RIVOLTA
CONTRO IL MONDIALISMO MODERNO
di
Carlo Terracciano (ultima parte)
Si parla molto del ritorno
della Politica, del suo riprendere il posto che le compete sopra l’economia.
Ma solo se si comprenderà
la vera natura del Mondialismo, che non è soltanto (e nenche soprattutto)
un fenomeno di natura economica, si potrà opporre una valida alternativa e
politica e socio-economica al progetto di dominio di una ristretta,
“eletta”, oligarchia plutocratica, ma anche portatrice di una ben specifica
“contro-tradizione” religiosa e culturale: una “visione del mondo”
globale e globalmente antagonista a quella dei popoli.
Circa il tipo di lotta da
intraprendere ci permettiamo di rimandare il lettore ai precedenti scritti, ed
in particolare alla “Dottrina delle Tre Liberazioni” (Liberazione Nazionale/
Liberazione Sociale / Liberazione Culturale, nel quadro geopolitico europeo e in
una prospettiva di guerra totale mondiale dei popoli contro l’imperialismo
americano).
Ma prima di ogni azione nel
campo pratico sarà necessario chiarire iequivocabilmente i termini del
problema, gli attori reali sulla scena nazionale e mondiale e quelli
fittizzi, gli uomini e le istituzioni, i partiti e i movimenti che sono al
servizio del progetto moindialista.
Per queste analisi le
vecchie abusate terminologie non hanno più senso, non servono allo scopo se mai
servirono: “destra”, “sinistra”, fascismo/antifascismo,
comunismo/anticomunismo, democrazia e/o totalitarismo,
nazionalismo-internazionalismo, tutte parole che appartengono ad un’epoca
della politica oramai vecchia di un secolo.
E che se vengono ancora
utilizzate a fine polemico e/o apologetico, è solo perché servono agli
imbonitori di turno a deviare l’attenzione dalle realtà dell’oggi, dalle
prospettive di aggregazione e di lotta del domani.
Evola perlomeno ci ha
insegnato come, al contrario, anche i termini esatti appartenenti alla
Tradizione Una, in quanto svincolati dalle contingenze del temporale, del
passeggero, del provvisorio, dell’inessenziale, possano tramutarsi di epoca in
epoca in “parole d’ordine” per la lotta, in “Miti di riferimento
capacitanti”, in prospettive reali e realistiche di lotta, per chi voglia
essere protagonista nel proprio tempo, anche nell’epoca della
dissoluzione e della fine ciclica; la cui durata peraltro non possiamo
determinare.
Siamo del resto sempre
stati convinti che non esistano i “miti incapacitanti”, bensì solo uomini
incapaci di attualizzare una Realtà per sua natura a-temporale, metapolitica.
Attardarsi a cercare di recuperare giovani o meno giovani, a
qualunque ideologia appartengano, il cui limitato orizzonte mentale e spirituale
li destina per natura o per scelta a battaglie di retroguardia, a sterile
nostalgismo, all’impotenza politica, quando non addirittura alla difesa delle
vuote istituzioni del passato, è oltre che vano, controproducente.
Sarà semmai questa
limatura di ferro che seguirà la calamita, se questa saprà esercitare la sua
forza naturale attrattiva.
Ma assolutamente da evitare
è ogni commistione, ideologica, ideale, politica o pratica, o persino dettata
dal sentimentalismo su un passato in comune, verso tutti quegli elementi che
militano in formazioni legate alle istituzioni attualmente al potere. Che lo
facciano per arrivismo, per furbizia, per avidità, per malafede o per buonafede
e/o convinti di scegliere il “meno peggio”, tutti costoro sono
OGGETTIVAMENTE al servizio del progetto mondialista, dei suoi esecutori
nazionali ed in ultima istanza dell’occupante imperialista e dei padroni del
nostro e degli altrui destini.
Camerieri
dei banchieri, per usare il felice titolo del Santoro.
SONO AGENTI DEL NEMICO, e come tali vanno trattati e
combattuti. La pretesa “buonafede” dopo anni di riprove al contrario è solo
stupidità allo stato puro, quando non peggio. Le “destre” di Regime e di
Sistema non hanno scusanti.
Anzi , al contrario, sono
assai più responsabili e quindi colpevoli, in quanto avendo da sempre a portata
di mano gli strumenti ideali, culturali e politici, i punti di riferimento fissi
e veritieri per un’analisi della società nazionale ed internazionale, non ne
hanno mai fatto uso, preda ogni volta degli istinti più animaleschi e delle
reazioni più incontrollate, come gli sbavanti cani di Pavlov davanti ad un
osso.
E nel momento stesso in cui
esaltano un passato lontano del quale sono indegni, lo negano nei fatti portando
acqua ed energie al mulino di un nemico secolare, lo stesso di ieri, di oggi e
del prossimo domani.
Né si pone all’opposto
il problema di rincorrere una contestazione umanitarista, riformista, cristiano
o laico progressista, che già dai suoi esordi manifesta chiaramente i germi e
le patologie del male che vorrebbe combattere.
Ad essa sarebbe quasi da
preferire quella radicale e semplicemente distruttiva dei casseurs, degli
anarchici e nihilisti d’ogni specie, il cui vero limite non è tanto nelle
modalità d’azione (cosa saranno mai quattro vetrine rotte di banche o agenzie
finanziarie in confronto al crimine della fondazione di banche e finanziarie?),
bensì nella mancanza di prospettiva rivoluzionaria e nella fisiologica
negazione di un’alternativa possibile.
Anche se, in questo caso,
le convergenze tattiche, sono possibili e persino auspicabili; ferma restando
però la propria identità politica e Culturale in senso lato.
Se le destre di sistema
fanno parte del fronte nemico, quello del Mondialismo al potere, gli
antiglobalizzatori, variegati quanto i colori dell’arcobaleno, rappresentano
una contestazione interna al Sistema globalista, eppur tuttavia una
contestazione…
Nello schema ideale dei
“due Fronti e molte trincee”, mentre la destra reazionaria è palesemente
schierata nel fronte opposto, tanti giovani contestatori sono su trincee vicine,
anche se non hanno un quadro chiaro e generale delle forze in campo e delle
strategie. Questo anche perché spesso sono proprio i loro dirigenti ad
appartenere al nemico mondialista e quindi a deviarne le positive energie
rivoluzionarie verso falsi obiettivi.
Da parte chi è cosciente di tutto ciò si tratterà
allora di assumere una posizione quanto mai ferma e RADICALE contro tutte le
espressioni, politiche, sociali, scientifiche, spirituali ecc…del moderno
mondo globalizzato.
Un tradizionalista
rivoluzionario, lo ripeteremo fino alla nausea, non ha niente da salvare del
mondo moderno, ma tutto da distruggere: a cominciare dai rimasugli, dai rottami,
dai resti di un passato che non apparteneva già al suo esordio al mondo della
Tradizione, ma ad una fase precedente e oramai superata della decadenza.
Forti di una retta Dottrina
e di una razionale analisi storica e geopolitica,
coscienti della consapevolezza di battersi per la giusta causa dei
popoli, in una visione globale del mondo e della storia offerta
dall’insegnamento tradizionale di maestri come Evola, Guenon, Béla Hamvas
(l’autore di “Scientia Sacra”), e tanti altri, i giovani rivoluzionari
antimondialisti del domani si devono porre all’avanguardia e non nelle
retrovie della guerra contro la globalizzazione in tutte le sue forme e
manifestazioni; che ovviamente non sono soltanto economiche e politiche,
bensì esistenziali, spirituali, naturali.
Abbiamo risposte e proposte
in ogni campo: dalla salute all’ambiente, dal lavoro all’immigrazione e al
debito mondiale, dal cibo al commercio, dalla genetica alle nuove tecnologie;
ecologia, etologia, animalismo e via elencando hanno sempre fatto parte del
nostro bagaglio culturale, a differenza di tanti parvenues dell’ultim’ora.
Senza seguire nessun
capopolo isterico, ducetto da strapazzo o farabutto politicante, le nuove leve
che verranno devono prima di tutto selezionarsi, contersi, organizzarsi.
Comunque lo si voglia poi
chiamare deve nascere un COORDINAMENTO ANTAGONISTA RIVOLUZIONARIO fra
tutti coloro che condividano una visione tradizionale, anagogica della vita e
del mondo ed abbiano la volontà di applicarla nella lotta quotidiana; una
quotidianità che sia vissuta sotto il segno dell’Assoluto. Non l’impegno di
un giorno o di un anno, ma la determinazione di tutta una vita!
Chi saprà trovare in se stesso questa determinazione
assoluta può star certo che sarà seguito da un numero sempre crescente di
giovani e meno giovani, i quali attendono solo un segno, un impulso, una
bandiera per lanciarsi nella pugna.
Evola non è mai stato
l’ideologo della ritirata, della sconfitta, della resa, del gesto disperato
seppur coraggioso fine a se stesso. Tutta
la sua vita e le sue opere, prima e dopo le Guerre Mondiali, sono una
testimonianza di impegno, senza esaltazioni improvvise o scoramenti.
Evola fu un vero
rivoluzionario, anche quando era immobile, paralizzato sulla sua sedia, al
tavolo di lavoro. E ce lo dimostra il fatto che seppe vedere lontano e
pre-vedere la realtà nella quale siamo oggi immersi. Prevedere e provvedere,
offrendoci gli strumenti teoretici per combattere il mond(ialism)o moderno, i
suoi inganni, le sue sirene ammaliatrici.
Il Sistema mondiale è
molto più fragile di quanto ci faccia credere. Il suo crollo non si protrarrà
nel tempo, non sarà una lunga decadenza, ma un crollo netto, quasi immediato;
più veloce del crollo di un colosso dai piedi d’argilla, come fu l’URSS
alla fine del millennio trascorso.
Si tratterà allora, dove
possibile, di sfruttare le contraddizioni interne al Sistema, che sempre
si presentano in ogni fenomeno storico di mutamento.
Fare
esplodere le contraddizioni, portare la contrapposizione NEL Sistema a
contrapposizione AL Sistema. Mostrare ai popoli tutta la fragilità della costruzione e
strappare la maschera ai burattinai che la muovono.
Primo imperativo: mutare di
segno la mobilitazione Antiglobal; dal “—“ di una globalizzazione al
negativo, dal basso, a quello “+” , positivo, di una lotta senza quartiere
al Mondialismo comunque inteso PER la Liberazione Nazionale, Sociale,
Culturale, europea e mondiale.
Non prima di aver fatto piazza pulita di tutto il
passato e il presente.
Questo è vero “nihilismo
attivo”.
Sempre Evola, a conclusione
di “Rivolta contro il mondo moderno”, affermava:
“Si tratterebbe di
assumere, presso ad uno speciale orientamento interiore, i processi più
distruttivi dell’età moderna per usarli ai fini di una liberazione. Come in
un ritorcere il veleno contro sé stesso o in un ‘cavalcare la tigre’ ”.
E chi può essere più radicale e totale nella lotta
al mondialismo moderno di chi ha un punto fermo di riferimento, ben oltre le
contingenze storiche del momento?
Chi sa guardare ben oltre i
confini dello spazio e quelli del tempo, riallacciandosi con un altro anello
alla catena ininterrotta di una concezione circolare della Storia : costui saprà
essere l’AVANGUARDIA delle nuove generazioni che, proprio nel momento più
buio dell’omologazione e dell’annichilimento, sentono ancora il fremito
della “Rivolta…”, la necessità etica dell’impegno nella difesa dei più
deboli, degli oppressi, dei perseguitati, la necessità fisica di vivere per
lottare e lottare per vivere.
Ezra Pound definì il
comunismo un’etica e il fascismo un’estetica, il capitalismo una pratica.
Si tratta ora di fondere
etica ed estetica nella lotta al capitalismo che si è rivelato una
“pratica” folle e suicida per tutti, anche per quelli che lo difendono,
coscienti o meno che ne siano.
Come ebbe modo di dire un
vero rivoluzionario del ventesimo secolo, Ernesto “Che” Guevara, “bisogna
sentire come se fosse ricevuto sul proprio viso lo schiaffo dato ad ogni
uomo”; ed agire di conseguenza.
Del resto, anche volendo,
la generalità dei problemi e il pericolo sono oramai così globali appunto
che rinchiudersi nel proprio egoismo, ideologico o sociale che sia,
sarebbe un suicidio.
Uomini come Julius Evola,
come Nietzsche e tanti altri ci hanno lasciato strumenti di studio, di analisi
del mondo attuale che, nelle mani giuste, possono trasformarsi in valide armi di
lotta e vittoria.
Chi saprà impugnarle con impersonalità,
con animo nobile e volontà ferrea, unendosi a tanti altri uomini e popoli
che in ogni angolo del pianeta stanno sollevando la testa, ritrovando la voce,
alzando i pugni al cielo?
La possibilità, anzi la
necessità di un nuovo calarsi nel Politico, nell’impegno militante totale,
nella guerra al mondialismo moderno, oltre ogni limite geografico e mentale,
rappresenterà anche la riprova sul campo della tenuta interiore di ciascuno,
della fermezza e del coraggio, della capacità di vincere il borghese che si
annida in ciascuno e che si cerca di esorcizzare rimandando l’impegno ad un
ipotetico futuro fatto di pose retoriche, di eroismi da operetta, di fantastici
scenari da war games, il tutto per rinviare sine die le proprie responsabilità
e camuffare la resa al quotidiano, da piccoli borghesi frustrati.
“Propiziare – scriveva
Evola- esperienze di una vita
superiore, una superiore libertà…E’ una prova.
E, a che essa sia completa,
risolutiva, si dica pure: i ponti sono tagliati, non vi sono appoggi, non vi
sono ‘ritorni’, non v’è che da andare avanti.
E’ proprio di una
vocazione eroica l’affrontare l’onda più vorticosa sapendo che due destini
sono ad eguale distanza: quello di coloro che finiranno con la dissoluzione del
mondo moderno, e quello di coloro che si ritroveranno nel filone centrale e
regale della nuova corrente”.
Ed ora, la parola ai fatti.
CARLO TERRACCIANO
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