"Krapp"

"Krapp", terzo appuntamento per Zauberteatro con l'opera dello scrittore recentenrente scomparso. Ancora una volta un'interpretazione che esprime in modo vigoroso l'essenza della sospensione esistenziale di Beckett, facendola rivivere in uno spettacolo volutamente privo di quel ritmo caratteristico degli altri lavori del gruppo, ma piuttosto sprofondato nella percezione della memoria dell'uomo. E comunque, uno spettacolo non privo di soluzioni sceniche fantasiose ma non arbitrarie.

In "Aspettando Godot" (1987-1988) Zauberteatro fece ricorso ad una recitazione serrata, ad uno squallido paesaggio metropolitano e soprattutto all'uso del video per le apparizioni di Lucky e di Pozzo e al rock tragico di Peter Gabriel. In "Voci e silenzi" (1987-1988) erano stati invece musicati da Claudio Boncompagni in una partitura per voce e pianoforte, due suoni per un'unica inesorabile dissolvenza della volontà, brani tratti da "Molloy". "Voci e silenzi" è così divenuto un concerto assolutamente curioso e comunicativo dell'universo di Beckett.

Ora, con "Krapp", Zauberteatro intende confrontarsi, anzichè con l'originario registratore a bobine al quale Krapp ha affidato la propria memoria, con il linguaggio del film, il vecchio e sgangherato superotto, sul quale l'unico personaggio della scena ha tentato di fermare annate di ricordi, dei quali cerca tracce anche in pile di diari autobiografici. E sarà ancora la cinepresa lo strumento al quale Krapp affiderà in scena la memoria futura. Un Krapp comunque insolito, non polveroso, non rigorosamente vestito di nero ma drammaticamente asciutto al cospetto dei suoi fantasmi.

E, come di consueto per Zauberteatro, un ruolo fondamentale, oltre al filmino/ricordo di Krapp girato a Parigi e agli altri episodi che si alternano in scena in una sequenza di brevi e meno brevi quadri, è affidato alla musica. In questo caso Claudio Boncompagni ha interpretato il paesaggio sonoro di Krapp con una partitura di musica elettronica in cui, grazie alla continua variazione di un canone, le note sembrano subire la stessa sorte delle parole di Krapp: si cercano e si formano per non approdare mai ad una conclusione.

Niccolò Rinaldi



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