Thailandia 2001 da “Baffino”

 

20 gennaio 2001  sabato

 

Quasi un anno fa, precisamente il 25 gennaio 2000, alle 5,30 di un primissimo mattino invernale, io e Gianna eravamo sul sentiero di discesa verso Atene a bordo di un Jumbo 747 della Thai Airwais.

Tornavamo da una scanzonata vacanza in Thailandia e mi disturbava già solo il pensiero di tremare di freddo non appena sbarcati in Italia.

Poi, fisiologicamente, siamo tutti rientrati nei ranghi e le ferie, trascorse al caldo, sono rimaste solo un bel ricordo.

Ma non è stato come le volte precedenti, quando compivamo i nostri programmi vacanzieri.

C’è stata, per la prima volta, una variante significativa.

Avevo tenuto, l’anno passato, un diario informativo che conteneva tutti gli umori che si materializzavano durante il trascorrere di quei momenti in Thailandia e questa ricostruzione, stampata per gli amici e conoscenti, veniva anche corredata di foto e link ed inserita nella rete di Internet all’indirizzo:

http://users.libero.it/tre_pi/mario/index.htm

 

Con mio grande stupore, quelle sette righe (si fa per dire) buttate giù con le impressioni giornaliere, hanno suscitato un interesse se non altro curioso e non sono mancati gli attestati, anche di sconosciuti, che, leggendo la storia nel Web, mi hanno confortato a proseguire in questa pazza idea, un tantino vergognosa.

L’anno scorso, prima di redigere il diario, le premesse erano di documentare gli avvenimenti, affinché la vacanza trascorsa, potesse essere rammentata senza ricordi caramellosi e falsati dal tempo, ma con obiettività e crudezza di immagini.

Posso dire che i risultati sono stati superiori alle aspettative ed il diario ha ottenuto lo scopo prefissato.

Per un anno intero, con parenti ed amici, abbiamo continuato a parlare della Thailandia e suscitato ammirazione per questo popolo modesto, disponibile, sorridente e dignitoso.

A più d’uno è venuto il desiderio d’andarci ed ad altri di ritornarci, con altre ottiche che ho loro cercato di trasferire.

Insomma, un piccolo successo l’ho ottenuto: quello di non dimenticarmi del periodo “vissuto” e non facendo solamente trascorrere il tempo.

Quest’anno, arrivato il momento di un altro periodo di vacanza, un coro unanime mi ha violentato e costretto a ripetere l’iniziativa precedente.

Mi ha meravigliato soprattutto la mì moglie, che bistrattata nei racconti dell’anno passato, mi ha ordinato ugualmente di ricompilare un diario.

E’ stato però un mezzo ricatto, perché la vacanza la paga lei.

Ebbene, mi sottometterò al volere della belva.

 

E’ doveroso anche precisare che queste annotazioni, come anche tutte quelle seguenti, non saranno modificate al termine della stesura del giornale e che quindi rispecchieranno fedelmente le idee e le sensazioni suscitate in quel momento cronologico, senza essere state influenzate da fattori o circostanze verificatesi successivamente.

 

21 Gennaio 2001 Domenica

 

Questa mattinata festiva la dedicherò al riordino delle mie carte ed alla programmazione preventiva delle vacanze.

Già l’anno passato, prima di decidere dove trascorrere le ferie, mi ero documentato con tutto ciò che le mie deboli capacità mi permettevano, in relazione ai mezzi che la società “civile” ed il progresso era disponibile a trasferirmi.

Poi, quando alla fine della fiera, ho optato per la Thailandia, ho cominciato a smanettare su Internet, alla ricerca di qualche “new” interessante.

Ed è stato a questo punto che navigando nel “web” ho intercettato un sito che mi ha fatto iniziare una bella, simpatica e interessante amicizia, che tutt’ora prosegue.

E’ accaduto,infatti, che abbia trovato delle pagine, ove un certo Camis Italo con la moglie Wilai, pubblicizzavano con particolari precisi e mirati, l’affitto della propria villa in Thailandia.

Il messaggio era rivolto a quegli italiani, un po’ timidi o pigri o sprovveduti, che lontano dalla loro Italietta, soffrivano, già dopo un’ora, di nostalgia gastronomica e di ristrettezze linguistiche.

Per farla breve, stì due attrezzi lanciavano un “imput” che pressappoco si può interpretare così:

Cosa ne dite, se mentre siete in un paese di sogno a trascorrere le vostre vacanze, ma non avete desiderio di assaggiare tutti quei “troiaini orientali” e non sapete come districarvi nella lingua locale, avete a disposizione due persone che parlano in tricolore cisalpino e anche l’idioma del posto, e magari vi preparano anche una bella “amatriciana” condita con guanciale di maiale, olio toscano, peperoncino calabrese, basilico fresco ligure, e in sovrappiù aragoste e gamberoni all’abruzzese, granchi e branzini alla siciliana, totani e dentici alla livornese, con accanto una granseola alla veneziana ?”

Italo è un italiano (che altro sennò? non ho mai sentito un norvegese chiamarsi così) trapiantato in Thailandia da quattro anni, e Wilai, la sua moglie thailandese, che parla benissimo l’italiano, cucina indifferentemente, così si dice, sia i piatti locali che italiani, avendo vissuto per otto anni nel Bel Paese, come sposa legittima di Italo l’italiano “farang” (straniero).

Il sito che li riguarda, si può trovare in Internet al seguente indirizzo:

http://pages.hotbot.com/travel/tiredbuffalo/   Provate voi a verificare quanto ho appena cercato di tradurre.

I prezzi poi che praticano, sia per l’affitto della villa a pochi minuti dal mare, in stile occidentale, sia per le abbuffate in “italian style” che in “thai sbobba”, sono una miseria, se rapportati al potere di acquisto della pur povera liretta italiana.

Inoltre sono disponibili anche ad eseguire il “transfert” del ricco uomo bianco, con una vettura privata, dall’aeroporto di Bangkok sino alla loro residenza, che si trova a Bang Phe nella provincia di Rayong nel sud-est a circa 300 kilometri dalla capitale. Ed anche questo ad un prezzo pressappoco corrispondente in Italia, al costo di un passaggio in taxi da Roma ad Ostia.

 

Il loro recapito telefonico diretto, telefonando dall’Italia, nel caso uno volesse contattarli direttamente è:

0066-38-896053

 

Bene. Visitando il sito di Italo, un anno fa, sono rimasto colpito dalla dolcezza dell’invito ed ho iniziato con lui una “corrispondenza virtuale” da cui è nata e proseguita “un’amicizia virtuale”, ma senza fini o scopi turistico-alberghieri.

Dopo che il Camis è riuscito a leggere il mio diario, questa conoscenza virtuale si è ancora di più approfondita, con scambi di idee, sensazioni, informative thailandesi, stronzate italiane soprattutto toscane, discorsi semi-seri, ragionamenti strulli, considerazioni critiche.

Tutti gli argomenti erano buoni per essere trasferiti a sei ore di distanza di fuso orario.

Dopo un anno di queste conversazioni virtuali, è nata una parentela virtuale, e ciò mi lascia, in questo momento, molto perplesso e dubbioso.

Cioè mi induce a fare alcune riflessioni.

Leggo stamattina su un quotidiano nazionale, che in Israele una giovane palestinese ha teso una trappola mortale ad un ebreo conosciuto tramite Internet.

I due si erano scambiati messaggi elettronici diretti e “virtuali” ed un mese fa si erano poi incontrati.

Il ragazzo israeliano, poche ore dopo, è stato crivellato di colpi alla periferia di Ramallah.

I servizi segreti d’Israele sospettano ora che la ragazza sia stata l’esca, utilizzata da un gruppo di militanti palestinesi, per attirare nella trappola il giovane, che era destinato ad essere assassinato.

Conseguenza di questa lettura è stata la valutazione oggettiva della differenza fra il “virtuale” ed il “reale”.

Ma quale baratro esiste fra l’uno e l’altro ?

Virtualmente uno si costruisce uno scampolo di mondo ove riporre un’immagine costruita artificialmente a proprio uso e consumo.

Viene sezionata la personalità dell’individuo corrispondente, si scelgono le parti migliori e si selezionano gli umori profondi, creando una cartella asettica ove custodire il “top” dell’immaginazione.

Si crea, quindi, un “alter” della persona con cui sei in rapporto.

Ma realmente sarà proprio così ?

L’ideale, che col tempo ti sei formato, corrisponderà poi veramente a ciò che ti troverai di fronte, nel caso si decidesse di varcare quella soglia che divide le due realtà ?

Quante fanciulle, dopo aver amoreggiato platonicamente via Internet con il ragazzo dei loro sogni, si sono poi trovate di fronte ad un satiro bavoso e lascivo, come se una bacchetta magica avesse operato un incantesimo alla rovescia ?

Ci vorrebbero dei dati statistici, per rendersi conto di queste differenze.

Ma il dato statistico, secondo me, è come la pelle dei coglioni. Si dirige dalla parte dove uno la tira.

E quanti soggetti, da analizzare, sono necessari e sufficienti, a creare un dato statistico attendibile ?

 

Il poro Stalin diceva che una morte è una tragedia, un milione di morti una statistica.

Tempo fa, alcune multinazionali, specializzate in rilevamenti e sondaggi opinionistici, avevano promosso una ricerca a livello mondiale, volta a verificare, percentualmente, quanti mariti, dopo aver fatto l’amore, si rigirano dall’altra parte e si mettono subito a dormire.

I risultati del sondaggio si sono dimostrati piuttosto avvilenti per noi maschietti.

Per le donne, la percentuale arrivava al 98,6 %.

Gli uomini, di contro, si limitavano a stimare un 96,3 %.

Secondo me, invece, la percentuale non supera il 5 %.

L’altro 95 % si veste e va a dormire a casa, con la propria moglie.

 

Ritornando a Italo & Wilai, mi piacerebbe incontrarli e continuare dal “vivo”, anche per poco, quell’interscambio sociale iniziato e proseguito tramite Internet.

Ma ……caro “Baffino”, non mi freghi !!

Vuoi mica che, appena ci incontriamo, appare un killer con gli occhi a mandorla per eliminarmi fisicamente nella villa di Bang Phe, dove magari si trovano gli Headquarters della “Coscialunga Enterprises” ?

No !! Preferisco ricordare Italo come abile conversatore epistolare, amante delle avventure di Tex Willer, mirabile conoscitore della Storia e delle troiate fatte subire agli indiani d’America, esperto in Guestbook, amico di Coscialunga e conoscitore “virtuale” della Toscana, di Castiglioni, della Val d’Orcia e di Loredi e Angiolino del podere Le Fosse.

No !! Per ora non mi fido. Non voglio rischiare e poi disilludermi.

Però, uno può anche cambiare idea, ce lo insegnano i nostri politici.

E allora cancello tutto, mi butto e rischio.

Andrò a trovare e conoscere di persona Italo & Wilai.

 

Tutte queste seghe per arrivare al dunque.

Ho programmato la nostra vacanza.

Il diario di un anno fa, compilato durante il viaggio in Thailandia, terminava con una frase significativa: “Eh… tanto ci ritorno, Eh… se ci ritorno”. Mai un proponimento od un augurio è stato quanto mai centrato.

Ritorneremo in Thailandia e rischieremo l’incontro con Italo, detto Baffino, o Bufalo Stanco, alla pellirossese.

 

La cronaca vorrà anche essere un’analisi di come forse si potrà riuscire a “vivere” economicamente senza scialacquare, ma anche senza farsi mancare nulla, nel rispetto di un sano divertimento e benessere gastronomico.

La scommessa, oggetto di quest’anno, da analizzare e verificare, è questa:

appoggiandosi ad un Tour Operator italiano, per due settimane di vacanze in Thailandia, costituite da sei notti al mare e sei notti a Bangkok, si spendono mediamente 2 milioni e mezzo di lire.

Dobbiamo riuscire a smentire questa diceria e vedere, a parità di condizioni,quanto si può risparmiare, organizzandosi da soli.

 

Ho iniziato scegliendo la Compagnia Aerea.

L’anno scorso con la Thai Airwais, l’anno prima con la Quantas. Consigliabili tutte e due.

Il biglietto andata e ritorno Italia/Thailandia, con le più conosciute e pubblicizzate Compagnie, costa, con tariffa agevolata e vincolata ad alcuni fattori e requisiti, all’incirca 1.470.000.

Tentiamo questa volta con la Emirates Airlines, la flotta aerea di bandiera degli Emirati Arabi.

Per un certo numero di posti, offrono il viaggio a 1.150.000 lire, partenza e ritorno a Monaco di Baviera, con scalo a Dubai per cambio vettore. Dopo vari tentativi rientriamo in questa tariffa.

 

Come residenza a Bangkok, abbiamo scelto il “Menam River Side”. E’ molto bello, funzionale, situato sulla sponda est del fiume Chao Phraya e tariffe convenienti e promozionali permettono di pagare a persona un pernottamento a Lire 29.000 compresa la prima colazione all’americana.

Gli altri sei pernottamenti al mare li trascorreremo da Italo & Wilai affittando la villa per una spesa totale di Lire 320.000.-

 

Il conto è presto fatto per due persone,come noi siamo:

2.300.000 viaggio aereo

348.000     pernottamenti a Bangkok

320.000     pernottamenti al mare

_____________

2.968.000   totale per  2 persone =  Lire 1.484.000 totale spesa a testa.

 

Con quello che costava solamente il viaggio con la Thai Airways o la Quantas, ci siamo comprate anche dodici notti in Thailandia.

 

27 Gennaio 2001 (sabato)

 

Chi ha avuto il coraggio e la costanza di leggere il resoconto del viaggio vacanziero dell’anno passato, troverà che, anche questa volta, ripeterò dei concetti e delle verifiche già riportate precedentemente.

Per costoro, che sono stati già lettori affezionati, sarà solo un ripasso, ma per i neofiti, invece, costituiranno delle informative forse utili e comunque a base reale, anche se da considerarsi solamente come pareri unilaterali.

Non ci sarà infatti il contraddittorio, perché non fa parte dello spirito di questo scritto.

Racconterò fedelmente tutto ciò che accadrà e come mi comporterò conseguentemente.

Né, tanto meno, vorrà essere una lezione da seguire “in caso d’uso”. Che ognuno si regoli come meglio crede.

 

Questo pomeriggio, mi ha incuriosito una pubblicità inserita nella pagina principale di “Italia Online”, su Internet.

Cliccando sul “banner”, un’Agenzia di viaggi di Milano, la Travelprice Italia, invitava i “navigatori del web” a costruirsi direttamente i loro safari.

Bastava inserire nell’apposito spazio i nomi delle città di partenza e destinazione, nonché le date relative, ed automaticamente il richiedente avrebbe visto apparire magicamente il costo, iniziando da quello più favorevole, con tutti gli operativi aerei e quant’altro utile e necessario sapere.

Bene, mi è venuta una curiosità folle.

Vuoi vedere, mi sono detto, che nonostante la mia convinzione di aver colto un tour operator conveniente, con delle combinazioni adeguate, se avessi acquistato tramite Internet, avrei scovato di meglio ?

Altre volte mi ero soffermato davanti ad alcune offerte “dell’ultimo minuto”, così per desiderio di sapere, e mi erano sembrate straordinarie.

Ho pensato : In Internet c’è la possibilità di selezionare innumerevoli occasioni, la concorrenza è infinita, in queste circostanze la legge economica provoca dei ribassi e sconti spolpati all’ossicino.

Proviamo !!

Ho iniziato chiedendo la tariffa migliore che l’Agenzia di Viaggi poteva fornirmi, nella tratta aerea Verona/Bangkok e ritorno, da effettuarsi con partenza 25 febbraio, ritorno dopo un mese, con date flessibili e in classe economy, cioè in classe “schiavi”.

Corrispondeva, all’incirca, a ciò che avevo già prenotato, confermato, pagato.

Dopo poco, sono arrivate una serie di proposte, la più favorevole delle quali era quella da effettuarsi con la “Swissair”, Via Zurigo,ed al prezzo di Lire 2.235.000, poi seguivano altre offerte a dei prezzi maggiori.

Ma come, mi sono chiesto, non si saranno sbagliati ? O forse questa Compagnia Aerea esegue tratte solo per VIP, con intrattenimento galante per i passeggeri ?

Ho richiesto, allora, il responso del costo, per la stessa tratta e stesse date, da compiere con la “Emirates Airlines”.

La risposta è stata : non ci sono posti disponibili.

E’ possibile, ma che fai, mi pigli pel culo ? ho pensato. Ora voglio vederci più chiaro, ti metto una data lontana e vediamo cosa mi rispondi, ho continuato a pensare.

E così ho variato le date, inserendo la partenza al 25 novembre con ritorno il 10 dicembre, volo Roma / Bangkok e ritorno con Emirates, in categoria Economy. Quindi lontano nel tempo, periodo di bassa stagione, presunzione ammissibile che l’aereo sia ancora esente da prenotazioni.

Risposta : il prezzo più favorevole è di L. 2.237.000 e se volete prenotare, cliccate subito qui a destra.

Ma cliccate a destra un cazzo !! Allora mi pigli davvero pel culo !!

Una rondine non fa primavera, ma una passera sì. Ed Internet è pieno di passere !!

E allora continuiamo nell’approfondimento di quanto siano attendibili le offerte nel Web.

Ho già prenotato l’albergo a Bangkok, scegliendo il Menam River Side al costo di Lire 29.000 per notte, a persona.

La Direzione di questo Hotel ha un sito con tutta la descrizione delle strutture, servizi, mappe e prezziario che, risulta essere, in questo periodo e con i complimenti del Manager, limitato a Lire 80.000 per notte, a persona, ma, solamente se prenoto subito, potrò usufruire di questa irripetibile occasione.

Ma allora, andate tutti a ristroncarvelo !!

Ve ne approfittate plagiando gli sprovveduti, avvantaggiandovi della credenza popolare che vede Internet come la possibilità insperata di risolvere le proprie necessità od i propri sfizi, ad un costo accessibile e nettamente inferiore rispetto ai prezzi di listino.

E’ possibile che dobbiamo diffidare anche di Internet ?

Allora, la morale consiglia di non fermarsi mai al primo risultato. Ce ne possono essere sempre di migliori.

Alla fine, quando con soddisfazione avremo trovato “il meglio”, stiamo certi che vi sarà ancora qualcos’altro di più favorevole.

Ora mi frulla per il capo un dubbio atroce.

Il mì Italone thailandese non mi avrà per caso fregato ? Gli ho prenotato l’affitto della sua villa in Thailandia, ma ho l’incertezza che, se avessi continuato a “navigare nella rete web”, forse avrei trovato, chennesò, Pak Ket Tin che pur di avermi fra i suoi ospiti, mi avrebbe offerto anche il volo dall’Italia.

 

28 Gennaio 2001 (domenica)

 

Sempre cliccando su Internet, però, contrariamente a quanto pontifica il profeta, fra il gregge di pecore nere, se ne intravedono alcune di bianche.

Voglio dire che, tour operator seri, nel senso che ciò che promettono di favorevole lo offrono veramente, si trovano, in rete.

Uno di questi è “Caesar Tour”, rintracciabile al seguente indirizzo :

http://www.caesartour.it

 

Le proposte sono serie, veritiere ed appropriate per chi può disporre di scelta “last minute”.

E’ già stato verificato da alcuni miei conoscenti che avevo sollecitato a provare.

La vacanza si è poi rivelata conforme alle aspettative ed alle promesse.

 

Un altro sito da consultare con fiducia è:

www.viaggiare.it

E’ comodo e facile da sfogliare, vi sono innumerevoli offerte, alcune anche superconvenienti.

Quest’oggi vi ho trovato una proposta relativa ad un viaggio a/r per Bangkok con cinque pernottamenti all’Hotel Asia, molto buono, con volo di linea Thai Airwais, per la cifra molto accattivante di Lire 1.389.000 complessiva di tasse,quota iscrizione, etc.

La data della partenza è fissata tuttavia a breve, precisamente per il 4 febbraio prossimo.

Chi è senza problemi di data, quindi, può riuscire ancora ad economizzare un bel po’.

Nello stesso sito, si trovano le “occasioni di solo volo” con tariffe proprio competitive.

E’ da consigliare una sua consultazione per chi la vacanza se la vuole programmare da solo.

 

 

20 Febbraio 2001(martedì)

 

Sono diversi giorni che intercorre un’intensa corrispondenza internettiana con Italo il Thailandese, atta a chiarire ed organizzare sia il soggiorno da lui, che i modi, i tempi ed altre formalità per l’incontro fatidico.

Ho gravato i due amici virtuali di tante quelle incombenze, che immagino si siano già pentiti e rotte le palle di avermi scovato nel percorrere la loro pista.

Le due commissioni più importanti sono state il trovare una vettura a noleggio per girellare in quel cazzo di posto e, più importante, ordinare la cena per la serata dell’arrivo. Per il simposio non ho fatto altro che elencare tutti i tipi di esseri viventi che nuotano nel mare e cucinati all’orientale e all’italiana. Per la macchina da affittare, che me la procurino una a quattro posti, del tipo “non mi frega niente come”, basta che respiri.

 

La frase comune “a buon rendere”, questa volta ha avuto il suo effetto.

Ho avuto anch’io l’incarico di portare nel Siam una macchinetta per il caffè, bustine di semi di basilico genovese, di perzemolo, e dei tubetti di “Foille”, una pomata per le scottature, perché a Wilai il sole equatoriale non crea effetti dannosi, ma la permanenza intorno ai fornelli di cucina, sì.

Ma per caso, non è che il fornello a gas non ce l’hanno, e debbono usare il falò acceso nel cortile ?

Cominciamo bene !!

 

Qualche giorno fa ho cercato anche di approfondire alcuni dettagli per conoscere il tipo di sistemazione proposta, in maniera di non trovarmi impreparato.

Principalmente, per essere certo dell’esistenza di stì due attrezzi, della casa, del luogo, della grande acqua.

In contemporanea, debbo aver provocato in loro uno stato di fribillazione maniacale, perché dalle risposte pervenute ho notato uno stato di disagio mentale, provocato dall’avvicinarsi del momento del nostro incontro reale, dopo un lungo anno di contatti solo epistolari.

Per sondare ulteriormente l’umore del prossimo vicino, ho anche scritto ad Italone, chiedendogli se era vero che quando si metteva una “D” davanti, faceva impazzire le donne.

Il riscontro è stato conforme allo spirito della battuta.

 

Ormai la nave stà per essere varata e in qualche modo remeremo.

 

Sono in farmacia ad acquistare i tre tubetti della pomata anti falò. Penso che probabilmente si scotteranno nel mandare segnali di fumo al noleggiatore dell’auto per il suo affitto. I telefoni forse non sono ancora usuali.

Mentre aspetto il mio turno, sento il giovanotto che mi precede davanti al bancone, che sottovoce chiede alla Farmacista di dargli qualche cosa perché, disperato, non ce la fa più.

Si spiega meglio, confessando di non sapere più come fare, perché ha sempre desiderio di fare l’amore.

Al mattino, dice, è infoiato, a mezzogiorno ce l’ha sempre ritto, nel pomeriggio se non tromba muore, alla sera è peggio di mezzogiorno.

Non ne può proprio più. Chiede istruzioni alla Dottoressa la quale si consulta con la collega. Al suo ritorno, mentre impaziente stò per andarmene, il giovane ripete la solita domanda “ allora cosa mi date ?”

E la Farmacista: “ Ti diamo due milioni al mese, vitto e alloggio gratis e la domenica libera”.

 

25 Febbraio 2001 (Domenica)

 

Siamo sul treno che ci porta a Monaco di Baviera. Partito da Bolzano poco dopo le otto di mattina, forse arriverà direttamente all’aeroporto per le dodici meno un quarto, in tempo per il nostro imbarco.

Abbiamo già oltrepassato Innsbruck e fra poco entreremo in Baviera.

Tutto il paesaggio è coperto di neve.

Nei periodi precedenti la giornata di oggi, mi sono spremuto le mie deboli meningi per indovinare cosa mi aspetterà e come vivere queste due settimane di vacanze.

Idealmente ho percorso tutti gli itinerari immaginabili e non, e con la testa ero più di là che di quà, intendendo la Thailandia per “là” e il Bel Paese per “quà”, e non nell’altro senso.

Ora mi sento spompato, ho le batterie scariche, non avrei neppure la forza di scrivere ogni tanto.

Mi sono rammollito e bevuto il cervello.

Intanto mi è venuta una fame mondiale. Sono solo le undici ma già mi mangerei un agnello con la lana. Forse a Monaco troverò un salsicciolone caldo con senape ed un bossolo di birra.

Eseguiamo in un attimo il ceck-in e ci trasferiamo nella zona imbarco. L’appetito è sempre più insistente. Un bar nell’aerostazione mostra in vetrina diversi sandwich, ma non i wurstel, e mi accontento di qualche stuzzichino e un trombone di bevanda bionda.

Poi quando vado via, vedo due ragazze al tavolino che stanno pappandosi quello che cercavo io.

Bisognava chiederlo e me lo preparavano. Non c’ero arrivato.

 

Ci imbarchiamo.

L’aereo della Emirates Airlines è un Airbus 330. Ci accomodiamo al nostro posto e noto subito un particolare curioso.

Sul retro delle poltrone, è come incassato un piccolo televisorino.

E’ un display con telecomando. Si possono scegliere diversi programmi. Sono disponibili una decina di films, avvenimenti sportivi, giochi elettronici, e poi…..udite, udite, ciò che già vent’anni fa speravo installassero le Compagnie Aeree e cioè un marchingegno per ammirare in diretta quello che accade davanti al velivolo. E così vi sono due canali che per mezzo di due telecamerine poste vicino al tubo di Pitot sul davanti della fusoliera, trasmettono le stesse immagini che vede il pilota. Particolarmente d’effetto sono i decolli e gli atterraggi.

 

Salto da un programma all’altro, collaborando idealmente con il personale di macchina, controllando che i parametri del volo siano compatibili con il briefing eseguito e sperando che oltre a portarci l’aperitivo, già sorseggiato, ci diano anche da masticare qualche cosa.

Tutte le hostess della Compagnia Aerea sono straniere, probabilmente danesi e olandesi, anche abbastanza carine, gentilissime di sicuro. Probabilmente questa non è una professione dignitosa e nobile per le loro femmine stanziali arabe.

 

Sorvoliamo l’Ungheria e tra poco saremo sulla verticale di Istambul.

Intanto ci portano la pappa. E’ solo passabile, ma con l’appetito che rode lo stomaco è una cena formidabile.

Dovrebbero tenere dei corsi per i passeggeri, anche solo per corrispondenza, sull’uso delle stoviglie per le pietanze contenute nel vassoio.

Tutti ingobbiti per evitare che le varie salsine ondeggino fino alla camicia.

Quando termino di scartare l’agnello brasato che galleggia in una palude di riso e spaghettini (così li definiscono nel menù), la mousse di cioccolata rimbalza nel vassoio e dopo averla rimessa nel suo contenitore originale, non mi decido se iniziare il pranzo con il dolce all’agnelletto o con l’agnello al gianduiotto.

In anni passati, comunque, ho mangiato anche di peggio.

 

Siamo sopra l’Arabia Saudita. Si vola a 930 Km/ora ad un’altitudine di 11.150 metri e con una temperatura esterna di meno 58 gradi.

Credo che la Emirates Airlines sia una delle ultime Compagnie Aeree a concedere ancora un po’ di spazio ai fumatori.

Le ultime quattro file di poltrone sono per loro. Naturalmente tutte occupate, ma anche il resto dell’aereo è tutto impegnato completamente.

 

Aeroporto di Dubai.

Abbiamo tempo, ripartiremo fra tre ore e mezzo e possiamo passeggiare fra i Duty Free. In questo periodo comincia il mese delle grandi svendite negli Emirati ed anche l’aerostazione subisce l’influenza del mercato.

La struttura aeroportuale è descrivibile con cinque sole parole, “è uno schiaffo alla miseria”.

Qui ci sono gli “arabi ricchi”. Quelli poveri sono gli immigrati o quelli che abitano fuori del Paese.

Qui la parte dei marocchini o dei polacchi la potrebbero fare gli europei.

Non mi sorprenderebbe uscire in città ed al primo incrocio intravedere il dott. Brambilla, munito di secchio e spazzolone, intento con una mano a lavare il vetro di una Rolls Roys e con l’altra a mungere la cammella (il secchio serviva a questo).

Sarebbe più remunerativo, che non sedersi ogni mattina alla scrivania del suo posto di lavoro come capufficio dell’anagrafe municipale.

 

26 Febbraio 2001 (lunedì)

 

Ripartiamo per l’ultima tratta.

Anche stavolta l’aereo è pieno. Sono le tre e mezzo di mattina, ora locale. Passano cinque ore e si atterra a Bangkok. E’ mezzogiorno qui in Thailandia.

Le pratiche doganali oggi sono velocissime. Appena il tempo di spogliarsi dagli abiti europei ed arrivano anche i bagagli.

Mi sto riprendendo dal rincoglionimento della nottata in bianco.

La tratta Dubai/Bangkok è stata abbastanza pesante. Non c’è stato verso di sgranchirsi le gambe. Nel velivolo, occupato in ogni ordine di posto, non c’è stata la possibilità per le solite passeggiatine rilassanti, causa gli ingorghi nei corridoi.

Quando mi sono portato in coda, fra l’ultimo servizio e la saletta del personale di volo dubaino, ho trovato questo luogo già prenotato da un distinto giovanotto con la barba, con il quale avevo scambiato poc’anzi qualche parola di circostanza.

Aveva posato per terra una copertina in dotazione ai miseri passeggeri e pregava inginocchiato e genuflesso il suo Allah.

 

Ho poi avuto modo, con lui (con il giovane barbuto, non con Allah), di intrattenermi in una conversazione etnico-religiosa sulla nazionalità dei nostri Dei.

Lui insisteva che era sicuro dell’origine ebraica-palestinese di Cristo.

Io gli ribattevo che invece avevo la documentazione certa sull’origine italiana del Nazzareno.

La mia teoria era basata su tre punti cardini.

Il primo punto sosteneva che solo una mamma italiana poteva considerare suo figlio un Dio.

Il secondo sottolineava che solo un figlio italiano era certo che la su’ mamma fosse vergine.

L’ultimo punto legittimava la dimostrazione, in quanto solo un figliolo italiano poteva rimanere in casa dei genitori fino a trentatre anni.

 

Passata la dogana, ci informano che il Bus n. 3 con aria condizionata ci porterà alla stazione autocorriere est di Ekamai per 100 Bath = 5.000 Lire a testa.

Ci arriviamo in 40 minuti e nel percorrere a piedi, con i bagagli, quei quaranta metri necessari a raggiungere l’altro bus, ci siamo conciati come tegoli grondanti. Iniziamo a riscoprire le alte ed umide temperature orientali.

Saliamo sul pulmann che ci porterà a Bang Phae, luogo dal quale partono i battelli per l’isola di Kho Samet e paese adottivo di Italo & Wilai.

Costa 124 Bath = 6.200 Lire a persona, compresa bibita e dolcetto, offerti appena partiti, alle due del pomeriggio.

 

Tre ore e tre quarti di viaggio tranquillo, percorrendo circa 280 kilometri, attraverso risaie, piantagioni di palme e foreste di alberi della gomma, con l’immancabile scodelletta legata al tronco inciso da mani esperte per far colare il lattice di caucciù.

 

A Bang Phae ci vengono a recuperare le truppe cammellate di Italo.

C’è Wilai con un autista ed un pick-up e seduti sul suo cassone, in due kilometri siamo a casa, da Italo.

Mentre aspettavo che ci venissero a prendere nella piazzetta della stazione delle autocorriere, sono stato colpito dalla visione di un’operatrice ecologica, con probabili antenati egizi primo periodo.

Stava pulendo la piazza, da carte e immondizie. Aveva un’enorme scopa, di saggina o materiale equivalente e tirava, tramite una fune, una cesta robusta e grande, su cui riporre quello che raccattava. Sulla terra battuta, lasciava una scia segnaletica ed è per questa ragione che l’ho imparentata con gli antichi Faraoni, prima che scoprissero l’uso e l’utilità della ruota.

 

Prendiamo possesso della villetta dei nostri padroni di casa, dotata di tutte le comodità occorrenti e rifornita di viveri di prima, seconda e terza necessità. Ci trasferiamo subito nella casetta accanto, quella dove abitano Italo & Wilai, per la cena.

 

Toh !!

Esistono davvero !!

Ci sono, respirano, parlano, mangiano, pensano; forse ogni tanto frullano.

Sono proprio vivi, sono reali, si sono trasfigurati. Che timore mi aveva attanagliato fino a questo momento !!

 

Beh, ragazzi, d’accordo. Le ordinazioni per il menù le avevo già predisposte da tempo, via Internet. Ma Wilai, la moglie folletto siamese, ci ha preparato due ore di rifocillamento sublime. Gamberoni, granchioni, frutti di mare, altro pescato dai nomi strani, tanto riso con dentro altro pesce, zuppe sempre di pesce con tante spezie e verdurine sconosciute (la famosa Tom Yam Kung), il tutto cucinato all’orientale, ma quando dico all’orientale è per indicare una maniera elaborata, gustosissima, delicata. Insomma una chicca.

In più la fame che ci attanaglia da una decina di ore.

Ci siamo subito rifatti, e in che modo !!

Poi, le quattro o cinque bottiglie di birra “Singha big” accelerano il nostro stato comatoso e siamo pronti per andare a nanna.

 

Bene, ci sono. La bolla di sapone non si è dissolta. Posso continuare a sostenere il mio programma.

Wilai è vulcanica. Quaranta chili in continuo movimento per predisporre, controllare, comandare, fare, disfare, creare. Tutto per evitare qualsiasi disagio all’ospite e facilitargli, invece, l’inserimento graduale nei ritmi della società siamese.

Italo, il Baffino, è il Boss di questa piccola struttura ricettiva.

E’ l’ideologo, il pensatore, il negoziatore, il cardinale della struttura, l’inventore, il creatore, il pensiero personificato.

Una bella accoppiata vincente !!

Ha l’hobby del computer e delle relazioni sociali, parla indifferentemente in perfetto inglese o in un italiano rifinito, mastica il thai quel tanto da non soccombere in una conversazione con gli occhi a mandorla, e si mette in azione per i suoi spostamenti, preferibilmente con una “due ruote” un po’ vecchiotta, ma preziosa e utilissima.

Gli chiedo se ha intenzione di correre il prossimo “Tour del Siam” e mi replica assentendo che si iscriverà alla gara quando la competizione si terrà durante la stagione delle piogge. Lui è imbattibile anche nel nuoto.

 

Ci dobbiamo raccontare un sacco di cose, ma rimandiamo tutto al domani.

Ora ci faremo una grassa dormita.

E invece, col cazzo.

Sono le una di notte e stiamo girellando per la casa.

E’ una residenza adatta ad una famiglia numerosa. Sembra di essere in vacanza in una di quelle villette che affittavano a Castiglione della Pescaia, una trentina di anni fa, ai villeggianti che amavano il mare. Tre stanze da letto , un ampio soggiorno-pranzo, un cucinino grande, un servizio con doccia, una bella veranda. Insomma sei posti letto. Ma cos’altro vogliamo di più ?

Siamo i padroni della casa, ma intanto, nel ricordo fisiologico che qui è notte fonda, ma in Italia sono le sette di sera, Gianna si mette a leggere, mangiando bananine e delle specie di nespole, da noi sconosciute, che Wilai ci ha fatto trovare dentro il frigo, assieme ad un cocomero, un ananas e delle mele a forma di pera.

Io compilo il mio diario, aiutandola a finire la frutta e scolandomi una bottiglia di succo d’arancia fresco e dolcissimo.

Dopo un’oretta ci riprende sonno.

 

27 Febbraio 2001 (martedì)

 

Il chiarore del giorno ci sveglia alle sette e mezzo. Ci è passata tutta la stanchezza che avevamo accumulato.

Colazione con Italo e poi via con Wilai, acchiappando tre taxi motorini che in cinque minuti ci portano in paese a Bang Phae all’imbarco per l’isola di Kho Samet.

 

Nei paesini, ma anche nelle grandi città, in Thailandia, sono diffusissimi queste moto-taxi.

Ricordano un po’ i nostri “pony express”, ma invece di pizze o pacchettini, portano in giro (non nel senso di presa pel’ culo) le persone, a prezzi abbordabilissimi. Sono tutti giovani ed indossano una specie di canottiera colorata con cucito sulla schiena un grande numero (grande di dimensione) che attesta l’ autorizzazione comunale a fornire il servizio.

Sono l’ideale per arrivare ad un indirizzo fuori mano, ove autobus o taxi collettivi non approdano. Quest’ultimi due compiono dei percorsi prestabiliti e spesso i motorini taxi stazionano nelle vicinanze delle loro fermate. E’ l’unico mezzo di locomozione veloce e comodo, se si vuole risparmiare delle scarpinate solari. Ti portano ovunque tu lo chieda. Mi pare che per una distanza di tre kilometri la tariffa ammonti a ben 20 Bath = 1.000 lire.

Che eseguono il servizio, ho notato solo ragazzi in età giovanile.

Aspetto con ansia il momento della pari opportunità anche per le cittine che si vogliono impiegare in questo lavoro. Sarò cliente fisso con poco senso dell’equilibrio.

 

Con l’assistenza di Wilai, prendiamo il biglietto per il traghetto e paghiamo anche la tassa di accesso all’isola, divenuta da alcuni anni patrimonio nazionale e parco marino naturale (l’isola, non la tassa).

L’isola è piena di spiaggette con intorno tanta vegetazione lussuriosa.

Con un motorino a noleggio, fatichiamo attraverso i tratturi disastrati dalle piogge scroscianti e non più ripristinati, per raggiungere i luoghi da ammirare, provare, godere. Tutt’intorno “resort, bungalow, ristorantini, negozietti”.

Il tutto abbastanza bello, ma come al solito anche molto affrettato.

Anche la pulizia degli arenili lascia abbastanza disorientati.

 

L’isola di Kho Samet si trova ad una mezz’ora di battello dalla terra ferma. Le strade, abbastanza rovinate, sono tutte a sterro ed alcune spiagge si possono raggiungere solamente a piedi.

Il principale punto di arrivo sull’isola è Samet Village. Da qui, una nutrita truppa di “songthaew” all’inglese, “sonteo” alla toscana, aspettano di riempire le panche dei propri cassoni e poi trasportano i viaggiatori, per pochi bath, ai luoghi prescelti.

Dal 1981 fa parte di un Parco Nazionale e sott’acqua abbondano i coralli.

In anni recenti, nonostante il decreto di istituzione del Parco, il luogo è stato assalito da una speculazione edilizia, non basata sul cemento, ma su bungalow in legno, e comunque compatta.

Le Autorità, nel 1989, visto il business turistico, in contraddizione con lo status di protezione del Parco, ha temporaneamente chiuso l’accesso all’isola, compiendo dei propri blitz, arrestando gli operatori turistici, dichiarati tutti abusivi, e sgombrando con modi dai caratteri molto duri i visitatori.

Dopo cinque anni di lassismo, la risposta degli imprenditori e dei locali non si è fatta attendere, ed è esplosa in forma di arrabbiatissime dimostrazioni a Rayong, durate qualche settimana.

L’inevitabile compromesso si è espresso con la revoca, da parte del Ministro dell’Agricoltura, della misura restrittiva, ventilando peraltro una chiusura estiva nei mesi di luglio, agosto e settembre.

 

Attualmente nell’isola c’è il tutto esaurito.

I Turisti fanno a cazzotti per soggiornarvi e soldi buoni ne portano tanti.

In sovrappiù, da un paio d’anni, hanno inventato quella tassa d’accesso di 100 Bath = 5.000 lire.

Non è molto, ma sono tanti i visitatori che la pagano.

Con il ricavato, perché, oltre foraggiare il mantenimento del biotopo isolano, più topo che bio, non comprano anche qualche scopa, forcone, sacchi per la spazzatura, e li danno in dotazione a quegli operai che puntualmente bivaccano ai crocevia dei sentieri, impettiti e gloriosi nel loro giornaliero ufficio governativo ?

Non fanno una sega tutto il giorno !!

Almeno fareste qualche cosa di utile per voi !!

Il Turista morde e fugge. Voi però rimanete e ci dovete pure campare.

Ho constatato che l’immondiziaio, che puntualmente si crea un po’ dovunque, non è dovuto all’incuria dello straniero. Questi, al contrario, è molto attento a non provocare disastri.

Sono i locali, gli indigeni, purtroppo, che non sono ancora adeguatamente educati all’ordine. Abbruttiscono, in tal modo,irreparabilmente, le cose belle che hanno la fortuna di avere.

Ma che teste di cazzo !!

A dirla tutta, conosco anche in Italia alcuni luoghi del genere.

Teste di cazzo anche a noi !!

 

Noto, nella fascia cis-marina, una lussureggiante foresta di palmizi ed altre piante, a me sconosciute. Alcune debbono essere centenarie ed il tempo le ha intortite e raggrinzite.

Intorno a questa rigogliosa vegetazione,hanno creato il loro habitat naturale una moltitudine di uccelli, sia piccolissimi, che di dimensioni ingenti.

Ora che si stà avvicinando uno dei soliti brevi, ma scroscianti acquazzoni, registro che tutta la fauna volante, vorticosamente, si innalza e si solleva, posandosi da una palma all’altra.

Seguo, con l’occhio, una passerottina che, fragile ed indifesa, cerca disperatamente un riparo, e vedendo un incavo nel tronco dell’enorme albero che domina l’altura della baia di “Hat Sai Keo”, si appresta ad entrare frettolosamente nel rifugio.

Appena posata all’ingresso, però, esce da questo un enorme pappagallo giallo e verde, che con modi bruschi, le dice che il luogo prescelto è già occupato.

Impaurito, l’uccellino riprende il volo, alla ricerca di altri ripari, ed intanto la pioggia ha iniziato a inzuppare le sue piccole ali, creandogli anche delle difficoltà di sostentamento.

Non trovando altro e continuando a piovere, la passerottina ritorna nuovamente al nido prima intravisto e tenta di entrare forzatamente.

Il pappagallone, a questo punto, fa scudo col suo corpo, le sbarra l’ingresso e la rimanda via.

Disperata, riprende il suo volo e poi non so dove sia finita.

Ora capisco il significato del vecchio adagio thailandese che recita:

“ Più l’uccello fa il duro e più la passera si bagna”.

 

Giriamo diverse spiagge e fra un bagno e l’altro ci saremo sicuramente scottati.

Pranziamo con dell’ottimo pesce, a dei prezzi sempre molto convenienti.

 

Ora torniamo a casa dopo aver trascorso una bella giornata balneare. Ci voleva.

Con il battello che pende tutto a destra, traghettiamo sulla terra ferma ed a piedi, lentamente, attraversiamo, passeggiando, il paese di Bang Phae, verso casa nostra.

Ogni tanto ci fermiamo accanto ai negozi che offrono frutta e verdura dai colori, dimensioni, forme incredibili e dai profumi intensi e non descrivibili.

Con pazienza e gentilezza, i negozianti ci indicano le qualità e si prestano volentieri a farci assaggiare i loro prodotti, pur sapendo che non diverremo mai loro clienti.

Siamo solo noi i turisti in questo luogo.

Non vi sono grandi strutture ricettive, qui. Il villeggiante preferisce soggiornare nei centri più adeguati e creati appositamente per lui.

Così è ancora più vero inserirsi nella loro vita.

 

Gli studenti stanno uscendo dalle scuole.

Sciamano a frotte per le strade, vestiti con divise diverse e sgargianti ed indicanti i vari indirizzi formativi.

Secondo il mio parere, quelli vestiti con cravattina e soprammaniche, studiano ragioneria,

quelli con i pantaloncini corti e scarponcini, ma con la camicia beige, imparano a fare i geometri. Chi va a scuola per impratichirsi a diventare bottegaio, sopra il vestitino crema e blu, porta il grembiulino bianco.

Scherzano, vociano, e discorrono sulle ore di lezione trascorse.

Con nostalgia mi rivedo nei loro panni. Chissà se fra di loro ce n’è qualcuno trasgressivo ed impertinente come ero io ?

 

Chi lo sa, se usa ancora sbattere fuori dalla porta l’alunno solo perché candidamente vuole fare un po’ di umorismo con il professore ?

Io ero abbonato agli allontanamenti per disturbo della quiete scolastica. Forse esageravo, ma forse esageravano anche gli insegnanti

La prima settimana di scuola, di tanti anni fa, mi avevano subito sospeso perché  avevo protestato, scrivendo in Segreteria: “desidero conoscere il criterio adottato per la scelta del posto sui banchi, per il quale, il compagno che l’anno scorso me l’avete messo di dietro, quest’anno me lo trovo davanti”.

O l’altra volta che ho dovuto tornare accompagnato dai genitori perché avevo scritto sulla lavagna : “ Informo le professoresse, che alle ore 11 il Preside prenderà contatto, in un luogo adatto, con il corpo delle insegnanti”.

Non vi dico cosa successe, poi, quando in un tema di italiano avevo commentato che la poesia del Leopardi è la poesia del pessimismo, bastava leggere “ La passera solitaria “.

Non c’era un professore che mi credesse in buona fede !!

 

Accanto alla villa presa in affitto da Italo & Wilai, sostiamo un attimo nel negozietto a venti metri dalla casa.

I due anziani bottegai thailandesi (sembrano i mì nonni, ma saranno più giovani di me) ormai ci conoscono ed ogni volta iniziamo un lungo colloquio intraducibile.

Parliamo tutti contemporaneamente, tanto a loro non frega un cazzo di quello che diciamo, e a noi uguale.

L’importante è chiacchierare, non si può mica fare la spesa in silenzio come al Supermarket !!

Qui, i rapporti sociali,sono ancora intensi.

Ci riforniamo di birra, succhi di frutta ed altri generi necessari alla sopravvivenza e ci salutiamo.

Questo lo capiamo tutti. Sono grandi manate sulle spalle e sventolio di mani per aria.

Vuol dire arrivederci.

 

Cena e serata fino a tardi con Italo e quell’attrezzo delicato della su’ moglie.

In cucina è espertissima,ma è anche uno spasso conversare con lei in italiano. Lo parla molto bene. La pronunzia della “erre”, dopo tre anni di allenamenti a scuola in italia, non è più una “elle” alla cinese e così non posso rifarle il verso.

In compenso ho notato che già dopo un giorno della mia vicinanza, sempre più spesso esce fuori con le mie frasi fatte, tipo “alla fine mi ha rotto i coglioni”, “non si capisce proprio una sega”, e così via.

E non le dice a sproposito, sono tutte frasi centrate, colpiscono l’obiettivo.

Ci guardiamo anche i filmini che ho girato l’anno scorso e tiriamo la mezzanotte.

 

Stò sconvolgendo Italo con tutti i programmi vulcanici che cerco di convincerlo ad effettuare con me e con Gianna.

Caro Baffino, non avrai mica creduto di fare solamente “l’affittacamere”, spero ?

Tutti a nanna perché è tardi.

 

28 Febbraio 2001 (mercoledì)

 

Curiosamente, fuori dai grandi centri abitati, tipo Bangkok o Pattaya, e quindi anche a Rayong, non ci sono taxi in città, da prendere al volo, o quelle vetture predisposte al servizio come lo intendiamo noi europei. Per questo tipo di prestazione, bisogna prenotare in anticipo.

Tutti usano il taxi-motorini o i “Sontei” (Songthaew in inglese).

Andiamo con Wilai a prendere la macchina noleggiata a Rayong, a 15 kilometri da Bang Phae.

Saliamo a bordo dei camioncini con le panchine sul cassone.

Un’ora di divertimento. A Rayong di nuovo sui motorini fino dal noleggiatore.

Ci danno una Toyota pick-up, con quattro posti in cabina.

Il costo, compresa l’Assicurazione, è di circa 45.000 lire al giorno.

 Poi nuovamente a casa a prendere Italo.

Non vuole separarsi da quella sua specie di marchingegno a due ruote, perché dice che gli può fare comodo, e così caricato sul cassone il suo inseparabile mezzo, ci dirigiamo verso sud a pranzare in riva al mare in un ristorante scoperto da Wilai.

Gli avevo proposto di attrezzarci con una fune legata alla  vettura per trainare la “carretta”

pilotata da “baffino”, ma abbiamo rinunziato per non creare troppe sensazioni di ilarità nei passanti con gli occhi mandorlati.

 

Ci sono vasche piene di tutte le specialità marine vive, gamberi, granchioni, calamaroni, ostricone, aragoste, cicalone (non quelle delle femmine, che si chiamano anche passere), dentici, branzini, ed altri pesci e crostacei sconosciuti ai più, ma che in bella mostra, aspettano solo di essere presi nella rete del cuoco, scelti e divorati.

A dispetto di “Nane il chioggiotto”, un ristorante dove la specialità è solo pesce, vicino a Sottomarina, e dove alla fine il conto si aggira sulle 120.000 lire a testa, noi, lì, in quel momento ed in quel luogo, con molta indifferenza forzata, e con noncuranza, come se lo facessimo sempre, non economizziamo affatto nella varietà (è abbastanza facile recitare la parte dello spandone).

C’è anche una leggera e piacevole brezza che ci permette di stare all’aperto senza aria condizionata e senza sudare o schiantare.

Il conto, poi, è vergognoso.

In Italia si paga di più andare in pizzeria e portarsi a casa una “napoletana senza origano e cotta bene, con capperini a parte”.

 

Già l’anno passato, avevo avuto modo di notare, contrariato, un’usanza adottata sia dai ristoranti piccoli ed ambulanti, tipo banchettini di wurstel, che dai sontuosi locali di ristorazione alberghiera.

Al posto dei tovaglioli di stoffa o di carta, mettevano a disposizione dei commensali, delle piccolissime striscioline di carta, che non servivano assolutamente a nulla, se non far imprecare, per l’inevitabile sbrodolamento che si verificava e che non si riusciva a detergere.

Bene ! Quest’anno alcuni ristoranti si sono aggiornati.

Sui tavolini, anche di locali prestigiosi, sistemano un contenitore ovale, di plastica, con un foro all’apice.

Dentro, è sistemato un rotolo di carta igienica che si srotola tirando il capo dal forellino.

Sempre meglio di prima, ma….ragazzi…. che fantasia !!

Ci manca solo il cagnolino che transiti per i saloni con in bocca l’inizio dello Scottex, per dimostrare quanto è lungo.

 

Viaggiamo all’interno della costa e percorriamo le colline piene di piantagioni di alberi della gomma. Quando ci riposiamo all’ombra di un Tempio, Italone prende la sua specie di bicicletta e ci dimostra la sua freschezza di sessantottino.

Al ritorno è quasi buio e lasciati i nostri albergatori alle loro funzioni, io e Gianna ci dirigiamo nuovamente in macchina a Rayong a cenare.

La vettura presa a nolo, per ora funziona bene.

Quando accendo i fari abbaglianti, però, si mette in azione il clacson ; per questa ragione, tendo a viaggiare con le mezze luci.

Ho il timore di frenare, per paura che contemporaneamente si muovano i tergicristalli, ma per il resto, è tutto a posto.

Sbagliamo per due volte la strada del ritorno, nel buio pesto, ma riusciamo in qualche maniera a tornare.

 

1 Marzo 2001 (giovedì)

 

Con Wilai che ci fa da guida, di mattino presto, raggiungiamo un Tempio, dove, all’interno delle sue strutture, eseguono i massaggi terapeutici tradizionali.

Come al solito sono sfigato, e mi tocca un omone grande e grosso, con i baffi, vaffanculo, e per due ore sono strizzato da stò gazzilloro che, assieme alle donne massaggiatrici, continua a pigliarmi pel culo, tirandomi anche i peli del petto. La loro razza è esente da questa peluria buffa ed esilerante.

 

Al mercato di Rayong, Wilai dimostra tutta la sua capacità di thailandese, nel districarsi fra i banchi dei prodotti ittici.

Facciamo la spesa per il pranzo cucinato all’italiana. E’ un modo per mutare i sapori.

Con i crostacei non utilizzati, ne abbiamo presi tanti che sono avanzati senza cucinarli, la folletto siamese prepara un sughetto al pomodoro per gli spaghetti di stasera.

E la cena, dopo il pomeriggio trascorso a passeggio nel mercato di Bang Phae, grande spaghettata con quel meraviglioso condimento, e per secondo e dessert, frutta, frutta, frutta.

 

Fra i tanti argomenti sviscerati con Italo, dopo aver raddrizzato e salvato il mondo, con tutti i nostri pareri, consigli e modi di rimediare alle ingiustizie che intasano l’universo, il tema serale scivola sull’opportunità che una coppia di Italiani potrebbe agguantare, per venire a svernare in Thailandia, paese esotico e caldissimo, quando da noi il rafreddore è il minore dei mali.

E’ soprattutto un’analisi particolareggiata, rivolta alla possibile realizzazione dell’eventuale progetto con i relativi costi ed oneri.

Allora, la conclusione, dopo lunghe riflessioni è stata:

L’affitto di un appartamento grande all’europea o di una villetta tipo la nostra, qui a Bang Phae, con tutte le comodità necessarie ed anche più del necessario, nelle immediate vicinanze del Golfo del Siam, può venire a costare dalle 200 alle 400 mila lire al mese.

Con 300 o 400 mila lire al mese  a testa, si riesce a mangiare benissimo in casa od al ristorante.

La ragazza di servizio, che ti faccia anche da cuoca , quando le dai 300 mila lire al mese, oltre a fare le capriole dalla contentezza, si iscrive subito al corso per massaggiatrice ed è disponibile anche per questo lavoro giornaliero.

Il viaggio andata e ritorno dall’Italia lo possiamo considerare ad un costo non superiore al milione e trecento mila lire.

 

In definitiva se una coppia di anzianotti pensionati e mezzo rincoglioniti come noi, decidessero di trascorrere i tre mesi di dicembre, gennaio, febbraio in Thailandia, la spesa necessaria pro capite, diventerebbe:

 

viaggio                                                                                         1.300.000

½ canone affitto di una bella casa    200 mila x 3 mesi                  600.000

vitto     400 mila x 3 mesi                                                             1.200.000

½ compenso ragazzo di servizio  150mila x 3 mesi                       450.000

 

Il totale, pro capite per tre mesi arriverebbe a  3.550.000 Lire

che significherebbero 1.184.000 lire al mese.  CI SI PUO’ PENSARE !!!

 

Domani è in programma la visita alle miniere di rubini. C’è abbastanza strada da fare, non è un percorso turistico-europeo e sarà indispensabile farci accompagnare da Wilai.

 

2 Marzo 2001 (venerdì)

 

Arriviamo a Chantha Buri verso mezzogiorno.

Abbiamo percorso un centinaio di kilometri verso sud, in direzione del confine con la Cambogia.

Per informazioni, ci avvaliamo della nostra guida, utilissima per l’impatto con i residenti.

Rimangono sorpresi, quando vedono me ed Italo, che ho convinto ad essere della spedizione,ed ancora di più quando dai sedili posteriori fa capolino Wilai che chiede informazioni nella loro stessa lingua.

Ci dicono che le miniere di rubini, quelle vicino a Chantha Buri, si sono esaurite alcuni anni fa e quindi non più operative ed interessanti per la loro visita.

I libri guida recenti, sulla Thailandia, le riportano ancora come funzionanti.

Ci indicano un altro luogo, molto distante, sulle montagne, ma rinunziamo per pericolo di impiegare troppo tempo a raggiungerlo e trovare poi che malauguratamente ieri hanno deciso di interromperne l’operosità.

 

Troviamo lungo la strada un’indicazione per raggiungere un parco naturale con all’apice una cascata.

Fa molto caldo, caldissimo, ed optiamo per questa soluzione in cerca di refrigerio.

Ci arrampichiamo con il “pick-up” lungo la salita, nel mezzo di una foresta tropicale e quando, raggiunto il parcheggio, ci incamminiamo a piedi, l’umidità ci fa ancora di più grondare di sudore.

Gianna e Wilai, montanare esperte, ci precedono, ma Italo vuole con se anche la sua “bicicletta”, e lo devo aiutare spingendolo quando le ruote affondano nel fango del tratturo sconnesso.

E’ così che stò ”noccolo”  mi prometteva benessere e riposo ?

Dove c’era la cascata, ora c’è solo un piccolo rocchio d’acqua. Siamo nella stagione secca.

Anche questa volta l’ho spadellata.

Ma non potevano scriverlo su quel troiaio di cartello, giù a valle, che non c’era l’acqua, ma che di umido c’era solo il nostro sudore ?

 

Di ritorno verso il golfo del Siam, in una stradina di campagna, vediamo un bambino thailandese, scalzo, con indosso solo pantaloncini corti e sulla testa un cappello di paglia a forma di cono.

Cerca di farsi seguire, tirandola con una fune, da una bufala enorme, con due corna a semicerchio e con la schiena gobbuta.

Fanno più passi indietro e laterali che quelli lungo la stradina.

La bestia non vuol saperne di andare avanti.

Chiediamo al giovanetto dove stà andando e questi risponde che deve portare la bufala dal toro, nella vicina stazione di monta, per la sua inseminazione naturale.

Accorti della fatica nel condurre la vaccina, gli chiediamo perché non lo fa fare al su’ babbo.

Il bambino ci risponde che il toro lo fà meglio.

 

Pranziamo lungo la costa e nelle vicinanze ci sono numerosi allevamenti di gamberi della specie Kung Kula Dam, quelli grandi, lunghi, quelli che se vai a comprarli te li vendono a metrate, quelli scuri, quelli che sembrano aragostine, quelli con i quali ci facciamo passare la fame.

Andiamo a visitare le acqua-colture e la nostra interprete intrattiene una lunga, curiosa e formidabile conversazione con il gamberaio.

Tre giorni fa, che sfiga, li hanno immessi tutti sul mercato gastronomico ed ora ci sono solo quelli piccoli, che debbono crescere.

Sono tutti molto ospitali (gli addetti, non i gamberi) e spiegano alla nostra amica tutte le operazioni necessarie alla loro riproduzione (dei gamberi non degli addetti).

Ritornando verso casa, con Italo ci tuffiamo in mare, il sole tramonta, l’acqua è caldissima, Baffino è insuperabile nel nuoto e questa volta si dimentica del suo “velocipede”.

Tanto che ci siamo, si ritorna a cenare con il pesce ed i frutti di mare, ed ora col buio, le zanzare cenano con Gianna.

 

3 marzo 2001 (sabato)

 

Risiamo al Tempio dei massaggi.

Pur così presto, c’è già tantissima gente. Nessun turista. Bisognerebbe aspettare il nostro turno fra un’ora e mezzo.

Nel grande cortile vicino al laghetto,pieno di grossi pesci che vengono pasturati da giovani ragazzine, stazionano cani, gatti, galli e galline.

Quest’ultime, pomposamente e tutte tirate a festa, sculettano tentatrici nelle vicinanze dei loro sultani, che prima indifferenti e poi sempre più interessati, le guardano con occhio critico e lussurioso.

Chiedo a Wilai quante prestazioni riesce a sostenere il galletto ogni giorno e lei risponde che una decina è un fatto abbastanza frequente.

A questo punto, Gianna mi dà di gomito e con un sorrisino di compatimento mi dice : hai sentito ?

Mi rivolgo nuovamente alla nostra guida per sapere se i tributi gallinacei sono rivolti tutti esclusivamente ad una sola partner, e la risposta è : Nooo!!  Ne ha sempre una nuova.

Ora sono io a dare di gomito a Gianna.

Hai capito bene ? Le recito.

 

Ritorniamo al grande mercato di Rayong per la spesa del pesce, destinazione cena e per vedere le fontane che vorrei portare in Italia.

Al contrario delle massaggiatrici, per la fontaniera è troppo presto.

Ma l’indovinerò mai una ?

 

Facendo inversione di marcia con la Toyota, (è sempre molto difficile abituarsi alla guida a sinistra)  sbaglio corsia e mi immetto nel senso contrario in un luogo proibito, e proprio di fronte al poliziotto che dirige il traffico.

E’ immediato l’ordine di accostare, controllo della patente internazionale e contestazione dell’infrazione per la quale è prevista una multa di 500 Bath = 25.000 lire da pagarsi al comando di polizia.

Gli Angeli non abitano qui a Rayong.

Forse a Bangkok, ma qui no !!

 

Il nome di Bangkok è ancora quello vecchio. Da quando è stato ufficialmente cambiato il vecchio nome “Siam”, in “Thailandia”, nel lontano 1938, anche il nome della città è stato mutato ufficialmente in “Krung Thep” che significa “città degli angeli”.

Ma il vecchio nome ha continuato ad essere usato sempre dai mercanti stranieri ed ancor oggi, per la gente che vive fuori dal regno, la capitale della Thailandia è conosciuta con il suo vecchio nome Bangkok.

 

Dicevo del tutore del traffico e degli Angeli dissolti.

Il poliziotto fa capire a Wilai che possiamo cavarcela con 300 Bath = 15.000 lire, dati sottobanco, senza disturbarci troppo a pagare una somma maggiore in caserma.

Acconsentiamo e versiamo l’obolo.

Riprendere la vicenda con la telecamera, naturalmente, non è concesso.

Wilai è incazzata nera, io un po’ meno.

Stò terminando di fumare una sigaretta e chiedo al poliziotto dove gettare il mozzicone.

Mi indica di buttarla per terra.

Ma allora ce l’avete proprio con me !!

 

Terminata la commedia, accompagno a casa le due donne e con l’omino che vende generi alimentari, lì accanto, andiamo dove oggi si svolgono i combattimenti dei galli.

Un centinaio di appassionati sono sparpagliati sui gradini di legno della piccola arena, dove due pollastroni incazzati, ricuciti e armati di speroni aggiuntivi di acciaio, si beccano e si rostrano di santa ragione.

 

Ci trasferiamo, poco dopo, lungo la spiaggia che unisce Bang Phae a Rayong.

E’ un arenile molto ampio e con alle spalle una piccola “palmeta” ombreggiante. Come da noi bisogna stare all’erta quando cadono le pigne mentre si passeggia nelle pinete, qui c’è bisogno di grande abilità per schivare le grosse noci di cocco che, ogni tanto, da 15 o 20 metri di altezza, decidono di andare a marcire sulla sabbia.

Il mare è come quello di Viareggio o Cattolica, con il 98,7 % di bagnanti in meno, rispetto al numero di villeggianti nella stagione invernale in Italia.

Non c’è quasi nessuno lungo questi 15 kilometri.

Ho contato due italiani (noialtri), sette giapponesini ed una dozzina di ragazzotti thailandesi con la chitarra e tamburi e strumenti a percussione, ricavati con aggeggi di fortuna.

Ogni tanto si buttano in mare con dei salvagenti enormi, costituiti da camere d’aria di camion, gonfiate all’inverosimile,come usava da noi nell’immediato dopoguerra, l’ultima per precisione, non la seconda Punica.

 

Anche qui, la pulizia lascia a desiderare.

Con tutta probabilità, le entrate comunali non sono sufficienti a permettere la bonifica delle brutture da sporcizia.

Consiglierei il Sindaco di controllare più strettamente i propri esattori.

Riparlando della spiaggia, non vi sono strutture alberghiere, tranne due Hotel, laggiù in fondo, quindi è quasi deserta.

Dipende dai punti di vista, ma si può considerare, tutto sommato, ancora vergine, pur a ridosso di un centro abitato, abbastanza grande.

I turisti non arrivano qui.

Si fermano prima, a Pattaya, a circa 80 kilometri a nord-ovest.

Lì c’è tutto, divertimento, aberrazione, trasporti sofisticati, discoteche, grandi e lussuosi ristoranti, postriboli, centri commerciali, pedofilia, ombrelloni e cabine e spogliatoi, scooters d’acqua, deltaplani, offerte insistenti di “ficchi, ficchi”, vita mondana.

In questa lunga spiaggia, tra Rayong ed il promontorio di Bang Phae, non c’ è altro che ciò che la natura ha creato.

Le sozzure, che si notano, sono state portate dagli umani.

Da diverse ottiche, si può valutare cosa scegliere. Io scommetto che entro dieci anni diventerà come Pattaya. Ma intanto è così e non è poco per chi vuole ancora respirare il “selvaggio”.

Me l’aveva già anticipato Italo, ma io non ne ero convinto o forse non abbastanza osservatore.

Le ragazzine tailandesi fanno il bagno, nel Golfo, vestite con gonnellino e camicetta. Sotto portano mutande e reggipetto.

I loro fidanzatini, al posto della gonna, hanno i pantaloncini corti.

Sono esentati dall’indossare il sospensorio mammellare.

Mi raccontava Italo, dicevo, che le ragazze per bene non si mettono in costume per bagnarsi. Quelle che lo fanno, sono delle svergognate, salvo poi, nei cespugli lì vicino, aprire le cosce e dispensare i propri favori.

Ma il bikini in spiaggia, no !!

Scommettiamo che a Pattaya la maggior parte delle thailandesi nuota indossando il costume ?

 

Per pranzare, scegliamo un ristorantino dall’altra parte dello stradone “lungomare”.

Ordino un piatto di gamberi mescolati a tanto riso e gamberi freschi in salsa di pesce ed aglio.

Non avevo, però, registrato nel menù, che i crostacei erano aperti e crudi.

Dopo averne assaggiati un paio, faccio il filo a tre gattini che sostano sotto i tavoli.

Ne offro loro quattro o cinque. Miagolano che sono meglio quelli che prepara Wilai.

E così anche loro lasciano l’avanzino.

Quindi attenzione :

Quando nel menù si vede scritto “frish shrimps” (gamberi freschi), qui per freschi si intende crudi !!

Del resto, hanno ragione loro. Tutto il loro pescato è fresco, non hanno bisogno di specificarlo. Ne hanno tanto e costa poco. Che senso avrebbe riciclare gli avanzi ?

 

Quel gruppetto di ragazzi, di cui parlavo prima, cantano e suonano la chitarra.

Mi permettono di riprenderli con la telecamera e mi offono Wisky e Coca Cola.

Ringrazio, ma rifiuto. Anche ora, un pochino, ma di più alla loro età, preferivo maggiormente la passera, che non la loro maniera di essere trasgressivi.

Sotto le palme, ad una decina di metri dall’arenile, si stà d’incanto.

Soffia una leggera brezzolina che nasconde gli effetti del sole che picchia e bisogna stare attenti alle scottature.

Se il ventolino cessasse, si schianterebbe dal caldo.

 

 

4 marzo 2001 (domenica)

 

Riportiamo la Toyota pick-up al noleggiatore, la mattina presto.

Tutto sommato, la macchina ha svolto il compito per cui l’abbiamo affittata.

E’ una vecchia Toyota turbo diesel e seppur un po’ lentina, ci ha portato dove volevamo, senza troppi inconvenienti.

Con 350 mila kilometri sul groppone, aveva anche il diritto di guaire, quando gli accendevo i fari abbaglianti.

Carichiamo i bagagli nel cassone e l’omino del noleggio ci accompagna fino alla stazione dei Bus.

Qui è una pena salutare e lasciare Wilai.

Come faremo senza di lei ?

Ma potevamo scegliere di andare in vacanza nel Madagascar?

Ieri sera abbiamo cenato assieme a lei ed Italo, festeggiando anche in anticipo il compleanno di Gianna.

“Baffino” le aveva preparato una delle sue torte a sorpresa con tante fragole nella bordatura.

Le bottiglie di birra, gettate vuote per folclore, nell’aiola vicina, avevano creato un mucchio eloquente di come si era svolta la serata, e specialmente la siamesina trasferiva verso i presenti tutta la sua vivacità.

Ogni tanto ho cercato di prenderla in giro, ma credo che alla fine lei sia riuscita, nel suo italiano particolare, a pigliarci pel culo tutti quanti.

Il distacco da Italo è stato più dignitoso.

E’ come se ci lasciassimo per qualche giorno solamente, per poi ritrovarsi su Internet.

Mi mancherà la satira e le fatiche dei trasbordi del suo “mezzo locomotorio”.

 

Ah, mi stavo dimenticando.

Italone è bravissimo ed un grande esperto nel manovrare la sua sedia a rotelle nei meandri di casa sua, ma per la strada sconnessa o per i sentieri nella foresta, lascia un po’ a desiderare e tante volte è meglio se l’aiuto io, che come secondo pilota, a parte gli slalom velocissimi con qualche ammaccatura, ho fatto egregiamente la mia parte.

 

Il Bus viaggia veloce verso Bangkok, traffico un ce né punto e in due ore e mezzo siamo a Bangkok al Menam River Side.

Si realizzano subito infondati i nostri timori di sistemazione nello scantinato, considerato il prezzo esiguo, e ci sistemano, invece, subito in una grande stanza, uguale alle altre, con due lettoni come usano negli Hotel in Thailandia, quando non tentano di fare i furbi.

Posizione stupenda e strutture e servizi altrettanto ottimi.

La zona della piscina è superiore a quella di tanti altri alberghi di categoria superiore.

Con traghetto e metropolitana ci trasferiamo al week-end market . E’ aperto solo il sabato e la domenica e non avremmo in seguito avuto l’occasione di ritornarci.

La descrizione del mercato l’avevo già sviluppata profondamente nella cronaca dell’anno passato ed ora posso solo accennare che è infinito e vi viene offerto di tutto.

Acquisto la fontanella bramata dall’anno scorso e ce l’imballano per portarla in Italia. Vedremo come ci organizzeremo per farla trasportare in aereo.

Al ritorno in Hotel, decidiamo di rimanere in piscina a riposare, per smaltire le fatiche rocambolesche, derivate dalle attività goliardiche consumate con Italone.

 

Caro Baffino, che cantate a squarciagola in macchina ricordando Battisti, Dalla, e le tue nostalgiche canzoni liguri.

Avresti anche ventilato il desiderio di rimanere solo per mezza giornata vicino alle cascate, anche se aride, per rigenerati con la meditazione.

Ma ti ho riportato via.

 

Il Menam River Side è pieno di tedeschi ed è giusto così, perché pagano poco, piccinini.

Alla sera ceniamo in albergo.

Anche se è stato un pomeriggio di tutto riposo,non ce la sentiamo di effettuare lunghi trasferimenti alla ricerca della confusione.

L’Hotel, oltre a saloni e salette per caffè ed aperitivi, contiene tre ristoranti all’interno delle sue strutture, uno cinese, l’altro Thai e l’altro ancora specializzato in “see food”, pesce.

Quest’ultimo è situato nella grande terrazza sul fiume Chao Phraya ed è qui che scegliamo la nostra permanenza serale.

Il Chao Phraya proviene dalle montagne del nord e percorre 365 kilometri prima di gettarsi nel golfo del Siam. Ha dato origine ad una delle regioni più fertili del mondo per la produzione di riso, irrigando le vaste pianure centrali. Per secoli ha costituito una delle più importanti vie navigabili per gli scambi con l’estero.

E’ stata fino ad una trentina di anni fa, la principale arteria di Bangkok con i suoi canali (klong), ora quasi tutti spariti. Al loro posto sono stati costruiti dei viali grandissimi.

Il fiume però è rimasto, non l’hanno ancora seppellito con colate di cemento e acciaio. Questo materiale per adesso viene usato per riempire le sue rive di grattacieli, per lo più adibiti a residence od Hotel di lusso.

Nonostante il declino dell’importante navigazione fluviale, il Chao Phraya rimane pur sempre un comodo e veloce mezzo di trasferimento con i battelli o “taxi del fiume”, quando le strade della città sono intasate sia di traffico che di rumore.

Navigando con il “ferry”, impressiona ancora la vista delle vecchie case su palafitte, accanto a  modernissime costruzioni in vetro e acciaio.

 

Al ristorante See Food adottano il sistema a buffet e praticano un prezzo fisso.

Sono 640 Bath = 32.000 lire a testa, escluse le bevande e si può prendere quello e quanto si desidera.

Stasera i tedeschi hanno lasciato posto ai giapponesi.

Ne arriva un battaglione, tutti inquadrati.

Sono divisi in plotoni, vocianti ma organizzatissimi.

Non si fiondano tutti insieme a ripulire le pietanze a disposizione, ma lo fanno con tattica e strategia.

I diversi manipoli composti da 10 o 15 persone alla volta, all’unisono si alzano e si trasferiscono quatti quatti nel reparto scelto per l’acquisizione dei beni di sostentamento.

Poi tornano nei loro tavoli per ingozzarsi, per riandare, più tardi, assieme, a saccheggiare altro cibo.

Ho detto saccheggiare, ma non è una battuta.

Come si chiama quando viene fatta completa razzia di tutto quello che c’è nei vassoi ?

Il personale thailandese stà facendo le capriole per tenere il tempo e ricostituire le teglie vuotate.

In un piattone di una giapponesina ho contato, sistemati a piramide, 5 granchioni, 4 gamberi grossi, un branzino e 2 cicalone, tutti cucinati alla brace.

Fra una pausa e l’altra, di questi strategici colpi di mano nipponici, noialtri poveri due italiani, adottiamo la tattica dell’articolo quinto, quella che chi ha preso per primo il posto, ha sempre vinto.

Così ci sistemiamo davanti al braciere, appena libero e vuoto, ed aspettiamo pazientemente che sia cucinato dell’altro pesce. Nel frattempo arriva l’altro plotone, che però aspetta di far ripulire a noi per primi il prodotto arrostito.

Ci aveva provato un giapponese, tanto grosso quanto frettoloso, ad allungare per primo la sua gialla mano, ma proprio in quell’attimo ho avuto uno sbandamento di equilibrio ed il rappresentante del Sol Levante è stato ricacciato indietro.

Proprio come ad Okinawa.

Siccome poi gli intervalli degli attacchi giapponesi sono numerosi, ripetiamo per altre quattro volte le nostre sortite.

In questo modo, un eventuale scrivano orientale con il compito di segnalare gli avvenimenti sul diario, non mi vedrà mai con i piatti straboccanti. L’unico pericolo è che metta un contatore ai miei avvicinamenti.

Consiglierei alla Direzione del Menam di fornire ai clienti dei carrelli tipo supermarket, per approvvigionarsi più speditamente.

Beh, ragazzi, avranno e avremo preso quantità di pesce inimmaginabile, ma non è avanzato nulla nei nostri piatti.

Saremo anche forse stati degli ingordi, ma anche che ci richiedeva, tutto quel ben d’Iddio.

D’altronde, la cena, con un servizio molto accurato e tempestivo, te la fanno pagare carissima, per i loro livelli.

In un altro ristorante, sarebbe costata cinque volte di meno, in Italia, invece, cinque volte di più, ma con meno varietà e quantità.

 

Poi, ragazzi, che atmosfera.

Su questa terrazza, in riva al fiume,si stà d’incanto.

Un brezzolina mitiga la calura e l’umidità.

E’ un ambiente adatto per una cena romantica.

Poi mi viene in mente che i depuratori sono pochi e non adeguati, che tutti gli scarichi della città confluiscono nel Chao Phraya, e che però si riescono a nascondere nelle sue acque.

Allora penso che è come dire : che bello tenersi per manina con l’amata e gustare questi cibi sublimi, beandosi della vista di questo merdaio che scorre, trasportato dal fiume.

E’ come gratificarsi, dopo una giornata faticosa, guardando passare lentamente un mucchio di merda.

Ma d’altro lato, anche in Europa ci sono dei percorsi bucolici, dove la vista e l’animo sono appagati dalla magnificenza della campagna ben concimata dal lettame animale, impuzzolita e sciamante di insetti.

Forse c’è una piccola differenza ?

Dev’essere una delizia anche farci il bagno.

Ma l’occhio non vede ed il cuore non dole.

E non vedendo altro che ciò che voglio vedere, terminiamo la cena e andiamo a nanna.

 

Alla televisione americana, in camera, apprendiamo e vediamo le immagini dell’attentato all’aereo della Thai in partenza per Chang Mai e sul quale doveva viaggiare il Primo Ministro thailandese.

Siamo contenti, in questo momento di non essere capi di governo, ma solo medi turisti italiani rompicoglioni e irriverenti.

 

5 marzo 2001 (lunedì)

 

La colazione in albergo è come al solito    fa – vo – lo - sa.

Le orde nipponiche sono già partite per le escursioni e nella sala vi sono poche persone.

La varietà, la qualità, i servizi, sono di altissimo livello, così come tutte le altre strutture ricettive.

Se poi si calcola che il pernottamento con colazione, è costato meno della cena di ieri sera, sembra impossibile, ma è una delle numerose contraddizioni della Thailandia turistica.

Poi non lo ripeterò più, ma trovare una combinazione come questa, offerta dall’Agenzia tedesca LTU, è veramente da consigliare a tutti gli amici.

 

L’addetta ai clienti di questa agenzia, questa mattina è a disposizione per mezz’ora.

Con lei riusciamo a trovare un’escursione per domani al mercato galleggiante di Damnoe Saduak, a 110 kilometri da Bangkok, senza passare dal Rose Garden e dalla fattoria dei coccodrilli.

Ci eravamo già stati, sono bei luoghi per un turista, la prima volta, ma troppo finti e preparati appositamente per i villeggianti.

Il costo per persona è 750 Bath = 32.500 lire

 

A mezzogiorno, con il ferry, lungo il fiume, arriviamo all’ultimo ponte a nord, il Krung Thon Bridge, dove c’e’ il ristorante di Winai, il nostro amico, manager del locale. E’ da tre anni che andiamo a trovarlo ed a pranzare nella sua bettola.

Solite feste e solita abbuffata.

Di nuovo, a tutte le cameriere del locale racconta il nostro primo incontro e come facevo le sigarette con la macchinetta.

Satolli, al termine, riattraversiamo il Chao Phraya, destinazione Wat Pho, l’imponente tempio buddista, dove al suo interno c’è la scuola dei massaggi tradizionali e dove li mettono in pratica per i richiedenti.

 

Vediamo una moltitudine di gente, soprattutto giapponesi, sono dappertutto, ma anche tanti italiani, in attesa sulle panchine lì intorno.

Stanno aspettando il loro turno con un biglietto in mano, che attesta il pagamento.

Mi rivolgo ai conterranei, che mi dicono di essere venuti, dopo aver letto, su Internet, un resoconto di un turista italiano che raccomandava una visita in quel luogo, per un massaggio autentico, terapeutico e curativo.

Ma sarò stato imbecille ??

Mi sono fregato da solo.

Mai pubblicizzare troppo le proprie esperienze. Rischi che ti prendano alla lettera e quando vuoi ripeterle, trovi pieno e devi ritornare il giorno dopo.

Ma i giapponesini come avranno fatto a tradurre la mia cronaca ?

 

Quest’anno mi meravigliano le numerose presenze di turisti di colore (nero naturalmente), probabili americani. Si differenziano dai loro simili asiatici per la stazza, la pancia sempre piena e satolla, l’abbigliamento sbrindellone ed un pochino anche per il dialetto yankee.

Mi sovviene immediatamente il tenore del colloquio avvenuto alcuni anni fa, e che riporto qui sotto.

Signore, ma berchè ho le mani gosì grandi ?

Vedi Tom, risponde il Signore Iddio, ti ho fatto le manone così grosse, perché sono necessarie per afferrare e strozzare la gazzella, affinché tu dia da mangiare ai tuoi figli.

Ah sì, Signore, ma berchè ho anghe i biedoni gosì enormi ? ridomanda Tom.

Continua Iddio: ce l’hai così grandi, perché ti servono per correre più velocemente della gazzella, quando la seguirai per la savana, per strangolarla e portare la sua carne al villaggio.

Ah sì, Signore, ma berghè ho anghe la belle nera ?

Hai la pelle nera, perché correndo con i tuoi piedoni per la savana per agguantare e strozzare la gazzella, fonte di cibo per i tuoi familiari, il sole che implacabile picchia sul tuo corpo, ti provocherebbe delle ustioni fatali, se tu non avessi questa protezione.

Ah, sì sì, Signore, conclude Tom, ma allora ghe gazzo ci faccio io guì a New York ??

 

6 marzo 2001 (martedì)

 

Ci vengono a prendere con un pulmino, per portarci al mercato galleggiante di Damnoe Saduak, lungo i canali rurali.

La guida ci informa che negli ultimi cinque anni è cambiato moltissimo. Quale differenza troveremo, dopo 20 anni da quando ci siamo stati ?

Ed infatti il mercato è diventato una grande troiata rispetto all’originale.

La zona è la stessa, ma le donnine che pagaiano con le canoe si sono sviluppate ed adeguate ai tempi.

Turisti ce ne sono a pacchi e le contadine Thai, o almeno la maggioranza, hanno convenuto che è meno fatica e più remunerativo caricare quattro tromboni di stranieri da portare a passeggio sui canali, che non riempire le barchette, con merce da vendere o da scambiare.

Quelle poche che hanno resistito, spacciano la frutta o le minestre ai visitatori.

 

Fino a pochi anni fa, era una fiera solo per loro e la flotta di canoe era l’equivalente dei banchettini colmi di frutta, verdura, cibo, tanto cibo.

Anche l’abbigliamento è cambiato.

 

Prima, sembrava che questa corporazione si dovesse distinguere dalle altre, indossando delle tutine blu, e cappelli di paglia a cono, come copricapo.

Ora jeans e magliettine targate Gucci o Ravazzolo sono le più ambite. Solo i copritesta non sono ancora sponsorizzati o firmati.

 

Prima era un continuo contrattare fra di loro. Dentro le canoe, vendevano, compravano, mangiavano e forse anche defecavano.

Ora faticano di meno e ricavano molto di più.

E’ impossibile da credere quanti Bus, pulmini, macchine private, gite organizzate, prendano d’assalto questo luogo.

Ed ai lati dei canali, come la gramigna, sono cresciute botteghe, negozietti, bar, taverne di ristoro.

Quanto manca per creare anche dei bordelli ?

 

Però è sempre molto bello ed affascinante, e credo sia uno spettacolo unico.

Ma che mi suscita questa contrarietà, è la finzione con cui viene recitata.

Ormai è allo stesso livello del lavoro degli elefanti, delle danze propiziatorie, dei tuffi dei coccodrilli, delle battaglie fra manguste e cobra, dei massaggi rilassanti.

 

L’uomo bianco è proprio coglione.

Mentre, con la lunga e veloce lancia, ci portano dal parcheggio dei veicoli, all’emporio navigante, lungo un ampio canale, contornato da bicocche su palafitte, osservo un dimorante la stamberga che, seduto su un seggiolino sulla veranda, scatta delle fotografie, al passaggio di questa moltitudine ricca e da spolpare.

Fate bene !! Bisogna approfittarsene.

 

Hanno costruito pure dei cessi per i bisognini fisiologici.

Ho notato, usandone uno, che dentro l’orinatoio per uomini, invece della capsula canforata antiodorifica che si usa in Europa, hanno lasciato dei cubetti di ghiaccio.

Bravi ! In questo modo l’urea si mantiene più fresca e non si decompone subito.

 

Non vorrei, però, anche questa volta, essere frainteso.

Per chi l’ha già visitato alcuni anni fa, quando era ancora “vero”, è sconsigliabile, oggi, un’altra ispezione.

Per chi ci va, per la prima volta, invece, è un luogo folcloristico ed affascinante e fa bene a farci l’escursione.

 

Giapponesi, giapponesine, sono dappertutto e numerosi.

A saltellini capitano quando meno te li aspetti. Sono come le formiche.

Ho provato a schiacciarne una decina, ma sono ricomparsi, più numerosi, con quei buffi cappellini, le gambe storte, mediamente piccinini, il culo che striscia per terra, l’andatura ad ambio, come gli orsi, o a balzelli.

Una cittina del Sol Levante, bellina, educata, tutta inchini e sorrisi, con l’ombrellino colorato sempre aperto, forse anche nel “vespasiano”, è tanto piccina che la testa le puzza di piedi.

Non danno noia, sono educatissimi, sorridono sempre, parlando tra di loro è un continuo dondolarsi con gli inchini e spendono con noncuranza i loro super “yen”.

A proposito, in tailandese, “yen, yen” non vuol dire “soldi, soldi”, ma significa “fresco, fresco”.

Me l’ha insegnato Wilai per bere i suoi buoni succhi di frutta.

 

In Thailandia, ogni giorno sorgono nuove autostrade.

L’altro giorno, a Rayong, c’era una deviazione per il ripristino di un raccordo.

Il giorno dopo, il raccordo stradale era già percorribile.

Lavorano anche la domenica con il caldo soffocante e le donne operaie si riconoscono dal cappello a cono e il viso fasciato da un fazzoletto di seta.

Gli uomini, invece,  si riparano dalla calura, anche con il passamontagna di lana.

Dicono che sia più fresco, ma faccio fatica a crederci.

 

Nella terra dei Thai, di fame non si muore mai.

Verrebbe voglia di dire anche : nei paesi più avanzati, di fame muoiono solo gli emarginati, ma qui, che siano belli o brutti, il riso c’è per tutti.

Mi sono indugiato a considerare quanti chioschi e banchetti per il cibo siano sorti in ogni quartiere, ogni strada, ogni vicolo.

Mi sono chiesto a chi servono, così numerosi.

Mi hanno spiegato che è “cosa loro”.

I Thai difficilmente mangiano a casa. Sia di mattina presto, che di mezza mattina, a mezzogiorno, per merenda, a cena, prima di coricarsi, a mezzanotte, anche quando frullano, i Siamesi mangiano.

 

Si vedono masticare sempre, con la loro scodella di riso, accanto alla pietanza, che può essere pollo, verdure, pesce, anatra od altro.

E zuppe, zuppe, zuppe.

Minestre di tutti i tipi, speziate, saporite, piccanti, delicate o sontuose.

Ma sempre brodi sono.

Ed il riso riempie lo stomaco, ma le poche calorie fanno venire nuovamente fame di lì a poco.

Ho conosciuto un thailandese che si siede a mangiare almeno cinque volte al giorno, ed è magrissimo come una scheggia.

 

Non come noi, che appena leggiamo la carta del menù, cominciamo già ad aumentare di stazza.

Abbiamo visto due turisti, coniugi australiani, che da quanto trabordano, si fa prima a saltarli, che girargli intorno.

 

Al contrario di ciò che si può pensare, per loro, mangiare, non è un dissanguarsi per il costo.

Un piatto di riso con una pietanza, lo pagano 20 Bath = 1.000 lire.

Se prendono anche un piatto di pesce, o pollo o affini, allora il conto arriva a 50 Bath = 2.500 lire.

Un impiegato di banca, che riceve un buon stipendio, guadagna l’equivalente di 400.000 lire. Un operaio specializzato 250.000 lire. Il salario di un poliziotto arriva a 3.500 Bath al mese =  175.000 lire, ma si può arrotondare.

E allora il conto quadra. Non si svenano a sfamarsi.

E’ chiaro che è difficile permettersi una cena in un grande albergo, ma, in genere, loro non ci vanno, ci mandano i bischeri come noi.

 

Una delle tante contraddizioni che distinguono i tailandesi, è la considerazione che hanno per “l’uomo bianco”.

Che siamo dei rompipalle, lo pensano, ma non lo dicono. Gli facciamo troppo comodo.

Ma chiaramente ci battezzano come sporcaccioni.

Non nel senso ludibrio della parola, ma proprio in quello igienico.

Loro non comprendono come si riesca a rimanere “puliti”, solamente con due doccie giornaliere. Ne occorrono almeno cinque.

Il mio amico Italo, che ora è rimasto a grattarsi la pera a Bang Phae, ci ha messo tutto l’impegno di cui è capace, per far loro comprendere l’assurdità del convincimento.

Non hanno cambiato opinione, neppure quando “baffino” ha giurato che le mani se le lava almeno sette volte al giorno, al contrario di loro, che non se le detergono neppure dopo essere stati al cesso od essersi scavate la narici, con i sottili ditini.

Fatte cinque doccie al giorno, secondo loro, uno è esentato da successive pulizie, anche se necessarie e incombenti dal punto di vista sanitario.

Poi, quando insiste nelle sue dimostrazioni, gli altri guardano per aria, glissano, fanno finta di non capire, cambiano argomento.

 

Stasera ci regaleremo un “colpo di vita” a Pat Pong, il quartiere temutissimo da mogli e fidanzate.

Intanto mangio un ananas fresco e subito dopo mi faccio un bel bidet alla cavità orale.

Vuoi mica che il bagnino della piscina vomiti al mio passaggio, dallo sporco e dal puzzo che lui crede che io emani ?

 

Arriviamo a Pat Pong con la metropolitana.

Le bancarelle sono già operative, ma è ancora troppo presto per i locali trasgressivi.

Le ragazze sciamano ancora per strada, sono ancora insignificanti, sembrano le stesse che pochi minuti prima ho incontrato lungo il fiume nel ferry, o accanto ai baracchini a mangiare la frutta.

Alcune si stanno preparando per la lunga ed operosa serata e si truccano vistosamente, sedute ai tavoli affacciati sulla strada.

Stanno cambiando completamente il loro “look”.

Da anonime, diventano di colpo figure da copertina.

Non ci si ricorda più cosa ci sia sotto l’intonaco spalmato sul viso o sotto i vestitini provocanti.

Cominciano ad arrivare i taxi pieni di giapponesi vocianti.

Per loro hanno preparato dei locali appositi. Verranno cullati, imboccati, lavati, massaggiati a quattro mani, e per pochi yen vivranno per qualche ora nell’anticamera del paradiso terrestre, manipolati ed attorniati da ragazzine vestite, o da scolare, o da verginelle pudiche, o da bambine della porta accanto.

 

L’occhio cade su un edificio a tre piani, dove sono istallate un centinaio di macchine con “tapee rullant”. Qui, giovani e meno giovani corrono o trotterellano o camminano con la gettoniera accanto.

 

A proposito della strategica organizzazione dei nipponici, ieri, durante il tragitto per raggiungere i canali rurali, ci siamo fermati in uno spiazzo, già predestinato per i turisti, dove si poteva bere e comprare oggetti di artigianato.

Anche qui le giapponesine erano in assoluta maggioranza, divise a gruppetti cappellinati.

Al termine dello shopping, aspettavano di salire nei Bus, e sul piazzale sterrato del parcheggio, fumavano voluttuosamente una sigaretta, pompando a ritmo vertiginoso come quando sai che è l’ultima.

La cenere non la gettavano per terra. Avevano attaccato al collo, con un laccetto, un piccolo coso cilindrico con apertura e chiusura automatica.

Insomma, un piccolo portacenere portatile, e lì hanno deposto i loro mozziconi spenti, al termine del rito con il Kalumeth della pace.

Poi, il ciccaio a pendaglio è stato rimesso in borsetta.

Se non troverò l’aggeggio, lo sostituirò con una boccetta per lo sciroppo: La funzione è la stessa.

 

 

Cara gente Thai.

Imparate dal popolo del Sol Levante.

Attaccatevi al collo dei sacchi neri ove riporre i “vostri” rifiuti di plastica, che abbandonate un po’ dovunque. L’aspetto delle vostre città subirà un miglioramento notevole.

 

7 Marzo 2001 (mercoledì)

 

Mattinata dedicata ai massaggi al Tempio.

All’interno del Wat Pho, c’ è una struttura, largamente descritta nel diario di un anno fa, dove insegnano l’arte del massaggio tradizionale e dove lo mettono in pratica con i visitatori che lo richiedono.

Quest’anno è aumentato tutto, qui a Bangkok, ed anche il prezzo dei massaggi.

Per un’ora di stiracchiamenti si pagavano 200 Bath =10.000 lire.

Ora hanno ritoccata la tariffa a 250 Bath = 12.500 lire.

 

L’ anno passato, mi era toccata la conoscente di Loredi. Oggi, come massaggiatrice, mi scelgono un misto fra “Dumbo” e “Busso”.

Al contrario di Dumbo, però, non ha la proboscide, ma due orecchiette a sventola, ragazzi, che tutti l’ambiscono per averla nelle regate, come passeggera tattica.

I forellini del naso assomigliano tanto a quelli della su’ mamma, che mi aveva servito un anno fa.

“Busso” era il soprannome di un nostro amico, che praticava il pugilato dilettantistico.

Le aveva prese tante, che il naso era sulla stessa linea perpendicolare fra la fronte ed il mento, così, come ce l’ha la mia vicina.

La “Michelin” pneumatici la potrebbe usare come “testimonial” per le labbrone che si ritrova, ad uso copertoni antineve.

Però è giovane e un po’ bellina.

Di sicuro è simpatica, come tutte le ragazzine che non sono propriamente delle “vamp”.

 

All’ora di pranzo, mi ricordo che in una guida del 1992 consigliavano un ristorante fuori mano, lontano dai percorsi abituali.

Diceva il manuale, che, in questo grande locale, sulla sponda est del Chao Phraya, ma molto a nord, si poteva pranzare a buffet, con specialità Thai e giapponesi, quanto si voleva, al prezzo fisso di 90 Bath = 4.500 lire.

Vogliamo verificare, anche se sono trascorsi nove anni, tanti, e magari i prezzi sono lievitati, o forse la trattoria è sparita.

Faccio da navigatore al pilota di un “taxi meter” che non conosce il ristorante, non sa dov’è la via, non legge la cartina in inglese che ho davanti, non parla una parola né di italiano o di qualche lingua europea. Sa solo il Thai ed inventiamo una bella cooperazione.

Riesco a gesti a pilotarlo fino a destinazione, aiutandomi con la mappa della città, ed effettivamente c’è ancora.

Funziona come descritto, non sono disponibili cibi e pesci pregiati, come cercati e ingoiati sino ad ora, ma c’è tanta roba ed anche molto gustosa.

Dove starà la fregatura ? mi chiedo mentre attendo il conto finale. Convengo che proprio qui stia l’inghippo temuto.

E invece no!!

Il pasto lo conteggiano 90 Bath = 4.500 lire, compreso il caffè.

La birra grande 100 Bath = 5.000 lire.

Una bottiglietta di acqua minerale 20 Bath = 1.000 lire.

Lo consiglio. Il suo nome è :

BAAN KHUN LUANG

E l’indirizzo : KAO ROAD 131/4  proprio accanto alla riva est del ponte Krung Thon Bridge.

Questa zona di Bangkok è sconosciuta alla maggioranza dei turisti, ma mi dicono che è piena di locali convenienti e raccomandabili.

Dall’altra parte del ponte c’è infatti il ristorante del nostro amico Winai.

 

Ritorniamo al Menam a metà pomeriggio e facendo a piedi il breve percorso tra l’attracco del “ferry”e l’albergo, cerco dove gettare la mezza sigaretta, rimastami in mano.

La potrei buttare nel mezzo di mucchi di rifiuti ai lati della strada, ma per non incrementare le piramidi di sporcizia, preferisco farla incanalare in un tombino grigliato della fognatura.

 

E così ho nuovamente incrementato le deboli casse comunali di Bangkok.

Non passano due minuti, che mi raggiunge un poliziotto.

Mi contesta l’infrazione e mi intima di pagare la multa. Sono 500 Bath = 25.000.

Non serve a nulla spiegare, anche ad altri due suoi colleghi, che era il luogo più adatto per disfarsi della cicca senza imbrattare la strada, come abitualmente i loro compaesani fanno con le bucce della frutta, verdura e sacchetti di plastica.

Il corpo del reato l’ho gettato in un altro luogo che non si chiama portacenere ?

OK, allora devo pagare !!

 

Al termine del verbale, durante la compilazione del quale, parlo con un poliziotto che intende un po’ di inglese e gli faccio delle osservazioni umoristiche, ma sempre molto leggere e serene,  ci stringiamo anche le mani, nel salutarci.

Ed è stato meglio buttarla sul ridere, perché, e questo è un consiglio importante, se ti irrigidisci e vuoi discutere animatamente all’occidentale, con lo stridore delle due lingue diverse e con la diversità dei sistemi di comportamento, ci pensano poco a portarti al loro Comando per chiarire la tua posizione.

Magari la chiariscono l’indomani, con tante scuse.

Capiranno anche che in realtà volevi preservare il paese dal degrado ambientale, ma nel frattempo hai trascorso una nottata ospite della municipalità di Bangkok, perché il funzionario era occupato, prima.

E questo è da sconsigliare !!

 

L’anno passato erano 300 Bath = 15.000 lire.

Quest’anno, con l’inflazione e la caduta libera della Borsa, nonché con il rafforzamento del dollaro, la multa è stata più elevata.

Dopo aver salvato il dissesto finanziario del fondo per la preservazione dell’ambiente, ci allontaniamo, non senza aver incenerito Gianna con un’occhiataccia eloquente, con la quale le proibisco, categoricamente, di sblaterare dei commenti evidenti.

 

Non sono un puntiglioso piantagrane, però questa sanzione è immeritata.

E’ un’altra delle tante contraddizioni dei thailandesi.

Ma questi episodi, al contrario, mi possono suscitare solo il desiderio di augurare, durante il versamento dell’obolo, “tutto in medicine”, ma non mi fanno mutare opinione sulla gente del posto e sul Paese.

Rimango sempre un profondo ammiratore del luogo e dei suoi abitanti.

Del resto, la durezza della Polizia, in Thailandia, è proverbiale, ma a parziale giustificazione di alcuni metodi discutibili, l’altra faccia della medaglia ti dice che rischia meno una donna sola nel pieno della notte, a passeggio in qualche quartiere decentrato e semi deserto, che a mezzogiorno in piazza Duomo a Milano.

Sono autorizzato a pontificare che “ogni rovescio ha la sua medaglia”.

 

Ora guardo con più profondo rispetto alle abitudini delle giapponesine con il tubetto al collo.

Quanto multe avranno preso, prima di inventare i loro portacenere da collare ?

 

Mi rammento che a Rayong, quando mi contestavano la giusta sanzione per l’inversione proibita, ho chiesto al gendarme dove gettare la cicca, e costui mi ha indicato per terra, sulla strada.

Allora, sarete anche bravi, gentili, carini, ospitali, protettivi, ma anche, talvolta, dei grandissimi pezzi di merda.

 

Cena a base di riso e pesce (che altro? direbbe Italo) in uno dei tanti ristorantini sulla strada. E’ a conduzione familiare e fra i tavolini giocano due cittini piccoli, figli del gestore, che ha la sua abitazione nel retrobottega, divisa dalla sala dove si mangia con una tenda, e con la televisione sempre accesa ad alto livello.

 

A proposito, lo sapevate che le telenovele thailandesi riescono ancora a inebetire, meravigliare, incuriosire, emozionare gli ascoltatori ? E lo sapevate che gli spettatori non sono, come da noi, dagli ottanta in su, ma sono degli ottantenni in giù, fino ai cinque anni ? Cioè tutti. Guardano e ascoltano a bocca aperta mentre si infilano in bocca le bacchette ripiene di riso o di spaghettini cinesi e spesso sbagliano buco per l’appannamento dei loro occhi commossi.

 

Ci gironzola intorno anche un piccolo cagnetto barboncino, che sembra fatto di peluche e guaisce ogni volta che mi muovo a guardarlo.

Spesso mi si intrufola fra i piedi e sobbalzo dalla sorpresa di sentire un corpo estraneo.

Anche Gianna è infastidita e d’un tratto prendo una specie di biscottino da sopra il tavolo e lo offro, chinandomi e sorridendo, al cagnolino, che lieto e festante, mi si avvicina con andatura grata e devota.

Gianna, rabbuiata, mi brontola: ma con tutta la rompitura di coglioni che ci ha dato, gli vai anche ad offrire da mangiare ?

No, rispondo, mi serve per vedere dove ha la bocca, così sò dove tirargli una scarpata nel culo.

 

Vicino all’Hotel Menam, ci sono diverse botteghe da sarto.

Gianna entra in una di queste, e l’Indiano (non pellerossa, Indiano dell’India) le fa scegliere prima le sete e poi, da una rivista di moda, il modello preferito.

In pochi minuti le prende le misure, concordano il prezzo e si danno appuntamento per l’indomani, per la prova.

Il vestito sarà pronto in 24 ore.

 

8 Marzo 2001 (giovedì)

 

Altre incongruenze dei Thailandesi.

Anche se Bangkok si è urbanizzata, quasi a livello di Singapore, è sempre in grado di sorprendere il viaggiatore.

La fiorente economia ha creato numerosi centri commerciali con aria condizionata e ha dato vita a molti altri segni di civiltà.

Ma la città è ben lontana dall’essere resa più docile dalle idee internazionali e dalla tecnologia, come quando duecento anni fa è stata fondata.

Sotto la modernità apparente, si trova sempre l’irriducibile anima thailandese.

Grattacieli in vetro e acciaio si elevano a fianco di guglie scintillanti dei Templi.

Ghirlande  di gelsomini dondolano dai lunotti anteriori dei taxi e dei Bus.

Monaci con la testa rasata e vestiti con teli arancioni camminano per le strade, accanto a moltitudini di schermi televisivi che iniettano immagini sincronizzate degli ultimi balli alla moda.

A proposito, ho visto un monaco anziano camminare a fianco di uno giovane, un novizio.

L’anziano era molto arrabbiato, lo faceva capire dai gesti e dallo sguardo.

Diceva al giovane seminarista: Quanto volte te lo devo dire, che mi devi chiamare “padre” e non “babbo” ?

 

Più del dieci per cento della popolazione vive nella capitale ed ogni giorno pulmann stracarichi arrivano dalla provincia e portano persone che vengono a Bangkok a cercare fortuna.

Ma la cosa che più sorprende, è che la città continua a funzionare bene.

I trasporti saranno anche un po’ lenti, ma sono numerosi.

Alle due del mattino, basta fare un cenno con la mano, ed immediatamente si materializzerà un taxi.

Si può mangiare un piatto di riso o di tagliatelle, conditi con pietanze gustose, da un venditore sulla strada, mentre ci troviamo accanto ad un albergo di lusso da 200 dollari a notte.

A differenza di molte altre città, nonostante la modernità, a Bangkok, più ci si ferma, e più ci appare “esotica”.

 

Oggi la giornata è piena di sole e nella “pool” i giapponesi hanno passato la mano ai francesi, che schiamazzano e starnazzano come branchi di oche.

Ci sono parecchi giovani, e dalle faccie, alcuni devono essere anche un pò cannati.

Il casino che fanno lo trasferiscono, poi, dalla piscina alle stanze.

 

Nel pomeriggio procediamo verso il “Siam Center” ove rivisitiamo i mercatini di “Pratunam”, dove c’è tutto quello che si trova a Pat Pong, compresi gli orologi bellissimi, ma falsi e che costano una miseria.

In precedenza ci siamo sderenati con una lunga passeggiata allo “Zen”, uno dei più grandi, forniti e famosi centri commerciali di Bangkok.

Questa zona della città è il cuore buono della gente “in” di Bangkok.

Nella piazza pulitissima, davanti al Centro, si stanno tenendo dei concerti di musica Rock e frotte di giovani passeggiano o sostano nelle vicinanze.

 

Sono riuscito a trovare il surrogato del portacenere tascabile.

Faccio fare da portacenere ai poliziotti che incontro.

Ogni volta che finisco di fumare, mi avvicino al militare più prossimo e gli faccio intendere di voler gettare la sigaretta.

Faccio cenno e chiedo dove poterla buttare ed alcuni, imbarazzati, girando lo sguardo e non vedendo nulla allo scopo, porgono la mano e la prendono loro.

Gianna è riuscita anche a rifilargli due cartaccie, aggiunte al mozzicone.

Poi cosa ne facciano, non lo so. Magari vanno alla ricerca del primo tombino nelle vicinanze.

Che stronzi, quell’altri, se ci ripenso.

 

Vicino ai mercatini di Pratunam vi sono tanti grandi ristoranti modello europeo, pieni di cassette colme di pesce in bella mostra.

Sono dei piccoli “See Food Market” e l’ingresso ai tavoli è allettante.

Vogliamo però cenare in un locale dove ci eravamo trovati benissimo l’altranno.

Ci andiamo. Si chiama “INTER”, me lo ricordavo dalla pena che faceva un anno fa, e di più  ancora adesso.

Abbiamo la conferma che merita una citazione. Si trova nella zona del “Siam Centre”.

Dei medi-ristoranti è il migliore in rapporto a qualità/gentilezza/prezzo.

 

Dopo aver girovagato fino quasi a crollare, torniamo a buio verso casa, sono quasi le dieci di sera e la sartoria indiana è ancora aperta, il vestito già pronto ed anche impacchettato per essere portato via. Che tempismo !!

 

9 Marzo 2001 (venerdì)

 

Ci avviciniamo prestino al Memorial Bridge, nelle vicinanze del quale c’è un grande mercato di fiori freschi.

Ci facciamo riempire due “box”, scatoloni zeppi di orchidee, spendendo in tutto 12.500 lire.

 

Lungo i viali che dal “Wat Saket”, sulla collina d’oro (da visitare per lo stupendo panorama sulla città) portano al monumento della Democrazia, le orchidee fanno da cespugli intorno agli alberi. E’ appena terminato di imperversare un grosso temporalone, con l’acqua fitta e grossa come le funi.

E’ servito a mitigare la calura, ma l’umidità è sempre più alta e si continua a sudare.

 

Ulteriore lauto pranzo dal nostro amico Winai, che ci tratta sempre meglio.

 

Fra un “ceneriotto” (poliziotto portacenere) e l’altro, ritorniamo in piscina per le ultime nuotate.

 

Ripassando nei pressi di alcune sale di massaggi “particolari”, ripenso ancora e nuovamente ad altre incongruenze e contraddizioni della mentalità thailandese.

Tempo fa, una signora di Como, dopo aver letto la mia cronaca dell’anno passato, mi aveva scritto :”Ma dai, signor Mario, si aggiorni, non esiste più la prostituzione in Thailandia, così come favoleggiano gli occidentali !!”

La posso ancora smentire.

 

In Thailandia, la prostituzione è proibita dalle Autorità, come gettare le cicche nei tombini delle fogne.

Però viene tollerata, per una relazione di stretta economia.

I mozziconi, non portando benessere, si debbono invece tassare, così l’economia si adegua.

 

In Thailandia, il sesso a pagamento si è trasformato a livello industriale.

Forse è l’attrazione maggiore per un turismo che si espande sempre più.

Sembra che gli introiti del turismo provvedano al 25 % del prodotto nazionale lordo (sono dati ufficiali).

Molto di più che non le spiagge ed i monumenti, il sesso organizzato attira visitatori da tutto il mondo ed aiuta la nazione ad incamerare valuta pregiata.

Questa industria prospera grazie alla qualità dei servizi e all’enorme domanda che fa scavalcare gli indugi della morale.

Migliaia di giovani ragazze vengono reclutate nei villaggi rurali, anche con inganni, ma il più delle volte con il consenso dei genitori, nel nome del denaro che guadagneranno.

Non voglio e non sono in grado di approfondire l’argomento, ma vorrei perlomeno sfiorarlo. Ciascuno se ne può fare l’idea che crede.

 

Le giovani ragazze sono spinte dal miraggio dell’emancipazione, sia pur ottenuta con la svendita del proprio corpo.

Parlando con la gente thailandese, la traduzione del loro pensiero è che fare l’amore non è peggiore che lavorare sotto il sole per pochi Bath, e viene pagato assai meglio.

L’ambizione di queste giovani è divertirsi, lasciare la noia del villaggio, nonostante che la tradizione continui ancora ad avere un grande valore.

 

C’è il miraggio dei bei vestiti, della disponibilità di denaro, le comodità del modello corrente.

La prostituzione, però, in Thailandia, non esiste fuori dai circuiti turistici, almeno così mi appare, ma posso anche essere smentito.

E’ qui che viene approfondita questa industria e la ragione di questo atteggiamento risiede nel costume della società Thai.

La mercificazione, che dilaga, non viene osteggiata.

Anche se, teoricamente, i più non approvano, in realtà tutto appare accettabile e normale.

 

Non si può, quindi, dare tutta la colpa agli stranieri (Farang), che calano a frotte con i loro quattrini, portando alle stelle la domanda.

I thailandesi si adeguano ed il sesso non solo viene sempre più venduto, ma anche sempre più reclamizzato alla luce del sole, e questa mia considerazione non può essere smentita.

Di contro, non si possono considerare maiale, nella nostra valutazione, tutte le thailandesi.

Nello stesso modo, un norvegese che di sera passeggia alle Cascine, non potrà asserire che in Italia le donne sono tutte battone o che a Firenze siano tutti “buchi” (pederasti alla fiorentina).

E’ vero, ce ne sono tanti, ma non tutti.

Però ora che ci ripenso, ce ne sono proprio tanti !!!

 

Mi diceva ed asseriva una mia carissima amica cosciale, che il genere umano è un Computer e come tale si comporta in base a come viene programmato.

Se le tribù dell’Amazzonia sono state programmate a non avere vergogna delle loro nudità, non credete che si meraviglino, se facciamo loro notare che il topless è meglio che lo indossino sulla Costa Azzurra, o che la “Bernarda” è meglio la nascondino con la foglia di fico ?

Se gli Esquimesi sono stati abituati a defecare dentro l’igloo, senza paretine di ghiaccio che li nascondino, ed accanto all’ospite che in quel momento stà gustandosi un bel salmone alla mugnaia, come si fa a convincerlo di andare fuori a buco ritto con sessanta gradi sotto zero ?

 

Per i giapponesi, poi, è una vera manna.

In Giappone ci sono gli “incentive tour”.

Il viaggio nel Siam è il premio che numerose aziende offrono per la produttività dei dipendenti.

E qui si sfogano, stì sfigati.

Diranno a Natale : lavorerò come un giapponese, ma poi a Pasqua……e si fasciano i lombi perché non scoppino prima.

 

Poi c’è lo sfruttamento sessuale dei bambini.

Un’altra signora, di Ancona questa volta, mi scriveva che, con tutti i controlli che Istituzioni Mondiali eseguono, contro la pedofilia, questa stà limitando enormemente la sua portata.

 

 

Altro argomento da prendere con le molle !!

Ma siete sicuri che tutti siano inorriditi da questa pratica che si propaga a macchia d’olio ?

Non credete che sia lo stesso discorso della prostituzione ?

 

In Thailandia la pedofilia è un fenomeno ancora diffusissimo.

Gli assistenti sociali sostengono che si tratti di veri e propri racket, contro i quali il mondo intero stà costituendo un coordinamento internazionale di controllo e denunzia.

Ma fatemi il piacere !!

Non venite a rompermi i coglioni con la serietà di queste intenzioni !!

Ma credete davvero che ci sia una volontà seria di stroncare queste pratiche antiche almeno quanto l’epoca dell’antica Roma, da parte di quei paesi dove più è concentrata questa attività lucrosa ?

 

Il mio amico Italone, (che sicuramente ora, senza di me, si stà già rompendo i marroni), con la su’ moglie Wilai, thailandese purosangue, da una decina d’anni vive a stretto contatto con le incoerenze del popolo thai.

Mi raccontava che non ha motivo di dubitare di un episodio riferito da un suo amico australiano.

 

Costui, raccontava, stava passeggiando nel centro di Pattaya, quando è stato avvicinato da un bambinetto di una dozzina d’anni, con l’offerta di prestazioni sessuali particolari , in cambio di pochi Bath.

All’insistenza del cittino, che non si capacitava dell’immediato rifiuto, l’amico di Italo ha creduto doveroso ed utile rivolgersi a due poliziotti, che si trovavano lì vicino.

Costoro, stupiti dall’evento denunziato, hanno congedato il ragazzino regalandogli venti Bath, ed hanno portato l’australiano al loro comando di polizia.

Qui, il poveretto, dopo essere stato strizzato, verificato e passato ai raggi ics, è stato trattenuto tutta la notte per accertamenti.

La mattina seguente, dopo altri interrogatori da parte di altre Autorità, è stato infine rilasciato, ma con l’ammonimento, solo verbale, di non ritornare più in Thailandia a creare loro altri problemi.

Meglio sorvolare !!

 

Mi racconta ancora il mì “Baffino” Italo, che, in effetti, da un certo punto di vista, la signora di Como ha ragione.

E mi fornisce la sua versione, frutto di sue esperienze, sugli usi e costumi del favoloso Siam, riguardo a ciò che noi consideriamo una mercificazione del proprio corpo.

Ne è uscito fuori un trattato, che da un certo punto di vista divide notevolmente le idee incarnate nelle teste dei vari abitanti le diverse latitudini.

 

La prostituzione in Thailandia non esiste, per lo meno non nel senso che intendiamo noi, osserva “Baffino”.

Nella cultura europea, si intende comunemente per “prostituzione” la concessione di prestazioni sessuali in cambio di benefici materiali, solitamente, ma non necessariamente sotto forma di denaro.

 

Una sua ex collega, tanti anni fa, in una megalattica e multinazionale azienda telefonica, in Italia, usava pagare il dentista “in natura” e questa forma di pagamento la faceva rientrare, nel giudizio del microcosmo aziendale, nella categoria “prostitute”.

 

Nell’inconscio collettivo europeo, la prostituzione può variare entro una gamma che ha, ad un estremo, le battone da strada, ed all’altro, le signorine di buona famiglia, che sposano un vecchio bavoso, solo perché è ricco.

Nel mezzo ai due estremi, vi sono tutte le varie “hostess, accompagnatrici, massaggiatrici, mantenute, etc. etc.”, insomma tutte coloro che vanno a letto con qualcuno, per una motivazione diversa da “un’attrazione spontanea e disinteressata”.

A sottolineare questo fatto, nel matrimonio tradizionale europeo, fino a non molto tempo fa, esisteva la famosa “dote”, cioè un insieme di beni (denaro, lenzuola, supellettili varie) che rappresentando un contributo tangibile alla costruzione del benessere della nuova famiglia, precisavano che l’unione non era motivata da “interesse”.

Qui in Thailandia, continua il “Baffin-pensiero”, la cosa funziona esattamente al contrario.

 

Il matrimonio tradizionale thailandese, anche oggi, prevede che la sposa venga “comprata” dal marito, il quale versa al suocero od a chi ha diritto, un compenso in denaro il cui ammontare viene pattuito in precedenza.

 

Forse una volta si pagava in bufali, oche, maiali, terra, ma oggi, prosegue il mio amico italo-thailandese, posso testimoniare che si tratta di vil denaro, come è capitato un paio d’anni fa, di assistere casualmente ad una di queste “contrattazioni prematrimoniali”, al termine della quale, è stata pagata in contanti la non trascurabile cifra di trentamila Bath (unmilione e mezzo di lire italiane).

La coreografia era tipicamente Thai.

 

Tutti seduti in cerchio per terra, con al centro bottiglie di birra, Stravecchio Mekong, Soda, Pepsi e stuzzichini alimentari superpiccanti per stimolare la sete.

Oltre a portaceneri stracolmi, musica tradizionale, bambini vocianti e casino generale,, erano presenti lo sposo, la sposa, i genitori di lei, il secondo marito della madre della sposa, uno stuolo di figli, di primo e secondo letto, nipoti, cognati, cugini e amici.

L’atmosfera era festosa e normale, niente di bieco o di sordido, solo un po’ di sovreccitazione alcoolica.

Nessuno, e tanto meno la sposa, appariva turbato o imbarazzato.

 

Le ragioni storiche della faccenda rientrano nel contesto che l’aspirante marito era tenuto a dimostrare, alla famiglia della sposa, che era in grado di garantirle un tenore di vita paragonabile a quello a cui era abituata, se non meglio.

Qualcosa di simile avveniva tra gli Indiani d’America.

Lo sposo comprava la moglie pagandola in cavalli per dimostrare che era un buon cacciatore ed un buon guerriero e che quindi con lui la ragazza non avrebbe patito la fame. Più cavalli venivano pagati, e più la sposa e la sua famiglia si sentivano onorati e fortunati.

 

A questo punto il quadro, già parecchio complicato, continua a raccontare Baffino, peggiora, per il livello delle idee europee.

Ciò che per noi “civili” è condizione necessaria per attribuire ad una donna l’appellativo di “prostituta”, e cioè il fatto di vendere i propri favori, qui in Thailandia è addirittura istituzionalizzato nel matrimonio.

Si potrebbe obiettare che la prostituzione vera e propria è un’altra cosa.

Se si tratta di matrimonio è un rituale con radici storiche etc., ma anche qui, la logica occidentale non funziona.

Per quanto possa sembrare strano, il confine tra un matrimonio ufficiale e qualsiasi altro tipo di unione, è molto, ma molto sfumato.

 

Prosegue il mio amico Italo:

Da queste parti, viene considerato “matrimonio” qualsiasi tipo di convivenza che preveda rapporti sessuali, specialmente se nascono dei figli.

Moltissime coppie, anche anziane ed anche conviventi da decenni e fornite di figli e nipoti, non sono ufficialmente sposate.

Dal punto di vista dell’accettazione sociale della convivenza, non frega niente a nessuno, e neanche al Governo, neppure del matrimonio religioso.

I due conviventi non sono tacciati come concubini o peccatori pubblici, e tutti li considerano sposati.

Pochi si prendono il disturbo di ufficializzare la cosa in comune, anche perché il non farlo non comporta praticamente alcun svantaggio, nemmeno a livello di registrazione dei figli, i quali possono essere legittimamente riconosciuti da chiunque, sposato o celibe, e perfino da persone che non sono i loro genitori naturali.

Nessuno fa domande in proposito, basta che qualcuno firmi.

Da sottolineare che in tutti questi casi (semplice convivenza, matrimonio religioso, civile o entrambi i matrimoni), l’unico punto fermo, rimane il fatto che la donna “deve” essere pagata, indipendentemente con il tipo di formalità che la coppia intende espletare.

Sempre e comunque “la passera si paga”, e questo è un concetto fondamentale e molto radicato.

 

Ci sono due eccezioni a questo comportamento: i rapporti extraconiugali e quelli prematrimoniali.

 

I primi (è sempre Baffino che ci illumina), vengono gestiti più o meno come nella Sicilia d’anteguerra, nel senso che i casi sono notevolmente e diversamente gestiti, se chi “mangia fuori dal piatto” è l’uomo o la donna.

Se è la donna, il compagno può scegliere fra diverse opzioni.

Fingere di ignorare (succede spesso), troncare il rapporto (poco frequente e sintomo di modernità), oppure adottare un comportamento stile “Corleone” (in tal caso ci scappa il morto, a volte due).

Se è il maschietto a correre la cavallina, le opzioni teoriche sono più o meno le stesse, ma quella più praticata è quella di fingere di ignorare, ma in questo caso, con molta comprensione per le “esigenze maschili” e con una punta di orgoglio per le qualità virili del partner.

 

Motivo di riflessione molto più attenta, sono invece i rapporti prematrimoniali, tra adolescenti, di età compresa fra i quindici ed i vent’anni.

Da un certo punto di vista, sono gli unici motivati dalla semplice attrazione fisica.

Si verificano tra compagni di scuola o di lavoro, o semplicemente tra coetanei dello stesso villaggio o di villaggi vicini.

Fin qui niente di strano, ma le stranezze iniziano quando questi rapporti vengono calati nella realtà thailandese, con particolare riferimento ad alcuni elementi culturali.

 

Uno di questi elementi è la totale ed incredibile ignoranza della fisiologia della procreazione e quindi di qualsiasi pratica anticoncezionale.

Quando si dice “ignoranza”, non si rende appieno l’idea.

Infatti i thailandesi non si limitano a disconoscere le pratiche anticoncezionali, ma quando glie le spieghi, non ci credono.

Ti guardano con il loro sorriso ebete (è sempre Baffino che illustra), biascicando qualche parola incomprensibile.

L’unico suono che si comprende nei loro farfugliamenti è la parola “FARANG”, straniero, ed il senso generale è molto chiaro.

 “Questi cazzi di Farang hanno sempre qualche stronzata da venderci. Ora vorrebbero anche insegnarci come nascono i bambini”.

 

Il risultato pratico di tutto ciò, è che moltissimi, se non la maggior parte di questi rapporti tra adolescenti, lasciano una conseguenza ben visibile a forma di pupo o pupa, quegli esseri che fanno “ueee, ueee”, bevono latte e si cacano addosso, oltre a prendere il morbillo, la pertosse, la varicella e la rosolia.

I genitori di questi adolescenti si guardano bene dall’ insegnare ai loro figli il sistema di evitare questi coinvolgimenti.

Se ne sbattono le palle, che è un piacere.

Mettono già nel conto, che succederà anche a loro visto che succede a tanti e la cosa viene vista come un normale inconveniente della maturazione di una persona, e poco importa se questo “inconveniente” sia a sua volta una persona.

 

In genere, questo rapporto prematrimoniale viene riciclato in un matrimonio vero, il che non significa che debba essere celebrato un rito religioso o civile.

Basta che lo sposo-bambino vada a vivere con la sposa-bambina, di solito a casa dei genitori di lei, e faccia il bravo ragazzo, cioè cercare un lavoro, dare una mano in casa ed altro.

Resta basilare il fatto che la famiglia del neo-padre versi il solito obolo a quella della neo-madre, dopodiché tutti vivono felici e contenti.

 

Questo però è un caso ideale e non frequentissimo.

Normalmente “lui” si defila ed il bambino rimane sul gobbo della ragazza (e soprattutto sul gobbone della nonna), e può anche verificarsi che la situazione rimanga invariata per tutta la vita.

 

Sono abbastanza frequenti i casi in cui madre e figlia abbiano subìto lo stesso “inconveniente” per cui ci sono famiglie costituite da tre donne, di tre generazioni diverse,e non perché tutti gli uomini siano prematuramente defunti, ma perché non sono mai stati presenti, se non al momento dell’orgasmo.

 

E’ su questo tipo di situazioni, che si inserisce il matrimonio thailandese “normale”, cioè quello di interesse, continua “Baffino”.

Un uomo di mezz’età, benestante, comincia a frequentare la famiglia in cui c’è un pargoletto di troppo, e manifesta la propria disponibilità ad accollarsi morbillo, pertosse, pannolini, scuola ecc., in cambio di un po’ di passera e di qualcuno che gli prepari il “Tom Yam Kung”.

Pagando, s’intende, pagando.

 

Ricapitolando fino a questo punto: il matrimonio quasi non esiste, la maggior parte delle persone si sono sposate in qualche modo due o tre volte ed hanno figli da diversi partner.

Infine quando due si mettono insieme, non necessariamente il rapporto viene impostato come definitivo, nemmeno a livello di intenzioni.

Può essere benissimo una soluzione temporanea, magari di qualche anno, con lo scopo di superare un passaggio difficile della vita (per uno dei due) e di avere un po' di sesso e qualche comodità (per l'altro).

Ecco quindi che, se da una parte il matrimonio stesso tende a sconfinare verso una qualche forma di prostituzione, dall'altra, vogliamo vedere come accade il contrario?

Come cioè la prostituzione tende ad avvicinarsi ad un rapporto socialmente omologato?

 

Dice sempre “Baffino” :

E' come quando si fora una galleria e c'è una squadra che scava da una parte ed un'altra che scava dalla parte opposta.

Si vengono incontro e, se l'ingegnere ha fatto i calcoli giusti, prima o poi fanno cadere l'ultima parete di roccia che li divide e stappano la bottiglia di champagne.

Solo che, quando la parete che cade è quella che divide la prostituzione da un qualsiasi rapporto di coppia, il povero occidentale non ci capisce più un cazzo e comincia ad avere delle crisi di sconforto intellettuale.

Dunque, cominciamo col dire che non è vero che la prostituzione non esiste al di fuori dei circuiti turistici (e così il mio amico inizia a smentire le mie affermazioni di poc’anzi).

Le "sale di massaggi" sono sempre state una tradizione in Thailandia, e molto prima dell'arrivo degli occidentali.

Il concetto è analogo a quello dei luoghi ove le "geishe" giapponesi celebravano la "cerimonia del tè" (e non solo quella) per i Samurai provati da una lunga giornata di viaggi e di battaglie.

Effettivamente una volta non esisteva la distinzione tra le massaggiatrici "vere" (cioè quelle che sanno fare i massaggi e che spesso non brillano per sex-appeal) e quelle "con la vestaglietta numerata" (che magari come fisioterapiste lasciano un po' a desiderare, ma sono state molto più generosamente dotate da Madre Natura).

Come le geishe ti preparavano il tè, queste ti stiravano i muscoli e se poi, nell'uno o nell'altro caso, da cosa nasceva cosa...............questa non era però scontata.

E quando avveniva, non era detto che tutto si esaurisse nel giro di un'ora o di una notte. Poteva benissimo, visto che la professione della fanciulla non era considerata disonorevole, nascere un rapporto di una settimana, un mese, un anno o una vita.

 

Ora effettivamente in Thailandia esistono tre "punti caldi", uno dei quali è quel quartiere di Bangkok che si chiama Pat Pong.

Un altro è costituito da tutta la citta di Pattaya ed infine c'è una spiaggia di Pukhet, che si chiama Patong Beach, che sarebbe molto bella dal punto di vista paesaggistico.

Peccato che sia stata trasformata in un bordello a cielo aperto.

 

E continua “Baffino”:

In questi punti caldi è diffuso il sesso usa e getta alla maniera occidentale, che in questa piccola trattazione vorrei lasciare per ultimo, sia perché è l'ultimo arrivato in senso cronologico, sia perché è il meno importante come impatto sulla cultura locale.

Quello che invece è importantissimo è il rendersi conto che tutta la Thailandia, al di là della prostituzione in senso stretto, è una immenso serbatoio di fidanzate più o meno temporanee o più o meno durature, molte delle quali sono delle potenziali mogli (mentre altre assomigliano di più alle nostre prostitute in quanto tendono a pilotare il rapporto verso la brevità).

Comunque, mai meno di qualche ora.

"Una botta e via" è un concetto quasi sconosciuto, a parte i famosi punti caldi, ma quelli sono anche molto recenti.

C'è sempre di mezzo il drink, la cena ed eventualmente la discoteca.

Insomma per un certo tipo di europei è il paradiso, perché vanno a puttane potendosi permettere di far finta che non è vero, che hanno"rimorchiato" grazie al loro fascino e, perché no, anche ai loro soldi.

In fondo che differenza c'è con uno che "cucca" facilmente a Viareggio o a Taormina perché va in giro in Ferrari, dorme in un cinque stelle e offre champagne tutte le sere? Anche lui in un certo senso "paga", l'unica differenza è che qui non c'è bisogno della Ferrari, busta un pickup a noleggio, e se invece dello champagne si offre Mekong va bene lo stesso (solo che costa molto meno).

 

Questo dal punto di vista del farang.

E da quello della ragazza?

Si considera una prostituta?

E' considerata tale dagli altri?

Non più di tanto (mentre lo sarebbe sicuramente se indossasse un bikini in spiaggia).

 

Dal suo punto di vista (bisogna tener conto che la quasi totalità di queste fanciulle hanno una di quelle cose che fanno "ueee ueee"e che si sono ritrovate come conseguenza dei giochi di gioventù) lei non fa altro che cercare un rapporto più o meno temporaneo o più o meno duraturo (un giorno, una settimana, un anno o una vita) che la aiuti a vivere, il che rientra perfettamente nelle tradizioni.

Probabilmente la sua mamma al villaggio la sta aiutando a suo modo nella ricerca, e se le capita di conoscere qualche "zio" benestante e in buona salute, con una bella casa e venti "rai" di terra, magari le telefona e quella molla il bar, salta sul primo autobus e se ne torna al paesello a conoscere il marito che le ha procurato mammà.

 

Certo che se prima lei trova un farang al bar non c'è niente di male, anche perché, si sa, i farang sono tutti ricchi (e questa non glie la togli dalla testa neanche se li ammazzi, come il fatto che siamo sporcaccioni).

 

Insomma lei ci prova, e quasi tutte sono disposte a prendere in considerazione l'idea di un rapporto duraturo che magari permetta loro un trasferimento in occidente, con eventuale possibilità di far studiare il bebè in Europa o in America.

 

E i punti caldi?

Quelli si liquidano con poche parole.

Sono nati all'epoca della guerra del Vietnam come retrovie, dove i marines, ricalcando le orme dei samurai, venivano ogni tanto a ritemprarsi dalla fatiche belliche.

C'è stato, come al solito, lo zampino dello Zio Sam.

Finita la guerra, ormai le strutture c'erano e sono state date in pasto agli assatanati di tutto il mondo, come tutti sanno (tranne la signora di Como).

 

Vorrei concludere, continua “Baffino”, completando un punto che ho lasciato in sospeso. Prima parlavo del fatto che la prostituzione esiste indipendentemente dal turismo e ne ho accennato le origini storiche.

Poi però ho sviluppato l'argomento solo in relazione agli occidentali.

 

Ma come funziona la prostituzione per i thailandesi al giorno d'oggi?

Esiste?

Nei modi e nelle forme attuali è stata importata di riflesso dall'occidente?

Risposte: funziona alla grande.

Esiste eccome.

Assomiglia ben poco ai modi e alle forme occidentali e non c'entra assolutamente niente con quanto si vede nei famosi "punti caldi", che sono stati predisposti più che altro per gli occidentali e per i giapponesi.

Senza andare a cercare tanto lontano: Rayong.

E’ una sonnacchiosa città di provincia, di sera vanno quasi tutti a nanna, trovare qualcuno che parla inglese è un'impresa ardua ed i turisti sono una specie rarissima e quei pochi sono solo di passaggio.

Eppure le sale di massaggio ci sono (non sto parlando del tempio dove praticano i massaggi terapeutici tradizionali) e sono frequentate quasi esclusivamente da thailandesi. Io non ci sono mai stato, però ci sono passato davanti parecchie volte e poi ho i miei informatori.

Frequento invece saltuariamente, per dovere d'ufficio, un ristorante "particolare", quello dove ogni tanto porto i grandi cacciatori bianchi a fare un safari.

Io ne conosco solo uno, ma so che ce ne sono altri.

Comunque ti posso dire che quello è sempre pieno di thailandesi.

Gli unici europei siamo io e i miei cacciatori bianchi (quando ci siamo).

Nessuno del personale parla inglese, neanche le ragazze (per questo è necessaria la mia presenza e intanto scrocco pure la cena, tra l'altro si mangia bene).

Quanto ai modi e alle forme sono garbati e simpatici, non senza una certa poesia, e comunque molto "orientali".

 

Niente a che vedere con i locali "hard" di Pattaya o di Bangkok.

Niente di volgare o di osceno.

I tavoli sono al buio e c'è un palco illuminato dove le ragazze si alternano a cantare su una base registrata.

Cantano tutte piuttosto bene e sono abbigliate in modo sexy, ma non da "puttane".

Uno se ne sta lì, ascolta la musica e guarda le ragazze, con calma.

Nel frattempo consuma la cena che generalmente è ottima.

 

Se una delle fanciulle ha risvegliato gli istinti selvaggi di qualcuno, questi non fa altro che aspettare che la suddetta vada a cantare un'altra canzone, dopodiché fa un cenno ad un cameriere ed acquista una (o due o tre) ghirlande di fiori che costano 300 baht cadauna.

Il cameriere provvede all'istante ad andare a mettere la ghirlanda (o le ghirlande) al collo della cantante la quale, al termine della sua performance, viene a sedersi al tavolo del generoso samurai.

 

Più sono le ghirlande e più la fanciulla è disponibile, in quanto lei e i gestori del locale fanno fifty fifty del prezzo pagato per le ghirlande stesse (naturalmente detratte le spese, peraltro irrisorie).

 

A questo punto il generoso samurai offre da bere, eventualmente da mangiare, insomma fa'un po' di corte alla tipa e poi, se lo desidera, se la porta da qualche parte per placare le sue brame, a fronte di un ulteriore regalo, che si aggira normalmente sui 500 baht (corrispondenti a 25.000 lire italiane), quanto si doveva pagare di multa per quella cazzo di inversione errata.

 

Mi continua a raccontare “Baffino”:

Che io sappia, non esiste quel "reclutamento" di cui tu fai cenno.

Non esiste neanche la figura del protettore, inteso alla nostra maniera.

Si chiama "mama san" e non è un bieco mafioso, ma un serio imprenditore.

Le ragazze vanno a chiedere lavoro spontaneamente come farebbero in un supermercato o in un lavaggio auto, e se ne possono andare quando vogliono, come da qualsiasi altro posto di lavoro.

 

Se commettono qualche mancanza, non vengono né picchiate né minacciate, ma "multate" attraverso una trattenuta sul loro fisso mensile (sì, perché hanno anche un fisso mensile).

 

Da notare che fare il "mama san" non è mai l'unico lavoro.

E’ solo un servizio in più che viene offerto come optional all'attività principale, che rimane sempre e comunque il ristorante, o il bar , o la discoteca, o quel diavolo che è.

 

Non ci sono rapporti visibili tra prostituzione e malavita organizzata.

La mafia si occupa di droga, armi, contrabbando, ecc.

Ad esempio un business illegale molto lucroso, e strettamente legato ad un potente racket, è costituito dal commercio clandestino di specie animali protette.

 

Un cucciolo di tigre dell'età di tre mesi vale al mercato nero più di cinquantamila dollari e, con un sovrapprezzo di diecimila dollari, può essere consegnato a domicilio in Europa o in America!

 

Concludo con una nota di colore.

Se mai ci fosse stato, e non mi risulta, un calo nella domanda interna di sesso mercenario, questo calo sarebbe stato spazzato via dalla caduta dell'Unione Sovietica.

 

Ma che c'entra, dirai tu?

C'entra c'entra.

 

Perché da quando il vecchio Gorby è stato silurato e la Santa Madre Russia è diventata quel gran casino che è oggi, a Pattaya si è verificato un fenomeno che dai ricchi thailandesi è stato salutato come la manna dal cielo: sono arrivate le russe!!!!!

E così adesso si possono togliere la soddisfazione di frullare delle donne farang,che fino a pochi anni fa era un sogno proibito.

 

E questo penso che lenisca non poco anche l'incazzatura sotteranea che sicuramente dovevano avere, per il fatto che invece i maschietti farang, con le fanciulle orientali, per un motivo o per l'altro, hanno sempre avuto un discreto successo.

Ciò è buono anche per le russe, che hanno visto salire le loro quotazioni fino a diecimila baht!!! (sono 500.000 lire italiane)

 

Purtroppo per loro però, a differenza di quanto avviene con le thailandesi, al loro seguito è arrivato un nutrito drappello di mafia russa, e quindi credo che la maggior parte di quei diecimila baht finisca nelle tasche di qualche Don Calogero moscovita (il quale sicuramente non si limita a "multare" gli sgarri).

Ciò è molto visibile.

Infatti a Pattaya i russi vivono in una specie di circuito chiuso che ha le caratteristiche di un ghetto.

 

Hanno i loro bar, i loro alberghi e i loro ristoranti (con le regolamentari scritte in cirillico). Quando mettono il naso fuori, sono estremamente malvisti.

Gli albergatori, a meno che non siano russi essi stessi, quando vedono un passaporto dell’ex Unione Sovietica, dichiarano il tutto esaurito.

Tutti i russi in Thailandia sono considerati mafiosi e visti come il fumo negli occhi.

E con ragione, perché uno dei loro divertimenti principali, quando vanno di sera in qualche altro locale che non sia dei loro, è quello di ubriacarsi e poi innescare una rissa da farwest, con tavoli, sedie e bottiglie che volano.

Una volta tanto parteggio per i poveri, piccoli poliziotti thailandesi i quali in questi casi, dopo che sono riusciti con fatica e con rischio (in sette o otto) ad acchiappare uno di questi giganti biondi, alti due metri e pesanti cento chili, lo mazzolano di santa ragione, prima di portarlo in caserma per spiegargli che non deve rompere i coglioni.

 

Spero di essere riuscito a comunicarti un po' di confusione, stà quasi concludendo il mio amico.

Se è così, ho raggiunto il mio scopo.

In Oriente infatti c'è da preoccuparsi quando qualcosa sembra chiaro.

Alla base di questa chiarezza c'è molto probabilmente un equivoco.

Se invece un fenomeno appare incasinato, inspiegabile e contraddittorio, be'.......di solito si è sulla buona strada, se non per capire, almeno per "constatare" come funzionano le cose.

 

Da capire, a questo livello, c'è ben poco.

 

Voglio dire, se si prende in esame un fenomeno singolo, in questo caso "la prostituzione in Thailandia".

 

Funziona così e basta.

 

Per tentare una razionalizzazione occorre ampliare moltissimo la visuale e fare un'analisi dettagliata di tutta la società thailandese, della sua storia, dei rapporti tra le sue varie componenti, nonché delle complesse interazioni con il resto del mondo.

 

Ci si trova poi inevitabilmente a fare le pulci a tutto il pianeta e si finisce, come spesso accade in questi casi, a parlare di aria fritta.

 

 

 

E forte di questa lunga analisi, che personalmente mi ha trasferito il mio grande amicone, ritorno in diretta all’Hotel a Bangkok. 

Qui in piscina c’è il solito gruppetto di ragazzi francesi. Fanno un chiasso della malora, ma è il loro tempo.

Fanno parte di una classe di una scuola superiore che ha deciso di far trascorrere la gita scolastica in Thailandia.

Mica scemi, eh?

Il costo sarà stato come quello necessario per passare una settimana a Curmayer.

 

Leggo ora su un quotidiano locale, in lingua inglese, che a settembre inizieranno a demolire l’Hotel Siam Intercontinental.

E’ stato costruito 35 anni fa, ma è rimasta un’istituzione qui a Bangkok, sia per l’architettura particolare a pagoda, che per gli immensi giardini e strutture sportive, nel pieno centro della città.

Abbiamo fatto bene a soggiornarci l’anno scorso. Sarà un pezzo di storia di Bangkok, che se ne andrà.

Al suo posto edificheranno una enorme struttura ricettiva e la durata dei lavori è prevista in tre anni.

 

 

E’ l’ultimo giorno della nostra vacanza in Thailandia.

Stanotte torneremo in Italia.

Non ho voglia di continuare a descrivere anche la partenza.

Tornerò a casa mia e basta.

Ogni volta che ci si torna, in Thailandia, si impara qualcosa di nuovo.

Ad esempio, mai fidarsi troppo degli amici, specie se sono virtuali.

Italo, chiacchiera, chiacchiera, però non mi ha fatto conoscere “Coscialunga”.

Però, mi ha insegnato tante altre cose.

 

Infine, se questo testo vorrà essere pubblicato, credo sia meglio bonificarlo un po’, prima.

Non tanto per “Baffino”.

Vorrei vedere come lo trasbordano, tirando il carrettino lungo le strade polverose e piene di sassi, come alla “Cascata”, su, in cima alla foresta.

E’ per me, soprattutto.

Vorrei evitare il disturbo, inevitabile, durante un prossimo auspicabile controllo del passaporto, al “Don Muang”, aeroporto di Bangkok, che mi ritenessero, anche solo temporaneamente, loro ospite, gratificandomi con : “vieni di là, che te la diamo noi la tua cazzo di Tom Yam Kung.

No, grazie, non tengo appetito !!

 

Dopo una settimana dal mio ritorno, mogio mogio, dalla vacanza, Italone, via e-mail, mi scrive, fra gli altri argomenti, che io non me ne ero accorto, ma lui, oltre ad essere genovese di origini, è anche ebreo di nascita, in parte.

 

La prima ed immediata domanda, che gli vorrei fare, sarebbe : ma hai sentito dolore, quando ti hanno circonciso ? Ma questa, gli e la risparmio.

 

Invece, mi sento più di brontolarlo così : “ma cazzo, anche questa, ora ?!  La moglie “buddista”, va behh, passi, ma te ebreo !! Me lo potevi dire prima, senza farmi perdere tempo!!  Con che coraggio, posso raccontare ai miei amici cristiani, che ho fatto combutta con uno, i cui antenati hanno giustiziato il nostro Dio ?

Sì, direbbe lui, ma è successo poco più di duemila anni fa. Ma che ci combina ? riprenderei io, l’ho letto solo oggi, al Catechismo, ed oggi mi incazzo !!”

 

D’altro canto, anch’io, a Bang Phae, ero diventato “Sonteo”.

 

Mario.

 

(FINE di questa troiata)

 

 

Mario Pistoi

 

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