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19) LA VARIABILE NASCOSTA
20)
VALIGIE E BORSE
21)
SERVIZI SEGRETI IN AZIONE
22)
SE UNA SERA D'INVERNO UN VIAGGIATORE
23)
EPILOGO
Il giorno dopo l'incontro con il commissario l'avvocato Paoli riuscì a tornare a casa per colazione. Non aveva impegni fino alle 17 e così pensava di poter chiacchierare un pò con Enrico. La sera prima non l'aveva visto. Enrico era uscito con amici e tornato tardi.
Ma Enrico non c'era. "Stamattina ha telefonato a quel ragazzo, a Franco Franchino - disse Lucia mentre stava ultimando di preparare la tavola - ed è andato a trovarlo. Ha detto che sarebbe rimasto a Barbarano per colazione. Lo vedrai stasera."
"Hai idea di come mai sia andato dai Franchino? Non mi
aveva detto niente."
"Mi ha detto che quando era venuto qui quel ragazzo lo
aveva invitato a telefonargli e che si sarebbero visti. E così stamattina
Enrico ha telefonato. A dire il vero, Andrea, sono un pò preoccupata.
Mi sembra che Enrico si stia comportando in modo un pò strano. Parla
con te appena può di questo caso Franchino, inventa delle storie
anche divertenti se vogliamo. Ma non capisco perchè tanto interesse."
"Forse ha trovato un terreno per confrontarsi con suo
padre. Ci siamo sempre parlati, ma soprattutto io ho cercato di sapere
cosa fa lui, come vanno i suoi studi. Con la storia dei Franchino ha trovato
un modo di parlare a me dei miei affari. Ed in modo anche da lasciare un
qualche segno. Sono da una parte molto favorevolmente colpito dall'intelligenza,
che del resto conoscevo di Enrico, e dall'altra dalla sua vena fantastica."
"L'ha sempre avuta, fin da piccolo. Forse sono cose che
una madre vede più di un padre. Enrico ha tanta confidenza con te,
ma con me c'è qualcosa di più, c'è forse un pò
di connivenza. Io so molto di più di quello che lui pensa e fa,
dei suoi problemi, ma c'è con lui come un patto anche se implicito,
di non dirti tutto. Forse di te ha sempre avuto un pò di soggezione,
anche se non l'ha mai data a vedere per quel suo carattere così
estroverso. Forse questa storia gli ha dato modo di sentirsi alla pari
con te."
"Ne inventa sempre una nuova. Ti ho raccontato della sua
irruzione ieri nel mio studio mentre c'era il commissario. Lui ha detto
che era un caso che fosse capitato l'ha proprio in quel momento. Devo dire
che io l'avevo bevuta, ma il dr. Loiacono no. Gli ha detto che aveva saputo
da te che io avrei visto il commissario. A proposito, è proprio
così?"
"Sì, sì, ieri mi ha chiesto dov'eri ed
io gli ho detto che nel pomeriggio avevi l'incontro con il commissario."
"Comunque, mi sembra che siano subito diventati amici
loro due. Quella storia poi della teoria della variabile nascosta e della
predizione della telefonata dello Speri. Mi sa che è stato proprio
Enrico a telefonare a Speri dicendo che io l'avevo cercato. Ha un pò
il senso del coupe de theatre. Speriamo che non esageri! Adesso
poi, è andato anche dal Franchino. Chissà che cosa ha in
mente."
Quella sera Enrico rientrò prima di suo padre: "Grandi novità mamma. Tutto risolto. Adesso vado a fare una doccia. Quando viene papà, vi racconto tutto."
"Ciao, Andrea. Tuo figlio è tornato tutto eccitato."
Lucia era fuori in giardino a prendere un pò di fresco in attesa
di andare a tavola. Col caldo che faceva, quella sera niente piatti caldi.
Prosciutto e melone, del roastbeef e dell'insalata. Così non doveva
alzarsi per andare in cucina a preparare. Andrea si sedette sullo sdraio,
vicino a lei: "E dov'è ora?"
" Sta facendo la doccia, e come al solito ci metterà
mezz'ora. Vuoi qualcosa di fresco da bere?" Mentre Lucia versava da una
brocca un liquido giallo, forse una limonata, Enrico scese giù in
accappatoio e con i capelli tutti ancora bagnati. "Ti prenderai un malanno,
con la testa così bagnata."
"Ma mamma, ci saranno 30 gradi! Fra cinque minuti saranno
più asciutti del tuo arrosto quando te lo dimentichi in forno e
si sente puzza di bruciato per tutta la casa."
"Sei una malalingua, meriteresti di mangiare solo pane
e formaggio sempre. Stasera comunque non ho preparato niente, così
sei bello che servito."
"Voi due smettete di litigare. Piuttosto Enrico puoi raccontarci
subito gli eventi straordinari, o devi prima avere la pancia piena."
"No, no. Si sta così bene qui. Dammi anche a me
un pò di quell'intruglio giallo, mamma. Purché sia ghiacciato.
Oggi come tua moglie ti avrà certamente preannunziato sono andato
a Barbarano a trovare Franco. Avevo quasi un presentimento che qualcosa
sarebbe avvenuto. Ed infatti..."
"Infatti, cosa? Cosa può essere successo ancora?"
"E' successo che tuo figlio è un grande. Vi avevo edotto ieri, te e quel bel tipo di commissario, sull'importanza di cercare le variabili nascoste. Ebbene, sì. La variabile nascosta c'era ed è uscita fuori. Ora è tutto chiaro, il caso non è più un caso, ma risponde alla logica ed alla volontà dell'attore nascosto."
"Meno preamboli e vieni al sodo."
"Il sodo è questo. Il notaio di famiglia si è
fatto vivo ieri. Aveva in deposito una grande busta che aveva tempo addietro
ricevuto dal Franchino con istruzioni di aprirla nel caso di sua morte,
alla presenza solo del figlio. Così ieri, sapendo che la mamma di
Franco era a Venezia per qualche giorno, si è fatto vivo è
ha aperto la busta in presenza di Franco. Dentro c'erano due buste una
intestata a Franco e l'altra senza indirizzo. In più vi era una
lettera per il notaio. In questa si diceva al notaio di consegnare a Franco
solo la busta a lui intestata, e di trattenere con se quella non intestata
e che nella lettera indirizzata a Franco vi sarebbero state ulteriori istruzioni.
Ma procediamo con ordine. Mi fai fare confusione, papà con la tua
urgenza di sapere. Non è stato ieri, ma oggi.Quando io sono arrivato
da Franco lui non sapeva ancora niente. Poi ha telefonato il notaio per
dire che c'era una lettera di suo padre e Franco mi ha lasciato da solo
per una mezz'ora. Quando poi è tornato era tutto stravolto. Non
so se aveva voglia di confidarsi con me o meno. Date le circostanze forse
non ha potuto farne a meno. Mi ha però fatto promettere di non parlarne
con nessuno. Ora a me sembra che voi non siate proprio nessuno e ve ne
parlo se però voi mi fate formale promessa..."
"Dicevo oggi a tua madre che hai un pò la passione del coupe de theatre. Ed infatti. Tira avanti, dai."
"La lettera indirizzata a Franco diceva che quando l'avrebbe ricevuta sarebbe ormai tutto finito. Aveva preso questa terribile decisione per due motivi. Il primo era che lui aveva una malattia per cui era condannato a morte certa ed improvvisa. L'altra è che la situazione della loro ditta era abbastanza grave ed era preoccupato del futuro per Franco. Gli avrebbe voluto lasciare qualcosa che gli desse sicurezza per il futuro. La moglie era molto ricca e certamente voleva bene a Franco come ad un figlio e non l'avrebbe lasciato in difficoltà. Ma lui conosceva l'orgoglio di Franco, e voleva aiutarlo ad avere un futuro indipendente. Così aveva fatto una assicurazione a suo beneficio per morte per infortunio. Visto che la sua vita era appesa ad un filo - sarebbe andato a Perugia per avere conferma dal suo amico medico, ma gli esami che aveva già fatto lasciavano poche speranze - aveva deciso di anticipare il destino, simulando un incidente d'auto. Ci aveva pensato bene ed era sicuro del risultato. La polizza di assicurazione l'avrebbe trovata in casa nel cassetto della scrivania."
"Ma non era nel plico che gli ho portato io?" lo interruppe
il padre.
"Forse se la sarà dimenticata in tasca e quando
se n'è accorto era già in viaggio per il ritorno. Però,
papà, non farmi perdere il filo. Nella lettera il Franchino padre
dice che era cosciente che la sua sarebbe stata una truffa. Ma lasciava
al figlio decidere cosa fare. Poteva strappare la lettera, anzi bruciarla
per non lasciare tracce e procedere a riscuotere la somma assicurata senza
parlare della confessione che in realtà si era trattato di un suicidio.
Vi era però un rischio. Qualcosa avrebbe potuto andare storto e
che non si fosse creduto all'incidente, ma ad una manomissione della vettura
per causare l'incidente. In questo caso il figlio come beneficiario della
grossa somma assicurata, avrebbe potuto venir sospettato di essere in realtà
lui il colpevole. In questo frangente, vi era la seconda busta lasciata
dal notaio che conteneva la confessione. A questo punto la lettera ritornava
sulla scelta che era lasciata al figlio. Il padre rimproverava al figlio
di avere sciupato una buona parte della sua giovinezza con la svogliatezza,
la mancanza di qualche ideale, della voglia di diventare qualcuno. E si
era così fatto intrappolare dalla droga. Si augurava che ora quel
brutto episodio fosse solo un ricordo, un brutto ricordo del passato. La
sua strana maniera di terminare i suoi giorni, con una truffa, proprio
lui che aveva fatto dell'onestà la bandiera della sua vita in realtà
aveva un senso. Era una prova, una difficile straordinaria prova che voleva
lasciare in eredità al figlio. Moriva con una speranza, che Franco
avrebbe saputo scegliere, e che la scelta sarebbe stata l'inizio di una
vita del tutto nuova. Il lasciare a Franco questa scelta terribile, era
il suo ultimo tentativo di comportarsi da padre, cosa che se avesse fatto
meglio nel passato, forse tutto sarebbe stato diverso."
"E' una cosa un pò agghiacciante - non poté trattenersi dal commentare il padre - Lasciare un ragazzo di fronte ad una responsabilità così grande, una scelta così difficile. Un tipo strano però questo Franchino padre. Già il comportamento nei riguardi del suo migliore amico. Andare dal pubblico ministero per testimoniargli contro. A meno che anche questo volesse essere solo un insegnamento di regole di vita. Infatti, a pensarci bene, lui non ha detto niente al magistrato. Ha detto che avrebbe testimoniato solo al processo. E se aveva deciso di uccidersi prima del processo, avrebbe dovuto subito fornire una testimonianza scritta. In realtà lui voleva solo inviare un messaggio all'amico e forse anche alla moglie. 'Io potrei vendicarmi per il torto fattomi, ma preferisco togliermi di mezzo e lasciarvi con il rimorso, se sarete capaci di averne', o qualcosa del genere. Ed anche al figlio lascia un messaggio morale, una scelta di vita. E cosa ha deciso di fare il tuo amico Franco?"
"Non lo so, non ha certo ancora deciso. Oppure sì. Il fatto che me ne abbia parlato, vuol dire che non se la sentiva di essere lasciato da solo in una tale terribile scelta. Si sentiva ancora debole per resistere alla tentazione di bruciare la lettera. Avendomene parlato, è un pò difficile ora che decida di farlo. Anche se io ho promesso che sarò una tomba."
"Più che una tomba, saresti complice di una truffa.
Sì, credo anch'io che tu abbia ragione e che Franco in sostanza
abbia fatto decidere a te, leggendoti la lettera. Ma adesso che ci hai
raccontato questa straordinario epilogo, cosa c'entra la variabile nascosta?"
"Ma papà. Mi sembra sia più che evidente.
Il caso ora è sparito del tutto. C'era un altro personaggio che
noi non sospettavamo per niente, essendo la vittima. Tutto quello che a
te sembrava dovuto al caso e che il commissario si sarebbe affannato a
dimostrare dovuto a cause da ricercare tra il mondo dei vivi, è
invece dovuto all'azione volontaria dell'uomo per noi invisibile, la vittima
appunto. Anzi la cosa era ancora più difficile da scoprire, se l'uomo
invisibile non avesse deciso di farsi riconoscere, perchè lui ha
fatto in modo che tutto sembrasse dovuto al caso."
"Ed è stato invece il caso che è intervenuto
malgrado la volontà del tuo attore invisibile e che ha sconvolto
i suoi piani, facendo intervenire l'embolia come causa della morte e non
l'incidente."
"Papà, ma tu così mi rovini tutta la mia
teoria! Tu sei troppo legato alla interpretazione standard della fisica
moderna, dai troppo spazio al caso. Ricordati quello che ha detto Einstein!"
"Dio non gioca ai dadi". La voce era della mamma che
era stata fino ad allora silenziosa. "Vedi che anch'io so qualcosa e che
non sono solo buona per stare dietro ai fornelli? Ma ora si è fatto
tardi, è ormai buio ed è ora di andare a tavola. Andrea,
tu mi sa che ti fai troppo imbonire da tuo figlio Enrico. Guarda che lui
ha una fantasia senza limiti. Sei sicuro che tutto ciò che ci ha
raccontato non sia una pura invenzione sua per convalidare la sua teoria
della... come la chiama... ah, sì... della variabile nascosta. Stai
attento!"
"Via ai fornelli, malalingua! Papà non credere
una parola a quello che dice la mamma. La mia è la pura verità."
"Ma, anch'io ho qualche sospetto."
"Se non mi credi, e ciò mi offende profondamente... puoi sempre telefonare a Franco... Accidenti! No, non puoi farlo. Gli ho promesso che non ne avrei parlato con nessuno."
"Vuol dire che anche questa parte della storia, se sia vera o meno, resterà un mistero. Come resterà un mistero il contenuto del plico bianco che il povero Franchino mi ha consegnato. E non mi dire che lo verrò a sapere quando il tuo amico Franco consegnerà la lettera del padre alla polizia o ai carabinieri. Perchè non ce ne sarà bisogno, non sarà necessario prendere nessuna decisione dolorosa. Se la morte ha avuto origini naturali, come sembra, l'assicurazione non paga. Quindi inutile mettere in piazza la notizia del suicido. Meglio lasciare in pace il povero signor Franchino. Anzi domani telefona subito al tuo amico Franco e consiglialo di fare così. Vedi che il tuo vecchio padre, l'avvocato azzeccagarbugli, qualche buon suggerimento lo da ancora?"
"Pensi allora che la cosa sia in ogni caso finita e che
la verità sia quella dell'uscita di strada per malore?"
"Veramente non so. Ha ragione il commissario a dubitare
che tutte quelle concatenazione di eventi siano puramente casuali. Ma neanche
la tua teoria del suicido mi convince. Magari la storia del notaio e delle
lettere è vera. Ma nessuno ci dice che il padre di Franco volesse
proprio togliersi la vita durante il viaggio da Perugia. Magari il suo
amico medico gli avrà dato qualche speranza. Oppure avrà
rimandato ad un altro momento. Tra l'altro, se ci pensi, se voleva suicidarsi,
perchè si teneva in tasca quella busta che era così importante
per i suoi? Non sapeva certo che avrebbe avuto modo di affidarla a qualcuno,
e per di più c'è sempre il rischio in una caduta del genere
che la macchina prenda fuoco. Anzi, per un pelo non è caduta in
quella specie di burrone e se così fosse avvenuto è poco
probabile che della macchina e del guidatore si sarebbe salvato molto.
No, non mi convince la tua conclusione. Per quanto riguarda la teoria della
variabile nascosta, pazienza, ci sarà un altro caso che mi capiterà
nel futuro ed allora ricorrerò ai tuoi lumi. Qui forse è
meglio lasciar perdere la fisica e tornare all'evoluzione biologica. Mi
sa che per chiudere con soddisfazione la faccenda occorra che il caso intervenga
di nuovo dandoci qualche altro lume."
Dalla sala da pranzo giunse una voce imperativa: "A tavola, chiacchieroni."
Di ritorno dalla trasferta veneta il commissario Loiacono non aveva ancora potuto riflettere sul caso Franchino - anzi, meglio ormai chiamarlo caso Franchino-Speri - riassumere a se stesso quello che era emerso dai vari incontri e cercare se possibile di trarre delle conclusioni che chiarissero un poco l'intricata storia.
Quella mattina in ufficio le pratiche correnti che si erano accumulate, le piccole routines di tutti i giorni, i collegamenti con le squadre di sorveglianza autostradale e qualche altro fatterello, gli avevano impedito di pensarci con calma.
Verso sera decise che la cosa più sicura per non essere disturbato e poter pensare e riflettere in pace era di prendere l'auto e di salire su per le colline. Magari verso Castiglion dei Pepoli, prendere un pò del fresco che scendeva dagli Appennini e fermarsi a mangiare in un qualche ristorante.
La maniera più semplice per salire da Sasso Marconi era prendere l'autostrada per Firenze ed uscire a Roncobilaccio. Proprio Roncobilaccio... è tra Roncobilaccio e Pian del Voglio che è avvenuto... Il ricordo dei luoghi gli avrebbe fatto venire in mente troppi particolari locali, mentre lui doveva adottare un punto di vista più ampio, più globale, Perugia, Padova, Vicenza, le armi, il vino... C'era anche il rischio di trovare qualcuno dei suoi, delle pattuglie della polizia stradale al casello, e magari venire coinvolto in qualche piccola grana. No, no. Meglio seguire la statale, la 325 che va verso Prato. Dovrebbe essere ormai frequentata soprattutto da traffico locale.
Il traffico in effetti era più intenso del previsto,
forse a causa dei pendolari estivi che raggiungevano le famiglie in vacanza
sugli Appennini. Inoltre la strada era in salita e assai piena di curve.
Non molto tempo per riflettere in pace.
Passando tra i vari paesini non poté fare a meno
di pensare a quello vicino al quale era avvenuto l'incidente... Incidente
poi? Come già si chiamava il paese? Carnevali l'aveva detto... Qualcosa
che ricorda... a sì Bruscoli. Paesini di mezza montagna. Come faranno
a vivere? Con l'agricoltura? Difficile pensarlo. Un poco di turismo, sì.
Poi soprattutto il pendolarismo con la valle, giù in qualcuna delle
tante fabbriche... anche a Sasso ve ne sono e di importanti... una di giocattoli...
Comunque, la poca gente che c'è rimasta nei paesi sarà curiosa
di ogni avvenimento un pò strano che per caso passa per il paese...
Chissà quanto avranno parlato dell'incidente, del vai e vieni di
polizia e carabinieri...
Arrivò a Castiglione che era ancora chiaro. Parcheggiò la macchina in piazza. Parecchia gente in giro. Vacanzieri per lo più. All'hôtel Il Ponte si ricordava di aver mangiato bene. Forse non è la stagione adatta, troppi turisti, cucina per pensione completa, più che à la carte... Ma è proprio in questo caso che si vede la bravura della cuciniera. Di solito cuoche donne in Emilia, magari la padrona di casa, o perlomeno con la stretta supervisione della padrona... Inoltre vi era una bella terrazza ed il fresco era assicurato.
L'ipotesi che emergeva ora come più probabile era quella del malore improvviso... un'embolia... riduzione di sangue al cervello... Ma perchè tutto il resto? Il raccordo di gomma che si stacca, il pneumatico che scoppia... E poi il mistero della busta... Sarà poi vero che conteneva solo la polizza assicurativa? Magari vi erano anche i referti medici che avrebbero potuto far sospettare di una morte non per incidente, ma per cause naturali. O forse c'erano solo questi e la polizza era a casa... Il Franchino con quella lucidità che sembra emergere nei momenti estremi, si sarà preoccupato che se fossero venuti in mano alla assicurazione, addio pagamento dell'indennizzo. Una grossa somma a quanto pare. E l'assicurazione fatto proprio perchè il Franchino si sentiva a rischio. Sarebbe una spiegazione logica. Ma sarà poi così? E la storia del testimone importante in un processo di traffico d'armi? Il magistrato Rombi sospetta che vi possano essere interessi forti che beneficiano della scomparsa del Franchino... Io comunque qualcosa devo pur concludere... La dottoressa Casali non vorrà tenere aperta l'indagine troppo a lungo. Su che basi poi? Una serie di eventi casuali che sembrano stare insieme a bella posta in una storia di delitto. Ma una storia piena di contraddizioni, di eventi che non quadrano del tutto...
E quell'avvocato che per caso... Troppo caso in questa storia, troppe coincidenze fortuite... Simpatico però quel figlio dell'avvocato. Un pò saputello, forse. Oppure semplicemente si divertiva a prendere in giro i grandi, suo padre, il commissario... Di cosa aveva parlato... già della variabile nascosta, di qualcuno che non appare sulla scena ma che ha tutto predisposto e se riuscissimo a scovarlo allora tutto quadrerebbe. Avremmo bisogno che il caso, che è stato così prodigo fino ad ora, intervenisse ancora, ci aiutasse con qualche altro evento che riveli chi sta dietro. ..
Non riuscì in realtà a cavare molto dalle
riflessioni. Certamente meno di quanto si era riproposto con l'evasione
dai luoghi della routine quotidiana. Comunque il pranzo era stato eccellente,
il vino buono, e forse ne aveva bevuto anche qualche bicchiere in più
del solito... Malgrado il doppio caffè, forse era meglio fare ritorno
per l'autostrada. Troppe curve sulla statale, troppo strette da affrontare
nella notte e per di più in discesa con la vettura che può
andare un pò troppo forte senza che te ne accorga... Meglio l'autostrada.
A quell'ora poi quasi sicuramente vuota...
Così salì verso Roncobilaccio l'entrata
più vicina a Castiglione dei Pepoli.
Oh, no! Proprio l'auto della polizia stradale e per di più con il lampeggiante acceso, anche se ferma nel piazzale del casello. Fuori due dei suoi che discutevano animatamente... C'è anche Carnevali... ma non era di servizio stasera. Far finta di niente, fingere di non aver visto... Troppo tardi...
"Commissario, commissario. Finalmente! Hanno fatto in fretta a trovarla ed avvertirla. Stiamo aspettando il camioncino con le fotoelettriche. Non si vede molto, malgrado la luna, ma sembra che ci sia un corpo là sotto."
"Calma, calma Carnevali. Innanzi tutto nessuno mi ha avvertito di niente. Passo di qui per caso. Ho fatto un giro a Castiglione e ora stavo tornandomene a casa. Ma mi vuoi raccontare cosa diavolo è successo? E proprio qui a Roncobilaccio! Andrà fatto venire un prete per benedire questa parte dell'autostrada!"
"La nostra pattuglia circa un'ora fà ha scoperto
una macchina ferma sulla corsia d'emergenza proprio all'inizio del viadotto
a qualche chilometro da qui. Sa, commissario, proprio là dove è
precipitata l'auto di quel Franchino, si ricorda?"
"Se me ne ricordo... Anzi stavo quasi per suggerirti
io che doveva essere lo stesso posto. E magari c'è scappato anche
il morto. Avevamo bisogno di un altro colpo del caso..."
"Cosa vuol dire signor commissario, un altro colpo di
chi?"
"Niente, niente, continuavo a rimuginare certi fatti
miei. Ma continua tu piuttosto."
"I due colleghi della pattuglia si sono avvicinati guardinghi,
anzi come ci viene sempre ricordato di fare, uno era rimasto indietro con
la mitraglietta in mano. Ma nella vettura non c'era nessuno. Era targata
Firenze, una vettura vecchiotta, niente che desse nell'occhio. Una Fiat
Ritmo di qualche anno fa. I colleghi si sono affacciati sul precipizio.
Il punto in cui era ferma la macchina è proprio all'inizio del viadotto,
la dove comincia la balaustra di protezione. La vettura del Franchino era
uscita di strada pochi metri prima. Si ricorda Commissario?"
"Mi ricordo, mi ricordo, vai avanti."
"C'era buio, ma la luna rischiara abbastanza questa sera. Insomma, abbastanza da vedere che una ventina di metri sotto, proprio su una specie di masso, ci stava un corpo. Facendosi luce con la torcia elettrica uno dei due è sceso ed ha trovato un cadavere. Ha lasciato tutto come stava, è risalito ed hanno telefonato in sede. L'agente di servizio mi ha trovato a casa. Mi sono precipitato subito. Nel frattempo è stata chiamata un'ambulanza e, come le ho detto, il camioncino con le foto-elettriche. Dovrebbero essere qui tra una mezzora. Sul posto ci sono i due colleghi della pattuglia."
"Andiamoci subito anche noi. Lascio qui la mia macchina ed andiamo con quella di servizio."
Raggiunto il posto, scesero in tre, il commissario, Carnevali
ed uno dei due agenti. Quest'ultimo faceva da guida. "Per di qua, commissario.
Se torniamo un pò indietro, prima del viadotto è facile scendere.
Ci ho già provato prima. C'è poi quasi come un sentiero,
almeno l'erba non è così alta."
"Già, è proprio il sentiero fatto dalla
vettura del Franchino. E' di qui che è uscita fuori strada ed è
andata avanti scendendo, proprio fino al limiti del precipizio del viadotto.
E' quel masso che l'ha fermata, vi è rimbalzata ed ha proseguito
in discesa."
Su quel masso con le torce poterono illuminare il cadavere che giaceva bocconi, con la testa quasi infilata dentro una grossa spaccatura del masso.
"Avete trovato documenti?", chiese il commissario.
"Non l'abbiamo mosso molto, ma a quanto sembra non aveva
portafogli. Bisognerà cercare meglio nelle tasche dei calzoni. Non
ha giacca, forse per il caldo."
"L'avrà in vettura, avete cercato?"
"Sì signor commissario, abbiamo perlustrato tutto
in macchina, ma niente. Il libretto dell'auto è intestato ad una
signora di Firenze. Abbiamo chiesto al collega della sede di cercare di
rintracciarla telefonicamente se riesce a trovare il numero. Comunque avvertirà
anche il locale comando di polizia a Firenze. Dovremmo avere qualche risposta
appena arriva l'ambulanza ed il camioncino."
"Aiutatemi a girarlo", disse il commissario.
Sarà stata la luce della torcia, il biancore del
riflesso lunare, sarà il colore cinereo della morte, saranno stati
i baffi, ma a tutti sembrò un magrebino.
"Niente borsellino, poche migliaia di lire spiegazzate
in tasca. Scarpe consunte, maglietta sporca, pantaloni... ..Non certo qualcuno
che nuota nell'oro, comunque. Cosa ne pensa, commissario?"
"Mai giudicare dalle apparenze, Carnevali. Piuttosto,
dev'essere caduto giù dritto con la testa che ha picchiato qui e
poi è rimbalzato. Guardate qui le tracce di sangue sulla pietra.
Ma qui il sasso non è proprio a strapiombo sotto il viadotto. Sembra
quasi che in piedi sulla balaustra si sia lanciato in fuori, come chi fa
un tuffo..."
"Oh che lo abbiano gettato in fuori, magari già
morto."
"Bravo Carnevali, giusta osservazione. Sentiremo cosa diranno i medici dopo l'autopsia. Ma ecco che arrivano i rinforzi."
Le fotoelettriche piazzate su due torrette nel camioncino
vennero orientate per illuminare la zona attorno al masso. I barellieri
erano riusciti a scendere per quella specie di sentiero da cui erano sceso
il commissario e gli agenti. Gli agenti del camioncino avevano con sé
anche delle macchine fotografiche e ripresero i dettagli della scena prima
che i barellieri spostassero il cadavere.
"Lasciate accese le fotoelettriche ancora un poco - gridò
su il commissario - voglio guardarmi un pò intorno. Non si sa mai
ci sia qualcos'altro. Carnevale, e voi altri, guardate anche voi."
"Dall'intrico dei rami di cespugli che attorniavano il
masso uscivano dei riflessi della luce delle fotoelettriche che vi penetrava.
"Cosa sono tutti questi luccicori? -esclamò il commissario - Non
c'è qualcosa a bordo del camioncino, una pala, una spranga, qualcosa
per allontanare un pò i rami, per vedere meglio cosa c'è
sotto?"
"A me sembrano dei vetri che riflettono la luce. Saranno
quelli della vettura del Franchino che è proprio rimbalzata qui
sopra."
Un fascio di luce riusciva a penetrare un pò nella
grossa spaccatura del masso, là dove era chinata la testa del morto.
Il riflesso della roccia illuminata permetteva di intravvedere sul fondo
della spaccatura un ombra, un oggetto opaco, ma con un paio di punti luminosi...
"Non mi dire... - sussurrò il commissario - Carnevali
vieni un pò qua. Vedi se riesci a prendere quel coso là sotto..."
Tenuto per i piedi dall'altro agente, il Carnevali si sporse a testa in giù e con qualche acrobazia riuscì ad afferrare... "Commissario - disse con la voce soffocata di chi sta a testa in giù - è una valigia!"
Poco dopo, mentre il Carnevali si stava rimettendo in piedi con tra le mani la valigia, una voce un pò più in là: "Commissario, venga qui. Abbiamo trovato una borsa!"
La sala della Corte d'Assise di Padova era stracolma. Vi era tutta la Padova bene. Il processo aveva avuto non poca risonanza in città dato il coinvolgimento di un imputato molto noto e di un avvocato di grido. Non solo, ma anche del molto parlare e pettegolare sulla vicenda Franchino, che poi non pare fosse stato un incidente, ma c'era puzzo di delitto. Come aggiunta non trascurabile vi era stato il pettegolezzo sul triangolo con lo Speri, l'amico fraterno, e la dolce moglie, triangolo a cui ormai mancava un lato. Quindi erano state mondanità, curiosità, interesse per il giallo a richiamare in aula tanta gente.
Signore eleganti in pelliccia, signori importanti ed indaffarati
che si erano presi una mezza giornata di vacanza, curiosi perditempo. I
molti della società bene che non erano potuti intervenire potevano
contare sul reportage che avrebbe fatto il conte Stefano Fogarin
che si era seduto in prima fila in modo da non perdersi, oltre alle parole,
neanche le sfumature delle espressioni.
Vi era anche un folto gruppo di avvocati tra il pubblico
a significare l'interesse per l'udienza in cui erano previste le arringhe
finali del P.M. e della Difesa. Andrea era tra questi. Suo figlio Enrico
in prima fila anche lui, con accanto Franco Franchino.
Molti degli sguardi dei presenti cercarono invano di
localizzare la signora Giulia, la vedova dell'amico. A Padova non era molto
conosciuta. Il suo entourage era a Venezia. Stefano Fogarin scosse
la testa quando qualcuno gli chiese dove fosse. No, non sarebbe venuta.
Tutti in piedi all'ingresso della Corte. Il Presidente dopo gli avvii di rito, aver verificato la presenza di tutte le parti, l'imputato, gli avvocati difensori, il P.M., ricordato i capi d'imputazione e sentito che le parti non avessero dichiarazioni preliminari, passò la parola al P.M., dr. Giulio Rombi per l'arringa dell'Accusa.
"Ritengo opportuno iniziare ricordando che l'imputazione
è per coinvolgimento in traffico d'armi con riflessi sulla sicurezza
dello Stato" attaccò il P.M.
"Vi è coinvolta la Meccaniche Padovane S.p.A.
nella persona del suo amministratore delegato. La Difesa ha tentato inutilmente
di spostare l'imputazione sulla semplice contravvenzione per esportazione
non autorizzata di componenti d'arma. Respingendo dette istanze la Corte
ha già riconosciuto che ben altro è in gioco rispetto al
relativo articolo del codice penale, il 695. Quando quest'articolo venne
redatto era il 1930 e le armi erano ben diverse dai potenti sistemi di
morte che la tecnologia attuale ha sviluppato. Qui non si tratta di pistole
o di fucili, ma di razzi che possono portare anche testate nucleari! Sono
ben cosciente dei limiti dell'imputazione con riferimento agli oggetti
specifici che sono stati sequestrati, ma non si possono comprendere le
implicazioni potenziali senza descrivere il fosco quadro in cui il fatto
specifico si inserisce. Rendersi conto bene dell'intero quadro è
fondamentale per comprendere come il delitto di traffico illecito di armi
o di parti d'armi sia da combattere con energia, oggigiorno, ben maggiore
che nel passato. E' da combattere per il torbido in cui esso si sviluppa
e per le preoccupanti connessioni delittuose coinvolte sia per le dimensioni
economiche che per la potenzialità distruttiva dei moderni sistemi
d'arma.
Se il Codice non è aggiornato, anche la giurisprudenza
non ci aiuta molto, perchè non è molto ampia al riguardo,
anche se essa è chiara nei casi più significativi ed in cui
si tratti di traffico di armi complete e non solo di componenti come nel
nostro caso. La decisione che questa Corte prenderà sarà
pertanto importante non solo per fare giustizia nel caso specifico, ma
anche per il valore di giurisprudenza di riferimento che finirà
per avere."
Con la mano tesa verso la Corte il P.M. fece una pausa a sottolineare l'importanza delle decisioni che da essa ci si aspettava.
"La complessità crescente dei sistemi d'arma, assieme
alla loro crescente pericolosità fa sì che alla loro realizzazione
contribuiscano una serie crescenti di imprese industriali, di fornitori
di servizi di varia natura ed enti di ricerca scientifica e tecnologica.
La lotta contro il traffico d'armi sarebbe pertanto impotente se si limitasse
a colpire solo il traffico dei sistemi completi. In effetti, spesso non
esiste neanche il fornitore del sistema completo, che viene concepito ed
assemblato nel suo insieme dallo stesso cliente finale.
La difficoltà ad intervenire sta anche in questa
crescente complessità. Molti dei materiali e componenti necessari
per realizzare un sistema d'arma possono essere reperiti sul mercato civile.
Ad esempio, il fusto di un cannone a lunga gettata può essere fatto
assemblando dei tratti di tubazioni d'acciaio realizzate per altri scopi,
magari per condutture forzate. Un sistema d'arma, per quanto complesso,
può essere realizzato per oltre il 50 % del suo valore attraverso
materiali e componenti acquistati sul mercato per applicazioni civili.
E' pertanto essenziale poter comprendere quali siano
le componenti strategiche, senza le quali l'arma non potrà venire
completata. Ed anche in questo caso, spesso, questi componenti possono
avere altre utilizzazioni, fuori dal campo militare. Questo, tra l'altro,
è proprio il nostro caso. Le componenti sequestrate sono delle piattaforme
inerziali che vengono utilizzate come sensori per sistemi di controllo
di assetto. Trovano applicazione in aerei, sia civili che militari ed in
missili. Ma anche per stabilizzare dei natanti, delle piattaforme petrolifere.
Anzi, nel nostro caso, questa è stata la utilizzazione finale che
ci è stata dichiarata dal fornitore. Ma noi sappiamo che di ben
altra applicazione si tratta!
Sarebbe pertanto difficile per la polizia e per la magistratura intervenire per il controllo del traffico di questi componenti strategici se le autorità di governo e la NATO non venissero in aiuto segnalandone le possibili applicazioni ed in ogni caso dando una lista di componenti la cui esportazione deve essere oggetto di speciali permessi. Ricordo alla Corte che nel nostro caso è proprio per l'intervento di controllo della Finanza su segnalazione dei nostri Servizi di Sicurezza che si è potuto fermare una partita di questi componenti realizzate dalla Meccaniche Padovane e diretta in Germania. Qui sarebbe stata integrata con altre componenti e quindi esportata in un paese del Medio Oriente. Quindi il cliente della Meccaniche Padovane non era il cliente finale, ma una ditta tedesca.
E' quindi chiaro, signor Presidente, signori della Corte, come non sia facile arrivare ad imputazioni nette, a distinguere nell'intrico di collaborazioni internazionali, dove vi sia stata corresponsabilità od ingenuità, compartecipazione o meno ai maggiori guadagni ricavati da esportazioni per applicazioni illecite. Ed è proprio per questo che dobbiamo esercitare la massima attenzione."
Il P.M. si fermò un momento, si guardò rapidamente
in giro, si soffermò sul banco della Difesa quasi a verificare che
sia gli avvocati che l'imputato fossero ben attenti, e riprese: "La Difesa
in questi casi può ampiamente giocare sulle ambiguità della
complessa rete di forniture, sulla varietà di applicazioni possibili
e pretendere la non responsabilità, l'ignoranza dei propri assistiti.
Ed il nostro valente avvocato Cavalli non ha mancato, e credo non mancherà
nella sua arringa finale, di giocare tutto sulla effettiva difficoltà
di discernere il grano dal loglio in queste complesse vicende.
Signor Presidente, signori della Corte! E' importante
che si adotti una particolare severità di giudizio proprio per impedire
che grazie alla complessità della tecnologia dei sistemi d'arma
si finisca per tollerare un traffico che diventa sempre più pericoloso,
e che può mettere a repentaglio la nostra stessa incolumità.
Non vorrei apparire tragico, ma proprio il nostro apparente
semplice ed innocuo sensore d'assetto inerziale, sì, proprio questa
piccola scatola - e così dicendo sollevò dal tavolo un qualche
cosa chiuso in un involucro di plastica scura - questa scatola costruita
dalla Meccaniche Padovane, se lasciata passare per la sua apparente innocuità,
potrà domani servire a guidare un razzo magari a testata biologica
rivolto verso l'Europa!"
La voce del pubblico ministero era via via salita di tono ed era arrivata ad un punto tale da richiedere una breve pausa per riprendere fiato oltre che per sottolineare l'importanza del passaggio: "Questa premessa è importante per capire come gli interessi coinvolti nel fare passare come innocua una fornitura di questo tipo siano molto più forti di quanto rappresentato da una pur importante impresa come la Meccaniche. Vi è molto di più in gioco. Vi sono interessi da coprire ben maggiori di quelli qui direttamente rappresentati e che si avvantaggerebbero di una sentenza mite o assolutoria. E' per questo che sono costretto a dipingervi l'intero quadro anche se esso va ben al di là di quanto sia strettamente l'oggetto della nostra discussione in questo processo.
Cominciamo con l'elencare i fatti. Con l'intervento della Guardia di Finanza che blocca la spedizione della fornitura dei componenti si avvia l'istruttoria contro lo Speri che si conclude con il suo rinvio a giudizio. Qualche giorno avanti la prima udienza si fa vivo con me Giuseppe Franchino dicendo che è pronto a testimoniare al processo fornendo informazioni su certe riunioni che lo Speri e i suoi clienti tedeschi facevano a casa del Franchino stesso. Mi dice che le rivelazioni che farà saranno molto importanti per l'accusa, ma le farà solo in sede processuale. Qualche tempo dopo, il 6 luglio, il Franchino sull'Autostrada del Sole nel tratto tra Firenze e Bologna, esce di strada. L'avvocato Paoli che per caso segue la vettura del Franchino, riesce a raccogliere le sue ultime parole. I due non si conoscevano. Il Franchino gli raccomanda di prendere una busta dalla sua tasca e di consegnarla alla moglie senza farne menzione alla polizia, cosa che il Paoli farà. L'avvocato Paoli è il difensore dello Speri e verrà a sapere in occasione della prima effettiva udienza del processo - quella in cui si doveva entrare finalmente nel merito, respinte tutte le eccezioni sollevate dalla Difesa - che il Franchino doveva essere testimone a carico. Vista la strana serie di coincidenze, così affermerà l'avvocato Paoli, che lo vedono come testimone in un fatto che potrebbe essere utilizzato nel dibattimento processuale, egli rinuncia alla difesa dello Speri. Le indagini svolte dalla polizia sulle cause della fuoriuscita di strada della vettura portano a dubitare che esse siano puramente accidentali. La perizia medica propende per una morte naturale causata da embolia avvenuta prima della fuoriuscita di strada. Tuttavia, vengono riscontrati anomalie meccaniche, come lo sfilamento di un tubo del circuito idraulico e lo scoppio di un pneumatico. Tre cause, ciascuna da sola sufficiente per perdere il controllo della guida. La procura competente ordina delle indagini che portano a scoprire che il Franchino ritornava da un viaggio a Perugia dove aveva incontrato un suo amico medico e avuto conferma che correva dei rischi a causa di una occlusione della carotide. Si verrà anche a sapere della busta che il Franchino morente aveva consegnato all'avvocato Paoli. La famiglia dichiarerà che la busta conteneva una polizza assicurativa sulla vita fatta dal Franchino pochi giorni prima e di cui era beneficiario il figlio. Nella busta vi sarebbero state, come abbiamo saputo in dibattimento dopo stringente interrogatorio del figlio del Franchino, anche le analisi mediche che indicavano lo stato di salute del Franchino. Tra gli elementi che rendevano perlomeno strana la vicenda, fu il mancato rinvenimento della valigia che il Franchino aveva portato con sé. Dieci giorni dopo sullo stesso posto verrà ritrovato il cadavere di un uomo senza documenti gettatosi o gettato dal parapetto del viadotto. Poco lontano dal cadavere verrà ritrovata anche la valigia del Franchino. Poco più in là verrà rinvenuta anche una borsa appartenente allo stesso Franchino. Nella valigia verranno trovati solo indumenti. Viene notato come, stranamente, tra gli indumenti non vi fosse un pigiama. Si avrà successiva conferma della stranezza del fatto, perchè il Franchino non dormiva mai senza pigiama e ne possedeva almeno una dozzina. Nella borsa vennero invece ritrovati dei documenti tecnici relativi ai prodotti della Meccaniche Padovane, la copia di una lettera di una ditta tedesca alla Meccaniche Padovane che sollecitava una presa di contatto per definire la questione della mancata fornitura dei componenti sequestrati, nonché l'originale di una lettera al Franchino inviatagli da un certo Paul Liebster. Costui è il direttore della stessa ditta, che lo invitava ad andarlo a trovare ad Orvieto dove lui avrebbe passato qualche giorno di ferie nella prima metà di luglio. Le due lettere portavano la stessa data del 20 giugno. Vi ricordo che la fuoriuscita di strada del Franchino è avvenuta il 6 luglio. Le indagini successive hanno mostrato che in effetti nel suo viaggio da Perugia verso casa il Franchino si era fermato ad Orvieto ed aveva pranzato con il Liebster. Poiché nessuno aveva prima indicato che il Franchino avesse con sé anche una borsa oltre alla valigia, venne svolta un'indagine che portò a scoprire che in realtà la borsa era stata messa poi sul posto dallo Speri che vi si era recato con la vedova con la scusa di onorare il defunto depositando una corona di fiori sul posto dove era avvenuta la morte. Messo alle strette da alcuni fatti, come quello che la lettera originale della ditta tedesca era datata in realtà 5 luglio - e quindi non poteva essere in possesso del Franchino - e non 20 giugno come appariva nella copia contraffatta ritrovata nella borsa, lo stesso Speri confesserà che si trattò di un maldestro tentativo per fare apparire il Franchino come colui che teneva le relazioni con la ditta tedesca e pertanto il solo eventualmente al corrente dell' uso finale dei componenti strategici. Il Liebster affermerà invece che il Franchino era suo fornitore di vini, e che a poco a poco questi rapporti si erano trasformati in una vera e propria amicizia. Il Franchino era stato a trovarlo più volte in Germania, e lui era stato spesso a Barbarano. L'incontro, sempre secondo il Liebster, non aveva avuto altro motivo che ritrovarsi tra vecchi amici e discutere del rifornimento di bottiglie in occasione delle prossime feste natalizie."
Il P.M. Rombi terminò l'elencazione dei fatti ricordando la novità emersa in sede di dibattimento, quando il figlio del Franchino aveva presentato la lettera che il padre aveva lasciato al notaio, da aprire solo dopo la sua morte, e nella quale confessava al figlio la sua intenzione di suicidarsi simulando un incidente.
"E' tuttavia da escludere, che quanto è successo il 6 luglio sull'autostrada Firenze - Bologna sia da attribuire alla messa in atto del piano suicida. Infatti, se avesse inteso suicidarsi fingendo un incidente, il Franchino non avrebbe portato con sé dei documenti che voleva arrivassero alla sua famiglia e che, se finiti in mani pubbliche, avrebbero potuto annullare gli effetti che lui si riproponeva per il figlio, e cioè la riscossione di una grossa somma dall'assicurazione sulla vita. Senza contare che la caduta avrebbe potuto finire con un rogo. Infatti, poco mancò che finisse proprio così. Quindi per lui quell'evento dovette essere inaspettato. Oltre tutto, il colloquio a Perugia con il suo amico medico gli aveva ridato delle speranze per un intervento chirurgico, e non si vede perchè proprio subito dopo quell'incontro abbia voluto dar seguito al suo proposito suicida. Sembrerebbe strano, inoltre, che con quel progetto in testa si recasse tranquillamente a trovare ed a pranzare con il suo amico tedesco."
Tutta l'aula era attenta a non perdere una battuta. Il dr. Rombi si fermò un istante a bere un sorso d'acqua da un bicchiere che il cancelliere gli porse.
"Se questi sono i fatti - riprese il P.M. - si tratta
ora, signor Presidente , signori della Corte, di dare loro un senso. La
prima cosa che salta all'occhio è l'eccesso di casualità
che sembra governare la sequenza degli eventi sull'autostrada. Caso, caso,
caso... Il malore del guidatore proprio mentre si sfila un tubo dell'impianto
idraulico, opera del caso. Lo scoppio contemporaneo di un pneumatico, opera
del caso. L'avvocato difensore del suo amico che lo segue - sempre per
puro caso - e raccoglie le sue ultime volontà. Ancora il caso fa
sì che sotto ad un cadavere si ritrovi la valigia che le indagine
accurate sul terreno non avevano fino allora rintracciato. Se ci si pensa,
l'unica cosa che ha una logica in tutto quello che là è avvenuto
è il ritrovamento della borsa, che si spiega come tentativo di far
credere che il morto avesse con sé dei documenti che lo compromettevano
nel traffico delle armi.
E perchè allora non cercare di ridurre il ruolo
del caso che sembra veramente eccessivo, aumentando la parte che ha senso
e nesso logico?
Cominciamo dalla valigia. E' più verosimile che
anch'essa sia stata messa là dopo il fatto e che il cadavere sia
stato una specie di segnale per attrarre l'attenzione proprio in quel punto
e far ritrovare la valigia. Ma chi può aver fatto ciò? Non
certo lo Speri. Anzitutto l'ingenuità della messa in scena per la
borsa non si addice a chi sia capace di pianificare un assassinio, sia
pure di un povero diavolo di nord africano clandestino in Italia - tale
infatti l'identità del misterioso cadavere indicata dalle successive
indagini - per far ritrovare una valigia. Ben altra organizzazione vi è
dietro. La valigia non può essere lì dal momento dell'uscita
di strada del Franchino. Infatti manca qualcosa nella valigia. Certamente
vi manca un pigiama. Forse molto di più. Ma se manca qualcosa, allora
la valigia viene fatta ritrovare apposta come un avvertimento. E perchè
il suo ritrovamento serva da avvertimento, vi deve mancare qualcosa. Ma
l'avvertimento va solo a chi è in grado di sapere che vi manca qualcosa
e cioè alla famiglia del morto. Alla polizia invece il ritrovamento
della valigia deve sembrare del tutto casuale. Ecco perchè la valigia
è messa nella spaccatura di un masso su cui la vettura si era ribaltata.
Là dove era posta avrebbe potuto sfuggire al sopralluogo per quanto
accurato. E poi, chi si aspetta - con tutto quello che si dice sulla nostra
Italietta - che i sopralluoghi della polizia o dei carabinieri siano veramente
accurati? Quindi più che plausibile che la valigia sia stata là
fin dal 6 luglio e che venga ritrovata solo per caso quando si andrà
di nuovo sul luogo per rimuovere il cadavere di quel povero disgraziato.
E la valigia proprio là sotto doveva essere! Per caso, naturalmente,
per puro caso. Piano diabolico certo, ma ben congegnato!"
Qui il P.M. si prese una pausa voluta. Si girò
attorno, tossicchiò, guardò il banco della Difesa, quello
della Corte, poi riprese: "Il caso può certo giocare dei brutti
scherzi, ma mi rifiuto di pensare che possa costruire con le sue sequenze
casuali delle intere storie, tanto più se queste storie fanno comodo
a qualcuno. Le indagini, sia sulla morte del Franchino che su quella del
nord africano, sono tuttora aperte. Non voglio interferire con la Procura
che per competenza le sta svolgendo traendo anzitempo conclusioni su come
si siano svolti i fatti. Ma devo, anzitutto, sottolineare che i colleghi
emiliani non si sono lasciati prendere all'amo degli eventi per cause naturali,
malore o rottura meccanica per il Franchino, suicidio per il nord africano.
Quindi anche se non sono ancora in grado di trarre conclusioni finali,
essi stanno seriamente seguendo l'ipotesi criminosa.
In questa sede la Corte è chiamata a giudicare
un fatto delittuoso di traffico d'armi. E' importante, come sottolineavo
all'inizio del mio intervento che emerga il quadro globale in cui queste
attività vengono svolte, perchè si possa procedere severamente
contro queste attività. Mi permetta pertanto - signor Presidente
- di dare una mia ricostruzione di come i fatti possono essersi svolti
e di separare gli eventi casuali da quelli che rispondono ad un piano delittuoso."
Qui fu l'avvocato Cavalli ad emettere un mormorio.
"La Difesa non me ne voglia, ma ritengo che sia indispensabile
procedere a una ricostruzione razionale, anche se in parte ipotetica, della
vicenda riducendo ad un ruolo meno ridicolo l'intervento del caso. Cominciamo
con indicare gli interessi dietro alla nostra storia. Vi sono quelli della
Meccaniche Padovane, nella persona dell'imputato suo amministratore delegato.
Si tratta di salvarsi dal reato più grave di esportazione illecita
di materiale strategico con possibili riflessi sulla sicurezza dello Stato.
Vi potrebbero essere ripercussioni sull'immagine dell'azienda, ma anche
la prospettiva di passare qualche tempo nelle patrie galere. Per quanto
più modesto, vi è anche l'interesse a ricuperare il materiale
sequestrato. Sono interessi importanti, ma limitati a questa fornitura.
Non abbiamo infatti motivo di pensare che il futuro della Meccaniche Padovane
dipenda dalla possibilità di continuare a rifornire il mercato clandestino.
Il grosso delle sue produzioni, tutte per altro di qualità e per
le quali la Meccaniche Padovane rappresenta - è doveroso riconoscerlo
- un vanto per l'industria padovana, riguarda settori che non hanno niente
a che vedere con possibili applicazioni strategiche. Le componenti speciali,
come le piattaforme inerziali oggetto del sequestro, rappresentano meno
del 10% del suo fatturato. Inoltre per queste componenti strategiche il
grosso delle forniture nel passato è stato effettivamente per applicazioni
note e tutte in ambito NATO.
Vi sono invece gli interessi rappresentati dalla grande
azienda tedesca che ha fatto da intermediaria e che fornisce il grosso
dei materiali per realizzare sistemi d'arma moderni come aerei da combattimento
e missili. Per quest'ultima, gli interessi in gioco sono decisamente superiori.
Anzitutto il valore del mercato è molto più grande e poi
molto maggiore è la dipendenza da questo tipo di forniture.
Vi sono infine gli interessi del cliente finale. Anche
se non sappiamo con sicurezza chi sia, le recenti e meno recenti vicende
medio-orientali non lasciano molti dubbi che si tratti delle autorità
di un governo totalitario che dispone di ingenti mezzi sia finanziari che
di altro tipo per perseguire i propri disegni. Qui gli interessi sono certo
maggiori, come anche i mezzi cui ricorrere per difenderli. E' una grossa
pentola che bolle in sordina. Attraverso il, tutto sommato, piccolo caso
italiano c'è il rischio che si sollevi il coperchio e che l'intero
disegno diventi evidente e che su di esso cada l'attenzione di tutto il
mondo occidentale con le capacità di intervento e di contromisure
che rappresenta. Non è difficile immaginare che per i servizi segreti
di un tale paese non sia compito molto arduo mettere in atto un piano delittuoso
che non si fermi davanti anche a degli omicidi pur che la pentola non si
scoperchi. E nel fare questo non è necessario che gli altri due
attori, la grande azienda tedesca e la nostra azienda padovana intervengano
o addirittura vengano informate. Escluderei comunque che in un eventuale
tale disegno intervenga il nostro imputato. Non avrebbe certo messo in
scena il grottesco episodio della borsa se fosse stato al corrente che
ben altre risorse ed idee erano disponibile per realizzare ben altri interventi.
Per quanto riguarda la ditta tedesca non saprei. Propendo a pensare che
essa sia stato un involontario strumento per realizzare il piano."
Il Presidente della Corte interruppe a questo punto il P.M.: "Dr. Rombi, visto che il bello della sua arringa mi sembra debba ancora venire, e che siamo stati qui fermi per un pò di tempo ad ascoltarla, propongo un'interruzione di mezz'ora per evitare di perdere concentrazione. La Corte si ritira."
La mezz'ora passò in fretta e con il rientro della Corte il cicaleccio che si era sviluppato in sala si fermò di colpo. Il Presidente ridiede subito la parola al P.M.
"Signor Presidente, signori della Corte. Ho parlato di
piano non a caso. Il risultato finale del nostro processo è tale
per gli interessi più forti cui mi sono riferito che chi vi sta
dietro non può attendere sperando nella bravura della difesa. Un
punto delicato in questo come in tutti i processi è la disponibilità
per l'accusa di testimoni chiave. Il nostro testimone chiave era il Franchino.
Per ragioni che possiamo presumere, ma che interessano qui solo marginalmente,
l'amicizia tra il Franchino e lo Speri deve essersi incrinata, al punto
che il primo decide spontaneamente di testimoniare a sostegno dell'accusa.
Ed il testimone è importante perchè sappiamo che le relazioni
pubbliche della Meccaniche Padovane - e cioè il rapporto con i clienti
importanti in visita d'affari - passano per la villa del Franchino. Si
tratta di incontri conviviali in un ambiente simpatico e soprattutto discreto,
in cui è possibile senza dare nell'occhio parlare d'affari, magari
d'affari che hanno molto bisogno di riservatezza. Il Franchino fa da padrone
di casa. E' interessato a che l'ospitalità risulti degna degli invitati.
La sua ospitalità non è del tutto disinteressata, perchè
riesce così a far conoscere i vini da lui prodotti e gli ospiti
finiranno poi per diventare suoi clienti, clienti della Vinicola del Castello.
Ma se fa il padrone di casa e sa oltre tutto molto bene il tedesco - lingua
nella quale lo Speri interloquiva direttamente con i clienti tedeschi -
egli non può non aver sentito anche ciò che doveva essere
riservato. Quindi se il Franchino intende testimoniare a favore dell'accusa,
diventa un testimone chiave. Un testimone da eliminare. La macchina organizzativa
del potente cliente finale - e come dicevo i mezzi non gli mancano, a partire
da un efficiente servizio segreto - si mette in moto. Riaffermo qui che
non vi sono indizi per ritenere che lo Speri vi sia coinvolto. Anzi, c'è
da ritenere che non sospetti assolutamente nulla. Non interessa qui fare
ipotesi sulla parte tedesca. Tuttavia anche per loro non credo vi sia coinvolgimento
diretto. Indiretto, magari involontario, sì. Infatti era con loro
che il cliente finale aveva contatti. Quindi avranno dovuto fornire informazioni
sull'intera vicenda, sul processo in corso, anche per tranquillizzare.
Il primo punto del piano, dicevo, riguarda l'eliminazione
del testimone. Un secondo punto deve riferirsi all'imputato stesso. Occorre
evitare che costui ceda durante il processo, che finisca per confessare
ciò che sa, o che sospetta, su chi è coinvolto, sulla vera
utilizzazione dei componenti da loro forniti. Può darsi che nel
suo specifico interesse convenga infatti all'imputato ad un certo punto
del processo cedere per ottenere, se le cose si mettessero male, la condanna
più mite possibile. Ma questo non può essere permesso. Occorre
quindi intimidire fortemente l'imputato, perchè non dica niente
anche se ciò potesse comportare un risultato processuale per lui
più negativo.
Questi, quindi, mi sembrano, realisticamente, gli obiettivi
del piano. La morte del Franchino deve sembrare accidentale per tutti,
salvo naturalmente che per lo Speri.
Se questi erano gli obiettivi da raggiungere, ecco come penso siano andati i fatti. Il Franchino viene sorvegliato da vicino. L'occasione per intervenire capita con il suo viaggio a Perugia. Durante il pernottamento all'albergo, il sistema idraulico della sua vettura viene manomesso allentando le fascette che ancorano un tubo flessibile in modo che dopo qualche rapida sterzata e brusca frenata esso si sfili e la macchina esca di strada. La macchina viene seguita con discrezione quando riparte. L'effetto pensato deve avvenire al momento opportuno, quando la fuoriuscita di strada assicuri la morte del guidatore. Devono avere studiato bene il tracciato e considerato il tratto appenninico con i suoi alti viadotti il più adatto. Al momento opportuno potranno causare sia la sterzata che la frenata sorpassando molto da vicino la vettura del Franchino e stringendola da lato. Tuttavia per essere più sicuri del successo, viene anche gonfiato a forte pressione un pneumatico della vettura. E probabilmento hanno anche indebolito il pneumatico. Verrammo infatti trovate delle striature sospette sulla gomma. Anche in questo caso l'effetto pensato di possibile scoppio avverrebbe quando la temperatura del pneumatico si è alzata, sia per il caldo esterno sia per l'attrito stradale. In tali condizioni basterà che vi sia una brusca virata e frenata. La cosa è meno campata per aria di quanto si possa credere. Sono state svolte delle perizie a cura della Procura che segue l'istruttoria. I periti hanno affermato che è possibile ottenere l'effetto voluto calibrando opportunamente sia l'allentamento delle fascette che aumentando la pressione del pneumatico. Il Franchino fa una tappa ad Orvieto. Probabilmente la cosa era a loro nota. Anzi i tedeschi, anch'essi preoccupati della possibile testimonianza del Franchino avranno combinato l'incontro proprio per cercare di dissuaderlo dal testimoniare ed avranno informato di questa loro iniziativa il cliente per tranquillizzarlo che tutto si sarebbe sistemato. In fondo erano diventati amici il Franchino ed il direttore generale dell'azienda tedesca. Quella fermata, tuttavia permette di eseguire la seconda parte importante del piano, quella di far sapere allo Speri e solo a lui che la morte non è accidentale e che lui stia attento a quello che fa. Durante la sosta in albergo per la colazione con il tedesco, i malintenzionati che lo hanno seguito fino là, sottraggono dal portabagagli della sua vettura la famosa valigia. Ricordo che la vettura del Franchino aveva un sistema antifurto meccanico che non dava allarme se qualcuno forzava il bagagliaio. Il Franchino quando riparte non ha motivo per aprire il portabagagli e non si rende conto di non avere più la valigia. L'incidente avviene come previsto. L'avvocato Paoli, ignaro testimone, dirà che poco prima che la macchina del Franchino uscisse di strada una macchina sportiva molto veloce li aveva superati, passando molto vicino a lui ed al Franchino e che subito dopo quest'ultimo aveva sbandato. Torniamo ora alla valigia. Non la si trova, malgrado le ricerche sul posto. Verrà rinvenuta invece una settimana dopo, proprio sotto ad un cadavere messo là quasi a bella posta. E' importante che la valigia si ritrovi perchè, se vi mancano cose che avrebbero dovuto esserci, è un segnale evidente per chi fosse al corrente del contenuto che non può esservi stato incidente, ma deliberata eliminazione di un testimone. Se il fatto è accompagnato da minacce esplicite, magari per via anonima, all'interessato che farà la stessa fine se..., la minaccia può avere l'effetto voluto. E mi sembra che durante il dibattito lo Speri e i suoi collaboratori che abbiamo sentito come testimoni, siano stati fermi nel non ammettere assolutamente nulla riguardo ai destinatari finali della fornitura.
Questo è il disegno delittuoso messo in atto con
professionalità. Tutto funzionerà a meraviglia se la morte
del Franchino sarà considerata accidentale per tutti tranne che
per chi deve sapere. Ma il diavolo ci ha messo il suo zampino, come si
dice. Il Franchino era un soggetto a rischio e forse la causa prima della
fuoriuscita è un'embolia e non lo scoppio del pneumatico o il distacco
del tubo del servosistema idraulico. Probabilmente l'embolia è causata
dal momento di stress a seguito dello sbandamento improvviso causato dalla
vettura che sorpassa stringendolo troppo da vicino. Da qui la perdita di
controllo, le due o tre sbandate successive, lo scoppio, la perdita d'olio,
la fuoriuscita verso lo strapiombo. Fatto sta che gli investigatori hanno
dei sospetti per eccesso di cause concomitanti. E poi c'è anche
la strana coincidenza che si troverà sul posto e ascolterà
le ultime parole del moribondo proprio l'avvocato che all'epoca difendeva
lo Speri. Questa sì è proprio opera del caso, ma servirà
ad aumentare i sospetti degli investigatori.
Questa, signor Presidente, signori giurati è l'unica
logica ricostruzione degli eventi, ricostruzione che anche se non fosse
del tutto appropriata tuttavia mette in luce chiaramente quali interessi
vi stiano dietro a queste apparenti innocue forniture e la necessità
quindi di intervenire con la maggiore severità possibile."
Il P.M. terminò con la richiesta di comminare la massima condanna prevista dagli articoli del codice indicati nel rinvio a giudizio e che si riferivano alla sicurezza dello Stato.
Essendo ormai tarda mattinata, il Presidente interruppe l'udienza rinviando l'arringa della Difesa al pomeriggio.
Al rientro della Corte, nel pomeriggio, l'aula era altrettanto piena, anzi forse ancor più che al mattino. L'avvocato Cavalli, ottenuta la parola dal Presidente, si alzò, si guardò intorno. Dalla sua posizione alla destra della tribuna della Corte poteva vedere anche gran parte dell'aula. Il suo sguardo incontrò quello di Enrico, accennò ad un sorriso d'intesa con una strizzatina d'occhi, poi diede il via all'arringa:
"Grazie signor Presidente. Devo confessare di essere stato
affascinato, come tutti immagino, dall'arringa del pubblico ministero.
Immaginare che dietro di noi ci sia il 'grande vecchio' o qualche altra
misteriosa potenza capace di disegnare ed attuare trame complesse e tremende,
di costringere in qualche modo il nostro destino verso una direzione predefinita,
non può non affascinare e coinvolgere. Tuttavia, superata questa
forte attrazione del racconto che ci ha un pò sollevato dalla routine
di provinciali lontani dai posti dove si giocano i destini del mondo, è
bene che i piedi ritornino a posarsi sulla terra, la nostra buona terra
padovana, dove il locale prevale sul globale, dove i fatti del mondo per
fortuna ci arrivano in sordina, dove il pettegolezzo è più
importante della cronaca nera.
Devo confessare che mentre ascoltavo l'arringa dell'Accusa
mi tornava alla mente un libro che ha esercitato su di me un notevole fascino.
Si tratta del romanzo di Italo Calvino che spiazza il lettore già
con lo strano titolo: 'Se una sera d'inverno un viaggiatore'. Avevo
preparato tutt'altra un'arringa, ma non posso non deviare tanto è
stato forte il richiamo a Calvino. Il libro presenta un Lettore che si
accinge a leggere un libro. Si parte così leggendo, assieme al personaggio
Lettore, il libro che lui ha tra le mani. La storia è affascinante,
ma alla fine del primo capitolo si arresta. Per un errore tipografico le
altre pagine sono una ripetizione del primo capitolo. Il lettore cerca
di rintracciare un'altra copia del libro per poter continuare la lettura,
ma non gli sarà possibile. Gli capiterà invece di leggere
l'inizio di un'altra storia. Ed anche qui non potrà andare oltre,
ma slitterà su una terza storia e così via. Il libro è
quindi l'intrecciarsi di dieci diverse storie assolutamente indipendenti
una dall'altra e di cui si viene a conoscere solo una parte. Il Lettore
descritto nel romanzo non riuscendo a leggere un'intera storia dall'inizio
alla fine, ma attratto da tutto ciò che ha letto, finirà
per crearsene una lui che legherà insieme le dieci storie parziali.
Sarà una storia di intrighi internazionali, di furti di storie scritte
da autori famosi, di copie non autorizzate, di romanzi apocrifi, di copertine
che descrivono libri che non corrispondono al contenuto. Una storia in
cui il nostro Lettore viene lui stesso coinvolto e che alla fine riesce
ad appagare il suo desiderio di seguire una storia unica e non dieci porzioni
di storie indipendenti. La morale del libro è chiarita nell'ultimo
capitolo. A chi legge un libro, dice Calvino, non interessa tanto la storia
così come vi è scritta, ma quella che il lettore riesce a
costruirvi sopra con la sua fantasia. Così, un lettore potrebbe
leggere dieci volte lo stesso libro ed alla fine avere la sensazione di
aver letto dieci libri diversi, perchè ogni volta la sua fantasia
innescata dalla lettura ha creato sensazioni diverse. Non ha quindi molta
importanza - questa è la sfida di Calvino - che il lettore legga
dieci scorci incompiuti di storie realmente diverse, tanto la sua fantasia
riuscirà a costruirne una tutta sua.
Ma veniamo ora alla nostra di storia, anzi al romanzo
che il pubblico ministero ci ha descritto così abilmente. Anzitutto
si tratta di una sola storia o di tante storie separate che in qualche
modo si incrociano tra di loro? Il P.M. ci appare qui come il Lettore di
Calvino. Non ha potuto accettare l'idea di essere di fronte a tanti spezzoni
di storie separate, che il caso fa apparire come in qualche modo legate
tra di loro. Il P.M. ha quindi reagito alla lettura degli avvenimenti,
dei fatti accertati, intrecciandoli in una sua storia, che dia agli eventi
un significato comune legandoli tra loro ad un unico fine. E guarda caso,
come nel romanzo di Calvino, è una storia di intrighi internazionali,
di disegni delittuosi e complessi, ma che riescono misteriosamente a venire
attuati. Gli eventi accertati, in realtà, li possiamo considerare
come pezzi di storie diverse, che potrebbe anche essere interessante seguire
una ad una fino a fondo. Ma la nostra curiosità deve fermarsi lì,
insoddisfatta, perchè non abbiamo altri elementi sicuri per seguirne
gli sviluppi. Comunque a noi qui, ai fini del giudizio che la Corte deve
dare, la continuazione delle singole storie non interessa.
Un primo brano di storia è quella dell'avvocato
Paoli. Se ne sta andando a casa per i fatti suoi, quando la vettura che
gli sta davanti e di cui lui ignora tutto - una vettura come tante altre
incrociate, superate o seguite per un tratto - esce di strada. Lui cerca
di soccorrere il guidatore che spirerà subito dopo, non senza tuttavia
avergli prima consegnato una busta da recapitare ai familiari. Questa storia
potrebbe finire qui, ma l'intreccio si fà interessante, perchè
l'avvocato verrà poi a sapere che il morto in realtà avrebbe
dovuto testimoniare contro un suo cliente in un processo abbastanza importante.
A questo punto, sul più bello si direbbe, questa storia finisce,
non c'è seguito, salvo il fatto della rinuncia dell'avvocato alla
difesa per evitare possibili conflitti con la sua qualità di testimone
della morte sull'autostrada.
Una seconda storia è quella del Franchino che
tornando da Perugia esce fuori strada e vi trova la morte in condizioni
un pò misteriose. Per lo meno questo è il giudizio degli
investigatori, peraltro dovuto essenzialmente, a quanto ha ammesso anche
il P.M., ad un'eccessiva concomitanza di concause. Questo secondo spezzone
di storia finisce qui con la consegna della misteriosa busta al soccorritore.
Anzi no, questo è solo il primo capitolo della storia del Franchino.
Il lettore riuscirà in questo caso a saperne un pò di più,
sia pure a poco a poco ed inframmezzata ad altre storie. Anzitutto a quella
del figlio del Franchino. Ha avuto un passato che è meglio dimenticare.
Il padre si preoccupa dell'avvenire del figlio e lo potrebbe inserire nella
sua azienda. Ma questa è in serie difficoltà finanziarie,
il padre è ammalato e la sua vita durerà ancora assai poco,
o così almeno lui pensa. Tanto da immaginare di togliersi la vita
simulando un incidente in vettura, così che il figlio possa riscuotere
un grosso capitale da una polizza sulla vita fatta a bella posta. Ma allora
l'incidente è in realtà quello che il padre ha programmato
di simulare e quindi con questo secondo capitolo si chiudono in una sola
le storie dei Franchino? No, in realtà si tratta di una storia separata
da quella dell'autostrada. E' l'avvio di una storia che il Franchino voleva
portare avanti, cui una morte non programmata gli ha impedito di dar seguito.
In realtà, un secondo capitolo della storia dell'autostrada c'è.
E' quella della valigia. Qui, attenzione! Nel libro che ci descrive la
storia dell'autostrada è inclusa una storia del tutto indipendente
che per errore è stata stampata nello stesso volume! E' la storia
del povero magrebino che gettandosi dal viadotto si è ritrovato
sul masso dove la valigia si era infilata prima e non era stata scoperta
fino allora. L'auto del Franchino proprio su quel masso si era rivoltata
e non è strampalato pensare che la valigia, uscita dal bagagliaio
proprio per quel rivoltamento, si sia infilata in una fessura del masso
e depositata sul fondo. Non sarebbe stato facile rintracciarla laggiù
dove si era ficcata, anche con un'ispezione ben accurata dei luoghi, cosa
di cui non abbiamo motivo di dubitare sia stata fatta.
Vi è infine la storia dello Speri, quella su cui
siete chiamati a formulare un verdetto. E' la storia della fornitura di
componenti che, ad insaputa dello Speri, forse avrebbero avuto un impiego
che le nostre autorità non considerano permesso. Un capitolo di
questa storia è certo rappresentato dalla funzione svolta dal Franchino
negli affari della Meccaniche Padovane, funzione di relazioni pubbliche,
come vi si è riferito il P.M. Con le cene che ospitava a casa sua
e non solo con le cene, ma con i rapporti che era riuscito ad intessere
anche per via di amicizia, pronubo il suo eccellente vino, con la controparte
tedesca. Per questi legami il Franchino svolgeva per conto della Meccaniche
Padovane, come ci ha qui testimoniato lo Speri, una funzione ben più
importante che quella di relazioni pubbliche. Era in realtà, il
fiduciario della Meccaniche per gli affari con quel particolare cliente.
Fu così anche quella volta. E se qualcuno dovesse essere stato al
corrente di finalità strane della fornitura, questo sarebbe stato
lui. Questa del Franchino è tuttavia un capitolo della storia Speri
e non ha niente a che vedere con la storia dell'autostrada se non fosse
per il tentativo ingenuo, oltre che goffo, di legarle insieme con l'idea
della borsa. E' questo un capitolo che potremmo definire apocrifo, seguendo
la metafora del libro di Calvino. Oltre che apocrifo, scritto da un falsario
grossolano. Infatti non ci è voluto molto per scoprirlo! A parte
questo capitolo, la storia dello Speri è quindi chiusa e completa
in sé, non ha niente a che fare con l'incidente sull'autostrada.
Tuttavia, se il tentativo di approfittare dell'incidente per informare
del colloquio ad Orvieto è da condannare, deve essere riconosciuto
che in realtà era proprio il Franchino a fare da intermediario con
l'azienda tedesca. E questo sì è parte integrante della storia
dello Speri. E se ci doveva essere qualcuno sul banco degli imputati, quello
proprio il Franchino doveva essere, altro che teste a carico. Ma forse,
proprio perchè il Franchino, per ragioni che ci sfuggono, ma che
hanno semmai giustificazioni nella sfera emotiva dei rapporti privati -
questa sarebbe un'altra storia da aggiungere alle già molte che
qui si intrecciano - voleva venire a testimoniare contro lo Speri, vuol
dire che anche lui non ne sapeva niente, altrimenti avrebbe rischiato forte
nel contro interrogatorio della Difesa. "
L'avvocato Cavalli aveva parlato senza interruzione fino ad allora. Qui una piccola pausa ci stava bene per trarre le conclusione dalla metafora.
"Come nel romanzo di Calvino - riattaccò subito
il Difensore - anche qui abbiamo tante storie separate una dall'altra che
non possono insieme costruire una bella storia unitaria. Ma il nostro Lettore,
nel nostro caso il nostro valoroso avversario nel dibattito processuale,
il pubblico ministero, non può accontentarsi di tanti frammenti
separati. E' una storia unica che lui deve tratteggiare e, poiché
la fantasia non gli manca come al Lettore di Calvino, ecco la sua storia
che tutto avvolge, una storia complessa, piena di misteriose forze. Va
ammesso, a discolpa del dr. Rombi, che le storie - a differenza di quelle
di 'Se una sera d'inverno un viaggiatore' - sono sì separate
ed indipendenti, ma si accavallano spazialmente e si intrecciano in parte
sugli stessi personaggi. Il fatto che queste storie si svolgano in parte
tutte sullo stesso tratto di autostrada da Firenze a Bologna, e che trovino
nel Franchino un personaggio di tutte, rende più facile far scattare
la fantasia unificatrice del lettore. Se Calvino fosse ancora vivo gli
si potrebbe suggerire di prendere spunto da questo nostro dibattito per
scrivere un'altra versione del suo romanzo in cui le storie, pur essendo
indipendenti, hanno almeno dei punti in comuni, nella scena e nei personaggi.
Devo tuttavia sottolineare che, rispetto al Lettore di
Calvino, il pubblico ministero, in realtà, si è dimenticato,
ho meglio non ha voluto cucire assieme alle altre una delle storie. Ha
lasciato fuori, infatti la storia dell'avvocato Paoli. Perchè, illustre
oppositore, lasciare al ruolo del caso questa storia e solo questa? Non
è strano, alla luce del quadro dalle luci fosche che lei ci ha tracciato,
che per puro caso proprio l'avvocato difensore dello Speri si trovasse
sul posto e raccogliesse le ultime parole del teste a carico del suo cliente?
Vi è più logica di connessione qui che per il cadavere e
la valigia. Ma ciononostante lei, - ed il dito dell'avvocato tra minaccioso
ed ironico puntava sull'Accusatore - lei, non l'ha inclusa, perchè
allora sarebbe stato evidente che tutto il tentativo di mettere assieme
i pezzi in un unico puzzle sarebbe caduto. Chi avrebbe potuto prendere
sul serio un tale collegamento tra un avvocato da tutti stimato e una losca
vicenda di assassini e complotti internazionali? E così il ricorso
al caso può far comodo anche al pubblico ministero. Che cosa direbbe
tuttavia il Lettore del romanzo di Calvino se una delle sue dieci storie
non servisse a suscitare il lui la fantasia unificatrice? L'intero romanzo
suonerebbe falso. E così, mi pare di dover concludere, suona più
che stonato l'intero tentativo dell'accusa di presentare tutta la faccenda
come una storia unica che stia in piedi."
Altra pausa significativa. Poi: "Signor Presidente, signori della Corte! Noi siamo tutti lettori di libri e quando compriamo un romanzo vogliamo che esso ci parli di una storia, magari complessa, ma unitaria. Così è facile farci suggestionare dallo sforzo fatto dall'Accusa di presentarcene una, per di più piena di misteriosi personaggi e di potenze straniere. Ma qui non siamo dei lettori di romanzi. Qui si tratta di esaminare dei fatti e metterli assieme solo se stanno assieme per via provata, non per assunto o per la voglia a tutti i costi di una logica che unifichi come cooperanti ad un unico fine degli eventi separati. Non dobbiamo lasciarci affascinare dal nostro desiderio di lettori di libri di volere a tutti i costi una storia unica, se storia unica non c'è stata, come non c'è stata!"
L'enfasi nella voce con cui il Cavalli aveva pronunciato
l'ultima frase, richiedeva per avere pieno effetto una pausa. Breve per
altro.
"Rimane un punto da chiarire, tuttavia, e che è
stato alla base dell'avvio dell'indagine sulla morte del Franchino. Come
ci ha ricordato in sede di dibattimento il commissario Loiacono, è
sembrato davvero strano che tre eventi indipendenti - e ciascuno di per
sé poco probabile - potessero avvenire contemporaneamente ed assieme
aver causato la fuoriuscita di strada. Come ci ha ricordato il P.M. questa
mattina gli investigatori ritengono ora che l'evento iniziale sia stato
il malore, cui è seguito lo sbandamento. Il ricorso violento allo
sterzo ed al freno avrebbe causato il distacco del tubo del servosistema
e lo scoppio del pneumatico. Il P.M. veramente ci ha aggiunto di suo che
il malore sarebbe stato causato dalla vettura che ha sorpassato troppo
da vicino quella del Franchino provocando in questi uno spavento che ha
a sua volta scatenato l'embolia. Spero di essere riuscito, anche con l'appoggio
del romanzo di Calvino come metafora, a farvi riflettere su quanta fantasia
abbia il mio valente antagonista. Ma va data risposta anche alla stranezza
degli eventi. Se non ricordo male, il commissario Loiacono nella sua deposizione
ha citato la teoria delle probabilità per convincerci di quanto
piccola possa essere la probabilità che più eventi indipendenti
avvengano assieme. Mi sembra che lui ci abbia fatto un esempio con dei
numeri. Se la probabilità che scoppi un pneumatico fosse di uno
su cento e quello che si stacchi un tubo del circuito idraulico fosse di
uno su mille, la probabilità congiunta dei due eventi sarebbe di
uno su centomila. Va tuttavia ricordato, per quanto riguarda il tubo del
servofreno, come ha riconosciuto il commissario Loiacono in sede di dibattimento,
che proprio perchè il tubo era stato da poco cambiato non si possa
escludere che per errore le fascette che assicurano la tenuta del tubo
non fossero state ben strette. E ciò malgrado le ovvie dichiariazioni
contrarie del responsabile dell'officna che ha eseguito le riparazioni.
Quindi la probabilità che il tubo si sfilasse, a seguito di manovre
improvvise che richiedevano l'intervento del servosistema, potrebbe non
essere stata poi tanto piccola. Ci sono poi le striature sul pneumatico
che è scoppiato. Anche queste opere del caso? Mi sembra che qui
più semplicemente si possa dire che queste striature siano avvenute
durante il rotolamento della vettura per sfregamento contro qualche pezzo
di lamiera della carrozzeria. Se volete, non si può neanche escludere
che in quel parcheggio ad Assisi, di cui ci ha parlato in dibattimento
il figlio del Franchino, pieno di blocchi di cemento da cui sporgevano
spuntoni di ferro - vi ricordate? - uno di quei spezzoni abbia sfregato
anche contro il pneumatico della ruota anteriore di destra.
A parte questi eventi del tutto plausibili che possono
aver reso assai più alta la probabilità sia della rottura
del servosistema che del pneumatico, devo comunque richiamare la vostra
attenzione sul fatto che il caso gioca degli scherzi a volte molto grossi
e se ne ride della teoria della probabilità. Sono sicuro che è
anche esperienza personale di ciascuno di voi, signori della Corte. Ed
i proverbi popolari sono pieni di riferimenti alla mala sorte che mette
assieme eventi diversi. Non c'è due senza tre... oppure... quando
la giornata comincia male... Forse è proprio per questa esperienza
comune che uno scrittore come Arthur Koestler, ben noto per 'Buio a
Mezzogiorno' e per molti altri romanzi, abbia ad un certo punto sentito
il bisogno di vederci chiaro su come gioca il caso e si sia divertito a
scrivere un libro in cui riferisce di numerosi casi strani realmente accaduti.
Ciascuno dei casi descritti venne causato da una catena istantanea di tre
o più eventi del tutto indipendenti e ciascuno a basissima probabilità
di realizzarsi. Non sarebbe quindi certo la prima volta che qualcosa giudicato
avere probabilità trascurabile in effetti sia avvenuto, in barba
alla predizioni probabilistiche. Quanto è successo il 6 luglio sull'autostrada
Firenze-Bologna, poco dopo il casello di Roncobilaccio, non sfigurerebbe
certo tra i casi strani presentati nel libro del Koestler, proprio perchè
di un caso si è trattato.
Ed è per tutto questo che chiedo che la Corte, nelle considerazioni che farà per emettere il verdetto, non tenga nessun conto di tutto quanto qui ha udito sull'incidente autostradale, perchè proprio di un incidente si è trattato e nessun legame vi è con ciò che qui si deve giudicare."
L'arringa dell'avvocato Cavalli era ormai giunta all'epilogo. Egli ricordò come il processo più sul caso Speri sembrava essersi concentrato sul caso Franchino su cui tra l'altro era in corso un'indagine di competenza di un'altra giurisdizione. Richiamò perciò l'attenzione sul vero oggetto del processo, e come non si potesse certamente tirare in ballo la sicurezza dello Stato, se non attraverso delle fantasiose costruzioni di ipotetici complotti internazionali. Si soffermò quindi a smontare l'accusa di contravvenzione per esportazione non autorizzata di armi, ricordando che erano più numerose le applicazioni pacifiche che quelle militari di queste componenti e come nessuno alla Meccaniche Padovane, comunque non lo Speri, ma se mai il Franchino, fosse al corrente di un eventuale, tutta da dimostrare, utilizzazione militare. Non deve meravigliare che la Padovane non fosse informata dell'utilizzazione reale, qualora fosse diversa da quella dichiarata che era per la stabilizzazione di una piattaforma petrolifera. Infatti, il cliente finale aveva rapporti solo con l'azienda tedesca.
La Difesa chiese quindi la assoluzione con formula piena, o, in seconda istanza, il rinvio in sede giurisdizionale propria per contravvenzione ad esportazione non autorizzata.
Sia il P.M. che la Difesa ritennero che la Corte avrebbe emesso il verdetto già entro la sera. Così i curiosi decisero di rimanere nei paraggi, magari di prendersi nel frattempo un aperitivo nei bar vicini al Tribunale. In ogni caso, così decisero di fare lo Speri e l'avvocato Cavalli. L'avvocato Paoli non aveva potuto assistere all'intera arringa della difesa. Enrico tuttavia era rimasto fino all'ultimo. Il Cavalli lo chiamò: "Enrico, perchè non ci fai compagnia? Andiamo qui sotto. La Corte ce ne avrà almeno per un'ora. Conosci il commendator Speri, vero? Ma ecco tuo padre in arrivo."
"Già terminato?" chiese l'avvocato Paoli.
" La Corte si è ritirata - rispose l'avvocato
Cavalli. - Aspettiamo la sentenza tra un paio d'ore. C'è tempo per
un aperitivo. In ogni caso il mio assistente rimane sul posto e ci raggiungerà
appena si saprà che la Corte sta per rientrare."
Il bar vicino non era il Pedrocchi, ma comunque un bel bar confortevole, in cui ci si poteva sedere comodi e chiacchierare. A quell'ora poi le signore che di solito occupano la sala interna del bar se ne erano già andate quasi tutte e gli altri avventori prendevano l'aperitivo in piedi.
Si sedettero quindi nella sala interna. A loro si era
aggiunto anche il conte Fogarin che entrato nel bar li aveva intravisti:
"Complimenti per la magnifica arringa, avvocato Cavalli. Posso unirmi alla
comitiva?" e senza attendere risposta si sedette con loro. "Dopo una giornata
faticosa un buon aperitivo fa bene. E' la versione moderna del detto latino
Vespero
petas fontes, alla sera vai alle fonti."
"Già - commentò Andrea, sorridendo al suo
amico - solo che tu Stefano hai citato solo l'ultima parte del proverbio.
Se non mi sbaglio, per intero recita, Al mattino vai sui monti, a mezzogiorno
nel bosco e la sera alle fonti. E sono sicuro che tu Stefano lo segui
per intero, non come noi poveri schiavi del lavoro che, se va bene, possiamo
concederci qualche volta solo una rapida sosta alla fonte. Ed in questo
tuo girovagare il caso ti aiuta a trovare occasioni per cui la vita diventa
un piacere viverla. A proposito - aggiunse ironico - sei anche tu entrato
qui per caso vero, e per caso ci hai visto e ti sei unito a noi?"
"Casus ubique valet, semper tibi pendeat hamus; quo minime reris, gurgite pisces erit, caro Stefano. Il caso può in tutto, per questo occorre tenere sempre l'amo teso e quando meno lo credi il pesciolino abbocca. In fondo io vivo di puro caso."
"Che tu aiuti molto, non solo con l'amo teso - intervenne lo Speri - ma con la tua cultura, con la tua sempre piacevole compagnia. Benvenuto tra noi, caro Stefano."
Dopo queste scherzose battute iniziali, pronubo la venuta del conte Fogarin, l'avvocato Paoli si rivolse all'amico e collega Cavalli: "Mi spiace Giovanni di non aver potuto seguire la tua arringa. Mi avrebbe molto interessato. Sai come il caso mi abbia legato alle sorti del processo. Sarà stata magnifica. Ma mi farò raccontare tutto da Enrico".
"Enrico è certo la persona più adatta - rispose il Cavalli - anche perchè è a lui che devo se l'arringa è stata impostata come l'ho impostata. Vero Enrico?"
"Ma veramente non saprei" si schermì Enrico.
"Come, non ti ricordi quella sera, l'estate scora a casa
tua quando ci parlasti di biologia, del Caso e necessità
e come io avrei dovuto reagire per smontare la storia che il P.M. avrebbe
costruito per dare un senso a una serie impressionante di fatti casuali
tra loro indipendenti? Andrea, tu te lo ricordi, immagino."
"Come no, come no", annuì Andrea.
"Cos'è questa storia? - intervenne il conte Fogarin - Un avvocato di grido che si fa aiutare da uno studente, non ancora laureato e per di più in una disciplina scientifica. Fisica, vero Andrea? La gioventù e la scienza esatta che aiutano un navigato cultore di scienze umane? Udite, udite!"
"Nessuno scandalo, caro conte Fogarin - rispose sorridendo il Cavalli - solo un altro esempio di integrazione tra discipline diverse. Non siamo più alla separazione tra le due culture. Vedo che lei è rimasto un imperdonabile romantico. Per quanto riguarda la giovane età del mio ispiratore, la cosa come romantico non dovrebbe invece farle meraviglia. Non è la creatività un privilegio dei giovani?"
L'atmosfera leggera che si era instaurata attorno al tavolo
contrastava un poco con l'ansia che lo Speri continuava ad avere in attesa
del verdetto della Corte. "Vedo che siete tutti tranquilli e sereni - disse
- ma mettetevi nei miei panni, nei panni dell'imputato in attesa..."
"Credo, Giuseppe, che tu possa stare tranquillo - lo
rassicurò Stefano Fogarin - Il P.M. è riuscito a fare miracoli
con la bella arringa, ma non aveva assolutamente nulla in mano. E mi pare
che il nostro avvocato Cavalli, si è divertito come il gatto con
il topo a far crollare il castello di sabbia dell'Accusa. Per quanto ne
posso sapere io, penso che tu debba stare tranquillo. Piuttosto, avvocato
Cavalli, vorremmo sapere non solo il peccatore, ma anche il peccato. Ci
racconti un poco per disteso questa storia della ispirazione ricevuta da
Enrico."
"Una sera a casa dell'avvocato Paoli discutemmo dello strano caso in cui lui si era imbattuto assistendo all'incidente del Franchino e come qualcuno avrebbe potuto costruirvi sopra una storia in cui il caso non c'entrava per niente. Enrico, che era fresco della lettura di un libro di biologia ci parlò di come sia importante per lo sviluppo dell'individuo il ruolo del caso, malgrado che i suoi caratteri siano già tutti fissati dal patrimonio genetico contenuto nei suoi cromosomi. Ma il caso gioca ancora un ruolo più grande quando la natura deve sviluppare una nuova specie. Per chiarire come la cosa potesse interessare un processo come il nostro, Enrico fece il caso di una scrittrice di gialli che si mette a scrivere senza aver idea della storia. Lei parte descrivendo un evento e poi aggiungendone via via altri che lei selezione tra tutti quelli che le vengono in mente in modo che alla fine ne risulti una storia che abbia senso. Il P.M., secondo Enrico, avrebbe potuto comportarsi come quella scrittrice. Partendo dai fatti accertati, immaginarne altri che potessero essere derivati da quelli o determinarli. Alla fine poi sostenere che il tutto fosse legato da una logica di ferro e che dietro vi fosse stato un piano preordinato per ottenere un fine desiderato. Il difensore avrebbe dovuto, per salvare il suo cliente, smontare la storia mostrando che il tutto era invece dovuto al caso e che vi era la possibilità di costruire una storia delittuosa e verosimile solo grazie agli eventi ipotetici immaginati dal P.M., dedotti od indotti da quelli realmente verificatisi. Lì per lì, considerai tutto ciò come frutto della creativa fantasia giovanile e della verve che la bella serata passata tra amici aveva indotto in tutti noi. Poi però, mi venne da ripensarci. Quell'idea di considerare il P.M. come uno scrittore di gialli che deve cavare una storia di delitti da una serie di fatti, mi interessava oltre che divertirmi. Se ogni fatto era indipendente, come era possibile ricavarne una storia unica? Mi ricordai allora di un libro di Calvino che aveva tratto una storia unica da tante storie diverse. Lo andai a ricercare e rileggere. E così ho imbastito l'arringa finale. Spero che la Corte, oltre che meravigliarsi per l'arringa poco ortodossa, abbia ben compreso il messaggio. Quindi, caro Enrico, mi farai poi avere la tua parcella!"
"L'idea di riferirsi al libro di Calvino, mi è molto piaciuta - reagì Enrico - Confesso però che lì per lì non avevo capito, perchè mi avesse strizzato l'occhio mentre iniziava l'arringa. Ora capisco. Lei però non ha identificato il P.M. con lo scrittore, in questo caso con il Calvino, ma con il lettore del libro. Quindi ha un pò deviato dalle istruzioni che aveva ricevuto da me quella sera. Ma il risultato mi sembra comunque buono... "
"Enrico, Enrico - lo rimproverò un poco il padre - non esagerare."
"Avvocato Cavalli, mio padre mi rimprovera di fare un
pò troppo il saputello. Ma il mio apprezzamento per la scelta del
libro del Calvino è reale. Un francese, un biologo... no forse un
sociologo.. ma non importa, ha proprio usato il caso del Se una sera
d'inverno un viaggiatore per fare un paragone tra letteratura e biologia.
Un romanzo fin che sta lì su uno scaffale nella libreria è
come una molecola di DNA, è come un genoma... "
"Non cominciare ora anche con le parole difficili" interruppe
il conte Fogarin.
Senza dargli peso, Enrico continuò: "In altre parole è come un embrione congelato in attesa di venire inserito in un utero per il suo sviluppo in un individuo. Il lettore rappresenta non solo l'utero materno, ma tutto l'ambiente e tutti gli accidenti che gli deriveranno mentre cresce e che ne faranno un individuo. Lo stesso embrione impiantato in uteri diversi e cresciuto in ambienti diversi realizzerà individui diversi. E' la lettura quindi che dà la vita ad un libro. Ed ogni lettore gli dà una vita diversa. E Calvino, per dimostrare l'importanza del lettore ha fatto qualcosa di più, ha preso dieci spezzoni di storie diverse e ha mostrato che malgrado ciò il lettore è stato capace di dar vita ad una sua storia, creare un individuo dai molti padri. Quindi, se ci ripenso, l'avvocato Cavalli ha fatto bene a identificare il povero dottor Rombi... è così vero che si chiama il P.M.... non con il Calvino ma con il Lettore descritto nel libro. Bravo avvocato."
"E così l'avvocato ha potuto aggiungere che per riuscire a fare uscire da tanti spezzoni di ... come l'hai chiamato... genoma - aggiunse il conte Fogarin - un individuo intero, una storia completa e verosimile, il P.M. ha dovuto aggiungere qualche altro spezzone da lui inventato. "
L'ingresso trafelato dell'assistente del Cavalli probabilmente interruppe la preziosa citazione latina con cui il Fogarin stava per concludere.
"Avvocato, venga, presto, sta per uscire la Corte."
La Corte dopo una riunione durata meno di due ore aveva
emesso il verdetto: assoluzione da tutte le imputazioni, riservando di
inviare gli atti del processo alla Pretura per esaminare se vi fossero
gli estremi di contravvenzione per esportazione non autorizzata di armi
o loro componenti.