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fogli di conTatto
a cura del centro Il Vaso di Pandora di Milano
Via Maniago, 11 - Tel/fax: 02.2641.1668




"Un viaggio di 10.000 miglia comincia vicino al tuo piede" (Lao Tse)

Dopo la nostra proposta/questionario del numero precedente abbiamo ricevuto contributi e incoraggiamenti da molte parti, più di quanti ci aspettassimo di veder arrivare. Il contenuto varia molto: aperta critica di fondo (alla quale ho risposto a suo tempo, spero in maniera esauriente), incoraggiamenti più o meno articolati, inviti a spedirne altre copie a nuovi indirizzi, richieste di ampliamento, contributi di articoli e opinioni. Bello, davvero bello scoprire che arrivano, sono letti, interessano, suscitano risposta. Anche le modalità di comunicazione variano: chiacchierate in occasione dei corsi, telefonate, fax, e-mail, lettere (buffo: a volte anonime con invito a spedirne altre copie. Ma dove, poffarbacco?). Grazie dunque a Enzo, Valeria, Silvana, Graziana, Donatella, Wilma, Letterio, Liliane, Pasquale, Fabrizia, Francesca e Lello e ai molti altri estimatori attivi. E’ anche vero che le Poste hanno dato una dimostrazione a dir poco sconcertante di disservizio (moltissime copie di FdC e di brochures spedite vanno smarrite non si sa dove), e questo rende la nostra iniziativa assai precaria. Nel farli, però, al di là delle interminabili discussioni, correzioni, modifiche, contrattazioni con tipografie e via dicendo, in fondo ci divertiamo. E’ bello valorizzare: valorizzare il lavoro dei collaboratori, valorizzare un compito di un corso ben riuscito, le idee di chi si esprime attraverso questo strumento, le iniziative di chi propone o si propone. Non si tratta "solo" di pubblicità e ci fa sentire bene. Allora organizziamo la spedizione con criteri il più possibile economici: a qualcuno arriveranno a casa (speriamo!), altri dovranno, se sono interessati ad averli, rivolgersi al Centro di riferimento più vicino, a cui ne manderò copie da distribuire. Alcuni studenti mi hanno indicato un nominativo che può fare da riferimento per altre persone, e questo ci semplifica molto le cose. Grazie per la collaborazione! Ohashiatsu Milano ha iniziato quest’anno la collaborazione con vari centri e persone che si sono attivati per organizzare corsi nelle loro sedi: Sezze, Brescia, Chiavari, mentre Bari si prepara a rendersi autonoma facendo il salto a Centro Ohashiatsu grazie alla neo-diplomata Rossana Tursi, che inizia il suo training per diventare COI e alla quale facciamo i nostri migliori auguri. I migliori auguri anche a Pio Battistini, Franco Martufi, Mauro Stabellini, Claudia Minetti, che, terminato il loro training, saranno presto abilitati all’insegnamento. Auguriamo a tutti una ripresa autunnale con ricco raccolto.

Silvia Marchesa Rossi

OHASHIATSU IN MONTAGNA

"...Partire, andare lontano, o non molto lontano, andare per andare, non importa dove, andare verso la rottura, la leggenda, l’avventura. Ma, se possibile, a piedi. Perché così invece di attraversare le cose cammini loro accanto, perché invece d’incrociare la gente fai della strada in sua compagnia, perché invece di correre attraverso un paese puoi tessere il tuo cammino, passo dopo passo, come il ragno tesse la propria tela. A piedi perché camminare significa ritrovare il proprio istinto primitivo, il proprio spazio e la propria giusta posizione. Il proprio equilibrio mentale e fisico. Significa andare con se stessi, senz’altro aiuto che le proprie gambe e la propria testa, senz’altro motore se non il cuore e lo spirito. A piedi, perché significa ritrovare la propria grazia perdendo il grasso e i pregiudizi. Perché significa mettersi in ascolto del proprio corpo, che non finisce di stupirsi così sollecitato e liberato..."

Pratico escursionismo da molto tempo e, quando ho letto queste parole, la prima sensazione è stata di associarle alla filosofia dell’Ohashiatsu. Almeno per come intendo io l’escursionismo: non stile "rambo" ma di contatto e integrazione con la natura: quell’ambiente che dovrebbe esserci così familiare e che, paradossalmente o non conosciamo affatto o ci rende tanto goffi poiché abituati, ormai, agli spazi sterili e incolori delle città. Attraverso l’escursionismo, camminando in natura, riusciamo ad essere di più noi stessi, a percepire il nostro corpo nelle sue parti e con tutte le sue sensazioni: caldo, freddo, stanchezza, piacere, rinuncia, determinazione, i nostri sensi si affinano, il gusto ritrova la straordinarietà di sapori che normalmente ci dicono ben poco, riusciamo a percepire i più piccoli rumori, sentiamo un’infinità di profumi e così via, l’elenco può essere lungo e vario per ognuno. In pratica si riscopre la semplicità delle cose e la loro essenza più profonda, si viene sollecitati ad essere naturali come raccomanda l’Ohashiatsu. I nostri polmoni, la nostra pelle, respirano profondamente, (o almeno lo richiedono e consapevolizziamo eccessi e carenze: troppo fumo, troppi muchi, poco movimento...), immettiamo aria tersa, energia, Ki, e liberiamo le tossine accumulate dal nostro organismo, fino a quando non troviamo un respiro in sincronia con il nostro passo e non avvertiamo più fatica... siamo continui e armonizzati con il fluire dell’universo. Conoscendo e scoprendo la complessità e la perfetta integrazione dei diversi sistemi esistenti in natura, che si avvicendano in un ciclo continuo di vita e di morte, che è nutrimento per nuova vita, viene voglia di essere parte del tutto senza pesare su di esso negativamente... non premere sii presente. In natura inoltre ben si colgono le continue trasformazioni intorno a noi, repentine o graduali: dal sole alla pioggia, dal caldo al freddo, dal secco all’umido, dal tramonto del sole al sorgere della luna, dallo yang allo yin in un’armonia che non può che sollecitare rispetto per la vita, per noi stessi, per gli altri, per tutto quello che ci circonda. Al di là dell’escursionismo, comunque, semplicemente, possiamo riferire le parole su citate all’approccio che, almeno per me, potremmo avere in un trattamento shiatsu.

Silvana Barbieri

Le nostre mani sul meridiano dell'amicizia. Il cerchio del primo giorno: sguardi schivi, occhi che cercano volti noti, uno strano squadrarsi per sapere chi sei, chi sono. Prime difficoltà, paure e ansie. Nomi da ricordare, 28 nomi. Ognuno di noi un piccolo universo irripetibile che gravita attorno ad altri universi...irripetibili. 10 giorni da condividere e questo è solo il primo, sembra non passare mai, ma poi il tempo vola accelerando e tra balli e canti, esami e tutorial, saune e bagni al lago tutto finisce in un rapido soffio. Ricordo ogni momento, ogni gesto, ogni paura, ogni sguardo, rivedo tutto come in un film alla moviola e vorrei trasmettere le immagini attraverso le parole, ma posso solo suggerire una "visualizzazione" piccola piccola: una sala con i futon, gi bianchi, grandi finestre affacciate sul mondo colorato di alberi e fiori e montagne. Il sole è tiepido ma ti puoi riscaldare. Ohashi che ci chiama uno per volta ogni mattina e il tuo nome pronunciato da lui assume un suono nuovo, un significato diverso e la tua vita sembra scritta nel tuo nome. Scoprire ogni giorno nuove possibilità per contattare le energie del mondo, per cercare l'equilibrio in questo continuo ed incessante alternarsi di vuoti e di pieni. E poi il cerchio dell'ultimo giorno: perfetto, circolare come non era mai accaduto, occhi che si guardano con profondità e sorridono e piccole lacrime che scivolano via portandosi dietro tutte le emozioni di questi giorni. Un regalo ad Ohashi: le impronte colorate delle nostre mani su un foglio di carta. Una frase: le nostre mani sul meridiano dell'amicizia. Forse anche dai suoi occhi sfugge una piccola e silenziosa lacrima. E' stato l'ultimo corso per me, almeno secondo il Programma Ohashiatsu. In realtà il mio percorso continua. Dal prossimo anno Bari avrà il centro di Ohashiatsu. Continuerò a studiare, a stupirmi, ad emozionarmi sul grande meridiano dell'amicizia.

Rossana Tursi

Lo Shiatsu , la Poesia....il Traffico Il vecchio....il nuovo.....dove si uniscono, dove si sono divisi. Non Capisco. Cerco di distrarmi. Niente da fare. Ritorna! Un pezzo del presente si stacca e come una zolla si allontana. Forse è il futuro che prende forma o forse è il passato che va via. Mah! E ancora. Ho la sensazione di sentire il suono dei clacson strombazzanti nella fila di macchine ferme al semaforo. Non si passa neanche col verde. Ho negli occhi un tizio inferocito, in un'auto, che urla. Sembra un pesce che boccheggia e con manovre spericolate si infila a zig zag, ...dovunque, pur di passare per primo. Forse la sua cena si fredda , ha fretta. Che caos! Basta! Apro gli occhi. Scopro che sul tatami, in realtà, non ci sono auto e non c'è rumore. Ascolto le parole di qualche amico presente e sento della musica. Niente male. Richiudo gli occhi....mi rilasso, ed avverto il battito del cuore. Bentornato! Finalmente ci si parla. No ..., non ho dimenticato che esisti, ma c'è sempre troppo da fare. Troppo spesso ti porto a spasso come fossi un bagaglio e forse è solo per questo che siamo qui.....per cercare di ristabilire un contatto perso nel tempo. Come? Mi vuoi cambiare con un'altra persona. Be' non avresti tutti i torti. Comunque sia , la ricerca è cominciata in questo modo. Qualcosa non andava più bene , non sapevo e non so ancora cosa. E' sempre così: prima gli effetti poi le cause, sempre più di una. E' la regola. Una forma di pessimismo da far impallidire Leopardi, la necessità di isolarsi per riflettere (su cosa poi?), e per finire una forma sottile ma fastidiosa di insofferenza. Troppo per far finta di niente. Una sola cosa diventava chiara: i tempi della vita esterna non coincidevano più con i tempi 'interni' miei o tuoi se preferisci. Una delle frasi migliori che abbia sentito diceva: Lascia libera la mente ed il corpo seguirà . Ma di fronte ad una mente ormai ingolfata dalla pubblicità e dal progresso il corpo non può che essere trascinato, spesso senza uno scopo, da un posto ad un'altro senza troppi riguardi ...senza troppe scuse. Forse la scelta dello shiatsu è per alcuni semplicemente la necessità di fermarsi a riflettere sui tempi e sui modi della vita. Si dice che ci si isola finalmente con se stessi, potrebbe essere il contrario : si cerca di entrare in contatto con un mondo che spesso si sente distante. Quindi la ricerca del contatto con la vita e non la ricerca del suo distacco. La ricerca....questo è il punto. La possibilità di attraversare un percorso, in fondo semplice, senza l'imposizione di una meta, un traguardo, da raggiungere. La vita di molti è ossessionata dalla necessità di raggiungere una meta a tutti i costi. Tutto diventa 'in funzione' dell'obiettivo e per questo si lascia tutti dietro...anche se stessi. Niente mete obbligate, almeno in questo! Ad ogni passo c'è una scoperta, piccola o grande non importa, su se stessi o su altri. Del resto siamo qui a parlarne, non è poco. Qualcuno o qualcosa ci ha messo di nuovo in contatto : anima e corpo, pensiero ed azione, yin e yang . Anche il nostro amico, fuori .. sul tatami,che con le sue mani ci mette del suo, fa parte del percorso. Chissà se riesce a sentirci. Mi capita di essere al suo posto e cercare di capire se 'sento' o 'non sento' i punti critici. Fatica inutile ma obbligata. Non si diventa sensibili in poco tempo soprattutto dopo essere stati insensibili per lungo tempo e questo è vero, che ci piaccia o no, per la maggior parte delle persone. Certamente un vizio d'esperienza, o forse semplicemente nelle vene scorre ancora troppo traffico. Chissà se mai un giorno troveranno un 'Meridiano del traffico' da rimettere a posto. Non sarebbe male.......... Ti sento battere più lentamente... non ti sarai mica addormentato? Ci stiamo godendo un po' di questo tempo sereno nel bel mezzo di una qualche tempesta che all'improvviso cercerà di raggiungerci. In fondostiamo imparando a difenderci anche da questo. Già! Un po' di sereno. Mi sembra addirittura un pizzico di lusso rispetto a quelli che in questo momento sono fuori, a quelli che tra poco raggiungeremo. Così anche noi saremo in coda, e forse saremo noi con la nostra ennesima auto a fare scattare quel famoso 'di troppo' che dà la definizione di traffico. E se davanti al solito semaforo verde (difficile comunque da superare) il caos, i clacson, lo stress, ci sembreranno un po' distanti ed una musica a basso volume risuonerà melodica ... sarebbe un bel risultato, comunque.

Sebastiano Paolo Lampignano


Spiando L'Imperatore Giallo

- Avanti, preparatevi, si va a ballare
- Io sono stanco e non vengo
- Davvero, sono sfinito anch'io, io resto qui
- Io ho fame, non si potrebbe mangiare prima?
- No, mangiamo dopo
- Se mangiamo dopo io faccio fatica a digerire
- Come sei noioso. Alzatevi, si va
- Già capito. Stasera c'è da discutere
- Beh, comunque io sono stanco e non vengo - ripeté il piede destro.
- Ben detto, fratello, non vengo nemmeno io - rincarò il piede sinistro.
- Questo è un discorso stronzo e pedestre - disse la corteccia cerebrale, che si sentiva piuttosto intellettuale, - sapete bene che se non venite voi nessuno di noi può andare. -
- Però io ho fame e vorrei mangiare - insistette lo stomaco -
- Si farebbe tardi, mangeremo dopo - rispose la corteccia.
- Se si mangia dopo, io faccio fatica tutta la notte - le fece presente l'intestino.
- Tu sei sempre così complicato! - disse stizzita la pelle - io invece ci voglio andare perché ho bisogno di coccole, di essere toccata... -
- Tu sei una rompiscatole sentimentale - replicò lo stomaco.
- E tu un bruto materialista - dissero le orecchie - Anche noi abbiamo voglia di sentire un po' di musica, ma tu queste cose non le capisci.
- E tu non dici niente? Non hai fame? - chiese alla bocca lo stomaco, in cerca di alleati.
- Un po' di fame ce l'avrei - rispose timidamente la bocca, - ma ho anche voglia di uscire fuori con il rossetto. -
- Ma guardate questa di cosa si preoccupa! - sbottò il fegato. Era un tipo piuttosto intollerante, lui.
- Certo - cominciò la cistifellea - potremmo anche andare, il moto ci fa bene, ma se poi piove? Oddio, forse non pioverà, però se poi c'è poca gente? Beh, anche se c'è poca gente dovremmo andarci lo stesso, non vi pare? Ma d'altra parte chi ce lo fa fare, se... -
Gli altri la imbavagliarono, tanto non era mai utile nelle votazioni, era così indecisa che si asteneva sempre.
- Io voglio andarci perché finché si sta lì si balla e non si fuma, e questo è un grosso sollievo - disse la gola.
- Giusto! - fecero i polmoni - e poi noi abbiamo bisogno di vedere gente, di scambiare idee... -
- Certo, certo, - disse la milza, sempre piena di comprensione, - e d'altra parte farebbe bene a tutti, soprattutto se lui c'è. L'ultima volta è stato così carino, e ci ha fatto i complimenti. -
- A noi ha fatto i complimenti, mica a tutti - le ricordarono gli occhi, con una punta di vanità, il che era una loro caratteristica.
- Oh, certo, cari, a voi - disse la milza, molto materna, - ma pensate che fosse sincero? Aveva uno sguardo così tenero, e poi ha ballato tanto con noi. Forse però l'ha fatto per caso, non perché ci tenesse.
- d'altra parte, -la milza fece una pausa per ingoiare il terzo cioccolatino - era così premuroso... Ma probabilmente è carino con tutti, no? Comunque, se anche così fosse... -
- Ma possibile che tu debba rimuginare su ogni stupidaggine? - disse il naso. - La cosa essenziale è che ha un buon odore. -
- Lo bacerei tanto volentieri... - disse la lingua, tutta rossa.
- Fatela tacere o la mordiamo - ringhiarono due o tre canini, all'unisono come Qui Quo Qua. Erano i più aggressivi della compagnia, ma fra loro andavano molto d'accordo.
La lingua fece una risatina imbarazzata.
Il cuore sobbalzò e si mise a interpretare quello che aveva sentito. Non si era accorto che alcuni della tribù avessero di queste intenzioni. Si versò meccanicamente una tazza di caffè per mantenersi lucido, ma la situazione gli era sfuggita di mano da un pezzo.
- Però - intervenne il triplice riscaldatore - io devo fare un sacco di fatica, perché ora si esce, fa freddo, poi si arriva lì e si suda, devo stare continuamente all'erta e regolare le caldaie. -
- Diamine, ma è il tuo lavoro, no? - si lamentarono le ossa - che dovremmo dire noi, che siamo sbattacchiate tutta la sera? Una volta ci hanno anche pestato il metatarso. -
- Oh, sì - appoggiò la vescica - e come faccio io se ricevo del lavoro da fare con urgenza? Là non c'è neanche il bagno! -
- Ma voi avete paura di tutto! - esplose il fegato, sempre più irritato.
- Lo sai benissimo che il bagno c'è, basta prendere la chiave, andare, aprire e poi richiudere. -
- Uh, che fatica! - si lamentarono i reni.
- Non mi direte che siete stanchi? -
- Non è colpa nostra se qui non si dorme abbastanza. E poi smettila di urlare, fai sempre così quando bevi troppa limonata alle riunioni! - piagnucolarono i reni.
- Basta, ora si piglia e si va! - disse l'intestino tenue.
- Meno male che c'è qualcuno determinato! - esclamò l'occhio destro - ho una gran voglia di vedere chi c'è e chi non c'è. -
- Se penso che mi devo mettere la lente a contatto mi prende male - interloquì l'occhio sinistro. Non sempre erano del tutto d'accordo perché vedevano le cose, diciamo così, da una prospettiva un po' diversa.
- E poi - disse l'intestino crasso con tono triste - sicuramente lui non ci sarà. -
- Ma perché devi essere sempre così pessimista! - disse il pericardio tutto malinconico. - Tu mi blocchi sempre, io invece ho bisogno di esprimermi, di provare emozioni... -
- Quando fa così è pericoloso - intervenne la corteccia cerebrale, e diede ordine di togliere il bavaglio alla cistifellea, che era bravissima a controllare gli altri e a farli ragionare. Forse, semplicemente, gli confondeva tanto le idee che quelli alla fine non capivano più niente.
La riunione era un putiferio: il fegato urlava ai piedi di muoversi, la pelle frignava, il tenue la consolava con la sua bella voce flautata, l'occhio destro litigava col sinistro, la vescica si lamentava, la cistifellea si tratteneva a fatica dal prendere il pericardio a schiaffi, lo stomaco e la milza si misero a cantare "Fra Martino Campanaro" a due voci, e in tutto questo bailamme si alzò una voce tonante che scandì: - "Ma che ora è? -
- Sono le 21.15, perché? -
- Perché allora decido io - disse il triplice, perentorio.
- Le caldaie sono a posto e del resto non me ne importa niente. Muovetevi, si va.
- Tutti ammutolirono.
- Grazie - disse il cuore.
- Ma le pare, comandante.

Elena Corna

Brano tratto da:

"Grasping the wind"

di Ellis, Wiseman, Boss
ed. Paradigm Publications
- Brookline, Massachussets -

AFFERRARE IL VENTO

Influenze sullo sviluppo dei nomi dei punti

L'ambiente culturale nel quale la nomenclatura dei punti cinesi si è evoluta riflette la visione del mondo filosofica e metafisica sostenuta dai pilastri del Taoismo e del Confucianesimo. Comprende la venerazione per il costume e la storia e una propensione ad osservare e correlare i fenomeni della natura, oltre a una lunga tradizione medica di apprendistato e insegnamento segreti.

La visione taoista dell'uomo come rappresentazione microcosmica dell'universo, e l'osservazione su e la dipendenza dalle caratteristiche della natura della società agricola cinese sono riflesse nell'insieme della medicina cinese, e più specificamente nella scelta dei nomi dei punti. L'attenta osservazione delle caratteristiche geofisiche della terra, i cicli delle stagioni, le stelle, i cieli aiutarono a sviluppare un linguaggio medico metaforico e immaginoso pieno di termini che rispecchiavano questi fenomeni cosmologici, geografici e sociologici: vento, freddo, caldo, secco, umido, fuoco e caldo estivo patogeni perturbano un corpo descritto in termini di mari, valli, fiumi, canali. Stelle e costellazioni servono da indicatori, e divinità frequentano ogni regione. Imperatori e ministri governano la terra, distribuendo granaglie e proteggendo i confini. Con il cielo al di sopra e la terra al di sotto, l'uomo era visto come una fluida relazione di yin e yang soggetta all'influenza delle cinque fasi e inseparabile dal Tao stesso.
Lo stesso concetto cinese di punto di agopuntura è diverso da quello occidentale, e questa differenza si manifesta nelle parole usate per esprimere il concetto. Il termine "punto" indica una coordinata lineare, cioè l'intersezione di due linee, un puntino sulla pelle adatto all'inserimento di aghi o all'applicazione di altri stimoli. Il carattere cinese che indica il punto di agopuntura, xuè, riporta alla mente un'immagine completamente diversa. Questo carattere significa "caverna" o "buco". Il senso è chiaro in entrambe le parti del carattere: la porzione superiore rappresenta un tetto, mentre la porzione inferiore è un carattere che di per sé significa dividere o rimuovere. Il significato della combinazione dei due segni è un'abitazione che viene formata rimuovendo spazzatura o pietre, cioè una caverna, un buco, un nascondiglio. Così possiamo vedere che in questo caso, come in molti altri, il senso dei caratteri cinesi ci porta a una comprensione più profonda dei concetti dell'agopuntura.
Tradizionalmente, la conoscenza della medicina cinese veniva tramandata di padre in figlio, di maestro in allievo. Era d'obbligo la memorizzazione dei classici e i nomi dei punti contenenti simboli mnemonici aiutavano la memorizzazione di informazioni importanti a proposito del punto. I nomi dei punti potevano contenere anche significati nascosti, noti solo a studenti e apprendisti di un particolare maestro. In questo modo i nomi dei punti aiutavano a tenere i segreti di un maestro al sicuro da altri praticanti, proteggendo così la sua fonte di sopravvivenza. Benché non sia sempre possibile determinare con sicurezza la ragione della scelta del nome di un punto, in questo nome erano incorporate allusioni sulla sua posizione e funzione. Così i nomi dei punti sono poetici; si possono comprendere pienamente solo con uno sforzo paziente che penetri ed assimili le difficoltà dei loro significati velati. Ma studiando e dandosi il tempo di imparare, i nomi dei punti diventano qualcosa più di un'etichetta; diventano guide alla comprensione dei punti ed al sistema di medicina che li ha denominati.
I nomi dei punti cinesi, nella loro evoluzione nei secoli, fornirono vantaggi particolari. Essi consentirono al sistema dei punti-canali di crescere e cambiare senza cambiare fondamentalmente i nomi e i principi stabiliti nei classici, rispettando così la natura conservatrice della cultura. L'ambiguità intrinseca dei nomi dei punti fornì un'aria di mistero alle arti terapeutiche e contribuì a salvaguardare i segreti dei maestri. Inoltre i nomi dei punti rivelarono informazioni importanti sui punti stessi imbevendoli di spirito poetico che evocava una moltitudine di importanti associazioni.

Sistematica dei nomi dei punti
Per il clinico molto del valore dei nomi dei punti sta nelle loro qualità didattiche e mnemoniche, sia che ci dicano qualcosa dei punti stessi o che ci ricordino qualcosa che già conosciamo. Questa informazione viene comunicata tramite il nome in modi concreti oppure astratti, e di solito cade in una delle quattro seguenti categorie: funzione, posizione, cinque fasi, associazione yin/yang o relazione con un canale.

I nomi di punti assortiti per funzione comprendono nomi riferiti direttamente alla funzione di un punto e nomi che implicano la funzione indicando il particolare raggruppamento a cui un dato punto appartiene. Riferendosi direttamente alla funzione di un punto, il riferimento può essere concreto, come in Contenitore di Lacrime (St 1), o più astratto, come in Quattro Bianchi (St 2). I nomi che indicano particolari raggruppamenti di punti possono a loro volta essere concreti o astratti, come ad esempio nei nomi Fessura Yin (C 6, punto fessura-xi del canale del Cuore), o Canale del tarlo del legno (F 5, punto di connessione-luo del canale del Fegato).



IN FIERA CON OHASHIATSU
Quando abbiamo accettato l’invito che l’Ohashiatsu Milano ci ha rivolto, a partecipare alla fiera “New & Next Age” a Milano Lacchiarella, non potevamo immaginare quanto questa esperienza potesse esserci utile. Incontrare anche se per brevissimo tempo molta gente ci ha dato modo di riflettere su varie problematiche, dal momento che queste persone si avvicinavano a noi per richiedere di essere trattate, quindi dovevamo dare subito una sensazione di fiducia. A persone che non appena sdraiate incominciavano a fare l’elenco dei propri dolori, cercando una risposta che non sempre su due piedi arriva, altri che enunciavano il beneficio della tecnica rispetto ad altre.
Studenti di altre tecniche e discipline che confrontavano il loro modo di fare trattamenti con il nostro. Beh, ce n’é da far rizzare i capelli (per chi ne ha), quindi vediamo nel dettaglio cosa è capitato.
Non appena è stato annunciato che venivano dati dei trattamenti durante la dimostrazione di “tecniche Ohashiatsu”, non è stato difficile raccogliere da subito delle adesioni. La gente si avvicinava al palco incuriosita chiedendoci di che cosa si trattava. Alla domanda “Cosa devo fare?” il compagno che a turno riceveva le persone, spiegava lo svolgersi del trattamento, raccomandando di non preoccuparsi, in quanto la tecnica non era per nulla dolorosa né invasiva.
La domanda che a questo punto sorgeva spontanea era “Come devo mettermi?”, evidenziando una leggera titubanza; la soluzione a questo problema secondo il nostro parere consisteva nel lasciare la libera scelta, notando però che le persone che si coricavano prone erano quelle che fino a un momento prima ponevano mille domande e avevano molte perplessità o, come in un caso udito involontariamente, la moglie chiedesse al marito se poteva farsi trattare.
Nel giro dei pochi minuti a nostra disposizione, abbiamo notato che era possibile conquistare la fiducia di queste persone, ed ecco che si innescava la miccia “... a volte mi capita che dopo pranzo non digerisco, si può fare qualcosa con l’Ohashiatsu?”, o ancora “... questa tecnica è magnifica, non ho avuto male. Sa, una volta mi sono fatta trattare e dal male non vedevo l’ora che finisse: con lei speravo che il trattamento non finisse mai ...”.
Un altro caso ad esempio: “... è la prima volta che mi trattano la vescicola biliare in posizione prona e non ho sofferto ...”. Ahi! questo è uno studente, infatti, “... mi piace molto la vostra tecnica, non la ritengo affatto dolorosa!”
E, se consentite, anche una piccola gratificazione personale: “... ma lei dove riceve?”
E’ stata un’esperienza intensa tenere testa a tutte queste situazioni cercando di mantenere il giusto equilibrio tra realtà e possibilità, eseguire dei trattamenti di fronte ad un pubblico, rispondendo a domande o spiegando al microfono (altra esperienza da provare) che cos’è l’Ohashiatsu e quali benefici dà.
E che dire del faticoso lavoro svolto da coloro che hanno retto la gestione dello stand, presidiandolo con qualsiasi condizione atmosferica avversa ...? “Ma non eravate al coperto?”, “... Appunto: faceva un caldo insopportabile!” Insomma una fiera con “molto Fuoco” e “poca Acqua”, in tutti i sensi.
Roberto Spallazzo

UN’ESPERIENZA “ELEMENTARE ...”
Mi chiamo Antonella e sono un'insegnante elementare che si occupa dell'area linguistica espressiva. A parere dei colleghi sono un po' rompiscatole, una di quelle mai soddisfatte del proprio lavoro, in cerca di soluzioni innovative che stimolino i ragazzi stando al loro passo, anche a costo di vivacizzare  le lezioni.
Dopo essermi accostata con titubanza e timidezza all'Ohashiatsu e allo Zen Stretching, li ho trovati così interessanti e stimolanti che.....ho trovato il modo di portare qualcosa di questa filosofia anche a scuola.
Insieme ai miei ragazzi di quinta, stavamo lavorando sulle paure (sentimento emerso dalla lettura di alcune pagine dei Promessi Sposi di A. Manzoni)  e, dopo aver fatto tutto ciò che normalmente viene proposto per un'analisi approfondita soggettiva e oggettiva, mi sono presentata a scuola munita di  riproduttore stereo, musiche per la meditazione. Ho invitato gli alunni, alquanto sorpresi, ma non spaventati perché abituati alle stranezze, ad assumere la posizione di base ad albero e li ho guidati nella meditazione per cercare dentro di loro le paure. Li ho invitati a prenderle in mano, ad annusarle, ad osservarle fin nei minimi particolari e poi a gettarle alle loro spalle. Finita la musica, in silenzio, ognuno ha disegnato ciò che ha visto e poi l'ha descritto. I risultati sono stati sorprendenti! I testi risultavano personali, originali e persino corretti!
Oltre alla soddisfazione per i risultati didattici ottenuti osservo che:
- durante la meditazione solo due alunni  su diciotto non sono riusciti a concentrarsi,
- al termine della meditazione fino al termine dei lavori la classe è rimasta concentrata e in silenzio senza alcuna imposizione (normalmente  i tempi di attenzione e concentrazione sono più brevi),
- tutti hanno trovato l'esperienza piacevole e al termine dei lavori si sentivano soddisfatti della loro produzione e liberi da  tensioni.
Insomma esperienza da ripetere!
Qualche giorno dopo rieccomi di nuovo armata di riproduttore e musiche.
La meditazione questa volta l'hanno fatta in coppie, ascoltandosi e respirandosi dentro mentre la mia voce li guidava a "sentire" l'altro, a viverlo come un colore plastico. Al termine disegno e testo sul compagno. I risultati sono andati al di là di ogni previsione. Prima hanno steso i colori che sentivano dentro a caso, poi su lucido hanno tracciato il volto del compagno con linee libere, senza dover essere fedeli necessariamente ad uno schema prefissato, infine la sovrapposizione. Leggendo i testi di accompagnamento si è notato che tanto più il rapporto con l'altro era burrascoso tanto più i colori erano contrastanti, forti e le linee marcate. L'effetto è stato sorprendente. I miei alunni sono entusiasti per l'esperienza vissuta ed io...devo ammetterlo: sono entusiasta degli alunni.

Antonella Mazzocco