Lettera a Bartolo Ciccardini, direttore Terza Generazione,
Ottobre 1954
Caro Ciccardini.
Abbiamo passato le nostra vacanza in un piccolo paese della Lucania: Pomarico
in provincia di Matera. Eravamo in tre. Tre che normalmente vivono e lavorano
a Milano. Non voglio qui parlare dei nostri problemi, sebbene in questo
ci sia la premessa per capire il motivo del nostro viaggio nel Sud. Essenzialmente
ci muoveva la profonda impressione che ci ha fatto la lettura di alcune
opere recenti sul Sud, e un bisogno vivo di fare qualcosa, per capire e
farci capire, per sapere e documentarci e possibilmente documentare. La
lettura dei libri sul Sud è stato un fatto determinante, perché
in noi questa esigenza viva, ma anche confusa, prendesse forme e propositi
abbastanza precisi.
Ciò può spiegare, perché
ci siamo spostati nel Sud e non in qualche altra parte d'Italia o fuori
d'Italia, o semplicemente in Milano dove pure ci sono nostri simili coi
quali stabilire rapporti di conoscenza e problemi da indagare. Evidentemente
la nostra era una simpatia preventiva e forse un po' letteraria.
Siamo partiti però cercando di
avere meno idee precostituite possibile per evitare di incorrere in interpretazioni
equivoche alimentate in parte dai luoghi comuni più noti sull'Italia
Meridionale e in parte anche dalla interpretazioni, per forza soggettive,
degli autori che avevamo letto. In più abbiamo portato con noi una
macchina da presa formato ridotto con quel po' d'attrezzatura che era possibile
portare.
L'impressione avuta è stata enorme
e va da un confuso senso di vergogna a un profondo senso di ammirazione,
quasi d'orgoglio di fronte all'umanità ricca e viva e alla filosofia
della vita dei contadini che abbiamo conosciuto. Il senso di vergogna a
cui accennavamo, è dovuto appunto all'inconfessata presunta superiorità
di cui è facile paludarsi in un'impresa di questo genere. Superiorità
generica: di civiltà, di vita, di cultura. Superiorità di
cui ci siamo in tutta fretta e, ripetiamo, con un senso di vergogna, spogliati
di fronte alla vita, alla civiltà. alla cultura dei contadini pomaricesi.
Abbiamo sentito istintivamente ed immediatamente
una forte simpatia verso il contadino lucano. Simpatia umana che invece
non siamo mai stati capaci di nutrire a fondo per il contadino settentrionale
in mezzo al quale pure viviamo. Può darsi che questo dipenda dal
fatto che non ci siamo mai preoccupati di penetrare al di là della
scorza nel mondo del contadino settentrionale. Nel Sud invece ci siamo
recati prefiggendoci questo scopo.
Comunicare coi contadini lucani è
stato facile, una volta sgombrata la loro prima e istintiva diffidenza.
Occorre essere come loro, aperti e confidenti, umili sopratutto.Il
parlare con loro con umiltà riempie di una strana letizia e di calore;
e anche questa è stata un'esperienza assolutamente insospettata
se pensi alla forma di vivere "civile" da cui proveniamo dove è
così difficile essere degli umili.
Naturalmente ci siamo fermati troppo poco
per penetrare più profondamente nel loro mondo. Però ci siamo
fermati a sufficienza per creare dei rapporti di amicizia e di solidarietà
durevoli. E abbiamo anche la presunzione di credere che sia stato utile
ai contadini incontrati, il conoscerci.
Essi, in genere, si sono avvicinati a
noi non perché rappresentavamo un mondo nuovo per loro, un mondo
lontano che fosse quasi un miraggio. Niente di più disinteressato
della loro amicizia, dovuta solo al desiderio di creare un vincolo umano:
solo la nostra persona interessava loro. Il nostro inondo, diverso dal
loro, era così lontano che non sentivano verso di esso nemmeno
curiosità. E quando noi spiegavamo loro con tutta sincerità,
perché ci eravamo spinti fìn là, cosa ci aveva animato
a fare quel viaggio, quelle vacanze, ci ascoltavano e, superata una certa
fase di incredulità e di scetticismo, alla fine finivano per capirci.
Insomma la nostra è stata una esperienza
umana fortissima, e ci è rimasto vivissimo il desiderio di continuarla.
Cosa che faremo senz'altro. Purtroppo dovremo aspettare le prossime vacanze.
Vorremmo che altri seguissero Il nostro
esempio. Ci vorremmo rivolgere a quei giovani che d'estate vanno in giro
per il mondo animati da un desiderio dì vera conoscenza e di esperienza
nuova e positiva. A questi giovani vorremmo dire che il dirigersi verso
il Sud d'Italia può essere altrettanto, e forse più, interessante.
Questo potrebbe servire per allacciare rapporti vantaggiosi per ambedue
le parti. Il Sud ha bisogno della civiltà meccanica del Nord, ma
occorre che nasca in esso chiara l'esigenza dì ciò che gli
manca, ed in che senso si deve trasformare.
I contatti umani che noi auspichiamo, poterebbero
appunto servire a far germogliare tale coscienza. D'altra parte molti valori
di carattere squisitamente umano che sono rimasti vivi nelle comunità
meridionali, potrebbero venire a rinforzare quelli di essi che stanno avvizzendo
nella nostra società piena di macchine.
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