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Di buon’ora in barca
Gianni e Carletto erano usciti a pescare quella mattina. Erano le vacanze
di Pasqua,il
cielo era sereno, il mare calmo e la temperatura mite. I loro genitori
avevano fatto le raccomandazioni di sempre. Non troppo al largo,
remate con calma, tenetevi sempre un po' di forze per ritornare. Avevano
pescato due pagelli non troppo grandi, ed una stellamarina.
Non molto. Ma il bello era stare là fuori a farsi dondolare e non
pensare alla scuola, ai compiti da fare.
Ora il sole era alto e col tepore arrivò
anche l’appetito. La mamma di Gianni aveva preparato un colazione per tutti
e due. Così smisero di remare e addentarono i panini.
Al
secondo morso per poco Carletto non ingoia tutto, panino e mano. Un grosso
colpo aveva fatto oscillare la barca e si ritrovarono
a gambe all’aria
sul fondo del gozzo. Rialzatisi, si guardarono negli occhi: “Non c’è
nessuna secca da queste parti, a meno che si sia formata stanotte sorgendo
su dal fondo”.
Non era stata una secca, ma qualcosa di
grigio che ora oscillava a poche spanne dalla barca. Un grosso uovo che
emergeva con una punta arrotondata dall’acqua. “Cosa diavolo sarà?”
Con il retino ed il
mezzo marinaio cercarono di tirare l’uovo vicino al bordo. Era più
grosso del più grosso uovo di Pasqua che avessero mai visto. E nella
vetrina del pasticciere in piazza della chiesa ve n’era uno incartato in
oro grosso come non se n’era mai visti prima. E questo lo era ancora di
più. Ma non era di cioccolato. Era freddo, freddo come il ghiaccio.
Con grande sforzo e a rischio di rovesciare il gozzo, Gianni e Carletto riuscirono a tirare in barca l’uovo. Lo posarono sull’assicella di prua. Lì al sole l’uovo cominciò a colare un’acqua grigiastra con della sabbia dentro. “Ma è un uovo di ghiaccio! Ecco perché è tanto freddo.” Il ghiaccio non era trasparente. Forse per la sabbia che vi era mescolata. Ma a poco a poco, man mano che l’acqua colava sul fondo della barca, qualcosa di grosso e rotondo s’intravedeva all’interno. Ormai l’uovo di ghiaccio si era rimpicciolito al punto che Gianni da solo lo avrebbe potuto abbracciare. Ma era freddo ghiacciato. Così rimasero fermi a guardarlo liquefarsi al sole. La massa più scura che si intravedeva al centro, ora si vedeva meglio. Sembrava un grosso sasso, a forma anche lui di uovo. Eccolo apparire ormai bene. L’ultimo strato di ghiaccio sparisce anche lui. “Tutta questa fatica per un grosso sasso anche se a forma d’uovo”.
Ormai il sole cominciava ad asciugare la superficie del sasso. Carletto provò a sollevarlo, per vedere se ce l’avesse fatta. Con un sasso così grosso... Invece, no. Lo sollevò benissimo. “E’ leggero, molto più leggero di un sasso.” “Forse è pomice”, disse Gianni che aveva verificato anche lui sollevando lo strano uovo. Ma la pomice la conoscevano e avrebbe dovuto avere una superficie più rugosa. Invece questa era liscia come i sassi levigati dal mare. A dire il vero, a guardare più da vicino vi erano degli strani segni sopra, come delle strisce, delle screpolature.
Carlo
allora si ricordò della gita scolastica dell’inverno scorso al museo
di storia naturale a Torino. “Ma è un uovo!”, urlò saltando
in piedi che quasi la barca si capovolgeva. “Un uovo di dinosauro come
l’abbiamo visto al museo!” Carletto guardò anche lui più
da vicino. “E’ vero, è vero! Abbiamo trovato un uovo di dinosauro!
Torniamo subito a terra a farlo vedere.”
Con lena si misero
a remare. Ma erano abbastanza lontani da riva e ci voleva almeno un’oretta
prima di toccare terra. Remarono forte, forte. Ma dopo un po' avevano il
fiato grosso e si riposarono. Guardavano l’uovo e quelle righe che aveva
in superficie. Come mai ora erano più evidenti? Sembrava si allargassero.
E quel rumore, cos’è? Il legno della barca che scricchiola? No,
è lui, l’uovo che scricchiola.
Le righe si allargano diventano delle screpolature e poi... d’improvviso uno schiocco. Ecco emergere un orribile coso .. un becco ed una testa a punta, due occhi enormi. “E’ un pulcino di dinosauro!” L’uovo si rompe del tutto, quell’essere pauroso si scuote, si alza sulle due zampe, si stira. Carlo e Ginetto sono in fondo alla barca, in poppa, pronti a saltare in acqua se quel coso... ma il coso ora si alza più ritto, si stira, allarga le ali. Sì, due ali grosse a triangolo, che coprono tutta la prua. Un piccolo corpo e due grosse ali. Poi un salto fuori dall’uovo. Un altro salto e poi su in cielo. Un coso forse grande più d’un metro con le ali tutte aperte, due zampette tese e via in alto, in alto contro la luce del sole.
Carlo e Ginetto non sanno se è più la paura o lo stupore. Cosa era quell’enorme uccello. I dinosauri volano? Sì, forse, qualcuno. Come si chiamano ...ptesorauro...no petrosauro... no pterodosauro... pterodontosauro.
Nessuno, quando arrivarono
a terra, credette alla loro storia. Il guscio di uovo si era trasformato
in una polverina grigiastra, come sabbia fine fine. Per di più,
quel giorno era il primo d’Aprile.
FINE
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