ArtePhoros  pagine azzurre 

MARILIVA  ZAMBONI

Mariliva Zamboni, Castiglione delle Stiviere (MN) - e mail: mariliva@lycos.it

 

raccolta poetica in progress

Il rumore del mare

Caldo africano

Genova per noi che siamo stati a casa

I pensieri s'inseguono

Bianche carni molli

Maschio

Silenzi

Viaggio

Acida disillusione

Musa

francesco

Ardono fuochi

Raschio le ossa

Profumo d'oriente

Voce di piuma

Pavidi giorni

Ascolta fanciulla

 

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Il rumore

Il rumore del mare

è il segreto di questo vento 

che spazza la pianura

riempiendo di magici presagi

il mio vecchio cuore

con l'odore salato di una nuova giovinezza.

 

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Caldo africano

culla la pelle orfana

in solitario agguato

pronta ad azzannare

prede sfuggenti.

 

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 Genova per noi che siamo stati a casa

Sentimenti densi e appiccicosi

come il sangue sull'asfalto e sui muri,

come il sudore che scorre a rivoli

mischiato alle lacrime.

Con un macigno che pesa sullo stomaco,

chili di paura, di sgomento, d'incredulità.

Vorremmo che fosse

solo un incubo finito al risveglio.

Ma oggi è stato come ieri

e forse peggio

 con lo scorrere delle ore ipocrite, bugiarde

in questo tempo nelle mani

di un potere malvagio e crudele.

Ci riscopriamo fratelli dopo il lungo sonno

nel quale eravamo caduti.

Le lunghe grida dei nostri figli

ci hanno destato

mentre stesi con la testa fracassata

su un marciapiede stavano a morire.

 

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I pensieri s'inseguono,

rotolano, si allungano

distendendosi in domande insidiose

alla ricerca di risposte piene e coerenti

come uno stomaco sazio.

Ho sempre fame.

 

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Bianche carni molli

zavorrano i voli

dei desideri ardenti.

Là dove la terra brucia

e nel blu annega

cercherò

la quiete dei sensi.

 

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Maschio 

Comprami uno scampolo di follia

con cui possa vestire

il mio sogno d’essere amata.

Regalami un sospetto,

il dubbio che tu ti possa

accorgere che io esisto.

Lascia sfuggire lo sguardo

in quell’angolo di cielo

dove ho depositato i miei occhi.

Permettimi di credere

che c’è uguale sete di tenerezza

in te che sei maschio come

nel mio cuore arso di donna.

Dammi un appiglio su cui

possa buttare il mio cappotto

usato e frusto, restando nuda

davanti ad una certezza.

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Silenzi

Trovar di voci l’orchestra

che muove dentro le ferite

come bisturi lucenti

via alle trombe nella piaga

della lieta leggerezza.

Scavatemi ancora

battendo sui tasti

finché si possa trovar la fonte

che fa di me quel che non oso.

Picchiamo insieme sopra i tamburi

Schiudendo ancora nuovi altri mondi

alla ricerca di foreste

fatte di alberi alla rovescia.

Per stare tutti capovolti

gli arpeggi trovino smarriti

quelli che prima erano certi.

Trovar di voci

nei flauti muti,

silenzio in sala.

Silenzio dentro e fuori di me.

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Viaggio

Sai, a volte viaggio

d’incanti e di sogni.

Persa in complesse geografie umane

non distinguo più il bello

dal necessario.

Vago dentro intestini

cogliendo vibrazioni che

muovono da me all’Altro

alimentandoci mute.

Forse è solo un presagio,

un sospetto intrigante,

eppur vivo di questo.

Non c’è deserto più freddo

che un ventre vuoto

senza emozioni

senza passioni.

Mi perdo lì

sconfitta e spenta

chiedendomi pazza il prezzo

di un sospiro o di un urlo

che sia valsa la pena

      d’intraprendere il viaggio.      

 

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Acida disillusione

 

Potenti carezze

che infiammano il viso

son di parole afone

piene le nostre gole.

Là infine ci ritroveremo

confusi e sfiniti

di ricerche di altitudini.

Delusi, svuotati e pallidi

di mille interrogativi

ancora piene le nostre tasche.

Chiedendoci sempre

le stesse domande,

nostalgici impotenti

delle vecchie illusioni.

Cammina e canta in coro

la folla dei miti, a continuare un gioco

che ho ormai dimenticato.

 

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Musa

Ti  ho vestito delle sete più rare

colorando i tuoi occhi  con le tinte dellalba.

Se di te mi è fanciulla

la pelle già vecchia, solo il tuo vacillare

ha colpito il mio sguardo.

E lingenuo tuo incedere ha potuto

spezzare

quella linea di ghiaccio

che impediva ogni abbraccio.

Fai del buio il mio bozzolo doro

dove covo nidiate di feroci

parole

che mi svegliano e scuotono

le tempeste sopite.

E sei musa malgrado

troppi vuoti si estendano

nelle onde  di splendido

che di me fan tua schiava.

 

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francesco

 

E sei pura materia

Inutile cercare in te raffinazioni

Hai il colore della carne

Non offri alcuna testimonianza

Di memoria

Compatto

Impossibile da plasmare

Avvicinarsi è percepire

Energia

Nel suo stato più primordiale

Calore

Nessun spigolo nella tua ombra

Presente e assoluto

Come un totem di vita

Affascinante come un fossile

Senza età

Semplice e inafferrabile

Isola docile ma impenetrabile

Doni pacata sofferenza

 

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Ardono fuochi

Vivide fiamme scuotono

crepitare di legni duri e

foglie che si increspano

avvinghiate a se stesse

sparendo nella morte ardente

Giaccio ottenebrata dalla rabbia

lama che penetra

di ferro il sapore in bocca

espande il dolore

il sangue scorre, incendia, brucia

di fiamme

riempie gli occhi

e odio si sprigiona.

Svuotami e feconda

di giorni impavidi e caldi,

di urla la pianura,

colma i silenzi piatti.

 

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Raschio le ossa

Crudeltà e cecità, affondano

il coltello furibondo con un impeto

senza tregua, senza pena.

Innumerevoli volte e poi ancora

colpire e colpirmi, fino

all'ultimo spasimo.

Respiro piatto di cranio vuoto

senza ricordi né perdoni.

Chiusi i rimpianti, le titubanze.

Coprirsi gli occhi potendo urlare

strozzati versi

come l'agnello sacrificale.

Portarsi in dono a pagane are.

Soffiano i venti

tremano i colli,

la terra spezzata, il magma fuori.

Come un insulto, un fetore di zolfo

specchiarsi stravolti, negli occhi del mondo.

 

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Profumo d'oriente

Fichi d'india e uva, arance e datteri

il paniere colmo.

I frutti d'oriente profumano d'inebriante

solo chi ne coglie il vezzo.

Ma la fronte imperlata e lo sguardo cieco

son nel viso di chi

ha smarrito ogni gioia di gusto

di colore, di esotiche albe.

Ogni giorno riserva panieri d'oriente.

Ogni notte carezza d'aromi nel sonno.

Levitare nella vita

dondolando nei sogni.

Che le dolci fragranze siano il cibo

infinito degli dei,

dei curiosi, dei malati di luce

e dei folli.

 

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      Voce di piuma      

 

Nella solitudine

delle mie stagioni

attendo voci

che come piume

carezzino

le mie speranze

d’alba.

 

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Pavidi giorni

 

Il ticchettio dell’orologio

spezza il silenzio

della bolla di sapone, fuori

le voci del mondo.

Nei gesti un’umida tristezza

come un giardino d’autunno

con le ultime rose dal capo chino

odore di conifere e fermenti.

Chiusa la rabbia e la delusione

si avanza nel viaggio

ingombro

di pavidi giorni.

 

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Ascolta fanciulla

 

Ascolta fanciulla

Lincedere lieve

del battito.

Mille desideri

avvolgono,

la soffice danza

di questo ritmo.

Che si alterna

come il giorno e la notte

la vita e la morte.

Non più labbra rosate

e pelle morbida

di cocci di vetro

é fatto il tappeto

su cui posi il piede

già piagato.

Ma ascolta fanciulla

lincedere lieve,

E potrai guardare lontano.

La luce

che verrà.

Non più battito ma canto

sarà il tempo danzante

che dal tuo cuore

muoverà.

 

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