e-mail: noctua@supereva.it

vendite per corrispondenza

vendite per corrispondenza

Fax 1782233883

06 233226245

Noctua Edizioni

RIVOLTA CONTRO IL MONDIALISMO MODERNO

di Carlo Terracciano (Parte D)

 

 

TRADIZIONE E RIVOLUZIONE

 

LA TRADIZIONE  E’  RIVOLUZIONE, etimologica e reale.

Essa “re-volve” e ritorna alle Origini, ma non prima di aver completato il suo Ciclo, la sua rotazione, la sua astronomica “ri-voluzione” appunto!

La vera Tradizione non ha niente da conservare, ma tutto da distruggere, puntando al compimento “rivoluzionario” del ciclo, per arrivare ad un  Nuovo inizio, alla nuova “Età dell’Oro”.

La Conservazione è il contrario della Tradizione/Rivoluzione, se è intesa non nel senso dei Valori ma in quello del mantenimento, della difesa delle strutture del passato, delle forme oramai superate, ridotte a vacue parvenze, a vuote formule e forme, a scheletri anneriti dal tempo che celano il nulla.

E questo vale per le forme politiche e sociali come per le religioni e le culture, oramai residuali e inutili se non al perpetuare vani simulacri e i loro custodi.

Ripetiamolo: nel mondo moderno non c’è nulla da conservare, tutto da distruggere.

A cominciare da quanto è rimasto fossilizzato in istituzioni di un passato appena più distante, che non era se non il frutto del modernismo del suo tempo: si pensi al nazionalismo frutto della “Rivoluzione” Francese e degli “Immortali Principi” dell’89, termini presi a prestito dal pensiero tradizionale e rovesciato nel loro opposto.

Se la conservazione è il contrario della Tradizione che è rivoluzionaria, la Sovversione, come tutti i fenomeni di ribellismo del mondo moderno, è una rivoluzione di segno contrario, una Contro-rivoluzione, sempre nel senso tradizionale del termine.

 Essa infatti, nel momento stesso in cui pretende di distruggere le forme del presente (e questo è il suo aspetto più positivo) lo fa nel nome e nel segno della “modernità”, come categoria mentale e spirituale.

Il chè si traduce non in un’accelerazione verso la fine della decadenza presente e quindi nel raggiungimento del punto catarchico che segna il passaggio rivoluzionario ciclico, bensì nel perpetuarsi sotto nuove forme della decadenza stessa, che tende naturalmente a cristallizzarsi in ennesima conservazione, all’avvento di un’ulteriore ondata sovvertitrice. La sovversione tende a ribaltare le forme del passate per conservare l’essenza del presente, cioè il modernismo antitradizionale, cercando così di arrestare il vero processo rivoluzionario che chiuda un ciclo e ne apra uno nuovo. E’ insomma un’altra forma della conservazione.

Un serpente che continua a mordersi la coda.

Conservazione e Sovversione sono quindi funzionali l’un l’altra nell’attuale fase del ciclo; anche se, da un più elevato punto di vista metastorico, il compimento rivoluzionario dell’ultima fase ciclica è scritto nel Destino: Come sempre “fata volentes ducunt, nolentes trahunt”.

Le conseguenze dei due atteggiamenti mentali sono comunque diverse, per chi non vuol essere semplice spettatore passivo degli eventi, ma ha nella sua stessa natura il marchio di un’impersonalità attiva, la fierezza del  guerriero della Tradizione che oggi non può che manifestarsi nel combattente politico rivoluzionario.

Valori a parte, ripetiamolo per la terza volta: nel mondo moderno non c’è nulla da salvare e tutto da distruggere.

Nel mondo moderno, alla fine di un ciclo, ogni distruzione del passato e del presente è propedeutica al compiersi del ciclo storico medesimo.

 

 

DUE FRONTI, MOLTE TRINCEE

 

Sotto questo punto di vista è consequenziale che un vero rivoluzionario veda in ogni giovane contestatore dell’attuale assetto mondiale e nazionale un alleato tattico nell’opera di distruzione delle istituzioni mondialiste, nell’attacco contro i governanti collaborazionisti dell’occupante americano, di “destra” o di “sinistra” poco importa, nella contestazione di ogni loro incontro, nello smascheramento dei loro inganni sulla pelle dei popoli, di TUTTI i popoli.

Motivazioni e fini possono essere divergenti, ma il Nemico è unico e supera ogni barriera ideologica o politica; solo chi ragiona così è un vero rivoluzionario, a prescindere dalla rivoluzione che ha in mente.

Senza infingimenti, senza commistioni, senza salti di campo per ingraziarsi chi considererà sempre un estraneo anche il neofita convertito.

E’ la teorizzazione dei DUE FRONTI E MOLTE TRINCEE.

Che ognuno combatta il Mondialismo, la globalizzazione o anche, se ha una visione limitata dei problemi globali, soltanto alcuni aspetti di essa, dal proprio punto di vista ideologico, ideale o esistenziale: dalla propria trincea. Ma avendo almeno ben chiara l’identificazione del Nemico stesso, che è il nemico globale.

Sarà certo chi ha più chiari i termini politici e metapolitici dello scontro planetario in atto, quello che avrà anche una più vasta panoramica del campo di battaglia e saprà condurre una lotta più radicale e determinata.

 Ed il primo passo consiste nel dare un nome ed un volto ad un fenomeno che non è affatto anonimo e figlio di NN come vorrebbero farci credere i soliti teorizzatori del disimpegno politico, della ritirata nel “privato”, tra imput metapolitici e più prosaiche vite da piccoli borghesi.

 

 

IL NOME DELLA MONDIALIZZAZIONE: AMERIKA.

 

Il Mondialismo moderno è la fase estrema dell’imperialismo capitalista americanocentrico nella sua manifestazione più degenerativa, antitradizionale, conservatrice e sovversiva al tempo stesso.

Gli Imperi tradizionali d’Europa, nonostante avessero mitridatizzato il veleno di una religione aliena allo spirito indoeuropeo in forme politico-sociali d’impostazione tradizionale, si trasformarono alla fine del loro ciclo vitale in imperialismi e nazionalismi coloniali, invadendo ed infettando il mondo.

Ancora una volta la legge del contrappasso ha voluto che l’Europa sia stata vinta e sottomessa da un frutto venefico del suo seno: l’America ha affrontato e vinto l’Europa (tutta l’Europa, anche quella degli alleati di ieri), l’ha privata del suo potere e delle sue colonie, sostituendovi un neo-imperialismo politico, economico, mediatico.

In termini geopolitici il “Mare” ha vinto la “Terra”, e continua ad avanzare al suo interno.

L’America infatti si è oggi imposta anche sulla rivale Russia e i confini della NATO si spostano sempre più verso il cuore d’Eurasia, l’Heartland logistico della ex potenza antagonista.

Il Mondialismo e la sua manifestazione economica e mentale, la globalizzazione, non potrebbero esistere senza il dominio di una ed una sola superpotenza che ha imposto al mondo il suo predominio militare sulla terra, sopra e sotto i mari, nei cieli e nello spazio esterno. Non esisterebbero senza una moneta unica valida ovunque per i pagamenti internazionali, senza una lingua comune di comunicazione, dalla diplomazia ai computer, senza una pseudocultura accettata o subita da tutti, senza la tv, il cinema, la stampa,  internet ecc…tutto facente capo alle lobbies ed alle multinazionali con base negli Stati Uniti d’America; fortezza continentale irraggiungibile, braccio armato mondiale del SIM, il super Stato Imperialista delle Multinazionali.

“Gli Stati Uniti sono grandi difensori della globalizzazione e dove essa è stata messa in pratica, come nelle relazioni col Messico, ha portato un gran bene. [agli Stati Uniti- nostra nota]…Penso che gli Stati Uniti siano stati finora i primi a baneficiare della globalizzazione e che si trovino, dal punto di vista della concorrenza, nella posizione più forte rispetto a chiunque altro”; parola di Henry Kissinger, “l’ebreo volante” delle Amministrazioni repubblicane, premio Nobel per la pace (dopo aver favorito la guerra Iran-Iraq con oltre un milione di morti), autore del recente libro “L’America ha bisogno di una politica estera?” e sponsor dell’attuale ministro degli esteri italiano nel governo Berlusconi.

 

Gli fa eco il confratello,George Soros, ebreo di origine ungherese, speculatore internazionale capace di affondare in una sola operazione borsistica l’economia di interi paesi (nel’92 costò all’Italia una perdita di quaratamila miliardi di lire!) ed attuale co-presidente del World Economic Forum di Salisburgo (“fratello minore estivo di quello di Davos”):

“Io penso che la globalizzazione porti grandi benefici ad un gran numero di uomini e donne…La liberalizzazione dei mercati e del movimento dei capitali produce soprattutto benefici privati e ai privati. Ma non si preoccupa né può farlo di per sé, dei benefici collettivi” (da: “La globalizzazione è un bene, i governi imparino a usarla”-“Repubblica”, 3.07.2001).Viva la sincerità!

Certo per il sig. Soros e affini la globalizzazione è stata una vera “manna dal cielo”, tipo quella elargita da Javhé ai suoi correligionari. Ma ora ha deciso di lasciare la finanza e dedicarsi ai “problemi della democrazia nell’Europa dell’Est”. Tremate slavi!

 Del resto è noto che uno degli strumenti che l’America ha per imporre la sua politica economica al mondo, oltre il dollaro, è quello della cosiddetta GLOBALIZZAZIONE ASIMMETRICA, che mentre impone alle economie più deboli, comprese quelle dei partners ricchi del Nord del mondo, il liberismo quasi assoluto negli scambi internazionali, applica al contrario altissime tariffe doganali alle merci straniere più competitive sul mercato interno statunitense, a difesa degli interessi lobbistici dei produttori americani. Una politica economica che applicata ai prodotti del Terzo e Quarto Mondo risulta devastante per le economie più deboli, costrette poi ad indebitarsi per importare prodotti americani sui quali gli USA pretendono di non pagar dazio.  

pagina precedente

pagina successiva

 

Pagina iniziale