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Noctua Edizioni

RIVOLTA CONTRO IL MONDIALISMO MODERNO

di Carlo Terracciano (parte B)

 

IL VOLTO DISUMANO DELLA GLOBALIZZAZIONE

 

Una “globalizzazione dal volto umano” è un’assurdità che si contraddice nella sua stessa formulazione di base; l’ennesima riformulazione di un riformismo interno al Sistema Globale che ne perpetua le ingiustizie, cercando di convogliare l’istintiva rivolta autodifensiva dei popoli in un vicolo cieco.

Banche e istituzioni finanziarie, lobbies industriali e supergoverno mondiale si dimostrano “umani” solo quando ciò coincide con i loro interessi.

Un solo esempio: l’annullamento del debito è certamente una causa giustissima, un minimo atto riparatore per paesi depredati da decenni delle proprie ricchezze.

Il debito totale delle nazioni in via di…”sottosviluppo” ha largamente superato l’astronomica cifra di 2.500 miliardi di dollari ma.. non è un “dono umanitario” dei governi bensì una necessità vitale delle Banche Mondiali  che ne determinano la politica interna ed estera. Il credito vantato sarebbe comunque inesigibile, anche solo negli interessi maturati, date le condizioni disastrose delle economie del Sud del mondo. 

 

 

Una generale dichiarazione di insolvibilità della maggioranza dei paesi della Terra getterebbe nel panico i mercati e potrebbe persino determinare il crollo di tutto il sistema finanziario, accelerando l’inarrestabile declino del capitalismo, che è sempre più fragile quanto più è globale.

L’”umanitario” azzeramento del debito oltre ad evitare scenari apocalittici per l’Alta Finanza Mondiale, ha poi come contropartita l’accettazione da parte degli stati debitori di ulteriori vincoli, anche politici, e l’abbattimento di ogni difesa contro la liberalizzazione dei mercati che è proprio la causa prima che  ha determinato la miseria e l’indebitamento.

Ricordiamo come Ceausescu fu rovesciato ed ucciso in Romania una settimana dopo aver saldato fino all’ultimo centesimo del debito estero rumeno. Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Stati Uniti e paesi ricchi non permettono a nessun stato di uscire dalla dipendenza finanziaria, la nuova forma schiavistica del capitalismo nel XX e XXI secolo.

L’utopia dell’eguaglianza mondiale nel benessere e nell’abbondanza, propria di chi auspica una globalizzazione dal basso, non solo è in sintonia con gli interessi delle multinazionali ad espandere il mercato in verticale, in profondità, ma determinerebbe un livellamento culturale e politico totale, nonché la distruzione dell’ecosistema.

Dev’essere ben chiaro al Nord del mondo che una più equa redistribuzione di beni e servizi nel mondo, passa soltanto attraverso un processo rivoluzionario, locale e generale, che rovesci i parametri culturali ed economici di riferimento anche nei paesi ricchi; rivoluzione che li renderebbe meno “ricchi” in termini di Pil e di consumi pro capite, certo più “spartani” nel vivere, ma anche più liberi dai potentati mondiali, in un ritrovato rapporto armonioso con la natura e la propria comunità d’appartenenza.

Quello invece auspicato da tutti i cultori della globalizzazione, comunque intesa, sarebbe alla fine un

rimedio peggiore del male.

La “cura” proposta, se avrà successo…ucciderà il paziente. Non prima però di averlo depredato di tutto.

L’astuzia di un sistema globale che proclama di migliorare le condizioni di vita delle classi e dei popoli subalterni è infatti anche quella di renderli tutti comunque produttori-consumatori del sistema capitalista globale, per allargare il mercato unico dei prodotti standardizzati: non solo in senso orizzontale e geografico, ma verticale interclassista, aumentando nei minimi accettabili al Sistema stesso il credito e la disponibilità monetaria per l’acquisto di nuovi beni o servizi.

In termini marxiani diminuire la “pauperizzazione assoluta”, per aumentare il profitto espandendo il mercato, e quindi allargare la forbice della “pauperizzazione relativa”.

In termini informatici il “Digital Divide”, il gap tecnologico-informatico che allontana strati sociali e popoli che accedono alla realtà virtuale o no.

Gli antiglobalizzatori della “sinistra” moderata, (per quanto ancora contino certe definizioni ottocentesche oramai superate), riciclatisi dall’internazionalismo proletario a quello liberista di mercato, sono d’accordo nel  volere e/o accettare (cosa che all’atto pratico è la stessa), la globalizzazione.

Quella che auspicano costoro è solo una GLOBALIZZAZIONE DI SEGNO CONTRARIO e non il CONTRARIO DELLA GLOBALIZZAZIONE.

In termini politici sono dei riformisti interni al Sistema Globale e non dei rivoluzionari ad esso opposti.

 

 

MONDIALISMO E GLOBALIZZAZIONE

 

La prima battaglia da combattere è quindi quella terminologica, perché essa assume valore sostanziale nelle scelte di una realistica contrapposizione antagonista al Nuovo Ordine Mondiale.

La globalizzazione, lungi dall’essere una “fatale necessità”, una tappa irreversibile ed anzi auspicabile sulla “via del progresso”, non è che l’effetto di una causa o, se si vuol essere meno genericamente deterministi,  lo strumento di una strategia mondiale condotta, coscientemente e volutamente per decenni se non per secoli.

E se di determinismo si deve parlare, è su un piano metapolitico e persino metafisico che si deve spostare l’attenzione, come diremo in seguito trattando della concezione Ciclica della Storia.

La globalizzazione dei mercati non avrebbe potuto realizzarsi senza una preventiva opera preparatoria politica e culturale spesso imposta con l’uso delle armi e l’nvasione militare: solo nel secolo scorso ci sono volute due guerre “mondiali” (appunto) e decine e decine di guerre locali, colpi di stato, stragi e genocidi, per realizzare l’One World americanocentrico.

Noi definimmo, e non da ora, questo progetto a respiro planetario MONDIALISMO.

Una delle più complete esplicazioni di questo termine ce la offre Giuseppe Santoro nel suo “Dominio globale. Liberoscambismo e globalizzazione”, un volumetto di cento pagine che dovrebbe rappresentare il “libretto rosso” di ogni vero rivoluzionario antimondialista.

Scrive Santoro:

“Il Mondialismo, in sintesi, è un’deologia (e una prassi culturale, sociale e politica) universalista promossa da istituzioni internazionali politico-militari (ONU, NATO) ed economico finanziarie (Banca Mondiale, Fondo Monetario, WTO, Nafta, ecc…), da associazioni private  (Council of Foreign relation, Trilateral, Bilderberg, massoneria ecc..) [aggiungeremo noi anche religiose: Vaticano con la sua “pupilla”, l’Opus Dei, Consiglio Mondiale ebraico, sette varie protestanti e non] e da una fitta rete di lobbies e di organizzazioni internazionali di “consulenza” politico-sociale-culturale e massmediale  (agenzie d’informazione, industria cinematografica ecc…), la cui principale base tattica è costituita dagli Stati Uniti”

Ed ancora:

“L’obiettivo del mondialismo è la creazione di un unico governo o amministrazione (il Nuovo Ordine Mondiale), di un unico assetto politico, istituzionale e sociale (il liberalismo), di un unico sistema di valori (l’individualismo-egalitarismo-dottrina dei “Diritti dell’Uomo”), e quindi di un unico insieme di costumi e di stile di vita (il consumismo) estesi a tutta la Terra e funzionali al dominio assoluto da parte delle forze politiche, economiche e culturali che lo incarnano: le élites della finanza mondiale”.

Santoro è anche autore di “Il mito del libero mercato”, approfondito studio sugli “economisti classici”.

E’ evidente da quanto scritto finora che il Mondialismo non è un meccanismo anonimo, senza volto, senza capo né coda,  metastaticamente autoriproducentesi; un dato oggettivo scisso dall’intervento di idee, di pochi uomini e ben identificate  istituzioni, che in tal caso sarebbero esse stesse oggetto e non soggetto del processo. Chi la pensa così ragiona in termini di un fuorviante determinismo meccanicista che la dice lunga sui devastanti effetti della falsificazione storico-ideologica condotta per secoli: dall’Illuminismo, al liberismo e al marxismo, passando per l’heghelismo di “destra” o di “sinistra”.

 

 

RAZZA PADRONA

 

Del resto, per fare un solo esempio, anche in termini di credito, pochi supercapitalisti posseggono fortune ben superiori a molti stati: gli americani Bill Gates, Larry Hallison, Warren Buffett e Paul Allen sono proprietari di fortune che corrispondono a quelle delle 42 nazioni più povere messe insieme, cioè 600 milioni di uomini, un sesto degli abitanti del pianeta!

I “decision makers” della politica mondiale, possessori di tutte le banche, di interi settori industriali e commerciali, delle fonti energetiche e strategiche, i suggeritori più o meno palesi della politica dei governi e delle istituzioni internazionali, appartengono a 13 clan familiari. In ordine alfabetico:

Astor, Bundy, Collins, Dupont,, Freeman, Kennedy, Li, Onassis, Rockfeller, Rothschild, Russell, Van Duyn, Windsor.

La “razza padrona mondialista” vive in posti esclusivi, frequenta solo i propri simili, salvo quando deve concedersi a folle osannanti; essa si incrocia tra sé e decide per tutti.

La razza padrona non ha patria, solo passaporti , spesso più d’uno. Sua patria è appunto il mondo.

Sono apolidi di lusso, cosmopoliti per vocazione ed interesse, pària che, nell’epoca del rovesciamento delle caste, si trovano ai vertici della piramide politica e sociale.

Sono loro i ” padroni di casa” nelle riunioni del Bildberg, della Trilateral, del CFR. Talvolta guidano direttamente stati e governi, come i Kennedy ed i Windsor.

A loro tutto è permesso: dalle guerre alle crisi economiche e finanziarie guidate, fino ai più prosaici omicidi per motivi di corna (chi ricorda il caso Palme?).

 

Per costoro riservatezza, menzogna e segreto sono strumenti assolutamente indispensabili di dominio.

Parlare dell’ineluttabilità “oggettiva” e amorfa del processo di globalizzazione in atto è il loro strumento per nascondere la causa, manifestando l’effetto. Nella più generosa delle ipotesi imporre al mondo i propri parametri di riferimento, la propria visione cosmopolita delle relazioni internazionali.

Cattolici, protestanti o ebrei, ma anche mussulmani o confuciani o semplicemente agnostici o atei, sono tutti portatori di una unica visione e stile di vita, che è esattamente quello del “Mondo Moderno” contro il quale Evola scrisse la sua “Rivolta…”

Il semiologo ebreo americano Noam Chomsky, teorico antiglobal pur usufruendo della cattedra al MIT (Massachussets Institute of Technology) è da sempre uno dei critici più feroci del capitalismo e imperialismo e definisce i padroni della finanza mondiale un “Senato virtuale”, cui i governanti del mondo devono rendere conto, alla faccia dei cittadini che li hanno eletti:

“Il senato virtuale è un gruppo di investitori capaci di governare nazioni tramite i flussi di capitale, le oscillazioni di borsa e la regolazione dei tassi di interesse. Appena uno stato ipotizza scelte nell’interesse collettivo come il welfare o l’autodeterminazione, loro minacciano di portare all’estero i capitali. Gli USA e tutti i governi più potenti sono fantocci manipolati da questi senatori mascherati. Un tempo c’erano i dittatori, adesso ci sono i tiranni privati. Fanno gli stessi danni, ma non hanno responsabilità pubbliche”.

Eccoci finalmente in buona compagnia con un uomo che certo non sarà accusato di “cospirazionismo complottista”, tipo “Savi Anziani…” ecc..

Semmai aggiungeremo che il “Senato Virtuale” ha ben altre armi che quelle finanziarie, per piegare governi e popoli al suo volere: dai media all'informatica,  dai moti di piazza ai golpe militari, fino alla guerra dichiarata, con tanto di “armi intelligenti”.

In Serbia recentemente è stato usato di tutto: rivolte etniche, guerriglia, guerra dichiarata (anzi..” intervento umanitario”), anche se alla fine l’ha vinta il denaro. E si sono letteralmente venduto il capo!

 

Ma è ancora una volta il Santoro a offrirci il giudizio più netto sulla pretesa ineluttabilità ed impersonalità del processo storico che stiamo vivendo:

“Infatti la cosidetta globalizzazione – economica, politica, culturale e dei costumi di tutti i popoli della Terra – non è in alcun modo un fenomeno ‘naturale’ o necessario o ineluttabile determinato dalle leggi interne di un qualche inarrestabile ‘sviluppo’ del mondo (da un punto di partenza ad uno di arrivo: Nuovo Ordine Mondiale, Fine della Storia, Regno di Dio, Comunismo mondiale o chissà che altro delirio apocalittico); essa non è ‘nella logica delle cose’ (quale logica e quali cose ?); essa non è la condizione oggettiva ed autonoma cui occorre adeguarsi come ad una irrevocabile volontà divina (di quale dio ?); la globalizzazione è solo l’obiettivo pratico e deliberato che uomini concreti, tramite organizzazioni con tanto di nomi e di sede legale, sistemi informativi, massmediali ed editoriali – non forze oscure e impercrutabili dell’universo – vogliono raggiungere per il proprio tornaconto personale e di gruppo (anche se ciò non esclude, anzi, la presenza di conflitti interni o di resistenze esterne). Tutto qui”

[Giuseppe Santoro, “Banchieri e camerieri. Sovranità monetaria e sovranità politica”].

 Semplice, no?…  

 

 

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