Pensieri

Il vero donare è quando chi dona è felice come chi riceve, e quando il confine tra donare e ricevere svanisce. Chi dona senza aspettarsi di essere ricambiato, ha sempre tra le mani il fiore della gioia. Ciò che si fa per amore non si perde, ma rimane e si moltiplica.

 

Varie sulle Confraternite

CONFRATERNITA


di Gian Paolo Vigo

La forma con cui si svilupparono le attuali Confraternite ebbe origine nel Medio Evo in risposta al bisogno di pace e misericordia (questo é anche il motto del loro Movimento, sorto spontaneamente con scopi di riconciliazione, subito propagatosi in Europa, diffuso in seguito negli altri continenti) di cui c'era bisogno in quell'epoca perturbata. La fede senza le opere é morta, pertanto dalle opere di penitenza compiute alle origini fiorirono subito abbondanti e svariate attività caritative non disgiunte dal culto pubblico, fatto cioè per mandato della Chiesa Cattolica, pubblicamente, a favore di tutti: data questa evoluzione, la definizione di "Confraternita" é: associazione pubblica di fedeli, finalizzata specificamente all'incremento del culto ed alle opere di carità, penitenza, catechesi evangelizzatrice non disgiunta dalla cultura.

Coerentemente con lo spirito di mortificazione e di riparazione che fu posto ad origine e che animò le prime forme di associazionismo confraternale, per manifestare pubblicamente il loro impegno di espiazione per i peccati del mondo e di pacificazione sociale i primi Confratelli e Consorelle si vestirono con rozze tuniche di lino o di juta (richiamo alle vesti di penitenza di biblica memoria), che erano le stoffe più comuni e povere dell'epoca; quando essi definirono la propria struttura, l'abito confraternale (in alcune zone chiamato "cappa", altrove detto "sacco", "veste", ecc.) divenne uno dei principali simboli identificativi, tipici e caratterizzanti di queste associazioni, della loro presenza e dei relativi servizi socio-religiosi, e lo é tuttora.

La "cappa", i suoi profondi significati, il suo uso, i riti della sua vestizione, sono tuttora validi e vanno riscoperti, sempre tenuti presenti ed osservati perché sono coessenziali tra loro. E' sbagliatissimo credere che portare la cappa sia semplicemente un uso valido solo fintanto che lo si mantiene, dettato da tradizioni più o meno locali, riservato a limitate circostanze. Anche per questo aspetto la situazione più dannosa é stata la desuetudine e l'abbandono in cui si sono lasciate andare o sono state messe molte cose, senza che ce ne fosse, peraltro, motivo valido e/o fondato, senza preoccuparsi di fare in modo che qualcuno le possa poi ritrovare. Forse può essere comodo credere che sia stato, sia o possa essere così. Purtroppo é vero che spesso mancano gli strumenti o l'interesse (e di conseguenza la preparazione) per affrontare anche questo aspetto, solo apparentemente secondario o forse non più debitamente considerato.

 

  

Madonna della Guardia Tortona
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LA  " CAPPA "

 

Perchè i membri delle Confraternite

indossano " LA CAPPA " ?

 

 

Gian Paolo Vigo

 

La forma con cui si svilupparono le attuali Confraternite ebbe origine nel Medio Evo in risposta al bisogno di pace e misericordia (questo é anche il motto del loro Movimento, sorto spontaneamente con scopi di riconciliazione, subito propagatosi in Europa, diffuso in seguito negli altri continenti) di cui c'era bisogno in quell'epoca perturbata. La fede senza le opere é morta, pertanto dalle opere di penitenza compiute alle origini fiorirono subito abbondanti e svariate attività caritative non disgiunte dal culto pubblico, fatto cioé per mandato della Chiesa Cattolica, pubblicamente, a favore di tutti: data questa evoluzione, la definizione di "Confraternita" é: associazione pubblica di fedeli, finalizzata specificamente all'incremento del culto ed alle opere di carità, penitenza, catechesi evangelizzatrice non disgiunta dalla cultura.

 

Coerentemente con lo spirito di mortificazione e di riparazione che fu posto ad origine e che animò le prime forme di associazionismo confraternale, per manifestare pubblicamente il loro impegno di espiazione per i peccati del mondo e di pacificazione sociale i primi Confratelli e Consorelle si vestirono con rozze tuniche di lino o di juta (richiamo alle vesti di penitenza di biblica memoria), che erano le stoffe più comuni e povere dell'epoca; quando essi definirono la propria struttura, l'abito confraternale (in alcune zone chiamato "cappa", altrove detto "sacco", "veste", ecc.) divenne uno dei principali simboli identificativi, tipici e caratterizzanti di queste associazioni, della loro presenza e dei relativi servizi socio-religiosi, e lo é tuttora.

 

La "cappa", i suoi profondi significati, il suo uso, i riti della sua vestizione, sono tuttora validi e vanno riscoperti, sempre tenuti presenti ed osservati perché sono coessenziali tra loro. E' sbagliatissimo credere che portare la cappa sia semplicemente un uso valido solo fintanto che lo si mantiene, dettato da tradizioni più o meno locali, riservato a limitate circostanze. Anche per questo aspetto la situazione più dannosa é stata la desuetudine e l'abbandono in cui si sono lasciate andare o sono state messe molte cose, senza che ce ne fosse, peraltro, motivo valido e/o fondato, senza preoccuparsi di fare in modo che qualcuno le possa poi ritrovare. Forse può essere comodo credere che sia stato, sia o possa essere così. Purtroppo é vero che spesso mancano gli strumenti o l'interesse (e di conseguenza la preparazione) per affrontare anche questo aspetto, solo apparentemente secondario o forse non più debitamente considerato.

Le indicazioni che seguono desiderano invece prenderlo adeguatamente in esame e farlo giustamente riconsiderare. Per inquadrare l'argomento dell'abito confraternale, del suo uso, dei relativi significati, é fondamentale considerare le norme e le indicazioni al riguardo. E' così possibile capire quale pastorale, ossia quale azione della Chiesa, si vuole svolgere anche attraverso questi aspetti, cosa essa comporti, quali sono le regole cui attenersi per concretizzarla, senza scambiare i risultati con i mezzi per raggiungerli (non basta la cappa per fare la Confraternita, ma una Confraternita senza "abito" non può dire di essere rivestita di qualcosa, sia in senso lato e sia in modo specifico per il valore ed il ruolo dell'abito confraternale).

 

L'abito indossato dai Confratelli fu realizzato nella forma a càmice tuttora nota, per richiamare la tunica indossata da Gesù nella Sua Passione Redentrice (la spiritualità confraternale delle origini fu fortemente improntata alla Passione del Signore e per alcuni aspetti lo é tuttora); la cappa delle Consorelle richiama invece il mantello, simile a quello dei frati, portato dalle prime donne che affiancarono i Penitenti del Medioevo, quando questi si erano ormai organizzati e spiritualmente uniti agli Ordini religiosi (fu solo per motivi legati all'epoca o al luogo se in seguito e per lungo tempo le donne furono ammesse nelle Confraternite solo per partecipare ai relativi benefici spirituali ma senza altri diritti, né con abito confraternale appropriato). La cappa di alcune Confraternite riprende infatti alcune componenti delle tonache (colore, forma o qualche annesso).

In quest'ottica non é difficile individuare, e quindi comprendere, la presenza di alcune parti dell'abito dei religiosi passate all'abito confraternale, come, ad es., lo scapolare (cioé lo "stolone" che poggia sulle spalle e pende su petto e schiena, simbolo anch'esso che si é rivestiti di Cristo e sottomessi a Lui), la corona del Rosario o quella dell'Addolorata (dell'Ordine dei Servi di Maria), la cintura di cuoio (anziché il cingolo di corda) dell'Ordine Agostiniano, il mantello (ridotto a mantellina) richiamo a quello delle tonache (ma, per altro verso, anche alla "cappa magna" di un dignitario non religioso), lo stemma (più precisamente: il "signum", ossia il sigillo) di un Ordine religioso. Alcune volte le Confraternite legate direttamente ad un Ordine adottano cappe simili all'abito dei frati (ad es., le Confraternite della Trinità non sempre hanno abito rosso ma bianco con croce rosso-blu, similare a quello degli omonimi frati). In questo caso, le cappe dei Confratelli sono pressoché uguali a quelle delle Consorelle, entrambe hanno in genere lo scapolare, e si differenziano solo perché quelle maschili prevedono il cappuccio (di cui si parlerà tra qualche paragrafo) e quelle femminili un apposito velo, un po' come per i frati e le suore. Peraltro anche le Confraternite di Misericordia (che non sono legate all'Ordine Domenicano) hanno cappa interamente nera come il mantello del loro fondatore, il frate domenicano San Pietro Martire (e, per altro verso, potrebbero esser confuse con le Confraternite della Morte, che non hanno origine da Ordini religiosi, pur essendo legate ad essi per motivi spirituali).

 

Ben si comprende, quindi, la precisa norma giuridica che prevede che così come non lo é il titolo (e quindi la natura e lo scopo) dell'associazione, anche la forma ed il colore della cappa non sono casuali né arbitrariamente cambiabili o abbandonabili, perché servono ad indicare e permettono di riconoscere un certo tipo di Confraternita, il suo servizio ed i suoi legami (in termine tecnico si dicono aggregazioni) che esistono (anche per legge) e che vanno utilmente intrattenuti e rispettati (non si possono ignorare, anche se non se ne usufruisce non perdono la loro validità) con altre della stessa specie (oltreché, ovviamente, con tutte quelle dello stesso territorio), con la relativa "casa-madre" (precisamente chiamata Arciconfraternita-Madre), con una "famiglia", ossia con la comunità composta da tutti coloro che si riconoscono nel nome, nello spirito, nel carisma o nelle opere di un Ordine, Congregazione o Istituto religioso della Chiesa Cattolica), nonché, naturalmente, con gli organi confraternali competenti, ai vari livelli.

 

Se non in limitatissimi particolari od in altrettanto limitatissimi casi, NON c'é nessun richiamo ai paramenti sacri o alla divisa di alcuni ordini cavallereschi. Ispirarsi ad essi per realizzare le cappe é assolutamente errato e quindi non va fatto, così come, vista la rispettiva diversa origine, é errata (anche esteticamente) l'adozione di un solo modello di cappa da far indossare indifferentemente agli uomini ed alle donne, o il far portare anche alle Consorelle la cappa dei Confratelli. In liturgia come negli ordini religiosi, militari o cavallereschi, il modello unico per i due sessi non é mai esistito, né esiste, poiché in questi àmbiti l'abito serve anche per evidenziare e differenziare simbolicamente le peculiarità dei sessi e le prerogative delle diverse mansioni ricoperte: ciò non é, né dev'essere visto, pertanto, come una discriminazione.

 

 

SIGNIFICATI

Mettere la cappa non é un gesto superato, superfluo od inutile, ma segno (ossia SIMBOLO che produce determinati EFFETTI) e testimonianza di una presenza cristiana che ha una definizione ed una collocazione precise, perché:

la cappa é il segno e la manifestazione dell'appartenenza ad una Confraternita e della partecipazione alla sua azione. Poiché é una azione ufficiale della Chiesa, prima di tutto occorre pertanto recuperare e rafforzare la propria appartenenza, compartecipazione, corresponsabilità, innanzitutto alla, con e per la Chiesa Cattolica (e poi alle sue emanazioni: NON si é cristiani in quanto appartenenti ad un certo gruppo ecclesiale!). Un Confratello da solo non rappresenta nulla (= la Confraternita ha una struttura organizzata, non é un semplice gruppo di persone che, a parte le loro attività comunitarie, restano considerate individualmente), perciò egli non può pensare di indossare la cappa solo per una dimostrazione parziale o individuale di attività, né di utilizzarla saltuariamente o comunque arbitrariamente o di usarne una qualsiasi, non propria. Essa é personale sia in vita che in morte, dev'essere benedetta e consegnata ufficialmente con l'apposito Rito di Vestizione, dev'essere conservata con cura e portata con dignità da ogni Confratello e Consorella regolarmente iscritti e solo da essi: pur se può essere un gesto di amicizia o può servire ad avvicinare potenziali "novizi", non si deve farla mettere a chi non é o non é ancora iscritto, solo per incrementare il numero di presenze "in abito";

 

la cappa é abito per il servizio liturgico, indica che si vuol partecipare attivamente alla Sacra Liturgia e che si vuole esprimerla esemplarmente sia nel rito che nella vita. Il fine peculiare delle Confraternite é l'incremento del culto pubblico (che esse compiono in nome della Chiesa, da cui ne ricevono il mandato ufficiale e diretto) al quale si deve provvedere con l'esattezza liturgica prevista e necessaria. Poiché l'abito per questo servizio é la cappa, essa deve essere messa in tutte le funzioni in cui la Confraternita é presente, sia nelle forme solenni di celebrazione (Messe, Officiature ...) che nelle manifestazioni di pietà popolare (processioni, pellegrinaggi ...): NON si tratta di un "accessorio" che indossano solo coloro che portano i simulacri, limitatamente alle processioni, o il cui uso é lasciato all'arbitrio o alla voglia dei singoli iscritti;

 

la cappa é un richiamo, ricorda la veste del Battesimo e quindi la dignità sacra di ogni battezzato e il compito che la Chiesa gli riconosce nell'esercizio del culto liturgico, che dà mandato ufficiale di compiere. Essa é anche richiamo alla fine della vita terrena: i Confratelli defunti venivano (e dovrebbero essere tuttora) rivestiti con la cappa (é un atto assolutamente non anacronistico e mai abrogato da nessuno, anzi fu una delle prime regole ad essere fissata, in segno di uguaglianza davanti a Dio, alla fine della vita terrena che si lascia, lasciando assieme ad essa tutte le distinzioni ulteriori di stato sociale, ecc.): questo lodevole e significativo atto, ove sia stato tralasciato, va seriamente recuperato e meditato. Inoltre la cappa é un continuo invito a proseguire nella via di pietà dei fondatori delle Confraternite, che vollero rivestirsi di quest'abito per devozione, penitenza, impegno di vita migliore, e non solo per semplice tradizione: indossando la cappa, i Confratelli ricordino che si sono rivestiti di Cristo e gli appartengono, non ci deve dunque più essere mancanza di sintonia tra spirito e vita;

la cappa é distintivo (vedi il primo paragrafo di pagina 11) di carità e di amore verso i più bisognosi ed, in certi casi, anche abito di servizio (ad es. per le sepolture od i soccorsi: quindi, per praticità alcune cappe sono o erano di tela cerata). Essa indica lo spirito di sacrificio con cui i Confratelli sono tenuti ad affrontare il dovere di solidarietà, compiendo il proprio servizio nelle molteplici forme di volontariato secondo lo spirito cristiano (non semplicemente secondo una più o meno accentuata ispirazione agli ideali cristiani) di cui le Confraternite sono state precursori ed in cui possono e devono essere continuatrici (beninteso, sempre unitamente al peculiare scopo di culto). N.B.: tutte le cappe dovrebbero avere il cappuccio (anche simbolico, non importa se grande o piccolo, se da usare sempre o no, ma é importante che ci sia e che sia visibile), segno di umiltà e di nascondimento; quando questo è calato sul volto non permette di essere riconosciuti, indicando l'anonimato delle buone opere (nessuno sa perciò chi deve ringraziare per il bene ricevuto) e l'annullamento della differenza di classe sociale (sono accumunati il ricco col povero, l'istruito col meno colto...). E' così stimolata e continuamente richiamata la fedeltà alle esortazioni di Gesù: "Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra." (alcune cappe hanno perfino una manica più lunga dell'altra per ricordarlo!), nonché: "Guardatevi dal fare le vostre opere buone per essere visti dagli uomini, il Padre vostro che vede nel segreto vi ricompenserà.". Nella simbologia del cappuccio si può notare un ulteriore significato, apparentemente contraddittorio con qunto appena esposto: il cappuccio nasconde la persona, ma questo non avviene per mascherarne l'identità, ma per rafforzare ulteriormente l'annullamento della differenza di classe sociale: dietro il cappuccio ci possono stare tutti e può esserci chiunque, non solo qualcuno che non vuole svelarsi od ha paura o fastidio di farlo.

 

La cappa é dunque emblema significativo per la decorosa e pubblica espressione del culto e per il generoso servizio di carità, e quindi abito coessenziale all'associazionismo confraternale: pertanto non é possibile abbandonarla (non é lecito né legalmente e né pastoralmente).

 

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ELEMENTI

Essa é innanzitutto uguale per tutti (non é ammissibile "personalizzarla": le differenziazioni, quando ci sono, servono solo per distinguere i dirigenti dell'associazione o chi ha qualche incarico), indica che tutti i Confratelli (= "come-fratelli" ovvero "con-i-fratelli") sono uguali tra loro, sono tutti figli di Dio (si pensi inoltre al nome "Compagnia" dato alle prime Confraternite, che deriva da "cum-panis", ossia colui o coloro con cui si divide il pane), inoltre ricorda che l'ordinamento dell'associazione é democratico e gestito comunitariamente, NON egemonicamente. E' errato e molto negativo il pensare che rivestirsi della cappa sia qualcosa da ostentare, sia all'interno che all'esterno della Confraternita (così come é altrettanto errato e fortemente negativo ostentare il non volersela mettere per ragioni più o meno opinabili che celano vergogna o rispetto umano fine a sé stesso o, quantomeno, mancanza di convinzione, fatto tanto più preoccupante in materia di fede prima che di appartenenza a qualsiasi gruppo).

Quanto all'abito ed ai distintivi dei dirigenti o di chi ha qualche incarico nell'associazione, si tenga sempre presente che tali mansioni sono un onere prima che un onore (sono l'espressione di un servizio, non di un potere) e che non é rifiutando di indossare le relative insegne che si cresce in umiltà. Così facendo si crea solo indefinitezza nell'individuazione di chi ne é titolare e diminuzione della reverenza che tutti, a cominciare da chi le ricopre, devono a ciò che queste mansioni rappresentano, piuttosto che a chi le ricopre. NON si tratta solo e/o semplicemente di una "sopra-veste" più o meno munita di "accessori" o essa stessa "accessorio". La cappa serve per atti specifici, é quindi provvista di annessi (NON sono "complementi" più o meno facoltativi) determinati sia per ciò che simboleggiano che per le funzioni a cui assolvono. Ogni sua parte é, per questo, complementare con e alle altre, metterne genericamente solo alcune non ha nessun significato, é un comportamento arbitrario, cioé contrario alle norme, al buon senso ed all'educazione, ossia al rispetto degli altri Confratelli e della stessa associazione.

 

Avendo chiaramente presenti tutti questi aspetti si può quindi esaminare come e perché essa é composta in un certo modo, iniziando da ciò che ordinariamente indicano i colori della stoffa di cui é fatta:

 

il bianco richiama il colore delle prime cappe indossate dai Flagellanti medievali (vedi il secondo paragrafo di pag. 9), così furono e sono confezionate le cappe della maggior parte delle Confraternite, a cominciare dall'Arciconfraternita-Madre del Gonfalone, la cui struttura sarà poi adottata da tutte le altre Confraternite sorte in seguito. N.B.: su questo abito sono quindi stati inseriti o aggiunti diversi altri elementi (es. classico: la mantellina). Spesso si é salvaguardato, però, almeno un richiamo al colore originario (ad es. si adottano cappe di colore diverso, le quali presentano tuttavia colletto, risvolti o fodera bianchi, per ricordare le origini); oppure, per contro, per non toccare del tutto l'originario abito bianco, su di esso sono inseriti solo dei piccoli, semplici annessi colorati (ad es. nastri o fregi);

 

il grigio ricorda la tela grezza, di simile colore, dell'umile saio dei primi Frati dell'Ordine Francescano: l'uso di una cappa simile indica le Confraternite (ed i legami tra esse e tale Ordine) sorte al seguito dei "Fratelli e Sorelle della Penitenza" nati dall'esperienza di San Francesco;

 

il rosso é il colore caratteristico della Confraternita della Trinità dei Pellegrini, fondata da San Filippo Neri, ed indica l'effusione dello Spirito Santo ed il fuoco della carità che deve infiammare il cuore di chi é iscritto a questa associazione nell'esercitarne lo scopo: la glorificazione della Trinità attraverso l'azione di liberazione del prossimo dalle emarginazioni e dalle schiavitù. Non poteva essere scelto colore migliore, visto che il rosso simboleggia la divinità;

il marrone ed il giallognolo richiamano rispettivamente la tonaca o il mantello dei religiosi dell'Ordine Carmelitano (i cui primi eremiti, e non solo essi, adottavano vesti di tinta affine, tessute con peli d'animale) e indica una Confraternita della Madonna del Carmine; ma questo colore (indipendentemente dall'Ordine religioso di aggregazione) potrebbe anche semplicemente indicare Confraternite nate dal Movimento Penitenziale medievale, i cui primi membri, come si é detto, vestivano rudi tuniche di tela di sacco;

l'azzurro é il colore mariano per eccellenza: é il colore del cielo, prefigura la Gloria Eterna (per cui simbolicamente indica la divinità) in cui é già stata assunta la Madonna. Esso fu assegnato alle Confraternite del Rosario dai Padri Domenicani, i quali ne zelarono l'erezione un po' ovunque, tanto che la fondazione di queste Confraternite, assieme a quelle consimili del Santissimo Sacramento, era auspicata in ogni Parrocchia; questo colore (usato sia per la cappa che per la mantellina) indica comunque una Confraternita mariana (o anche una Confraternita del Santissimo Sacramento legata ai Domenicani, mentre quelle legate alla Basilica del Laterano sulla cappa bianca portano invece la mantellina di colore rosso, e chi, ad es., ha una doppia aggregazione, potrebbe avere cappa azzurra e mantellina rossa);

 

il verde é innanzitutto il colore dell'Arciconfraternita di San Rocco e, di conseguenza, delle sue aggregate; esso riprende il colore delle vesti con cui questo santo pellegrino viene effigiato nell'iconografia tradizionale e invita alla speranza durante il pellegrinaggio terreno, prefigurazione di quello verso l'Eternità: il verde simboleggia la stagione della rifioritura, del ritorno della vita, e quindi l'umanità;

 

il nero, il colore simbolico della terra, da cui ha principio la vita, alla quale torna con la morte, é adottato, per questi motivi, dalle Confraternite della Buona Morte ("buona" nel senso cristiano del termine, sia innanzitutto dal punto di vista di una adeguata preparazione ed assistenza spirituale, che da quello del provvedere ai servizi necessari ai diversi atti e situazioni che accompagnano quest'ultimo momento della vita): in senso lato il nero é stato quindi inteso come indicatore di lutto, ma non é questo il suo significato originario o comunque principale;

 

altri colori o combinazioni di colori usati o usabili possono derivare dall'iconografia con cui é tradizionalmente effigiato un Santo Patrono (ad es. il viola del mantello di San Giuseppe, che però potrebbe indicare anche Confraternite penitenziali); dalla carica da evidenziare (ad es. il giallo-oro, colore della solennità, in genere usato per gli ornamenti delle cappe e/o delle mantelline dei responsabili della Confraternita, non importa di che tipo); o anche dalla semplice affinità col colore stabilito (ad es. il blu anziché il nero, per distinguere due Confraternite di titolo diverso, entrambe con abito scuro, esistenti nella stessa località, o limitrofe, o che hanno avuto vicende particolari riguardo all'aggregazione.

nulla vieta che per motivi attinenti la devozione ad un determinato santo o mistero si adotti un colore che lo richiama, es. azzurro per la Madonna, rosso per un Martire ... salvo sempre, ovviamente, non andare fuori dal seminato

 

N.B.: quest'ultima é una situazione particolare ma non rara, che può presentarsi per tutte le Confraternite, così che ci possono essere più elementi distintivi, sia sull'abito e sia sullo stemma confraternale, a motivo di più aggregazioni o loro rinnovi ad una od a più di un'Arciconfraternita-Madre. Il titolo di una Confraternita é un po' il suo "biglietto da visita" e quindi richiede un minimo di precisione nel definirlo e nel presentarlo. Può capitare che al accanto al Santo o Mistero titolare originario dell'associazione si affianchi il titolo della relativa "casa-madre" (non é detto che sia una sola), o che questo lo sostituisca, oppure può darsi che sia indicato anche il titolare dell'Oratorio che é sede della Confraternita: si possono così avere più contitolari (che non necessariamente sono i Patroni, e viceversa). Occorre fare un po' di attenzione per non confondere queste identità e per non creare disguidi che hanno una loro rilevanza. In tutto o in parte ciò si riversa di conseguenza anche sull'abito della Confraternita, che é il primo evidente segno identificativo con cui essa si presenta. Così, ad es., ci può essere una Confraternita al cui titolo non corrisponde il colore previsto per la cappa e viceversa.

Ogni Confraternita é unica nel suo modo di essere (compresa l'adozione di un certo tipo di abito) però le norme generali che attribuiscono determinati colore e forma ad un dato tipo di Confraternita non possono essere disattese, travisate, o comunque applicate in maniera autocefala (si può dare solo una parziale originalità applicativa). Una Confraternita che, data la sua origine, porta cappa bianca, dovrebbe mutarne il colore, aggregandosi alla propria casa-madre (salvo che anch'essa abbia per colore il bianco); a volte ciò non avviene, si integra solo la mantellina del colore richiesto, finendo per sembrare Confraternita di tipo diverso. Così, considerando alcuni esempi notevoli, le aggregate all'Arciconfraternita della Morte che aggiungono mantellina nera e mantengono cappa bianca, potrebbero essere scambiate per Confraternite del Suffragio; le Trinitarie che di colore rosso adottino solo la mantellina, potrebbero sembrare Confraternite del Sacramento (viceversa, quelle del Sacramento che abbondassero facendo rossa non solo la mantellina ma tutta la cappa, sembrerebbero Trinitarie; lo stesso vale per quelle dedicate alla Passione del Signore o ad un Martire, per le quali però il rosso simboleggia il sangue); le aggregate ai Francescani che assumono il colore marrone (come l'attuale saio dei frati) potrebbero essere scambiate per Confraternite del Carmelo (le quali, in quanto dedicate alla Madonna, sopra la cappa potrebbero pure portare mantellina azzurra); infine, le aggregate ai Passionisti o all'Arciconfraternita del Crocifisso (le quali hanno cappa nera) potrebbero essere scambiate per Confraternite della Misericordia se non recassero come distintivi quelli della Passione, propri delle rispettive "case-madri": in questi casi il nero (che a suo tempo era il colore liturgico del Venerdì Santo) va inteso non come colore della morte in generale (vedere il penultimo paragrafo di pag. 7), ma della Morte e Sepoltura (in alcuni casi é detto: "del Sacro Interramento") del Cristo, che é anche il titolo di alcune Confraternite che adottano questo colore.

Tutto ciò accade, principalmente, per differenziare Confraternite simili, anche se la procedura regolare é diversa (e queste eccezioni la confermano). Anche l'abito é un distintivo, per essere riconoscibili sia nella massa di tutte le Confraternite e sia localmente, dove ce ne potrebbero essere altre con cui confondersi a causa di un abito affine (questa situazione si risolve anche applicandovi il proprio stemma). Ecco gli unici casi che giustificano l'adozione di cappe parzialmente (SOLO parzialmente) diverse dal modello stabilito: altrimenti, a prima vista, si potrebbe dire di essere in presenza di una Confraternita di titolo diverso, o legata ad un Ordine religioso o Arciconfraternita determinati mentre invece fa capo ad un'altro/a. Come si vede, se non si conoscono né comprendono gli abbinamenti, si fa presto a fare delle "arlecchinate"! Ecco perché, lungo i secoli, i colori ed i loro significati sono stati definiti in modo preciso, e non si prevede di aggiungerne altri in modo libero ma se e solo se ce ne fosse eventualmente una fondata utilità.

Tutte le cappe sono o dovrebbero essere munite di un cordone per cingere i fianchi (e/o, a seconda dei modelli delle cappe, anche di un collare): é un richiamo alle funi con cui fu legato il Signore e quindi a sentirsi strinti a Lui, alla Sua legge, e ad avere autocontrollo morale. A volte il cordone ha dei nodi (in genere 3, 5 o 7) che ricordano alcuni momenti della Passione (ad es.: le 3 cadute sulla via del Calvario, le 5 Sante Piaghe del Crocifisso, le Sue 7 effusioni di Sangue) e invitano ad atti di devozione. Quello che ora é un semplice cingolo, anticamente terminava con dei veri e propri flagelli (= frustini con frange in metallo o pietra), usati pubblicamente dai primi Confratelli (ecco perché venivano detti anche "Flagellanti" o "Battuti") per colpirsi sulla nuda carne per concreto atto di penitenza (per decenza, per non scoprire il busto, essi portavano cappe con un buco sul dorso, qualcuna foggiata così si trova ancora); alcuni cingoli non sono di corda di cotone ma di canapa, e terminano con simbolici flagelli intrecciati, ad indicare l'anzianità dell'associazione e la sua origine penitenziale. Tutte le cappe, infine, dovrebbero avere sul lato del cuore un distintivo, detto "impronta", con l'effigie o lo stemma del Santo o Mistero titolare della Confraternita o della relativa "famiglia" (a volte é una croce o un medaglione, attaccato magari al collare, dove si usa). Esso indica che i Confratelli appartengono alla stessa "casàtia" ossia ambito familiare del Santo o Mistero di Fede cui é dedicata la loro rispettiva associazione di appartenenza: il nome "casàccia" con cui venivano anticamente chiamate le Confraternite, ha proprio questo significato.

 

nota caratteristica 1: sulle cappe dei Confratelli che andavano pellegrini (o delle Confraternite che si occupavano dei pellegrini) venivano messi (ed in alcuni casi vengono o possono tuttora essere messi) degli appositi distintivi del pio viaggio, in seguito presi ad emblema della Confraternita, i quali, in origine, assolvevano anche a funzioni pratiche (ad es.: il copricapo ripara dal sole, una piccola zucca cava fa da bottiglia, la conchiglia serve da bicchiere o cucchiaio, il bastone é contemporaneamente mezzo di appoggio e di difesa ... ). Così chi si recava a Roma indossava il cappello a larga falda dei "Romei", poi entrato a far parte dell'abito di alcune Confraternite; chi andava a visitare la Terra Santa metteva come distintivo un rametto di palma preso in quei luoghi; chi, ancor oggi, compie a piedi il "cammino" di San Giacomo di Compostela, riceve come segno del pellegrinaggio la conchiglia appositamente benedetta (che fu la prima forma di "souvenir" di chi visitava le coste atlantiche dove vennero sbarcate le reliquie dell'Apostolo); qualche Confraternita dei Pellegrini porta ancor oggi una simbolica bisaccia a tracolla, o la citata zucca come ornamento del bastone.

 

nota caratteristica 2: tra gli annessi che spesso accompagnano l'abito confraternale ce ne sono pure alcuni che non tutti i Confratelli e Consorelle hanno (o hanno più), ma che vengono usati o indossati solo da alcuni di essi a motivo della carica ricoperta o del servizio che assolvono in una determinata circostanza. E' il caso del bastone: in origine era uno degli emblemi del pellegrinaggio e simbolicamente lo é sempre (richiamo al "pellegrinaggio" dell'esistenza umana su questa terra); in seguito qualcuno é stato differenziato (in genere secondo la forma e gli ornamenti) e serve da emblema dell'autorità dei superiori della Confraternita (é una "autorità" che vuol dire innanzitutto unità dell'associazione, la figura simbolica che viene richiamata é quella del pastore che raduna e conduce il gregge) e per rendere visibile il conferimento ed il passaggio delle cariche (tant'é vero che nel Rito di Insediamento degli Officiali si prevede la consegna degli emblemi delle rispettive cariche); serve inoltre per renderli riconoscibili; serve, infine, da emblema della mansione di rendere e tenere ordinato lo svolgimento delle processioni (in questo caso appositi Confratelli incaricati portano determinati bastoni, diversi da quelli degli Officiali, con i quali, come si é detto, si richiama la figura del pastore che conduce il gregge e contemporaneamente, di conseguenza, il servizio di regolare lo svolgimento delle funzioni). Alcune mantelline hanno le stesse funzioni distintive, e per questo presentano apposite differenze (bordi più o meno ricchi e lavorati, ecc.). Anche i guanti possono essere uno dei distintivi degli Officiali, ma oltre che da essi, spesso sono messi dai Confratelli e Consorelle che portano i simulacri, in segno di rispetto e riverenza per oggetti sacri o benedetti che non si vuole o non si ritiene di toccare indebitamente a mani nude. Per ragioni di uniformità dell'abito, alcune Confraternite prevedono anche l'uso di apposite scarpe (durante i Riti della Settimana Santa o in certe Celebrazioni penitenziali non é fuori luogo, invece, camminare a piedi scalzi, portando indosso alcuni simboli della Passione quali la corona di spine o i flagelli, oppure calare il cappuccio sul volto, ecc.).

 

nota caratteristica 3: come si é detto, la cappa é e deve essere una "sopra-veste", quindi già negli statuti confraternali più antichi si aveva cura di prevedere anche il tipo di abito da indossare sotto la cappa stessa, la quale NON serve a nascondere il vestito. A questo proposito si possono richiamare anche oggi due semplici norme dettate dal buon gusto e dal buon senso: A) sotto la cappa vanno evitati abiti e scarpe di colore e forma troppo vistosi od originali (pantaloncini corti, minigonne, sandali, scarpe da ginnastica e simili sarebbero ovviamente da non prendere neppure in considerazione); B) nessun presunto motivo di praticità giustifica l'uso di "mini-cappe", né vanno usati abiti confraternali ridotti o ridimensionati in nome del fatto che quel che conta é dare un segno di presenza (non importa di che fattezza o dimensione) e che tutto il resto é in aggiunta (ciò é solo una veloce liquidazione dell'argomento, in aperta contraddizione con quel che si é detto circa i significati delle parti della cappa): anche la decenza estetica ha un suo ruolo.

Si deve prestare la massima attenzione a non cambiare la cappa per "moda", comodità, gusto di novità ad ogni costo, perché si é visto fare da altri, perché ci si é affidati a scelte arbitrarie o personali, ignorando (pur in buona fede) caratteristiche ben più importanti e profonde ed una storia plurisecolare. Gli stessi stemmi per essere tali devono rispettare determinate e ben precise regole di araldica. L'improvvisazione, la fantasia e la troppa originalità in questo campo devono essere bandite. L'abito di molte Confraternite é spesso un'opera d'arte e comunque é un segno materiale di rilievo di una storia ben precisa, percui sono veramente da fuggire interventi estemporanei o privi di competenza. Certo, in qualche caso esso può sembrare uno strano indumento (non é detto che tutte le divise siano di buon gusto) di cui, forse, potrebbe esser riveduto qualche particolare (anche per aggiungere qualcosa, e non solo per togliere!), poiché nella Chiesa si deve volere il buon gusto e la bellezza. Ma, ad es., un abito confraternale seicentesco é portatore di una testimonianza definita, iniziata in un dato periodo e tuttora vivente. Sarebbe fuori dal tempo indossare tutti i giorni un capo del genere, però non si chiede di usarlo sempre (cosa che fa veramente essere fuori dalla realtà corrente).

D'altra parte nulla vieta che per una nuova Confraternita si possa adottare un abito che, tenuto conto del titolo dell'associazione, sia adatto al tempo ed al luogo ma senza rinnegare l'antica esperienza, le norme di base e la Tradizione. Ovviamente (e questo vale per tutti) la cappa NON può essere sostituita da nessun "surrogato" (medaglia, fascia al braccio o a tracolla, ecc.) da mettere da solo, e le misure, fattezze e materie con cui é fatta devono comunque essere appropriate e decenti. N.B.: a parte i momenti in cui é previsto l'uso dell'abito confraternale, sarebbe bello ed auspicabile (come accade in moltissimi altri gruppi), che anche chi é membro di una Confraternita avesse un piccolo distintivo di essa (o della rispettiva "famiglia" confraternale) in segno di appartenenza a tale associazione nonché di riconoscibilità del suo esserne parte, da mettere nelle circostanze in cui non si indossa la cappa.

Per tutta questa serie di motivi non é comprensibile non usare la cappa "... perché il suo uso é ormai superato, perché é altro la testimonianza che si deve dare, perché ormai la divisa non la mette più neppure chi é tenuto ad indossarla ...": queste giustificazioni giustificano maldestramente solo le situazioni in cui non si vuole testimoniare in modo vivo, visibile e preciso ciò di cui si intenderebbe essere portatori. Se non si vede il segno di quel che si é e che si fa, non si distingue nulla, e questo vale sia per chi porta un emblema di riconoscimento, divisa, o qualsiasi altro distintivo, e sia comunque e soprattutto per chi non lo porta, perché prima o poi dovrà in ogni caso esprimere il segno materiale e tangibile (distintivi a parte) che intende lasciare (ammesso che voglia lasciarlo).

 

VALORI

I valori spirituali contenuti nel segno della cappa sono così profondi da meritare tuttora molta considerazione, non certo da abbandonare in nome di ragioni diverse. L'abito esteriore deve essere segno dell'abito interiore, morale, dei Confratelli. La cappa cioé riveste il corpo così come lo spirito di un Confratello dovrebbe sempre essere rivestito dei sentimenti dell'umiltà, della concordia, della penitenza del cuore, del sacrificio, della preghiera, dell'anonimato del bene (sentimenti simboleggiati tutti dagli elementi della cappa). Queste esortazioni trovano il loro più caloroso assertore e propagatore in San Carlo Borromeo, riformatore delle Confraternite, che per esse, e soprattutto per i loro membri, stese una apposita "Regola" in cui sono contenute numerose e preziose indicazioni, tuttora valide ed attuali, cui il presente testo accenna, ma esse andrebbero periodicamente riproposte all'attenzione di ogni Confratello e Consorella, per verificare se, quanto e come le abbiano praticate, le pratichino e le vogliano continuare a praticare.

L'abito confraternale, quindi, non può essere assunto superficialmente: il Rito della Vestizione, che deve essere celebrato secondo quanto prevede la Liturgia, dà il giusto rilievo al ricco significato dell'abito ed ai valori profondi che esprime. Senza volerne esagerare il ruolo, portare la cappa é, insomma, un modo non generico per dare testimonianza visibile di culto e carità. Non c'é quindi da vergognarsi di indossarla pubblicamente, ricordando che non si può dire buon cristiano chi ha vergogna a testimoniare pubblicamente la propria fede, anche partendo da gesti simbolici (pure qui tutto é segno, ossia simbolo che produce un determinato effetto) come é, in questa fattispecie, il mettersi la cappa, poiché una fede vissuta privatamente resta un fatto individuale che non produce gli effetti indicati e voluti dal Vangelo. In una frase: in quest'ottica la cappa indica pubblica manifestazione della propria fede e richiama quindi l'impegno a vivere cristianamente e coerentemente con le promesse fatte.

 

E' necessario, ogni tanto, pensare a queste cose, e domandarsi se ed in che modo si dà questa testimonianza!

 

 

- abiti tradizionali divenuti cappe e viceversa

- pettorina

- crocesignati (apparizione della Madonna, cronaca di Luca Dominici e richiamo al segno tau dei salvati biblici in un momento storico di sconvolgimenti)

é meraviglioso notare come alcuni Titoli o aspetti di Confraternite riescano efficacemente a presentare e trasmettere aspetti biblici e teologici in maniera semplice ed accessibile al grande pubblico

 

rosso = regalità

verde = umanità

azzurro = divinità

l'uniformità dellla cappa privilegia l'appartenenza ed il rafforzamento dell'appartenenza ad un gruppo piuttosto che la figura del suo singolo appartenente, ecco perché farla diversa é un po' come far capire che si vuole mettersi in evidenza risp. al gruppo.

 

 

 

 

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