Il Plico

Parte Quarta

15) L'ATTRATTORE
16) IL CASO E LA NECESSITÀ
17) TRASFERTA VENETA
18) LA DISCUSSIONE

15) L'ATTRATTORE

"Mi sembri particolarmente assente, stasera" osservò Lucia mentre dopo cena sedevano in giardino attenti a godere quel pò di fresco che circolava dopo una giornata così afosa. "Anche con Enrico non sei stato molto loquace. Di solito cerchi di capire quello che fa, mostri interesse, ti fai spiegare cose difficile di Fisica. Ma stasera, taciturno ed assente."
"Forse è vero, Lucia. Ma non riesco a togliermi di mente l'affare Franchino che si è mescolato con quello del commendatore Speri. Non so se ti ho detto che ho rinunciato a difenderlo."
"No, non me l'hai detto. E per quali ragioni?"
"Il Franchino doveva essere un testimone importante per l'accusa, ed io non lo sapevo. E poiché io potrei essere chiamato a testimoniare sull'incidente, potrebbe apparire come una strana combinazione. Anche perchè vi sono molte cose un pò misteriose nella faccenda. Anzitutto la busta. Poi, la scomparsa del Franchino può fare comodo per la difesa dello Speri. Così ho preferito dare un taglio netto. Se sarò chiamato a testimoniare non dovrò essere preso da scrupoli se quello che dico non favorisce il mio cliente. L'ho affidato all'avvocato Cavalli. A proposito, telefona alla moglie ed invitiamolo a cena una di queste sere. E' un pò che non ci ritroviamo tra amici e non per problemi. di bottega. Ti trovi bene con la moglie tu, non è vero?"
"Sì, ci siamo viste anche qualche volta al tè da amiche comuni."

Enrico, che se ne stava un pò più in là su una seggiola a sdraio a guardare le stelle, intervenne: "Ehi, pa'. Ma non ti avevo già risolto tutto con il gatto di Shroedinger ed il principio di indeterminazione? Che cosa altro ti cruccia? Parlamene e vedrai che ti troverò qualche altro principio generale che ti verrà in aiuto."
"Bravo Enrico, aiutami tu. Il problema che mi tormenta, beh, non proprio che sia tormentato, ma... E' che tutto sembra così collegato, quasi che risponda ad un disegno preordinato. Partiamo dal morto. L'incidente è già strano. Poi si scopre che era un testimone importante in un problema di traffico d'armi. Infine il socio ed amico gli ruba la moglie ed è quindi doppiamente avvantaggiato dalla sua morte repentina ed improvvisa. Ma allora, c'è stato un disegno preordinato? Il morto avrà saputo della tresca. Ma allora, perchè avrà voluto fare avere il famoso plico proprio a lei? E cosa c'entro io in tutto questo? Eppure sembra che la mia presenza sia più interessata che fortuita. Potrei avere avuto proprio il compito di sorvegliare l'incidente e di impadronirmi di documenti compromettenti. Nel plico, a detta dello Speri, c'era un'assicurazione sulla vita fatta pochi giorni prima, molto grossa e di cui è beneficiario il figlio. Quindi anche il figlio è avvantaggiato dalla morte del padre. Ma il figlio non dovrebbe stare dalla parte della madre, visto tra l'altro che non è la sua vera madre, ma la sua matrigna. Tanto più se fosse al corrente... E sempre io sono l'elemento di congiunzione. Io vengo, anche non volendo, a sapere tutto, ad essere informato anche delle cose non ancora avvenute, ma programmate. Così ora mi si dice che la moglie vuole giocare il ruolo della vedova inconsolabile e deporre dei fiori esattamente sul luogo dell'incidente. Ma non lo fa tramite il figlio, no, ma lo Speri... Ed io devo intervenire descrivendo esattamente le coordinate del luogo... Io so che è il caso che mi ha coinvolto. Ma tutto è così ben congegnato ed io... io sembro una pedina importante in tutta questa storia. E' come se ci fosse un disegno, uno scopo finale di cui io sarei strumento. C'è un pò da essere preoccupati, non ti sembra? Forse hai ragione tu quando l'altro giorno ci scherzavi sopra dicendo che se tu fossi il commissario io sarei il primo sospettato..."

"In effetti, papà, il caso qui sembra troppo invadente e coordinato ad uno scopo finale. Ma vediamo un pò se la fisica ci può aiutare. Da Galileo in poi la scienza ha escluso che ci possano essere cause finali. La causa deve venire prima dell'effetto. Tuttavia Aristotele non era certo uno stupido. Come mai allora pensava che ci fossero anche cause finali? E' perchè pensava soprattutto a quanto si osserva nel mondo del vivente. Qui è la cosa più naturale pensare che tutto si sviluppi per rispondere ad un fine. Naturalmente se ci fosse una causa finale è solo alla fine, quando gli effetti ci sono già stati che gli interessati vengono a scoprire qual'è la causa, almeno così mi pare."

"Guarda, guarda - intervenne Lucia - sembra che invece di fisica tu studi filosofia..."
"Non dimenticarti, mamma che al liceo classico ho avuto sempre otto in filosofia e che quasi quasi stavo per iscrivermi a quella facoltà.... Ma in fondo la fisica, ed in particolare la fisica moderna è essa stessa molto filosofica.... Ma torniamo al caso che sembra governare il povero papà come se ci fosse una causa finale a tirarcelo dentro nella storia. Il problema è che se così fosse, se tu papà fossi coinvolto perchè c'è una causa finale tu potresti non saperlo e scoprirlo solo alla fine. Quindi puoi essere in buona fede a crederti innocente, ma in realtà sei colpevole. Per tua fortuna la fisica ha tolto di mezzo le cause finali fin dall'epoca di Bacone. In compenso ha introdotto il determinismo, e non so se per te va meglio. Tu avrai certamente sentito parlare del demone di Laplace."
"Come no - mentì il padre, e cercando di recuperare i ricordi di liceo - è quello che è in un vaso pieno d'acqua e se schiacci una membrana di gomma che chiude il vaso sale a galla."
"Ma no, papà. Senti mamma quanto è ignorante tuo marito. Anche la mamma sa che quello è il diavoletto di Pascal. Quello di Laplace non è un diavoletto. E' un grande demone, uno che sa tutto di tutto. E se qualcuno ad un dato istante sa tutto di tutto può predire tutto quello che avverrà nel futuro. Se esiste una mente superiore che può conoscere la posizione e la velocità di ogni atomo, di ogni molecola che compone l'universo, può predire quello che succederà a me, al mio pronipote che non c'è ancora ma che nascerà. Quindi il caso non esiste. Il caso è solo la nostra ignoranza, la nostra incapacità di conoscere ora tutto di tutti. Quindi tu non potevi essere là sull'Autostrada del Sole per caso a seguire la macchina del Franchino. Sei fregato, papà."

"Sono fregato se c'è la causa finale di Aristotele, sono fregato se c'è il determinismo di Laplace. Hai sentito Lucia, che aiuto mi da tuo figlio? Mi vede già predestinato alla galera."

"Sì, ma sta anche scritto che ti porterò le arance! Anche senza scomodare il demone di Laplace ed il determinismo assoluto, certamente la nostra cultura è piena del successo che abbiamo avuto nello spiegare i fenomeni del mondo fisico. Ogni volta che abbiamo osservato delle regolarità, abbiamo cercato delle leggi che le spiegassero. Keplero, ha osservato le regolarità del moto dei pianeti, e Newton ci ha costruito sopra la teoria della gravità universale. E' naturale quindi che anche in altri campi, nella psicologia come nella sociologia, quando scopriamo delle regolarità, ci venga di pensare che vi siano dei legami di causa ed effetto. Quindi, se io fossi un poliziotto, un investigatore ed esaminando tutta la storia trovassi delle regolarità, delle coincidenze, non sarei soddisfatto se non cercassi una spiegazione razionale, cioè la causa o le cause, quelle a monte e non quelle finali, che hanno prodotto il concatenarsi degli eventi. Del resto tu stesso papà, proprio perchè credi nella forza della logica applicata alle consequenzialità anche se apparenti, non sei tranquillo e hai abbandonato il povero Speri..."

"Ma se tu avessi ragione - osservò il padre, raddrizzandosi un pò sulla poltrona in cui era sprofondato - sarebbe ben difficile fare l'avvocato difensore. Se quando ci sono coincidenze e regolarità vi è una spiegazione logica, questa deve essere unica. Starei fresco se non potessi sostenere che vi sono coincidenze puramente fortuite."
"Bravo papà. Se io fossi il pubblico ministero, e fossi laureato in fisica, accetterei la tua sfida, accetterei l'esistenza del caso, ma tirerei fuori la mia arma segreta: l'attrattore."

"Son curioso di vedere dove vai a finire. Lucia, forse non ci serve stasera il caffè per stare svegli. Ci pensa Enrico."

"Invece di prendere in considerazione tutto l'universo, ritagliamone una piccola parte, quella della storia che ci interessa. Allora il caso può apparire come l'effetto della parte dell'universo che non abbiamo inclusa, e che quindi non conosciamo. In questo piccolo mondo separato c'è un campo di forze. Le cose si muovono in questo campo seguendo delle traiettorie. Queste traiettorie hanno delle caratteristiche ben definite, che dipendono dal campo di forze. Prendi un caso semplice: il nostro universo limitato è formato da una sferetta attaccata ad un filo appeso al soffitto. E' quello che si chiama un pendolo. Se gli dai un colpo, la sferetta si muove. Più il colpo è grosso più sale. All'inizio la traiettoria può essere traballante, ma dopo un pò diventa regolare. Se ne studio la velocità e la posizione in funzione del tempo scopro delle regolarità. Cioè scopro la legge del pendolo. Questo fatto che la traiettoria sia tipica del pendolo si chiama attrattore. E' come se l'oggetto mobile fosse attratto dalla traiettoria caratteristica. Se invece del pendolo ho un altro marchingegno la caratteristica del moto sarà diversa, ma sarà anch'essa una traiettoria fatale. Il puro caso è qui rappresentato dall'intervento di qualcosa che è esterno al mio universo. Può perturbare la traiettoria, ma alla fine là andiamo, sull'attrattore. Quindi magari io come pubblico ministero posso accettare che tu non appartieni all'universo della nostra storia, che sei un accidente. La tua presenza accidentale però non può distruggere le regolarità che io osservo nella storia, nell'attrattore che la caratterizza. Il campo di forze che fà sì che vi sia un attrattore, una traiettoria fatale, è realizzato dall'attuazione del piano diabolico di chi ha voluto che le cose andassero in un certo modo. Quello è il colpevole. Tu non vai in galera, ma il tuo assistito sì. E giustizia è fatta. La ragione ha prevalso contro l'oscurantismo dell'illustre avvocato della difesa."

"Accidenti, Enrico. Sei un mostro. Non pensavo che sapessi tante cose."

" Non ti allarmare troppo, papà. Se ti sembro così ferrato in problemi di tipo filosofico non è solo per le reminiscenze liceali. C'è un trucco. Infatti sto preparando un piccolo esame complementare di storia della scienza... Ma procediamo. Finora ti ho salvato dalla galera. Vediamo se non riesco anche a farti vincere la causa e fregare il pubblico ministero. Qui devo tirare fuori un altro trucco. Marisa..."

"Adesso salta fuori anche Marisa! ma chi è questa Marisa?"
" Se hai problemi, papà, chiedi alla signora Lucia, quella signora che fa la sorniona lì seduta vicina a te, ma che sa tutto. Ma che ora sono? Sono passate le 10. Son in ritardo. Ho un appuntamento importante. Il seguito, papà, alla prossima puntata..."

16) IL CASO E LA NECESSITÀ

Lucia aveva raccolto l'invito del marito di invitare i Cavalli, l'avvocato Giovanni con la moglie Carla.

Durante la cena nessun accenno al caso dello Speri. Il Cavalli aveva una conversazione molto brillante e tenne un pò banco, commentando ed apprezzando i piatti presentati da Lucia. In effetti bisogna dire che Lucia era sempre una brava cuoca, anche nell'intimo delle cene di casa, tutti i giorni. Ma se poi c'erano degli invitati, sembra che non potesse non dare il meglio di sé. Forse la sua bravura la si vedeva proprio nelle cene di mezza estate quando col caldo che faceva non sarebbe stato opportuno presentare i piatti forti della cucina veneta, che erano un pò anche il suo vanto. Per esempio quel baccalà alla vicentina con polenta... Da leccarsi i baffi commentava sempre Enrico in tali occasioni.

Quella sera invece la base del menù era il pesce, pesce fresco, non baccalà. E l'avvocato Cavalli non poté non intessere un panegirico, con la foga di un'arringa, sulla meraviglia e la qualità del pesce in crosta che, tagliato a fette, appariva rosa al centro, bianco in uno strato intermedio, coronato da un verde chiaro che terminava nel paglierino della crosta di pasta sfoglia.
"Non mi dica gli ingredienti, cara signora Lucia. Mi lasci, come avvocato svelare il mistero per quanto intricato. Ma non è tanto di scoprire le sostanze su cui voglio puntare, quanto le motivazioni della loro scelta e del particolare modo di comporle. Il rosa richiama facilmente il salmone, ma perchè proprio il salmone? Per ottenere quel delicatissimo colore che richiama la gentilezza d'animo della cuoca... Ed il verde dopo il bianco, un tricolore che accenna a un patriottismo vissuto intimamente, non gridato. Un tricolore che sceglie tonalità tenue. Non un grido retorico alla patria, ma un sussurro, quasi un sospiro..."

Più che schermirsi, Lucia era affascinata dalla retorica dell'avvocato. Anche il suo Andrea era un avvocato che sapeva sfornare arringhe strappa cuori se necessario. Ma lei raramente andava a sentirlo nei processi. Ed in casa era, come naturale, molto casalingo, nessuna retorica avvocatesca, se non per burla, quando scherzava con Enrico e ripeteva cose dette in tribunale.

Il discorso si era poi generalizzato sul valore metaforico della cucina, sulla scelta dei colori... che dire poi della nouvelle cuisine ... no, no, qui siamo alla decadenza dell'arte culinaria, tutta forma e poca sostanza... se volete è una conferma che la cucina è lo specchio del mondo... in un mondo in decadenza come il nostro, decadenza anche in cucina...

Così per tutta la durata del pranzo si finì per parlare solo di cucina. Enrico aveva cercato di contribuire con informazioni sui colori, la realtà e l'apparenza, l'influenza della vista sugli altri sensi, in particolare sul gusto. Ma certo la serata a tavola venne dominata dall'eloquio dell'ospite.

Quando si sedettero in sala, gli oneri del padrone di casa toccarono ad Andrea. Dopo il caffè, invece del solito liquore, Andrea propose di aprire un bottiglia di vecchio reciotto, un regalo da un cliente di Verona che di vini se ne intendeva. Prese dei bicchieri a sfera come per il cognac. Versò con cura il contenuto della bottiglia in una brocca di cristallo, poi nei bicchieri. "Va scaldato con la mano... tra un pò sentirai Giovanni il profumo, il bouquet."

Le signore intanto si erano sedute in un angolo della sala parlando di amiche, di piccoli pettegolezzi da piccola città.

Per gli uomini sarebbe sicuramente partito un discorso sui vini. Qui Andrea forse poteva dare qualche punto al Cavalli. Senonché lo squillo del telefono li interruppe. Lucia che aveva risposto, chiamò Enrico: "E' Marisa al telefono."
"Prendo il telefono di sopra, così non disturbo..."
"O meglio, noi non disturbiamo te..."

Andrea e Giovanni si scambiarono uno sguardo d'intesa. "L'età c'è" disse Giovanni.
"A proposito, Lucia, è la stessa Marisa che ha interrotto il discorso interessante che Enrico stava facendo qualche giorno fa, sulla causa finale, sull'attrattore... Non aveva promesso Enrico che proprio grazie a Marisa avrebbe potuto sviluppare una sua ulteriore teoria? Sai, Giovanni, con Enrico abbiamo parlato molto del Franchino e dello Speri, del fatto che io per puro caso ne sia coinvolto, ma come il mio coinvolgimento possa apparire parte di una complessa, ma consequenziale, serie di eventi... Ti ho spiegato la ragione psicologica per cui ho rinunciato al mandato... Sono contento che tu lo possa seguire..."

Enrico nel frattempo era disceso. "Se esci - gli dice Lucia, mamma amorosa e previdente - prendi un giacchetto. Alla sera comincia a fare fresco. Un raffreddore di queste stagioni..."
"Stai tranquilla, mamma. Purtroppo non esco. Marisa ha avuto un contrattempo. Tutto rinviato a domani sera."

"Bene, Enrico, così potrai ora continuare il discorso che avevi interrotto quando dicevi che avresti saputo come usare la fisica... o la filosofia... non ricordo, per evitare di farmi andare in galera..."

"Nè la fisica nè la filosofia, ma la biologia. E puoi dire grazie a Marisa stavolta. Infatti, Marisa studia biologia ed ha dovuto preparare un esame sull'evoluzionismo. L'ho un pò aiutata a preparare l'esame - tuo figlio ha un cuore grande così e sì sacrifica per tutti - e quindi so qualcosa sulla teoria evolutiva. Qui mi sa che ti troverai più a tuo agio. Chissà quante volte nelle tue concioni hai tirato fuori la dura selezione della vita, la lotta per l'esistenza, ecc., ecc."
"Non è il mio genere, ma riconosco che la categoria degli avvocati non disdegna di toccare i precordi dei giurati con la teoria della lotta per la vita. Non è vero Giovanni?"
"Certamente... chi è senza peccato in questa materia, scagli la prima pietra. Mi ricordo una volta, ad un processo in cui difendevo un ladro... Ma, no, no. Sono troppo curioso di sentire tuo figlio. La mia storia ve la racconto un'altra volta..."

Enrico, si schiarì la gola, anzi se la schiarì con il famoso reciotto che nel frattempo si era bien chambrée e con fare professorale: "L'ultima volta eravamo rimasti alla causa finale e come con l'avvento della scienza moderna, da Bacone in poi, il concetto stesso di causa finale sia stato messo in soffitta. Non senza problemi, tuttavia, quando dalla fisica si passi ad esaminare situazioni molto complesse come quelle del mondo biologico. Per spiegare la finalità apparente degli esseri viventi e per non reintrodurre lo scandalo della causa finale di Aristotele, si fa giocare al caso un ruolo importantissimo. Papà, tu non l'avrai letto il libro di Monod Il caso e la necessità, ma Marisa sì. E per pura simpatia anch'io so di cosa parla."

"Invece ti sbagli, l'ho letto anch'io e per di più nella lingua originale, in francese. Quando creiamo un figlio gli forniamo in realtà un progetto molto formalizzato. Non è un pacco di disegni come per fare una casa, ma sono istruzioni ancora più vincolanti. E' quell'oggetto misterioso che si chiama DNA. Prima fai questo, poi quello, poi quell'altro ancora. Anzitutto la cella fecondata deve dividersi in due, poi queste ancora in due e così via. Ad un certo punto le strade si dividono, ogni cella comincia a specializzarsi, una porterà al formarsi del braccio, l'altra del cervello, eccetera, eccetera. Tutto questo è la realizzazione del progetto, quello che richiama la necessità indicata nel titolo del libro. Ho un pò meno chiaro come c'entra il caso in tutto questo, almeno quando si tratta di descrivere come interviene a partire dalla nascita di un individuo ed ha effetti sul suo sviluppo."

"Accidenti, Andrea - interrompe l'avvocato Cavalli - non ti sapevo un esperto di biologia. Va là, va là, che magari hai dovuto leggere il libro per poterci ricamar su una bell'arringa ed impressionare la giuria. Bisogna che lo legga anch'io..."
"Dovrà senz'altro farlo, per la difesa dello Speri, dopo che avrà sentito il seguito..."
"Se vuoi te lo presto io, il libro" intervenne Andrea.

"Dunque, per quanto concerne il ruolo del caso, per fortuna, papà, puoi contare sull'aiuto di tuo figlio, che tutto sa e tutto può chiarire. Ma poiché non sono sicuro che tu sia all'altezza di capire se sviluppo il discorso come lo farebbe un biologo, userò una metafora. Forse l'avvocato Cavalli mi perdonerà, lui certamente capirebbe anche senza metafora..."

"Cielo! La sicumera di chi sa o pensa di sapere appena qualche piccola cosa, non ha limiti! Lucia, dì qualcosa tu che stai sempre zitta lì a sentire tutta gongolante le prodezze di tuo figlio. Parteggi per lui, scommetto! Tu Giovanni, scusa l'irruenza giovanile..."
"Hai un bel numero di figlio, però Andrea. Non lo conoscevo in questa veste, fino ad ora."
"Aspetta e ne sentirai delle belle, Giovanni. Anche per me è stata un'illuminazione vedere come può Enrico ricamare su niente, usando le sue cognizioni scolastiche... Che avvocato sarebbe stato... invece non ha voluto seguire le orme del padre..."

Lucia si alzò: "E' ora che vada a controllare che la donna abbia finito di rassettare in cucina... Vieni con me Carla? Lasciamo che gli uomini facciano i saccenti. E tu Enrico ricordati di quello che disse Socrate 'Nescio, ergo sum'."
Una risata seguì l'uscita delle due donne.
"Però! La mamma è riuscita a mettere assieme Cartesio e Socrate ed ha inventato un nuovo slogan. Mica male", commentò Enrico.

"Ma torniamo a cose più serie. La metafora che voglio usare è quella di uno scrittore, o meglio - se no le signore oltre che di essere saccenti ci accuseranno anche di maschilismo - una scrittrice di libri gialli. E poi viene subito in mente Agatha Christie. Io non so bene come una scrittrice di libri gialli si comporti. Ma assumiamo che lei parta sapendo già chi è l'assassino, e che abbia in mente anche la dinamica con cui il tutto è avvenuto. Questo è l'equivalente del DNA di partenza per l'individuo nuovo. Nello scrivere il romanzo la scrittrice partirà da un qualche punto. Cercherà di prenderla magari alla larga: 'Era una sera autunnale, con il vento che fischiava attraverso le cattive chiusure delle antiche finestre del castello'. Oppure: 'Il maggiordomo entrò con un candeliere per accendere i candelabri nella biblioteca ed inciampò in un corpo steso a terra. Abbassò il candeliere per vedere meglio e gli ci volle tutta la flemma di vecchio maggiordomo inglese per trattenere un urlo. Là a terra giaceva il duca di Eggleberthy...' Dopo che è partita con il racconto dovrà a poco a poco introdurre i personaggi e sviluppare gli argomenti. Nel fare questo le verranno via via in mente varie alternative. Ma il progetto è là a guidarla nella selezione. Non può introdurre qualcosa che contraddica poi lo sviluppo della trama. Pigliamo il tuo caso, papà. Immaginiamo che la scrittrice stia seguendo la tua storia, quella di un avvocato di provincia..."

"Un affermato professionista che opera in una città piccola ma fortemente significativa della realtà industriale e culturale italiana, una città che vanta un'università in cui ha insegnato Galileo..." interruppe l'avvocato Cavalli che era stato preso dal gioco di Enrico.

"Va bene, va bene, possiamo cambiare e precisare meglio per assecondare la vostra sensibilità di padovani. Tanto questi dettagli non cambiano il seguito della storia. Invece, nel descrivere cosa è successo, non è indifferente che tu papà, cioè il personaggio del romanzo, dica se hai sentito uno scoppio o hai visto una macchia d'olio, oppure tutte e due. Se per fare più effetto la scrittrice decide di farti dire che ci sono state le due cose, poi ci dovrà convivere. Non sarà facile dire che lo scoppio era casuale e la perdita d'olio invece è la chiave del delitto."

"Il gioco che da quando è successo l'incidente del povero Franchino portiamo avanti con Enrico - lo interruppe Andrea rivolto al suo collega ed amico - è di immaginare che vi sia in realtà stato un delitto, e che io possa apparirvi coinvolto..."

"Forse - continuò Enrico - la scrittrice se la potrebbe cavare alla fine dicendo che l'assassino per essere più sicuro del risultato, ha manomesso sia l'impianto idraulico che il pneumatico. Poi per caso i due eventi sono stati simultanei. Questa variazione non prevista nel progetto iniziale l'avrà introdotta, seguendo il suo estro, per arricchire il racconto per incrementare il successo quando il romanzo verrà messo in vendita. Quello che è importante sottolineare è che l'aver introdotto una variante a caso, la costringerà poi a conviverci. Più avanti, mentre dovrà scegliere altre alternative, dovrà tener conto di quella variazione casuale che ha introdotto per puro gusto."
"Tutto chiaro fin qui" interruppe Giovanni, ma cosa centra in tutto ciò la biologia?
"Eccomi al punto. In biologia, nella teoria moderna dell'evoluzione si tiene conto di questi cambiamenti non a programma: si parla di evoluzione canalizzata. Quando sei entrato in una strada poi non puoi tornare indietro. Cosa ci sia nella busta bianca che il morente ha dato all'avvocato, la scrittrice lo sa benissimo. Ma deve tenere il mistero nascosto fino alla fine, o fino a quando le converrà dirlo... A proposito, ho visto che ora tu sai del contenuto."
"Sì, sì - rispose Andrea - almeno so quello che lo Speri dice che era il contenuto, una polizza sulla vita."
"Tornando alla nostra metafora del romanzo giallo, questo vuol dire che la scrittrice ha ritenuto opportuno introdurre un possibile movente per l'assassinio. Una grossa somma da riscuotere in caso di incidente. Quindi un incidente simulato e non spontaneo!"
"Attento però che beneficiario dell'assicurazione è il figlio. Abbiamo quindi due potenziali moventi e due potenziali assassini. Oltre al figlio, infatti, c'è l'amico che gli ha rubato la moglie."
"Molto meglio, la cosa si fa più interessante. E' un trucco che gli scrittori di gialli usano da sempre. Inoltre il lettore può sempre sospettare che quella non sia la verità, ma quello che lo Speri ha voluto far credere. Quindi lo scrittore, anzi la scrittrice, ha inserito un dato nuovo e dei dubbi aggiuntivi. Ma siamo sicuri che abbia scelto il momento più adatto per la rivelazione? Anche nell'evoluzione biologica ci può essere la possibilità di far partire dei rami in parallelo. Ma alla fine ciò potrebbe avere un importante significato sullo sviluppo successivo."
"Sarebbe a dire?" chiese l'avvocato Cavalli.
"Prendiamo il mio caso. Papà e mamma, mi hanno insegnato prima la loro lingua, l'italiano. E' vero che ho imparato contemporaneamente anche un pò di dialetto, che però associo a quando sono arrabbiati tra di loro. Lo sai papà che lo usate solo in tali frangenti?"
"Ha ragione, capita anche tra me e Carla."
"Poi non è molto diverso dall'italiano, almeno dall'italiano che si usa qui. Il dialetto serve soprattutto per assicurare che l'accento veneto si tramandi di generazione in generazione. E' una cosa importante. E' una delle più dolci cantilene che esistano... Poi quando sono andato a scuola tu e mamma avete voluto che imparassi anche il tedesco. Ho incominciato quando avevo 11 anni, alle medie. Ma immaginiamo che la mamma fosse tedesca e mi avesse insegnato contemporaneamente sia l'italiano che il tedesco. La cosa è possibile, tanto è vero che in molti casi avviene proprio così. Alla fine il risultato, tuo figlio, sarebbe stato identico? Secondo gli esperti pare di no. Se si impara una lingua da piccoli, la si impara mentre i neuroni nel cervello devono ancora svilupparsi e ramificarsi. Quindi imparare contemporaneamente una o due lingue cambia il modo come i nostri neuroni sono collegati. Magari sarei diventato molto più intelligente di quanto sono..."

"Mi pare che tu lo sia già fin troppo. Aveva ragione tuo padre di insistere perchè tu facessi l'avvocato. Che parlantina, che capacità di sviluppare ragionamenti apparentemente logici...", commentò Giovanni.
"Non apparentemente, caro avvocato e caro papà. Assolutamente ed inequivocabilmente logici."
"Hai sentito la sicumera di mio figlio?"

"Ma torniamo alla nostra scrittrice di gialli. La rivelazione sul contenuto della busta ha due possibili effetti. Uno è quello che ingenera in te, nel personaggio che ovviamente non sa quello che la scrittrice ha in mente, un sospetto e ti fa decidere di rinunciare alla difesa dello Speri. L'altro è che tu dubiti che lo Speri ti abbia detto la verità. Infatti, ciò che ti ha rivelato fornisce una possibile motivazione perchè un altro abbia compiuto il delitto. L'avvocato del nostro racconto non può far finta di niente. Deve decidere una condotta. E così il racconto può dover cambiare strada o venire ricuperato in qualche modo per non modificare il disegno. La rivelazione getta un sospetto sul figlio del morto. E quindi bisognerà che lo scrittore, anzi la scrittrice, inventi qualcosa per uscirne, se era programmato che il colpevole sia il commendatore o la moglie, o tutti e due assieme. E' più interessante il racconto se vi sono più sospetti e più motivazioni, ma è anche assai più difficile da portare avanti senza tirar fuori alla fine dei deus ex machina che aggiustino tutto. Immagini ora avvocato Cavalli di essere un lettore e di aver finito di leggere il libro e di avere scoperto chi è il colpevole."
"Immaginiamolo pure. Da quanto hai detto è un libro che avrò letto certamente tutto d'un fiato."
"Ripensando al racconto, sarà capace di distinguere che cosa risponde al disegno iniziale e che cosa è stato aggiunto per caso? Sì, se chi l'ha scritto è un cattivo scrittore. Più difficile se è bravo e navigato. Tutto sarà allora ben incastrato e verosimile. Immagini ora che la scrittrice sia in realtà il pubblico ministero e che la storia che racconta sia la storia così come lui ricostruisce il caso reale dello Speri. E che il pubblico ministero porti avanti l'idea che vi sia un delitto proprio perchè c'è di mezzo un commercio d'armi ed interessi importanti che con la morte del Franchino... A proposito, papà mi ha detto che ha passato a lei la difesa..."

"Sì, sì, ma non avevo idea che la cosa fosse così complessa, che ci fosse di mezzo addirittura un delitto, che tuo padre sia sospettato..." disse ridendo l'avvocato Cavalli e strizzando l'occhio ad Andrea.

"Come avvocato difensore dello Speri lei dovrà proprio cercare di smontare le connessioni logiche che sono solo apparenti, i falsi legami di causa ed effetto e mostrare come sia il caso che ha aiutato. Ma se c'era, come nel racconto, un progetto alla base, è allora necessario che vi sia stato delitto, quindi un colpevole deve essere trovato. O il suo cliente o qualche altro... Ma per favore, tenga fuori papà... Anzi. papà, ti consiglio già fin d'ora di trovarti un buon avvocato, non puoi coinvolgere il tuo destino a quello della difesa dello Speri... Tu sei il puro caso... Magari hai avuto, senza volerlo degli effetti sul seguito della storia... Ad esempio il non aver parlato subito al commissario della busta, qualche effetto lo avrà pur avuto... Ma assolutamente marginale, e comunque dopo che il delitto è stato perpetrato."

"Caro Giovanni, hai sentito. Tu non puoi prendere la mia difesa, non voglio essere coinvolto con un assassinio..."

"Per quanto riguarda lei, avvocato Cavalli, diciamo che lei sia convinto che non è stato lo Speri, o se lo è, che sia stato coinvolto in un ruolo secondario, suo malgrado, forse per caso... Ma delitto vi è stato è lei può svolgere bene il suo compito di difensore aiutando a far scoprire il vero colpevole... La moglie? il figlio? Meglio il figlio. Sarà più facile sostenere che il suo cliente non è coinvolto e che solo il caso ha generato apparenze contrarie. Non sarà facile, tanto più che c'è la storia del traffico d'armi. Meglio sarebbe che non vi fosse stato progetto, che non vi sia la necessità del delitto..."

"Sei diabolico, figlio mio. Ti assumo senz'altro nel mio studio come aiutante!"
"Un momento, Andrea, io offro a tuo figlio il doppio se viene nel mio studio..."

"Aspettate, aspettate. Non ho finito. Vediamo se è possibile sviluppare l'ipotesi del puro caso senza la necessità."
"Ma come la mettiamo allora con l'evoluzione, con il libro di Monod?"

"Monod parla soprattutto dell'evoluzione di un individuo di una data specie. Non parla invece di come la specie si sia sviluppata, come sia avvenuto il progresso biologico che ha portato a far emerger gli uomini dalle scimmie..."
"C'è il problema dell'anello mancante..." interruppe l'avvocato Cavalli.

"Non mettiamo troppa carne al fuoco. Si tratta di un dettaglio, che non mette in discussione l'evoluzione della specie. Allora come può avvenire il passaggio da una specie, per cui un progetto c'è, che ha il suo bel DNA, ad una specie nuova, non ancora esistente, con un nuovo DNA? Qui occorre che la natura sia creativa, che inventi del nuovo... E la creatività della natura avviene solo per il gioco del caso, non vi è progetto, premeditazione... Vi sono dei mutamenti casuali del DNA che avvengono negli individui di una data specie. La maggior parte viene respinta dalla selezione ambientale con la morte senza progenie dell'individuo interessato. Ma qualche variazione è magari più adatta del DNA di partenza ad affrontare l'ambiente. E questa selezione a poco a poco, o forse d'improvviso secondo alcuni biologi, passa. Ed ecco la specie nuova, con un nuovo DNA, per ricominciare, con la necessità ed il caso, lo sviluppo di individui di questa specie..."

"Se ho ben capito - intervenne il Cavalli - la tua metafora porterebbe a considerare storie tutte fatte di avvenimenti casuali che per la loro adattabilità a fare una bella storia vengono via via selezionati dallo scrittore che alla fine...."

"Esatto. Ricominciamo quindi da capo. Immaginiamo che la nostra scrittrice sia di grande successo e che il suo editore gli chieda un nuovo romanzo che dev'essere pronto per il prossimo Natale. Lei è in un momento di poca vena e non riesce a concepire una storia interessante. Il tempo passa, Natale si avvicina. L'editore insiste per aver intanto il titolo per preannunziare il libro. Lei non sa che pesci prendere. Si ricorda di un famoso racconto di Poe, La lettera Scomparsa. E così ne inventa uno simile. Diciamo che sia Il mistero del plico bianco. Invece di busta ha usato un sinonimo, inoltre ci ha aggiunto 'mistero' e per di più una parola ambigua sul colore. E' bianca perchè è il suo colore o è bianca perchè non vi è indirizzo? Per l'editore il titolo va bene. Adesso la scrittrice è ancora più nei pasticci. Ha un titolo, ma non ha la più pallida idea della storia. Così decide di mettersi alla macchina da scrivere."

"Vorrai dire che si siede al computer - interruppe il Cavalli. - Anch'io ormai sono stato costretto, come tutti in ufficio, a passare al computer..."
"D'accordo, ma per uno scrittore di gialli mi sembra che renda più l'atmosfera la macchina da scrivere. Se non altro, lui, o meglio lei, può nervosamente strappare i fogli su cui ha cercato di scrivere qualcosa. Come si scarica la rabbia di non aver niente da scrivere con lo schermo di un computer? Se gli da un pugno le costa un pò caro."
"In effetti anche ad un avvocato a volte verrebbe voglia di strappare dalla rabbia il foglio..."

"Ritorniamo a noi. A un certo punto, tanto per fare qualcosa, la scrittrice comincia a descrivere un viaggio in macchina. Deve creare l'atmosfera di mistero e quindi ci mette una vettura davanti. Che colore? Naturalmente bianca, visto il colore scelto nel titolo. Per un pò se la cava con divagazioni: ma chi sa chi ci sarà nella vettura bianca, eccetera, eccetera. Poi deve concludere e decide improvvisamente di fare uscire la macchina di strada. Come mai? Qualcosa deve essere successo. Una macchia d'olio va bene tanto per cominciare. Ma siccome ha dei dubbi che poi saprà caversela - infatti non s'intende molto di meccanica - decide ad ogni buon fine di aggiungerci anche uno scoppio. Scoppio di pneumatico? Meglio non precisare. Potrebbe essere una carica di plastico radiocomandata. Vedremo poi. E così via. del resto anche nella selezione naturale, vi è ambiguità. Passano dei caratteri apparentemente inutili, ma che serviranno poi quando altri caratteri nuovi saranno selezionati."

"Mi pare che la fantasia non manchi a tuo figlio, caro Giovanni. Dovrebbe davvero mettersi lui a scrivere romanzi gialli."

"Per favore, non distraiamoci. Oramai la scrittrice è incastrata nella storia che va avanti senza un disegno, ma sulla base della sua volontà di scrivere qualcosa. Ad ogni prossima mossa, prima esamina varie alternative, poi ne seleziona una che sia coerente con il passato e che lasci il più aperto possibile il futuro."

"Se ho ben capito - intervenne Andrea - la scrittrice svolge i due ruoli che nella evoluzione biologica sono invece separati. Attraverso la sua creatività, la sua inventiva genera degli eventi a caso. Svolge poi il ruolo della selezione esaminando gli eventi, respingendone alcuni, selezionandone altri."
"Proprio così. Nel testo scritto rimane solo traccia degli eventi che hanno passato la selezione. Ma quanti altri sono finiti nel cestino della carta straccia..."
"O nel tasto 'delete' se usa un computer invece di una macchina da scrivere..." aggiunse Giovanni.

"Già tu preferiresti vedere la diffusione dei computer anche tra gli scrittori di giallo. Perchè solo gli avvocati dovrebbero soffrire il condizionamento del progresso tecnologico?" commentò Andrea.

"Non ditemi che poi la faccio lunga. Mi state sempre ad interrompere... E' così che alla nostra scrittrice viene fuori l'idea della busta bianca, per generare novità che rendano più aperte le possibilità di costruire poi una storia interessante. L'idea se la gioca subito già ai primi passi della storia. Avrebbe potuto aspettare. La busta potrebbe averla trovata la polizia e consegnata senza aprirla ai familiari. Sarebbe stata alla fine una storia diversa, perchè se poi la polizia ha dei sospetti il sapere che esiste una busta cambia il tipo di indagine. E l'avvocato che l'ha presa in consegna si sarebbe sentito meno coinvolto e non avrebbe dovuto rinunciare alla difesa del commendatore. Fino adesso non c'è nessun colpevole. Tutto è avvenuto casualmente. E magari è proprio così. Ma la scrittrice una storia la deve pur scrivere ed alla fine ci deve essere un colpevole e deve venire scoperto. Il bello è che, anche con un procedimento a passi successivi, può venir fuori una bella storia, ben disegnata, meglio magari di come sarebbe venuta se il disegno fosse stato fatto prima di scriverla."
"C'è qualcuno che sostiene che il padreterno è proprio così che ha fatto", suggerì Andrea.
"Già, ha iniziato la storia con il big ban. Non sapeva certo cosa sarebbe successo poi. All'inizio tutto era omogeneo. Troppo poco interessante. E così ha rotto la simmetria una prima volta ed è stato a vedere cosa succedeva. Poi ha rotto altre simmetrie fino ad arrivare ai giorni nostri. Ma non vi voglio raccontare la storia cosmologica, anche perchè il corso di astrofisica non l'ho molto seguito e devo ancora studiare il libro di testo per preparare l'esame."

"Per nostra fortuna! - interruppe il padre - altrimenti saresti capace di fare un'altra metafora per aggiornaci sulle ultime teorie dell'astrofisica."

"Va ben, va bene. Ma come te la cavi papà ora se la storia è quella che racconta il pubblico ministero e tu fai l'avvocato difensore? Ah già, hai passato la palla all'avvocato Cavalli. Il problema rimane. La storia è credibile e le motivazioni del delitto sono chiare. Ma lei, avvocato Cavalli, è convinto che non ci sia stato delitto. Che tutto sia un marchingegno creato dal caso. Come fa a convincere il tribunale? Non sarà facile. Per cavarsela dovrà provare anche lei a raccontare una storia con le sue brave concatenazioni e motivazioni. Dovrà trovare una spiegazione logica. Non può dire che tutto è dovuto a coincidenze casuali. La gente non ci crederebbe e neanche il tribunale. È troppo abituata dalla nostra cultura scientifica e razionale a cercare le cause, le motivazioni. Quindi per vincere la causa lei sarà costretto a far forza sulla sua convinzione che in realtà sia stato un incidente e non un delitto. Dovrà trovare un'altra motivazione ed un colpevole. Magari mettere tutto a carico del morto, che tanto non può più contraddire. Cosa ve ne pare?"

"Non so tu Giovanni, ma io sono stordito, lo confesso. Enrico, sei sempre più diabolico!"

"Per una scrittrice di gialli sarebbe strano - intervenne il Cavalli - forse addirittura non accettabile che alla fine delitto non ci sia stato. Ma nella vita vera no. Forse non è necessario scoprire ad ogni costo un colpevole. Guai a noi avvocati se fosse sempre così."

"Vi sono molti processi che finiscono con assoluzione perchè il fatto non sussiste..." suggerì Andrea.

"Ad ogni modo - continuò il Cavalli - come difensore non mi resta che aspettare i prossimi eventi casuali per inventare una storia credibile. E spero proprio che tu Andrea non sia coinvolto come compartecipe al potenziale delitto!"
"Sarebbe un vero guaio papà. Comunque puoi sempre contare su tuo figlio che ti tirerà fuori dai pasticci in cui tendi a cacciarti."

17) TRASFERTA VENETA

"Continuo a pensare che ci siano troppe cose poco chiare, troppe coincidenze sospette in questo caso, dottoressa Casali. Non possiamo archiviarlo a cuor leggero!"
"Ma l'andata a Perugia ha chiarito almeno un punto - lo interruppe la dottoressa pretore - Lo stato di salute del... come si chiama... insomma del defunto, era molto a rischio. Quindi il medico ha ragione e la morte può essere proprio avvenuta per cause naturali."
"E' vero. Però a Perugia abbiamo anche scoperto che ci erano state dette delle bugie dal figlio. C'era andato anche lui. Poi quegli incontri d'affari un pò agitati. Rimane il fatto che la tripla coincidenza della morte per embolia, scoppio della gomma e perdita di un pezzo di tubo del servosterzo. Mi sembra troppo! Inoltre mi ha chiamato il pubblico ministero di un processo a Padova per una storia di traffico d'armi. Voleva sapere qualcosa dell'incidente del Franchino. Sa perchè? Perchè doveva essere testimone per l'accusa! La perdita del testimone mette l'accusa nei guai. Il P.M. ha chiesto di rinviare il dibattimento processuale. La morte del Franchino sembra venire a fagiolo per la difesa. Che ne pensa di questa strana coincidenza aggiuntiva?"
"In effetti è un pò strano. Cosa pensa di fare Loiacono?"
"Se lei è d'accordo dottoressa, farei un salto a Vicenza e a Padova. Voglio interrogare la moglie ed il figlio del morto e poi parlare con il magistrato che mi ha telefonato. E magari voglio risentire anche quell'avvocato, quello che ha assistito all'evento. Chissà che non emerga qualche altra coincidenza strana."

Quel pomeriggio stesso Loiacono era in viaggio verso Padova. Aveva un appuntamento a cena con il magistrato, il dr. Rombi. Sicuramente conoscerà anche l'avvocato Paoli, pensava il commissario. Così potrò avere una bella introduzione sull'ambiente di provincia prima di sentire i diretti interessati.
Questa faccenda del testimone per un processo di traffico d'armi se illuminava di una luce sinistra il tutto, poteva però portare a motivazioni chiare nell'ipotesi di un delitto. Se si parla di traffico d'armi, di solito si parla di abbondanza di mezzi e di interessi importanti. Organizzare la manomissione di una vettura poteva essere un gioco da ragazzi per loro.

Tra sonnolenza e fantasie le tre ore da Sasso Marconi a Padova sono passate in fretta. "Bravo Carnevali. Guida dolce, regolare, velocità di crociera. Sei pratico di Padova? Mi devi portare all'hôtel Atlantic che deve essere in centro. Mi lasci là e poi ritieniti libero. Basta che domattina alle otto ti trovi in albergo."
"Non sono mai stato a Padova, ma c'è un mio cugino..."
"Ma possibile che voi meridionali abbiate parenti dappertutto? Forse, meglio chiedere la strada a quel vigile laggiù. A meno che lo spirito di tuo cugino non ti illumini!"

Il dr. Rombi alle 20.30, come concordato telefonicamente era nella hall dell'albergo ad aspettarlo. Loiacono, aperto l'ascensore intuì che fosse lui quel signore seduto in poltrona. Era anche l'unica persona presente, a parte il portiere: "Il dr. Rombi, immagino."

Usciti dall'albergo, il dr. Rombi disse: "Le proporrei di andare a cena qui vicino in una vecchia trattoria, 'I Do Colombi'. Si mangia bene è un posto tranquillo e fresco. A meno che lei non abbia qualche preferenza..."
"A Padova ci sono venuto qualche volta ma sempre solo di passaggio. Forse da ragazzo sono venuto in gita con il prete del paese, per vedere il Santo. Ma allora certo non ci si fermava in trattoria a mangiare. Forse, se mi ricordo bene, siamo andati in qualche convento. Quindi mi affido completamente alla sua scelta."

Il dr. Rombi era un cliente conosciuto: "Buona sera dottore. Vuole un posto in giardino o vi accomodiamo qui dentro? Forse fa quasi più fresco qui che fuori."
Il locale era ricavato in una casa che doveva avere avuto origine in epoca molto antica, forse all'epoca dei fasti comunali. Volte a botte con mattoni a vista, muri spessi. Si fecero sistemare in un tavolo in un angolo in cui erano soli.
"Qui possiamo parlare senza preoccuparci di orecchie indiscrete", commentò il dr. Rombi.

Terminati i preamboli della scelta dei piatti, entrarono subito nel vivo dell'argomento che li interessava, malgrado fosse arrivato un assaggio di soppressata veronese con contorno di sottaceti. "Sono contento che lei sia potuto venire fin qui a Padova - attaccò il magistrato. - Difficile entrare in troppi dettagli per telefono. D'altra parte il fatto che voi abbiate aperto un'inchiesta mi conferma che ho ragione a sospettare che ci possa essere sotto qualcosa."
"Ci sono troppi elementi poco chiari. Anzitutto ci sono troppe coincidenze. Almeno tre eventi del tutto indipendenti che capitano contemporaneamente. Un'embolia, lo scoppio di un pneumatico, lo sfilamento di un tubo del circuito idraulico. Ci sono poi dei fatti marginali, ma che aiutano a costruire un'aria di mistero. Una valigia che non si trova, delle radiografie e degli esami medici che non ci sono, mentre ci dovrebbero essere. Un figlio che non ci ha detto tutta la verità sui suoi spostamenti precedenti."

"Come le ho accennato per telefono... Continuiamo con questo bianco frizzantino se per lei va bene? D'accordo Giovanni, ancora una caraffa, ma che sia ben fresco... Quindi come le dicevo, quel Franchino per noi sarebbe stato un testimone importante. E quello che è strano è che non siamo stati noi, né il giudice istruttore né io a scovarlo. E' lui che si è fatto vivo con me quando già avevamo rinviato a giudizio lo Speri."
"Questo Speri, se immagino bene, sarebbe quell'industriale incappato in un traffico d'armi."
"Proprio così. Una storia grossa che ci è arrivata tramite l'Interpol. Vi è coinvolta un'importante ditta tedesche. Noi ci occupiamo della parte relativa a questa azienda padovana che è un pesce piccolo rispetto ai tedeschi. I nostri sono dei fornitori di un componente piccolo, ma molto specializzato e molto importante che è soggetto anche direttamente ai vincoli della produzione ed esportazioni di armi. E' un componente meccanico, che gli esperti chiamano piattaforma inerziale, e che è essenziale per i sistemi di guida di aerei e di missili. La nostra Guardia di Finanza ha beccato un carico di questi componenti mentre stavano andando in Germania per essere assemblati assieme ad altri pezzi prodotti dall'azienda tedesca che è specializzata in sistemi d'arma complessi come aerei e missili. La destinazione finale era un qualche ente goverantivo di un paese del Medio Oriente e l'applicazione indicata era quella per stabilizzare una piattaforma petrolifera. Secondo l'Interpol invece si tratterebbe in realtà di missili. La materia come può ben immaginare è assai delicata e di rilevanza internazionale. Lo Speri, che è l'amministratore delegato dell'azienda padovana che fornisce le piattaforme, si difende dicendo che loro non erano al corrente di una destinazione finale diversa da quella indicata dalla ditta tedesca. Erano dei sotto-fornitori per la ditta tedesca con cui hanno da sempre rapporti per forniture del tutto regolari o per aerei civili costruiti in Europa o per forniture militari NATO. La cosa, tuttavia, non credo sia molto convincente. Alla Meccaniche Padovane sanno benissimo che tipo di applicazioni strategiche hanno i loro componenti, e non saranno così ingenui, se accettano una fornitura per finalità perlomeno ambigue a non cercare di rendersene conto, se non altro per cavarne un vantaggio economico. Un conto è il prezzo che si può spuntare quando tutto è regolare, un conto quando vi sono dei rischi. Inoltre in questi casi si può sempre aggiungere al prezzo formale indicato su fattura, del nero che andrà a finire su dei conti all'estero. Non so se mi spiego."

"Chiaro, chiaro" commentò il commissario, mentre si puliva la bocca per sorseggiare un pò del frizzantino dopo aver terminato il primo piatto.

"Prima che si facesse vivo il Franchino, noi avevamo come Accusa una posizione un pò debole, basata sul fatto che comunque anche se sotto-fornitori loro erano tenuti ad assicurarsi che la fornitura completa era regolare, che vi fossero i permessi prescritti. Un avvocato in gamba, e quel Paoli che è il loro avvocato è uno dei migliori sulla piazza..."
"Come ha detto che si chiama l'avvocato? Paoli? Ma guarda che coincidenza. Un'altra strana coincidenza da aggiungere alle altre! Il nostro testimone... Già, non gliel'ho detto per telefono, perchè non mi sembrava una cosa rilevante. Abbiamo un testimone che seguiva la macchina del Franchino, che ha visto l'incidente e che ha raccolto le ultime parole del moribondo. E si chiama proprio Paoli e fa l'avvocato qui a Padova. Gliene avrei comunque parlato, anche perchè volevo incontrarlo già che ero qui per capire un pò meglio come era avvenuto la dinamica dell'incidente. E' importante capire se lo scoppio sia avvenuto prima o dopo l'uscita di strada, se la vettura abbia fatto una brusca sterzata prima o dopo la perdita d'olio. Ma che strano! Proprio lui l'avvocato della difesa che per puro caso, così almeno lui afferma, seguiva da un centinaio di chilometri la Mercedes bianca targata Vicenza."
"E' certo un elemento interessante su cui riflettere. Ma per quanto ne sappia io è certo una persona al disopra di ogni sospetto. Devo dire che lui non sapeva che il Franchino era chiamato come nostro testimone. Lo ha saputo solo alla prima udienza del processo in cui, terminati tutti i preliminare e respinte le eccezioni, si sarebbe dovuto entrare nel vivo del dibattito processuale. Infatti, come le accennavo prima, il Franchino si è presentato da me solo dopo che l'istruttoria con rinvio a giudizio era terminata."

"Scusi se l'ho interrotta, dr. Rombi. Forse è meglio che lei riprenda il filo del discorso e poi parliamo anche di questo avvocato. Che cosa poteva avere il Franchino da testimoniare in un processo di traffico d'armi? Mi pare che avesse un'azienda vinicola."
"E' vero. Ma il Franchino e lo Speri erano grandi amici. Fin da giovani. E oltre a rapporti di amicizia avevano anche qualche relazione d'affari. Almeno è questo che il Franchino mi ha detto quando è venuto a trovarmi. Lo Speri utilizzava il castello in cui il Franchino abita e dove svolge la sua attività di viticoltore - un viticoltore d'élite, vende vino ai ricchi e lo esporta molto all'estero - per fare colazioni di lavoro e cene con i suoi clienti di riguardo, in particolare con quei tedeschi. Così il Franchino era al corrente degli argomenti di conversazione. E mi disse che poteva raccontare cose che sarebbero state interessanti. Purtroppo con la sua morte..."
"Ma avrà rilasciato dichiarazioni messe a verbale."
"Purtroppo no, non ha voluto. Ha detto che avrebbe parlato solo in tribunale sotto giuramento e alla presenza dello Speri. Mi sembra che non volesse che si sapesse che era venuto spontaneamente ad offrisi come testimone. Mi sembra abbastanza naturale dati i suoi rapporti con lo Speri. Quello che mi chiedo perchè si sia fatto vivo con noi. Perchè testimoniare contro un amico che così avrebbe sicuramente perso la causa. Misteri della psiche!"
"Cherchéz la femme! Non credo che l'abbia fatto per puro spirito civico. Anche se non si può mai dire. Infatti, mi sono fatto l'idea che questo signore avesse tutta l'aria di un gentiluomo di campagna vecchio stampo e se era al corrente di qualcosa, quando ha visto che c'era di mezzo un'azione criminosa, ha ritenuto suo dovere, malgrado l'amicizia..."
"Propendo di più per la prima ipotesi. Forse l'amico le ha fatto un torto grave e lui per vendicarsi... Purtroppo, almeno per me che rappresento l'accusa al processo, la sua vendetta non ha potuto venire esercitata."
"Senta, dr. Rombi. Secondo lei, la testimonianza del Franchino avrebbe potuto avere conseguenze, oltre che sullo Speri, anche sulla ditta tedesca? Le chiedo questo..."
"Sì, sì capisco. Anche per un delitto occorre avere un'organizzazione efficiente, e noi italiani siamo dei pasticcioni. I tedeschi invece... Probabilmente un qualche effetto avrebbe potuto averlo. Il processo in Germania contro la ditta tedesca non è ancora incominciato. Non so come si difenderanno loro. Forse punteranno anche loro sul non sapere la destinazione d'uso. Poiché la fornitura, anche dopo che le componenti della Meccaniche fossero state integrate da quelle tedesche non avrebbe comunque formato un sistema d'arma completo - un missile intero, diciamo - ma solo dei componenti, anche se strategici per realizzare l'arma. Potranno sempre cercare di dire che erano destinati ad applicazioni civili. Forse per loro, tuttavia, potrebbe essere più difficile dire che si trattava di forniture per una piattaforma petrolifiera. Magari avrebbero potuto indicare qualche altra applicazione più credibile dato il loro pacchetto di fornitura. Che ne so, magari per realizzare dei simulatori di volo per addestrare i piloti civili. E' chiaro che la pubblicità fatta al nostro processo avrebbe reso più difficile mescolare le carte. Una deposizione nel nostro processo che avesse chiarito che l'azienda padovana era in realtà cosciente della destinazione d'uso finale e che anche il prezzo era di conseguenza modificato, potrebbe significare molto anche per l'Accusa tedesca. C'è poi l'interesse dell'ente governativo che doveva ricevere i componenti e che non vorrà che si venga a sapere quale fosse la loro vera destinazione. E qui gli interessi si fanno ben più grossi ed anche i mezzi per difenderli..."

"E di questo avvocato Paoli, cosa mi dice?"
"E' una persona di cui mi pare difficile sospettare. Certo che è un pò strano che abbia assistito per puro caso alla scomparsa di un testimone che avrebbe messo in difficoltà la sua opera di difesa. Propenderei tuttavia alla pura coincidenza fortuita."

"Forse sarà per deformazione professionale, ma non sono contento finché non ho trovato una spiegazione logica agli avvenimenti. Gratta, gratta e qualcosa finisci per scovare. Ogni volta che c'era di mezzo il puro caso, alla fine è saltato fuori che il caso c'entrava fino ad un certo punto. Ma per quale ragionevole motivo un avvocato di tutto rispetto come mi dice lei, si presterebbe non dico a compiere ma ad essere coinvolto in una azione contro legge? Ci rischia sopra tutta la sua vita e la sua carriera. A meno che fosse stato coinvolto suo malgrado. Se c'è di mezzo una potente organizzazione potremmo pensare a ... non so... a un ricatto, per esempio. Ha famiglia immagino l'avvocato."
"Sì, sì. Moglie e un figlio. Ma è grande ormai. Credo stia per laurearsi. Poi guardi che alla prima udienza del processo quando io ho parlato del Franchino come nostro testimone, la sorpresa che si leggeva sul viso dell'avvocato sembrava proprio genuina."

"Va bene, vada per un intervento del caso. Comunque, sospendo il giudizio per ora. Non mollo del tutto l'idea che ci siano delle cose nascoste di cui noi ora non siamo a conoscenza. Cambiando soggetto, della famiglia Franchino sa qualcosa?"
"Non direttamente. Ho preso qualche informazione dopo che il Franchino è venuto da me. Mi pare una famiglia molto a modo, del tipo aristocrazia di campagna, magari un pò decaduta, ma sempre con tradizioni familiari importanti. Dal punto di vista economico, so che hanno un'azienda vinicola che si è fatta un certo nome in particolare all'estero. Non credo che abbiano problemi economici, però non ne sono sicuro. Non è sempre facile far quadrare i conti con un'azienda agricola... Ah, dimenticavo una cosa importante: il figlio ha avuto dei problemi con la droga. E' stato colto con dell'eroina. Se l'è cavata con la 'modica quantità' e con l'impegno a passare un periodo in una comunità terapeutica. Mi pare che la cosa sia stata presa per tempo e che ora il ragazzo sia del tutto a posto. Ma lei l'ha incontrato, mi pare, quando è venuto per il riconoscimento del padre."
"E' vero. Devo in effetti dire che mi sembrava un ragazzo del tutto normale, a parte la tragedia che l'aveva colpito. Come si fa ad essere del tutto normali quando si è appena appreso che il padre è morto in un incidente! In ogni caso, domani mattina andrò a casa sua per farlo chiacchierare un pò. A proposito, dove si trova questo Barbarano Vicentino? Non è molto lontano da qui, mi pare."

Il colloquio, anzi la cena di lavoro, con il magistrato aveva aggiunto materia per ulteriori pensamenti. Non aveva chiarito, ma anzi complicato l'intera storia. C'era di che non dormire per tutta la notte. Invece il sonno era stato profondo, grazie anche al vino frizzantino e bianco che aveva abbondantemente accompagnato la cena non del tutto leggera.

Alle 8 in punto il Carnevali aspettava nella hall dell'albergo. Il commissario si fece vivo che erano quasi le nove. Colpa della bella dormita e dell'abbondante prima colazione. Ma anche perchè aveva aspettato che fossero almeno le nove prima di telefonare in ufficio all'avvocato Paoli. Non c'era, ma lasciò detto che lui era da quelle parti ed avrebbe avuto piacere di incontralo nel pomeriggio.

Franco Franchino lo aspettava in quello che era stato l'ufficio del padre alla Vinicola del Castello. Del castello non rimaneva molto, ma proprio nella vecchia ala non diroccata era stata ricavata la parte relativa alla attività di raccolta dell'uva e di vinificazione ed imbottigliamento. Le spesse mura di quello che probabilmente era stato un castello costruito od iniziato a costruire nel XII o XIII secolo si adattavano perfettamente a creare un microclima da cantina. E le botti di rovere erano allineate in quella che forse era stata una sala d'armi. L'ala del vecchio edificio finiva verso la campagna in un capannone costruito in mattoni in stile architettura industriale liberty ed in cui erano installate le presse di vinificazione, le cisterne di acciaio inossidabile, l'impianto automatico di imbottigliamento ed etichettamento. Del castello che originariamente doveva essere stato a pianta quadrata con un cortile in mezzo, rimanevano solo due lati, anzi uno e mezzo. Uno era quello della cantina e l'altro si trasformava quasi impercettibilmente in una residenza signorile di campagna. L'architettura era quella di fine 700 con qualche accenno neoclassico, stemperato dalla necessità di collegarsi con il resto del castello in mattoni a vista. Una vite canadese abbarbicata ai vecchi mattoni assicurava una dolce transizione tra il medioevo e l'età dei lumi.

Queste le rapide impressioni del commissario che rivoltosi all'entrata della parte residenziale si sentì rispondere che era atteso invece nella parte destinata alle attività vinicole.

"Magnifico posto qui da voi. La calma della campagna, la vista da una posizione un pò elevata su tutta la piana, un vecchio castello... Spero che il vino che producete sia all'altezza dell'ambiente."

"Sono contento che il posto le piaccia, signor commissario. Il vino avrà occasione di assaggiarlo se potrò permettermi di offrirgliene qualche bottiglia."
"Perchè no. Confesso che un buon bicchiere di vino mi è sempre piaciuto. D'altra parte la mia è una visita informale, per discutere con lei di alcuni punti che non mi sono chiari nella dinamica dell'incidente in cui è morto il suo povero papà. Alla fine, se possibile, saluterei volentieri anche sua mamma."
"Purtroppo mia mamma è da qualche giorno a Venezia con mia sorella Elisa. Se avessi saputo che voleva parlare anche con lei..."

"Non si preoccupi. Se era qui l'avrei volentieri salutata. Adesso tutta questa attività è caduta sulle sue spalle. Immagino che già aiutasse papà."
"Veramente solo da pochi mesi. Prima studiavo all'università e poi sono stato via per più di un anno."
"All'estero, magari per ragioni di studio". All'aria imbarazzata del giovane il commissario non diede tempo di ricomporsi in una risposta. "Ma veniamo al punto che più mi interessa. Vorrei sapere qualcosa del viaggio ultimo. Lei mi aveva detto, quando ci siamo visti a Sasso Marconi, che suo padre l'aveva accompagnato a Firenze da amici e che poi aveva proseguito da solo per Perugia. Una piccola bugia. Come mai?"

Questa volta l'imbarazzo era ben visibile in Franco Franchino: "E' vero, ma non pensavo che fosse una cosa importante. E' una ragione privata che avrei preferito non venisse a galla."
"Purtroppo nel suo stesso interesse è meglio se mi chiarisce ogni cosa. Le prometto che, se non necessario, rimarrà tra di noi. Vede, tutta questa storia non ci sarebbe se non fossero sorti molti dubbi, come le dicevo, sulle modalità e cause dell'incidente."

"Si tratta di una cosa legata alle ragioni della mia assenza da casa per un anno. Adesso tutto è finito, ma io ho avuto dei problemi con la droga. Per fortuna una cosa passeggiera, ma ho incappato in una retata della polizia mentre ero con un gruppo di amici ed ho avuto un processo. La cosa si è risolta senza condanna, perchè la quantità di droga che mi fu trovata addosso era piccola. Uso personale. Ma dovetti impegnarmi con il giudice a passare un periodo di un anno in una comunità terapeutica."
"Adesso mi spiego perchè tra le cose disperse sul terreno che abbiamo trovate vicino all'auto di suo padre, uscite probabilmente dal bagagliaio che si era aperto, c'era anche un opuscolo che descrive una comunità terapeutica. Presso Assisi se non mi sbaglio."
"Si è una comunità nuova che è sorta nella piana di fronte ad Assisi. Vicino alla Madonna degli Angeli, se lei conosce Assisi. Dove c'è il santuario con la Porziuncola."
"Sì, sì, ci sono stato. Non sapevo però che ci fosse una comunità per ricupero di drogati."
"E' sorta da poco ed è gestita da laici. E' la che mi sono recato. Sono andato a Perugia con mio padre. Perugia è vicina ad Assisi, così vi ho fatto un salto. Poi sono andato a Firenze dove in effetti ho degli amici e dove ero quando mi ha raggiunto la notizia dell'incidente di mio padre. Così ho taciuto della andata a Perugia e ad Assisi."

"Già, già, capisco. D'altra parte non aveva ragioni per pensare che la sua piccola bugia potesse avere qualche rilevanza con quanto è accaduto a suo padre. O ne aveva?"
Franco Franchino tacque, tra lo stupito e l'imbarazzato.
"Volevo dire - continuò il commissario - che suo padre avrà avuto delle ragioni per recarsi a Perugia. O c'è andato solo per accompagnare lei?"
"Mio padre ha un grande vecchio amico a Perugia. E' un medico. Ogni volta che possono si trovano. Mio padre aveva approfittato del viaggio a Perugia anche per incontrare il suo amico."

"Mi sembra che suo padre abbia avuto anche un incontro d'affari. Vi ha assistito anche lei?"
"Immagino lei si riferisca all'incontro nell'albergo la mattina dopo il nostro arrivo. Ero presente e indirettamente ero anche coinvolto. Alla riunione, oltre a mio padre e a me, c'era un dirigente di una ditta di apparecchiature vinicole che ha sede nella zona ed il direttore della comunità di recupero di cui le ho parlato accompagnato da un giovane della stessa comunità. Mio padre, per mostrare la sua riconoscenza per quanto la comunità aveva fatto per me, aveva cercato di aiutarli ad organizzare un'attività di produzione di vino. Nella zona vi sono delle vigne d'uva rossa e bianca. Mio padre aveva consigliato di dedicarsi alla vinificazione del bianco. Richiede più lavoro ed attenzione e può essere più stimolante per dei giovani che vogliano dedicarsi ad una attività che rappresenti un'occasione di sentirsi utili e così cercare di ritrovare se stessi. Mentre io ero ancora con la comunità avevamo elaborato un piano e iniziato i lavori per la cantina. Mio padre ci aveva fatto avere alcuni macchinari e delle botti di seconda mano che provenivano dalla sua cantina. Poi aveva ordinato dei macchinari nuovi necessari per vinificare uve bianche. La ditta meccanica di cui le dicevo doveva fornire una pressa che è una delle attrezzature più importanti. La pressa è arrivata dopo che io ero tornato già a casa. Ma pare che sia stato un mezzo bidone. Mio padre, che per fortuna non aveva ancora pagato la fattura è intervenuto per ottenere che la pressa venisse messa a posto o cambiata. E' stata questa la ragione della riunione in albergo. E' stata una riunione che ha avuto dei momenti un pò burrascosi. Quello dell'impresa diceva che era stata l'incompetenza di chi aveva utilizzato la pressa per la prima volta a rovinarla in parte. Dice che non si erano letti il manuale d'istruzione. Il rappresentante della Comunità ha ribadito che il manuale era incomprensibile, e che comunque tra loro avevano qualcuno che di macchinari se ne intendeva, e che era la pressa che aveva dei mal funzionamenti intrinseci. Comunque alla fine ci siamo messi d'accordo. La ditta sarebbe intervenuta e mio padre avrebbe saldato il conto dopo che tutto fosse a posto."

"Ho capito in che senso lei era coinvolto. Ma mi dica, il giorno dopo lei se n'è andato con uno di quei signori che erano intervenuti?"
"Sì, era il rappresentante della Comunità che doveva andare a Firenze e saputo che dovevo andarci anch'io si è offerto di accompagnarmi."
"Allora lei non è andato alla Comunità" osservò il commissario.
"Sì, sì, ci sono andato. Il pomeriggio del giorno che abbiamo avuto l'incontro ho chiesto a mio padre le chiavi della Mercedes e mi sono recato a trovare i vecchi amici che ancora stanno là."

"A proposito della vettura, era tutto a posto, tutto funzionava bene? Non ha avuto qualche problema?"
Il ragazzo questa volta dall'imbarazzo arrossì: "Sì in effetti, ho avuto un problema. Nel parcheggiare la macchina alla Comunità, non devo avere visto un ferro che usciva dal terreno, forse una barra che spuntava da un blocco di calcestruzzo che era stato gettato là per fare la spianata assieme ad altri materiali. Il parcheggio è ancora da sistemare ed ai margini ci sono in effetti dei blocchi che emergono. E così, facendo retromarcia ho sentito l'urto quando era troppo tardi. La barra di ferro era entrata sotto il parafango ed aveva staccato un pezzo di lamiera. Verso l'interno della macchina per fortuna. La carrozzeria esterna non è stata toccata. Ho guardato un pò e mi sembrava che non avesse effetti sulla guida."
"E invece ne ebbe?"
"Sì, quando tornai a casa, se le ruote oscillavano più del solito perchè ero passato sopra una buca od un avvallamento, sentivo un rumore come di sfregamento. Mi sono fermato a guardare ed ho visto che in effetti c'era un pezzo della lamiera del passaruota che sporgeva verso il pneumatico e che avrebbe potuto toccarlo quando l'ampiezza della oscillazione della ruota era grande. Ho proceduto fino al parcheggio con velocità limitata. Per strada mi sono fermato da un ferramenta a comprare un seghetto, anzi una di quelle corde che vendono adesso e che fanno da seghetto. Le conosce?"
"Penso di sì. Lei allude a un filo d'acciaio con delle lamette che sporgono e che ha alle estremità due anelli che servono per tirarlo avanti ed indietro?"
"Proprio quello. E così quando sono arrivato al parcheggio, mi sono sdraiato per terra con dei giornali, e sono riuscito a segare via la parte della lamiera che sporgeva verso il pneumatico. Ho fatto poi un giro di prova e ho visto che non toccava più anche quando andavo forte su delle buche. Così ho rimesso la macchina nel posteggio. Però non ho detto niente a mio padre. S'inquieta se uno gli maltratta la sua vecchia Mercedes. L'avrei poi fatta riparare io a casa."
"Interessante - disse il commissario - lei si è chinato ed ha segato via un pezzo di lamiera. Sarà andato per terra della segatura di ferro... Senta, signor Franchino. Lei parlava della ruota davanti della vettura, di quella di destra magari..."
"No, no - interruppe il giovane - è la ruota di destra, ma quella posteriore. Le ho detto che stavo facendo retromarcia..."

"Peccato..." non riuscì a trattenere il commissario. Ma subito si corresse visto lo sguardo interrogativo del suo interlocutore: "Lei non sa che è scoppiata al momento dell'incidente la gomma anteriore destra. Vi abbiamo trovato segni di incisione sul pneumatico come se avesse strisciato contro un oggetto metallico. La cosa avrebbe potuto spiegarsi se lei avesse parlato di ruota anteriore. Ed invece, ci rimane il mistero."
"Le giuro che le ho detto la verità - affermò questa volta sconvolto il Franchino. È scoppiata una gomma. Ma se le aveva appena fatte cambiare tutte e quattro. Erano nuove. Ed anche il segno che era rimasto su quella di cui io avevo causato lo sfregamento, era appena appena percettibile."

"Le credo, le credo - lo tranquillizzò il commissario - comunque non sarà difficile verificare quello che ha detto. La parte posteriore della Mercedes non è poi tanto malridotta. Piuttosto, lei ha detto che suo padre aveva appena fatto cambiare i pneumatici."
"Sì, mio padre è ...era... un pignolo con la sua vecchia Mercedes. La teneva molto bene. La portava almeno una volta al mese nell'officina di servizio Mercedes a pochi chilometri, a Noventa. Ce la portava poi sempre prima di ogni viaggio un pò lungo. E così è avvenuto anche questa volta."
"Potrebbe accompagnarmi là, all'officina, subito?" chiese il commissario la cui flemma vera o finta che aveva fino ad allora mostrata si era improvvisamente alterata. E così dicendo si alzò.

Il giovane Franchino era ben noto al padrone dell'officina di servizio. Era spesso lui che andava ad accompagnare il padre con una seconda macchina. Quando lo vide questi gli andò subito incontro: "Ho saputo della disgrazia. Povero signor Franchino, ancora così giovane, ed un signore così per bene. Le faccio tutte le mie condoglianze, signor Franco. Più che un cliente ho perso un amico, mi creda."

"Grazie, grazie. Senta, questo signore che mi ha accompagnato è il commissario Loiacono, che si occupa di chiarire le cause dell'incidente che ha coinvolto la macchina di mio padre. Credo voglia sapere in che stato era la Mercedes quando l'avete revisionata l'ultima volta."

"Ecco - intervenne il commissario - mi dica che tipo di interventi avete fatto, se avete cambiato qualcosa. Le gomme mi pare?"
"Sì, non erano proprio ancora da cambiare, ma il signor Franchino preferiva essere tranquillo. Poi abbiamo revisionato i freni e tutto l'impianto idraulico. Il motore era a a posto."
"E l'impianto idraulico no?"
"Ma, abbiamo trovato un tubo di raccordo un pò eroso. Secondo me niente di grave. Poteva benissimo andare avanti ancora per 20000 Km, ma il signor Franchino..."
"Di che tubo si tratta - lo interruppe il commissario - potrebbe mostrarmelo? immagino che avrete qui qualche Mercedes simile?"
"Non proprio lo stesso modello. Ma il motore e il sistema idraulico è lo stesso. Venga con me che le mostro."

Si avvicinarono ad una vettura in riparazione, alta su un banco idraulico. "Falla scendere", disse il padrone all'operaio che ci stava lavorando sotto. Alzò il coperchio del cofano, prese una lampada trasportabile e fece luce nel vano motore. Ecco, da qui si può vedere bene. E' questo tubo di gomma rinforzata che collega due tubi metallici..."
"Per compensare le oscillazioni tra il motore ed il telaio..."
"Vedo che è un esperto", commentò il padrone.
"Sa, con il mio mestiere si viene a sapere a poco per volta un pò di tutto. Ma mi dica, come si fa a cambiare questo tubo?"
"Non è difficile. Il tubo è tenuto da due fascette metalliche. Con una chiave a tubo lunga e snodata... - si girò su un carrello attrezzi lì vicino - come questa, vede? Si svitano le fascette e..."
"Un gioco da ragazzi - commentò il commissario - ma ci vuole una chiave così. Sa che forse è la prima volta che la vedo?"
"Si vede che lei non ha mai messo le mani su un motore. Il povero signor Franchino se ne intendeva di meccanica. Non è vero, signor Franco? Anzi credo che lui tenesse nel bagagliaio una scatola di chiavi di questo tipo. Una serie completa. Era molto prudente lui. E se fosse successo qualcosa avrebbe certo saputo metterci le mani."
Il commissario guardò il giovane come a chiedere conferma. Questo annuì.

"Senta - chiese il commissario al padrone dell'officina - ma non è un pò pericoloso un tubo fissato da due fascette? e se queste si allentano, se il tubo si sfila?"
"Non c'è pericolo, se le fascette sono state ben strette."
"Ma se ciononostante, il tubo si sfila mentre la macchina viaggia a piena velocità?"
"Allora sono guai. Ma le ripeto, se sono ben strette non si allentano. Poi per sicurezza le fascette sono due per parte."
"Sì, sì lo so. La ringrazio, mi è stato veramente d'aiuto."
E con questo si congedò dal padrone dell'officina, interrompendo la sua voglia di fare domande, di chiedere perchè era tanto importante la storia delle fascette.

"Carnevali, ora accompagniamo a casa il signor Franco e poi torniamo a Padova."

"Questo è l'assaggio del nostro vino che le avevo promesso. Una per lei ed una per il brigadiere..."
"Appuntato..." corresse il Carnevali.
"Si, appuntato per ora, ma quando ti sarai scolata una di queste bottiglie ti sentirai certo almeno brigadiere." Il commissario strizzò l'occhio al padrone di casa e stava per accomiatarsi.

"Lei pensa che la pratica verrà chiusa rapidamente? Sa, mio padre aveva una assicurazione contro la morte per infortuni, e non le nascondo che mi trovo in qualche difficoltà a gestire tutto da solo l'azienda. Non so neanche quanti soldi esattamente mio padre abbia lasciato. Tutto sarebbe più semplice se potessi disporre subito della somma prevista dall'assicurazione."
"Che stupido che sono stato - si batté la mano sulla fronte il commissario - si vede che sto invecchiando. Mi dimenticavo di farle una domanda che in questi casi è di rito. Ma magari, se non le dispiace, rientriamo un momento nell'ufficio e così ne parliamo meglio."

Fu in quel residuo di conversazione che il commissario venne a sapere del contratto di assicurazione fatto dal padre all'insaputa di tutti, pochi giorni prima del viaggio. Una bella somma, 5 miliardi. Ed i familiari l'avevano saputo solo dopo l'incidente, grazie ad una busta consegnata all'avvocato Paoli dal padre morente.

"Una bella somma davvero - commentò il commissario - ma lei ha qualche idea del perchè l'abbia fatta e perchè poco prima del viaggio?"
"No, non so. Forse perchè oltre che prudente era anche pessimista. Non si sa mai, diceva, quello che può succedere. Sempre meglio prevedere il peggio. In casa lo prendevamo in giro per questo."

"In casa sapevate che suo padre era fortemente a rischio per una fortissima ostruzione alla carotide? Che l'incontro con il suo amico medico di Perugia era per avere un verdetto finale sulla gravità del suo caso?"
"Non ne sapevamo niente. Per lo meno io non ne sapevo assolutamente niente. Cosa voleva dire dicendo che era a rischio?"
"C'era una grande possibilità che si bloccasse del tutto la carotide creando un embolo, se ho ben capito quanto mi ha detto il medico. Tra l'altro sembra che la causa prima della morte di suo padre non sia dovuto ai traumi a seguito degli urti per il rovesciamento, ma che sia proprio dovuta ad un'embolia. Mi dispiace per lei, ma non so se sarà facile convincere l'assicurazione che è un decesso per infortunio e non per malattia. Tra l'altro, non si sono trovate sulla macchina le carte che riguardavano le analisi ed il referto medico. Non era mica per caso nella famosa busta?"
"No, nella busta vi era solo il contratto assicurativo, come le ho detto."

"Già, già. Tutto un pò strano. Ed anche la valigia che non si è più trovata! Chissà! Forse le carte erano là dentro e qualcuno si sarà appropriato della valigia. Una vecchia valigia di cuoio, una valigia d'altri tempi mi hanno detto. Un uomo interessante dev'essere stato suo padre... Ma ora devo proprio tornare a Padova."

18) LA DISCUSSIONE

Il commissario Loiacono si presentò all'ufficio dell'avvocato Paoli verso le quattro del pomeriggio. L'avvocato lo attendeva.

"Mi dispiace, caro avvocato, rubarle del tempo che per lei penso sarà prezioso. Di passaggio a Padova mi faceva piacere scambiare quattro chiacchiere con lei."
"Non si preoccupi per il mio tempo, commissario. Come il tempo di tutti, anche il mio è fatto a fisarmonica, si può aprire o chiudere, dipende dalla musica. E quella che mi porta lei mi interessa, mi interessa davvero molto. Lo sa, caro dottor Loiacono che l'episodio del signor Franchino cui ho assistito per ventura mi ha molto turbato e ha avuto anche ripercussioni sul mio lavoro? Ho scoperto, dopo, che il Franchino doveva essere testimone dell'accusa ad un processo contro un mio cliente. Sono rimasto molto turbato dagli strani collegamenti che il caso può divertirsi a mettere assieme."

"Strani davvero", commentò il commissario.
"Nell'interesse del mio cliente, ho poi deciso di rinunciare alla difesa. Le coincidenze che io so fortuite, potrebbero in realtà indurre il P.M. a cercare collegamenti logici che, anche se impossibile da provare, possono lasciare dei dubbi nel tribunale. Ma, piuttosto, commissario, mi dica lei che cosa avete saputo sulle cause dell'incidente."
"La ragione della mia visita a Padova è proprio perchè ci sono dubbi sulle cause. Ho parlato stamattina con il figlio del Franchino, per chiarire alcuni aspetti sul viaggio che aveva fatto all'andata con suo padre. Ho fatto anche un sopralluogo a Perugia che era la meta del viaggio. Come capita sempre quando si approfondisce un'indagine, sono più le cose che si complicano che quelle che si chiariscono."
"Ma alla fine tutto poi diventa chiaro... oppure questo capita solo nei romanzi gialli?"
"Come lei sa meglio di me avvocato, molti casi restano irrisolti, o al massimo vengono risolti da una sentenza che chiude la storia senza necessariamente che abbia convinto tutti che le cose siano andate proprio così."
"Ma in questo caso, lei pensa veramente che ci voglia un tribunale per stabilire come si siano svolti i fatti? Non è stato un incidente dovuto a cause naturali, la rottura di qualche organo meccanico? Per me che seguivo la vettura del Franchino, che ero là quasi a bella posta per svolgere il ruolo di testimone, quello che è successo è un puro incidente... Ah, ecco il possibile nesso logico! Commissario, sa che mi sono arrovellato, senza riuscirvi, per trovare come il P.M. del processo al mio cliente avrebbe potuto costruire una connessione logica per spiegare la mia presenza sul posto. Ecco, adesso mi è venuto in mente come. Io ero là non per caso ma per testimoniare che sarebbe stato un incidente! Commissario, lei forse non sa che il processo è per un ipotizzato traffico d'armi. E quando ci sono in ballo temi del genere la fantasia anche di un magistrato di provincia si scatena."

"Ho saputo del processo di cui lei parla. Mi ha cercato il magistrato che svolge la funzione di P.M. proprio per saperne di più sulla morte del Franchino. Ci siamo visti ieri sera con il dr. Rombi. Quindi c'è da mettere assieme una dinamica dell'evento sull'autostrada assai poco chiara e una possibile motivazione per un delitto. Anzi due possibili motivazioni, perchè ne ho scoperta un'altra."
"L'esistenza di un'assicurazione sulla vita, immagino, accesa proprio pochi giorni prima e di cui il figlio del Franchino è beneficiario."
"Già, proprio così. A proposito, avvocato, come mai mi aveva taciuto la storia della busta che le aveva consegnato il Franchino? E come ha saputo lei del contenuto?"
"In effetti mi sono non poco arrovellato per decidere se denunciare il fatto o meno. Ma avevo promesso al moribondo di non farne parola con nessuno, neanche alla polizia. Quel poveraccio non mi conosceva e si fidava completamente di me. D'altra parte non potevo immaginare che non si trattasse di un puro incidente."
"E del contenuto...?"
"Me ne ha parlato il mio cliente, il commendator Speri. Grande amico del Franchino e della moglie... Ma come fa, commissario, poi a dubitare che possa non essere stato un incidente?"
"Troppe coincidenze strane, difficilmente credibili come puramente casuali. Innanzi tutto la causa della morte che sembra non sia dovuta ai traumi subiti per il capovolgimento ed il rotolamento della vettura, ma ad un'embolia. Questo almeno è il parere del medico legale che ha esaminato il cadavere. Poi c'è stato lo scoppio di un pneumatico nuovo contemporaneamente allo sfilamento di un pezzo di tubo del circuito idraulico che alimenta il servosterzo. Tutti mi dicono che sarebbe stato quasi impossibile che si fosse sfilato per usura. Inoltre ho scoperto oggi che il tubo era stato cambiato poco prima del viaggio. Così pure i quattro pneumatici. Cosa devo pensare, che il lavoro sia stato malfatto? L'officina sembra seria. Posso pensare che vi sia stata un'embolia e che sia sopravvenuta in seguito allo spavento per l'uscita di strada della macchina. In effetti, a Perugia ho saputo dall'amico del Franchino che era anche suo medico che aveva una forte ostruzione alla carotide. Ma perchè è scoppiato il pneumatico nuovo? E se anche potessimo pensare che sia stato gonfiato ad una pressione sbagliata e che sia scoppiato per il surriscaldamento, perchè si sarebbe dovuto contemporaneamente sfilare un tubo non sfilabile? Posso accettare una concatenazione di eventi, ma almeno uno deve avere una qualche causa."
"Mi pare una richiesta più che ragionevole, anche se spesso... sa il detto popolare, non c'è due senza tre."

"Sì, però, il mio mestiere non è quello di fare il fatalista di fronte ad eventi difficili da spiegare. Una possibile spiegazione logica c'è, ed è che qualcuno abbia allentato a bella posta le fascette che tengono il tubo in modo da causare lo sfilamento e la perdita di pressione nel servosterzo. Secondo gli esperti questo avrebbe causato un contraccolpo sullo sterzo con possibile testa-coda e ribaltamento della vettura. Può darsi che la gomma sia scoppiata per sfregamento contro la carrozzeria deformata a seguito del capovolgimento. Non mi convince molto, ma non ho alternative. A meno di pensare che chi ha allentato il tubo, per maggior sicurezza abbia manomesso anche il pneumatico per essere sicuro che o una cosa o l'altra sarebbe intervenuta. Per dirimere la questione, sarebbe interessante se lei, avvocato, si ricordasse bene se lo scoppio l'ha sentito prima o dopo il giravolta."
"Mi è difficile ricordare bene. Quello che trovo strano, ripensandoci, è che il Franchino ch'era andato per più di un ora a non più di 120 Km/h, quando è iniziata la discesa dell'Appennino si sia improvvisamente messo a correre. Correva così tanto che mi pare usasse spesso i freni per rallentare nelle curve della discesa."
"E lei, avvocato, sempre incollato!"
"Immagino che la cosa possa destare sospetto se la mettiamo insieme al seguito, al fatto che indirettamente io ero interessato a chi guidava la vettura, anche se allora non me ne rendevo assolutamente conto. Ma, vede, commissario, io ero come stregato. Di solito vado forte, ma invece mi ero messo al seguito della vettura alla sua stessa andatura e la mia fantasia si sbizzarriva a fare ipotesi su chi fosse alla guida. Forse era il caldo, forse era perchè mi sono trovato dietro alla Mercedes del Franchino dopo una brusca frenata causata da un disgraziato che mi ha superato a tutta birra mentre io ero già quasi in corsia di sorpasso. Ho dovuto rientrare bruscamente. Sa come capita in questi casi. Uno per un pò rimane turbato, con un pò di batticuore. Ci si sfoga dando del cornuto a chi ti ha causato l'emozione. Ma per un pò si rimane tranquilli. E' così che io mi sono trovato incastrato dietro alla Mercedes bianca a fantasticare chi fosse alla sua guida. Forse ho pensato che sarebbe stato prudente riposarmi un poco e così non ho superato di nuovo subito la Mercedes. Poi sono iniziate le fantasticherie..."
"E poco dopo l'accelerazione dell'andatura vi ha anche superato una macchina sportiva. Così se ben ricordo ci aveva detto a Sasso Marconi."
"Si, andava molto forte e ci ha superato molto da vicino. E' subito dopo che la macchina del Franchino Ha sbandato rapidamente. O aveva già cominciato a sbandare? Non ricordo bene. Sa com'è. Tutto è avvenuto in pochi secondi ed il fatto principale, quello della fuoriuscita di strada predomina su tutti gli altri ricordi di quei pochi istanti."

La porta dello studio, semiaperta per l'afa, per far circolare un pò d'aria, si spalanca: "Ciao, pà, mi è venuto in mente un'altra idea per il caso Franchino. Ah, scusami, non sapevo che avessi un ospite."
"Vieni, vieni Enrico. Questo è mio figlio, signor commissario."

Il commissario sorrise e fece un cenno con il capo: "Si riferiva al nostro caso Franchino?"
"Sì, vede commissario - spiegò l'avvocato Paoli - con mio figlio ne abbiamo parlato molto. Di solito non parlo dei casi dei miei clienti. Ma questa è una storia che non c'entra con i miei clienti, o per lo meno, non sapevo che c'entrasse quando ne abbiamo cominciato a parlare al mio ritorno dal famoso viaggio. Siediti Enrico. Commissario, se ha voglia di divertirsi, e se accetta le stravaganze di mio figlio..."
"Papà, io sono serissimo, niente stravaganze. Fino ad ora ti ho dato molte idee, ammettilo."
"Sì, sì, è vero - scoppiò a ridere il padre - se uno ti prende sul serio. Sa, dottore, mio figlio studia fisica e così si diverte ad applicare le teorie più astruse o moderne della fisica al caso Franchino. Stia a sentire. Per prima cosa mi ha parlato del gatto di un certo Schroedinger, un'autorità della fisica moderna a quanto pare. Secondo la teoria di questo Schroedinger la fisica sarebbe determinista. Una volta che si è partiti tutto il futuro è segnato. E per essere coerente con questa premessa, senta cosa succede al povero gatto. Lei immagini di chiudere un gatto in una cesta assieme ad una polpetta avvelenata. La polpetta però è nauseabonda. Se il gatto vince lo schifo se la mangia e muore. Se no, quando lei dopo un pò riapre la cesta lo ritrova vivo. Siccome tutto è predeterminato, lei non potrebbe trovarlo o vivo o morto se non ci fossero stati nella cesta tutte e due, sia il gatto vivo che quello morto. E' solo nell'aprire la cesta che una delle due realtà sparisce."
"Ma papà, l'hai raccontata in un modo schifoso. E' una cosa molto seria. Ci ho fatto un esame sopra."
"Non le dia retta commissario. Il succo è quello che le ho detto. La realtà sarebbe fatta di varie alternative tutte presenti. E solo quando noi ci decidiamo ad osservarla che ne scegliamo inconsapevolmente una. E' un discorso strano, ma potrebbe essere affascinante. Comunque, mio figlio ha tirato fuori questa storia per interpretare la prima parte del racconto che gli feci quando tornai a casa quella sera dell'incidente, quando io seguivo la Mercedes bianca e fantasticavo su chi potesse esserci alla guida: un industriale, un agricoltore, un avvocato, un pensionato. Secondo la teoria del gatto, a bordo c'erano tutti quei signori, potenzialmente. Poi, quando ho avuto modo di vedere, una sola di quelle alternativa si è realizzata. Sembra una banalità, ma dà da pensare, se ci si riflette bene. Quindi io sarei responsabile di avere fatto precipitare, tra tutte le possibili realtà immaginate, proprio quella che poi mi avrebbe toccato da vicino. Ma forse, commissario lei preferisce che riprendiamo il nostro discorso..."
"No, no, continui, la prego. La cosa è suggestiva."
"La seconda trovata di Enrico, dopo aver saputo del fatto che il Franchino sarebbe stato un testimone scomodo al processo, è quella del principio di indeterminazione... Mi pare proprio che si dica così."
"Bravo papà, vedo che impari presto, continua pure."
"Allora, secondo questo principio non si può osservare una cosa senza perturbarla. Mentre la si osserva la si trasforma. Quindi si modifica la realtà, e così se ne è responsabili. In conclusione, quando io mi sono avvicinato alla vettura e ho guardato da vicino, avrei modificato il corso degli eventi. E così sarei responsabile almeno in parte della morte del povero signor Franchino. Forse questo è eccessivo, però bisogna riconoscere che la mia presenza ha permesso di far pervenire la famosa busta alla famiglia senza che la polizia lo sapesse. Quindi un poco l'ho modificato il seguito degli eventi."

"A proposito della busta, signor avvocato, lei si ricorda se era molto gonfia o meno?"
"Piuttosto gonfia se ben ricordo. Sì, sì. Ho faticato ad estrarla dalla giacca del Franchino."
"Secondo lei, una polizza di assicurazione da sola può rendere una busta tanto gonfia?"
" Non saprei. Dipende dagli allegati. Ma forse no. Forse c'era dell'altro."
"Già, bisognerebbe fare una prova... Ma torniamo alle teorie di suo figlio."

"Alla fine, dopo aver usato la fisica per mostrarmi come uno spietato P.M., immagino laureato in fisica come mio figlio, potesse incastrarmi. Per trarmi d'impaccio, per permettermi di difendermi nel caso venissi chiamato per correità, è ricorso alla biologia, alla teoria darwinista del caso e della necessità. Come in natura degli esseri meravigliosi sono emersi per una concatenazione di eventi puramente casuali, infilati uno dopo l'altro come in una collana di perle dalla selezione ambientale, così anche tante storie, anche quelle che rispondono alla più stringente delle logiche, quelle in cui sono ben chiari moventi, azioni e risultati, anche loro sono in realtà prodotte dal caso. La catena logica è solo apparente e viene fuori dal fatto che una volta che la selezione ha scelto uno dei tanti eventi possibili, non si può tornare indietro. Il caso può solo aggiungere cose nuove a quanto già è stato scelto. Morale, secondo Enrico, il mestiere del poliziotto e del pubblico ministero è di cercare il filo logico delle storie, mentre l'avvocato della difesa dovrebbe sostenere che non vi è finalità logica nelle azioni, che questa è solo apparente e risultato di una serie di eventi casuali. Cosa gliene pare? Ho proposto a mio figlio di abbandonare gli studi di fisica e di venire a fare l'avvocato, visto che pare ben dotato di fantasia e spirito speculativo."

Il commissario non sapeva bene cosa fare oltre a sorridere: "Caro avvocato, la invidio di essere padre. Io, purtroppo, non ho mai voluto mettere radici... Comunque mi interessa che lei faccia qui ora la sua arringa di difesa secondo la versione che le ha suggerito suo figlio. Mi ricostruisca la storia con il caso e la selezione. Così vediamo se ha imparato bene la lezione, vero Enrico?"

"Mettendo tutto assieme, anche le ultime cose che lei mi ha detto, mi sembra che in effetti sia stata una catena di fatalità. Il meccanico che ha cambiato il tubo, lo ha fatto fare al garzone, raccomandandogli di stringere bene le fascette. Il garzone, dopo aver montato il tubo stava per farlo, ma è stato chiamato dal padrone per un servizio urgente. C'era al telefono un cliente in panne e il garzone venne spedito con il camioncino a prelevare lui e la vettura. Mentre il camioncino stava per partire il padrone gli domandò gridando se aveva finito con il tubo. Il garzone non avendo ben capito, ha messo fuori una mano dal finestrino agitandola in su e giù, gesto che il padrone ha interpretato come risposta affermativa. Come vede, commissario, abbiamo una sequenza di eventi separati ed indipendenti. Però ogni passo è una scelta, che poi rimane, ha effetti sul futuro. Il padrone avrebbe potuto scegliere di fare lui il lavoro sulla Mercedes del Franchino. Oppure, rispondendo al telefono, avrebbe potuto decidere di mandare un altro a prelevare il cliente. Ma andiamo avanti. Perchè il tubo si è sfilato proprio in discesa, dove le conseguenze sarebbero state fatali? Qui il Franchino improvvisamente decide di cambiare andatura. Usa di più il freno e nel circuito idraulico vi sono più oscillazioni di pressione e a poco a poco, il tubo si sfila. Se avesse continuato ad andare adagio, avrebbe usato meno i freni e il tubo non si sarebbe staccato. Io mi sono trovato per caso a seguire la Mercedes per un rientro improvviso di corsia a causa di un autista sconsiderato che mi ha sorpassato mentre io sorpassavo, come le ho già detto. Cosa glie ne pare? L'unica cosa che stona, mi pare, è il fatto che proprio io fossi là a fare da testimone dell'incidente."

"Suo figlio ha ragione, avvocato. Ad ognuno il suo mestiere, agli avvocati della difesa interpretare le storie come una catena di fatalità. A noi della polizia invece piace molto di più cercare le cause a monte degli effetti. E mi creda quasi sempre ci sono. Quando ammettiamo anche noi la fatalità non è perchè ne siamo convinti. E' solo che non vogliamo ammettere la nostra sconfitta, la nostra poca bravura nello scovare gli indizi che ci portano a ricostruire la verità. Il caso, mi creda, interviene meno spesso di quello che si pensi."

"Eppure commissario - intervenne Enrico - una prova che il caso esiste l'ha avuta oggi. Io non vengo quasi mai a trovare mio padre nel suo studio. Forse capiterà una o due volte all'anno. E guarda caso, proprio oggi, vengo qui per parlare del caso Franchino, proprio oggi mentre mio padre è qui con lei."
"Lei è sveglio e furbo, ma a me non la fa", lo interruppe il dottor Loiacono. "Lei ha saputo dalla mamma che oggi papà mi avrebbe incontrato qui alle quattro del pomeriggio, e così per puro caso... A proposito, lei è entrato dicendo che aveva avuto una nuova idea. Oramai sono pronto a tutto, dopo quello che ha raccontato suo papà delle sue teorie. Oltre alla fisica ed alla biologia quale altra scienza farà intervenire a supporto delle sue idee?"

"Si tranquillizzi, signor commissario, rimaniamo nel campo della fisica. La fisica moderna proprio per il principio di indeterminazione di cui parlava mio padre..."
"Di cui parli tu - lo interruppe il padre - io mi sono limitato a riassumere le tue idee."
"Pace, pace. Va bene, io sono lo studente di fisica e assumo tutte le responsabilità di quanto affermo. Dicevo che la fisica moderna dice che il mondo è governato dalla probabilità. Non possiamo stabilire esattamente lo stato delle cose. Un elettrone in un atomo può essere in uno di tanti posti possibili. Non posso sapere con certezza in quale sia. Posso solo dire che ci sarà una certa probabilità che sia in uno o in un altro. Ma alcuni grandi fisici, e prima di tutti Einstein, non accettano questa dichiarazione di impotenza. Einstein diceva che Dio non gioca ai dadi. Se le cose ci appaiono come governate in parte dal caso, è perchè ci sono delle variabili di cui non siamo a conoscenza, delle variabili nascoste che invece sono loro le responsabili degli eventi che ci sembrano avvenire per caso."

"Guarda, guarda. Questo mi interessa già di più. Potresti spiegarti con un esempio? Scusami se ti do del tu, ma cominci a diventarmi simpatico" disse il commissario, sorridendo e strizzando l'occhio al padre.

"Nei romanzi gialli si fa spesso ricorso alla variabile nascosta. Alla fine esce fuori un personaggio nuovo le cui azioni e motivazioni spiegano tutti gli eventi che fino ad allora erano parsi come casuali. Il mio caso di oggi, la mia pretesa di essere venuto qui per caso, non è però legato ad una variabile nascosta. Il commissario appena mi ha conosciuto, ha potuto inquadrarmi bene come un attore del dramma e con il suo acume ha scoperto subito la trama che ci stava dietro. No, io parlo invece di un personaggio che noi proprio non conosciamo, ma che c'è e che tira le fila, almeno le fila che stanno nelle sue mani. La cosa in fisica è un pò più complicata. E' come se ci fossero delle dimensioni in più di quelle che conosciamo, e che la variabile sia nascosta in una di queste dimensioni da noi non raggiungibili. E' come l'uomo invisibile dei fumetti. Il nostro universo ha tre dimensioni, o almeno così a noi pare. Immaginiamo che ce ne sia una quarta, e che io sappia come passare in questa quarta dimensione. Ogni volta che voglio sparire basta che faccia un passo nella quarta dimensione. Da là vedo tutto e posso intervenire, ma voi non lo potete vedere e capire. Gli effetti di quello che io faccio a voi appaiono come dovuti al caso. Ma il caso sono io. Qualche volta si riesce a scoprire la variabile nascosta, l'uomo invisibile, ed allora tutto diventa chiaro. Immaginiamo che quello specchio alla parete sia in realtà uno di quelli specchi semi trasparenti che si usano tanto negli interrogatori della polizia, non è vero commissario? A noi sembra uno specchio normale, ma in realtà è semitrasparente e nasconde un buco nella parete da cui un personaggio misterioso che noi non conosciamo ci osserva e ci sente. Lui allora può fare e decidere cose che sono in sintonia con quello che noi stiamo dicendo. Ma a noi sembreranno il risultato di coincidenze del tutto casuali anche se straordinarie."
"E chi ci sarebbe, sentiamo un pò, dietro a quello specchio?" chiese il commissario. "Ammettiamo che ci sia là dietro quel burlone, papà, del tuo amico Stefano e che voglia fare uno scherzo al commendator Speri. Gli telefona dicendogli che ti ha incontrato oggi e che ha saputo che hai incontrato un certo commissario di polizia per il fatto del Franchino e che ti ha visto piuttosto preoccupato, perchè la polizia sospetta che non sia stato un incidente. Appena messo giù il telefono cosa fa lo Speri? Non perde un minuto e ti cerca al telefono. Oh guarda che caso, che coincidenza, telefonare proprio ora mentre tu sei qui a colloquio con il commissario. Sarebbe per lo meno imbarazzante. Eh, si sa. Il caso a volte gioca dei brutti scherzi. Signor commissario spero che la faccenda della variabile nascosta l'abbia convinta. Con te papà ne riparliamo a casa. Io adesso devo proprio andare."

Enrico sta per avvicinarsi alla porta, quando suona il telefono. Enrico si ferma, incuriosito e divertito fa bassa voce al commissario: "Cosa le avevo detto? Il commendator Speri..."

"Pronto, sì, dimmi Graziella. Chi hai detto che c'è al telefono? Il commendator Speri? Va bene, passamelo." Con la mano sulla cornetta, grida al figlio che ridendo esce dallo studio: "Con te facciamo poi i conti a casa! E' diabolico quel ragazzo."