Un giorno d’inverno un signore molto ricco, ma cattivo e superbo si veste con pelliccia, sciarpa e cappello ed esce a spasso. Cammina lentamente per farsi vedere da tutti. La pelliccia è di lupo siberiano e molto costosa. La sciarpa è di pelo di cammello e vale una fortuna. Il cappello di volpe indiana se l’era fatto mandare apposta dall’India.
Le persone che incrocia si voltano a guardarlo e poi allontanandosi dicono qualcosa tra di loro. Il ricco signore è anche vanitoso e pensa che dicano un gran bene di lui, che lo ammirino ed invidino.
Continuando a passeggiare a testa alta ecco che incrocia un poveretto, seduto per terra con addosso pochi vestiti e senza cappello. Il poverino trema dal freddo. Stende la mano e dice: “Fatemi la carità di qualche soldo. Ho freddo e fame e ho perso il lavoro. Non so più cosa dare da mangiare ai miei bambini.”
Il ricco lo guarda dall’alto in basso e gli dice: “Stai lontano da me, pidocchioso e buono a niente.” E poi prosegue sempre a testa alta, borbottando qualcosa contro i poveracci.
Avrà fatto si e no dieci passi quando improvvisa arriva una folata di vento forte di tramontana. Il signore alza la mano per evitare che gli voli via il cappello. Ma troppo tardi. Il cappello si alza, fa dei giri in aria. Il signore corre dietro al cappello, fa dei salti per afferrarlo, ma niente. Il cappello dopo un altro giro nel cielo a poco a poco cala giù. E dove va a posarsi? Proprio sulla testa di quel povero che aveva chiesto l’elemosina.
Il signore avrebbe potuto afferrare il cappello, ma si arresta di colpo per non avvicinarsi troppo. Il povero si alza in piedi, si toglie il cappello e glielo porge. Il signore fa un salto indietro, schifiltoso: “Lontano da me. Non lo voglio più il mio cappello. Sarà ormai tutto pieno di pidocchi. Tienilo pure. Che schifo!”
Il ricco signore senza più il costoso cappello di volpe indiana ritorna a passeggiare. La cosa gli scoccia, ma a casa ne ha tanti altri. Il povero si alza felice. Andrà da un pellicciaio a vendere il cappello. Riceverà tanti bei soldi e potrà dare finalmente un po’ da mangiare ai suoi bambini.
Intanto il signore continua a passeggiare. Siccome fa freddo tira fuori la sciarpa dal cappotto di pelliccia e se la gira attorno al collo. Dopo un po’ si sente che borbotta: “Oh no, ancora un altro.” Questa volta è una vecchina con un vecchio scialle liso. Trema dal freddo e stende la mano. Il signore fa un salto indietro: “Via da me. Non voglio che i tuoi pidocchi mi saltino addosso e sciupino la mia bella sciarpa.” “Sono povera, ma mi lavo sempre e non ho pidocchi”, dice la vecchina.
Il signore brontolando per tutti questi poveracci che non si può neanche passeggiare in pace, continua a farsi guardare dalla gente. Ma ecco che arriva un'altra ventata. Questa volta è un mulinello che si sposta qua e là ed alza da terra tutto quello che trova. Il mulinello va a finire proprio attorno a lui. Ed è tanta la forza del turbine che il signore, malgrado sia grande, grosso e ben pasciuto, gira come una trottola e poi cade per terra. Il turbine se n’è andato. Lui si rialza con la testa che ancora gli gira. Ma dove è finita la sciarpa, la sua preziosa sciarpa di pelo di cammello? “Al ladro al ladro, grida, mi hanno rubato la sciarpa.” La gente si ferma, si gira attorno per vedere dove sia il ladro. Un bambino alza la testa e grida: “Eccola là la tua sciarpa, lassù in cielo”.
Tutti guardano in alto. La sciarpa sta volando e sembra un uccello dalle grandi ali. Poi, a poco a poco scende, roteando, e dove va a finire? La sciarpa di costoso pelo di cammello si posa dolcemente attorno al collo della vecchina che tremava da freddo. Che bel caldo con quella bella sciarpa. Il signore si avvicina. La vecchina, con un sospiro, si toglie la sciarpa e gliela porge. Ma lui grida: “Non la voglio più. Ormai sarà piena dei tuoi pidocchi. Tienila pure la sciarpa. Te la regalo. A casa ne ho tante altre, anche più belle.” La vecchina tutta felice si alza e se ne va avvolta nella bella sciarpa. Ora non sente più freddo.
Il signore, anche per via delle corse e dei salti per cercare di afferrare prima il cappello e poi la sciarpa, sente caldo. La pelliccia è pesante. Se la toglie, la posa sulle spalle e continua la passeggiata. Trova per strada altri poveri che tendono la mano, ma lui non li guarda neanche e procede. Anzi, si diverte a far tintinnare i soldi in tasca.
Una bambina sta facendo la sua stessa strada. E’ allegra e canta una canzoncina. La mamma gli ha dato dei soldi per comperare dei torroncini di cui va matta. Al signore non piacciono i bambini che cantano. Gli danno fastidio. E così si ferma.
Un aquila che vola alta nel cielo vede un grosso animale di pelo grigio sulla terra. E’ un lupo pensa, siberiano. Quell’aquila veniva appunto dalla Siberia ed era abituata a dare la caccia ai lupi. Scendeva a volo in picchiata, con i suoi artigli afferrava il lupo e lo portava su al nido per gli aquilotti. “Che strano, avrà pensato, anche qui ci sono lupi siberiani?” Ma non ci pensa due volte. Si butta per afferrare il lupo.
Per fortuna il nostro signore la pelliccia l’aveva posato sulle spalle senza infilare le maniche e senza abbottonarla. Altrimenti ora sarebbe lassù nel cielo portato chissà dove. L’aquila afferra la pelliccia. “Che strano, avrà pensato, questo lupo pesa poco. Non ci sarà molto da mangiare.” Ma non si ferma a meditare sullo strano fatto e vola su, su.
Gli artigli dell’aquila sono lunghi ed assieme alla pelliccia hanno afferrato anche la giacca, la camicia e i pantaloni. Ed ecco che non solo la pelliccia sale in alto, ma anche dei brandelli di giacca, di camicia, di pantaloni. E cosa è rimasto di quel ricco signore? Spaventato a morte si è buttato a terra. Non ha più fiato in corpo dalla paura. E’ sbrindellato e graffiato. Sembra un povero più povero di quelli che gli avevano chiesto l’elemosina. E trema tutto dal freddo.
Nessuno ha visto quello che era successo. Ma ecco la bambina canterina che ritorna. Tiene in mano il suo sacchetto di buoni torroncini. Vede il poveruomo per terra tutto sbrindellato. Crede sia un povero, solo ed affamato. Lo guarda con un sorriso, gli da il suo pacchetto: “Tieni buon uomo. Mangiali. Avrai fame”.
E continuando a cantare contenta per la buona azione, se ne torna a casa. I torroncini li mangerà un altro giorno.