Piera Rossotti Pogliano, Il diario intimo di Filippina de Sales, marchesa di Cavour, Torino, Edizioni LAngolo Manzoni, novembre 2000
Non è mai facile scrivere di chi è realmente esistito, sia che si voglia fare ricerca storica sia che si scelga un approccio di tipo narrativo. Ancora meno facile risulta utilizzare la forma diaristica, cercando in tal modo di restituire voce in diretta a persone vissute in un passato più o meno remoto, secondo coordinate mentali e culturali che non sono più le nostre. Si corre sempre sul filo della tentazione di rendere queste vite più interessanti di quanto non possano apparire, oppure si rischia di suggerire troppo affrettati confronti col presente. In molti casi si finisce per sovrapporvelo inconsapevolmente. Con questo Diario intimo di Filippina de Sales marchesa di Cavour Piera Rossotti Pogliano è invece riuscita a evitare entrambi gli ostacoli e a dar vita a un romanzo che colpisce sia per il tocco partecipe ma privo di compiacimenti con cui viene delineato questo ritratto di donna non comune, che per la precisione e la leggerezza con cui viene tratteggiata la vicenda storica in cui esso si inserisce.
Filippina de Sales, maritata nel 1781 al marchese Filippo di Cavour e divenuta in seguito nonna di quel Camillo che è stato uno dei maggiori esponenti del nostro Risorgimento, emerge dalle pagine della Rossotti in tutta la sua esteriore linearità di vita e in tutte le sue interne contraddizioni, in gran parte inconfessate perfino a se stessa, attraverso lespediente di un diario strettamente personale ma non per questo prodigo di abbandoni e di esternazioni incontrollate. A diciannove anni Filippina sposò un uomo che aveva più del doppio della sua età, e per il quale non sembra essere mai riuscita a provare molto di più che un doveroso affetto. Situazione, questa, condivisa da molte giovani donne della sua epoca, ma non certo da tutte serenamente accettata. Eppure, secondo le memorie che si sono tramandate su di lei, la giovane marchesa di Cavour non ritenne per questo di potersi concedere relazioni extraconiugali, che pure erano piuttosto diffuse e anche tacitamente tollerate nel suo ambiente, ma nemmeno si abbandonò allo sconforto. Sorretta da una solida tradizione di religiosità familiare, al contrario sembrò adeguarsi con quasi eccessiva facilità al suo ruolo di madre di famiglia e di accorta amministratrice delle fortune domestiche. Un personaggio, verrebbe quindi da dire, niente affatto facile, apparentemente assai poco letterario, freddo, se non addirittura noioso, e in tutti i casi quasi improbabile alla nostra mentalità che molto diffida di simili esempi di autocontrollo emotivo. Fin troppo ovvia la tentazione di piegarlo agli odierni canoni di comportamento, attribuendogli smarrimenti, crisi interiori, o anche trasgressioni concrete seppur accuratamente nascoste sotto una veste di rispettabilità.
Piera Rossotti Pogliano non ha fatto nulla di tutto ciò. Ha invece creduto alla verità sostanziale di questa gentildonna vissuta due secoli fa, e a quanto lei stessa ha voluto lasciare di sé, e ha cercato di ricrearne la voce partendo per l'appunto da queste esterne testimonianze, senza tentare di sovrapporvi nessun tipo di giudizio, ma al contrario con l'intenzione di scavarvi dentro, di estrarne una plausibile identità interiore. Quali potevano essere gli intimi pensieri, le emozioni di una donna da tutti descritta come controllata e virtuosa, ma al tempo stesso dotata di grande intelligenza ed autorevolezza? La risposta a cui perviene l'autrice ci conduce ad una personalità complessa e vitale, che pur nelle rigide coordinate morali da lei intimamente accettate appare percorsa da una divertita capacità di gustare tutte le occasioni di lecito piacere che la vita le offre, e anche da sotterranee vene di ribellione che comunque soltanto a fatica, e per accenni, riescono talvolta a smagliare la compatta trama della sua esistenza e della sua scrittura. Sono i momenti in cui Filippina riflette sui suoi romanzi preferiti, in modo particolare la Principessa de Clèves, nella cui vicenda di rigore e di rinuncia evidentemente si sentiva rispecchiata, o quelli in cui si concede finalmente di ammettere listintiva attrazione che aveva provato per decenni nei confronti del cognato Franchino, il fratello più giovane del marito, col quale tuttavia aveva mantenuto rapporti di assoluta correttezza anche dopo essere rimasta vedova, e che solo dopo morto riuscirà a commemorare con rimpianto.
Le vicende personali di Filippina sintrecciano strettamente, per via della sua elevata condizione sociale, con quelle politiche, da lei analizzate e vissute con estrema spregiudicatezza intellettuale, con spirito "giacobino", per usare l'espressione attribuita nel romanzo al nipote Camillo. Dopo lo sconcerto prodotto dallo scoppio della Rivoluzione francese e dalle sue ripercussioni nel piccolo stato sabaudo, che misero a dura prova le finanze sia dei de Sales che dei Cavour, questi ultimi trovarono la possibilità di riassestare le proprie condizioni economiche nellannessione del Piemonte allImpero napoleonico, che consentì loro di dedicarsi ad attività imprenditoriali tradizionalmente estranee alla nobiltà di antico regime. Mettendo in atto notevoli capacità trasformistiche, ma probabilmente anche spinta da un proprio convincimento interiore, Filippina riuscì con molta abilità ad assecondare ladesione dei Cavour alla causa imperiale, prestandosi addirittura a entrare, per poter meglio sostenere gli interessi familiari, nella corte di Paolina Bonaparte, donna che potrebbe apparire lantitesi dei principi su cui aveva impostato la sua esistenza, ma grazie alla quale riuscì forse anche a concedersi numerose occasioni di svago e ulteriori possibilità di evadere in modo lecito dall'amata ma ristretta cerchia familiare.
Piera Rossotti Pogliano riesce assai efficacemente a far trasparire queste vicende di più ampio respiro da una scrittura dichiaratamente personale e privata. La ricerca documentaria, che pure si intravede precisa e accurata, non viene semplicemente giustapposta alla vicenda personale della protagonista, come tanto spesso si verifica in romanzi di carattere storico anche di grande successo, ma appare completamente trasfusa nella narrazione, col risultato di fissare un particolare avvenimento a unimmagine, a una sensazione, a un ricordo. Così avviene, ad esempio, per il primo periodo imperiale, sintetizzato nella descrizione della demolizione delle mura di Torino e degli altri interventi urbanistici che creano in Filippina "una visione di speranza", mentre la restaurazione della monarchia sabauda risulta scandita da una serie di cerimonie tenute in ambienti gelidi e simboleggiata dallabito da cerimonia austero e deprimente che Filippina è costretta a farsi predisporre per ludienza alla regina, così diverso dallabbigliamento elegante e fantasioso imposto alla sua piccola corte da Paolina Bonaparte. Ma più ancora di questi puntuali accenni allo scenario storico più vasto, colpisce in questo libro la capacità di restituire con affettuosa precisione ambienti e modi di vita di due secoli fa, attraverso lattenzione allarredamento, ai cibi, agli oggetti e ai paesaggi che fanno da sfondo alla vita quotidiana di Filippina e della sua numerosa famiglia. E altrettanta attenzione viene prestata alla vita culturale dell'epoca, evocata attraverso le letture di Filippina, che spaziano dagli illuministi della sua giovinezza a Chateaubriand e ai primi poeti romantici.
Piera Rossotti Pogliano gioca fra i vari piani della complessa personalità del suo personaggio adottando una scrittura che risente anch'essa della conoscenza approfondita della memorialistica dell'epoca, mettendo in evidenza con mano leggera involontarie ipocrisie, fraintendimenti e reticenze che, pur non intaccando la sostanziale integrità del personaggio, ne rivelano a tratti i sentimenti più profondi e inconsapevoli. Lo stile riprende in modo piacevole quello dell'epoca, senza cadere in inutili arcaismi.
Si tratta, insomma, di un libro intelligente e di piacevole lettura, che ha tra gli altri pregi anche quello di far riflettere su uno snodo fondamentale della storia del nostro paese, ricostruendo l'ambiente familiare e intellettuale in cui si formò uno dei maggiori protagonisti dell'unificazione nazionale, Camillo di Cavour.
Francesca Romano