vecchia società saltano in
aria perché tutte riposano sulla menzogna: ci saranno guerre come mai se ne
videro al mondo.
DA ME IN POI COMINCIA SULLA
TERRA LA GRANDE POLITICA”
(Friedrich Nietzsche, Ecce
Homo/Perché sono una fatalità)
“Rivolta contro il mondo
moderno”, l’opera fondamentale di Julius Evola, uscì in prima edizione
italiana nel 1934 e già l’anno successivo veniva pubblicato nella Germania
Nazionalsocialista.
Un testo rivoluzionario che
ha rappresentato, per uomini di
luoghi lontani e di diverse generazioni, una vera e propria “folgorazione”,
un cambiamento radicale di prospettive ed aspettative, di “Visione del Mondo”
nell’epoca del tramonto dell’occidente, alla fine del ciclo epocale, il
Kali-yuga della tradizione induista, l’èddico Ragna-Rökkr o l’“Oscuramento
degli Dei” delle saghe nordiche.
ANNI “FATALI”
Un anno importante il 1934,
in un decennio che rappresentò una svolta nei destini dell’Europa e dell’intero
pianeta.
In Germania Hitler da poco
Cancelliere del Reich si apprestava a gettare le basi di una rinnovata potenza
tedesca mitteleuropea, assetata di Lebensrahaum, che avrebbe incendiato da un
capo all’altro il continente,
quell’Europa che
rappresentava ancora, geopoliticamente parlando, il motore della politica
mondiale.
In essa infatti risiedevano
ancora i centri politico militari, economici ed intellettuali di piccole nazioni
in possesso di grandissimi imperi coloniali: la Gran Bretagna, come sempre più
rivolta agli oceani aperti che al retroterra continentale, la Francia che
preparava nelle proprie scuole ed università quelle élites rivoluzionarie di
Asia e d’Africa, le quali nella seconda metà del XX° secolo avrebbero
guidato le lotte di liberazione nei rispettivi paesi proprio in nome della
Libertè ed Egalitè (per la Fraternitè ci sarà sempre tempo..) degli “Immortali
Principi” che avevano fatto potente Parigi e succube il mondo.
L’Italia, per parte sua,
sotto il segno del fascio romano, cercava il suo spazio nella geopolitica
marittima, alla ricerca di un impero unitario mediterraneo-africano che le
aprisse le porte dell’Oceano Indiano e delle grandi rotte commerciali e
politiche.
Ad Est “l’Uomo d’Acciaio”,
Stalin, liquidava, purga dopo purga, i rottami cosmopoliti di una rivoluzione
trotskijsta-bolscevica che aveva inteso utilizzare l’impero russo come
trampolino del marxismo mondiale, trasformando invece questo nella bandiera dell’espansionismo
politico e poi militare della Russia Sovietica in Eurasia e oltre.
Nell’acciaio e nel sangue
il Piccolo Padre della Santa Russia Rossa aveva gettato le basi della
industrializzazione e modernizzazione di un impero che sarebbe diventato la
seconda potenza mondiale, in grado di contendere per quasi mezzo secolo il mondo
al vero vincitore finale.
In estremo oriente era l’Impero
Nipponico a levare la bandiera solare in nome dell’unità asiatica
antioccidentale, ma anche in antitesi al gigante cinese dilaniato da guerre
intestine e occupazioni straniere di grandi parti del territorio nazionale. E
già Mao marciava…
Ma sarebbe stata alfine la
più giovane nazione americana a prevalere su tutti, imponendo al pianeta il
dominio della propria potenza militare e politica, della
tecnologia, della propria moneta, della lingua inglese, del modello di
vita yanke, nonché il controllo mediatico sugli strumenti di comunicazione di
massa del globo: in una parola la GLOBALIZZAZIONE.
L’America, il mito
americano del progresso tecnologico e dell’efficientismo fordista,
rappresentava e rappresenta il coronamento di quel processo di modernizzazione
contro il quale J. Evola aveva scritto il testo più completo ed esauriente dal
punto di vista della visione del mondo Tradizionale.
E si tenga presente che “modernizzazione”
qui non va intesa solo in senso tecnico-scientifico, nel quale tutto sembra oggi
risolversi, bensì come visione “idealtipica” del reale, della Storia e
della vita:
“Mondo moderno e mondo
tradizionale – affermava Evola nell’introduzione – possono venir
considerati come due tipi universali, come due categorie aprioriche
della Civiltà”.
La quale affermazione, per
inciso, taglia la testa al toro su tutta la polemica sul rapporto tra uomo e
macchina, tra essere uomini della Tradizione e usare la tecnologia più
avanzata.
Con l’implosione dell’URSS,
ultimo anello di una catena plurisecolare, non solo si sbarazzava il campo da un’ideologia
concorrente con pretese di universalismo e scientificità:
“Si affermava una nuova
filosofia della Storia. L’idea che il cammino dell’umanità abbia un senso.
A questo senso fu dato il nome di globalizzazione”.
DETERMINISMO
E GLOBALIZZAZIONE
Questa
idea di un FATALISMO MONOCENTRICO E UNIDIREZIONALE dei destini di tutti i
popoli, in marcia (seppur in ordine
sparso su vari livelli di “progresso”), verso un’unica meta di “redenzione
che instauri il paradiso in Terra” non è certo
nuova.
Siamo di fronte all’ennesima
riproposizione della concezione biblica linear-progressista di una storia
unitariamente intesa, ovviamente sul modello dell’occidente.
Essa parte dal creazionismo,
si manifesta nella perfezione di un Eden originario, nel quale l’Uomo è la
creatura per antonomasia, passando poi ad una caduta (nel peccato d’orgoglio,
nella divisione del lavoro, nella rottura del Patto con dio, ecc…), e tramite
una redenzione (Cristo, Marx , il Messia…) all’ascesa verso la nuova
perfezione, tramite la catarsi purificatrice (dell’Olocausto, della Lotta di
Classe, del Giudizio Universale).
Questa ideologia
fondamentalista d’impronta giudeo-cristiana ha trovato in America la terra di
massimo radicamento, divenendo l’infrastruttura ideologica portante, lo
strumento propagandistico indiscusso ed indiscutibile per l’affermazione dell’imperialismo
capitalista, dell’espansionismo economico e politico USA, seguendo le direttrici
delineate dalla Geopolitica per la più grande potenza talassocratica mai
apparsa sull’orbe terracqueo. Il “Destino Manifesto” rende gli americani
nientemeno che i portavoce e gli esecutori della volontà di dio in terra.
Chi vi si oppone si oppone
a dio stesso, quindi più che un criminale è il Male personificato o perlomeno
un suo strumento nel mondo che vorrebbe dominare in contrasto con i “predestinati”
della Seconda Israele, gli USA appunto.
Accusando volta a volta i demonizzati nemici di
turno, Hitler o Stalin, Mao o Khomeini, Saddam Hussein o Milosevic (!),
fascismo/nazismo, comunismo o islamismo, di voler “conquistare il mondo”, le
élites economiche, politiche ed intellettuali statunitensi hanno ottenuto
esattamente lo scopo prefissato: appunto…CONQUISTARE IL MONDO!
Credere che la
Globalizzazione sia una NECESSITA’ INELUTTABILE della Storia, un processo
naturale ed automatico, impersonale ed autogenerantesi sul cammino del
Progresso, non soltanto è l’ accettazione senza riflettere un falso
ideologico, ma rappresenta già una sconfitta strategica, determinata dall’assunzione
acritica della visione del mondo dell’avversario.
Chi dà per scontato l’
altrui assioma di partenza, per quanto laicizzato e storicizzato esso si
presenti, ha già perso prima di cominciare a lottare.
Si introita mentalmente l’impianto
ideologico portante impostoci dall’avversario contro il quale si vorrebbe
combattere; e ciò in nome di un’utopia egalitaria e assolutamente
livellatrice che è esattamente funzionale ai progetti di globalizzazione totale
del Capitalismo, al termine del suo processo espansionistico.
Processo degenerativo che s’
identifica ogni giorno di più con la distruzione accelerata
delle economie subordinate, delle risorse energetiche e del ’ecosistema
nel suo complesso: etnocidio e spesso genocidio
tout court.
Il mito mobilitante di “Progresso”
indefinito e necessario, prodottosi nella fase della secolarizzazione e
laicizzazione del Pensiero Unico, radicato nel biblismo in specie di matrice
protestante-calvinista, all’inizio del suo III millennio si è rovesciato
nel suo contrario, ma non ancora nel suo “opposto”.
IL”PROGRESSO”
CHE UCCIDE
Biotec, clonazione,
mutazioni genetiche animali e vegetali, manipolazioni del DNA con la scusa di
migliorare e prolungare la vita, sconvolgimenti climatici e ambientali,
scomparsa di specie animali e di culture umane differenziate, ecc… stanno
convincendo sempre più persone al mondo che il cosidetto “progresso”,
imposto dall’Occidente al resto del mondo, si è rovesciato nella prospettiva
di una catastrofe incontrollata e sempre più incontrollabile nel futuro
prossimo.
Non un progresso dunque, ma
un regresso che ha determinato una perversa disintegrazione di ogni
tessuto sociale e comunitario, un cancro devastante che calcifica ogni struttura
organica delle società in ogni più remoto anfratto del pianeta, una
autofagocitazione della specie umana, avviata in breve a quella che è stata
definita la “Sesta Estinzione”, dopo le precedenti delle specie che ci
precedettero nel dominio della Terra.
Il modernismo, il progresso
tecnico, le macchine sono divenute in prospettiva gli elementi distruttori del
pianeta; gli scienziati, sempre più folli e incontrollabili, una casta
intoccabile di “apprendisti stregoni” della distruzione:
“Se questo è il
progresso, vogliamo tornare al passato”, dice la vecchia saggia Masai di fronte alla siccità e alla desertificazione causate
dai cambiamenti climatici.
Il giornalista e scrittore
Massimo Fini ha paragonato il mondo globalizzato ad un treno in corsa che,
oramai senza più freni, aumenta esponenzialmente la sua velocità, destinato a
deragliare e schiantarsi con tutti i suoi occupanti.
Per di più carico di
esplosivi e veleni tali da annientare la Terra stessa ed ogni altra forma
vivente.
E già i macchinisti
responsabili del disastro futuro preparano le armi per difendersi dalla reazione
dei popoli, pensando di preservarsi dalla catastrofe nell’inespugnabile
fortezza-continente nordamericana.
A tale lenta e confusa
presa di coscienza dei pericoli della globalizzazione non corrisponde d’altra
parte una chiara cognizione delle
cause, prossime e remote, del fenomeno e dei suoi agenti; né tantomeno un
progetto realistico di resistenza e riscossa.
Al massimo si è contro gli
effetti della globalizzazione, ma non opposti ad essa, alle sue vere cause.
Al contrario, da parte
delle mille realtà genericamente etichettate come “antiglobal” (portatrici
peraltro di interessi ed esigenze le più disparate, sconnesse e persino
conflittuali tra loro), non si propone altro che una “globalizzazione dal basso”, che tenga conto
tuttalpiù del miglioramento del tenore di vita della maggioranza povera del
pianeta, preservando contemporaneamente l’habitat, che salvi le culture che
fanno la ricchezza del mondo abbattendo contemporaneamente i confini e portando
a compimento il processo di eliminazione delle differenze nazionali !
Tutto ed il contrario di
tutto: cioè il Niente.
|