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“Caro
cavaliere…” Questa allocuzione ci perseguitò
per qualche giorno in quell’ormai lontano Settembre, dopo che i
dirigenti della premiata Galleria Rosciano (bontà loro!)
ci comunicarono l’avvenuta nomina a “Cavaliere dell’Arte”. La kermesse
comprendeva: - cena comunitaria, l’ultimo sabato di Settembre,
da ripetersi ogni mese, - premiazione con consegna di medaglia
e coccarda tricolore appesa al collo da zia Rita, - esposizione
di un quadro, previo contributo spese, - stretta di mano ed
abbraccio accademico di Henry March, figlio dell’amato pittore labronico,
- l’assidua presenza del prof. Furio Allori e moglie, - frizzi
e lazzi a seconda delle circostanze.
A
Settembre Ugo non c’è, noi tre participiamo composti, incontriamo
quell’eccellente grafico, pittore e poeta di Ernesto Mussi, subiamo
il discorso introduttivo del Monti e ci sfoghiamo in baci ed abbracci
con Rita. Non ritiriamo la medaglia di Ugo, ci sarà la prossima
volta ed allora non vogliamo togliergli questa soddisfazione.
A Ottobre abbiamo, oltre alla celebrazione dei cavalieri vecchi
ed alla nomina dei nuovi, i festeggiamenti per il compleanno mio
e di Rita Santuari.
Siamo
una valanga di gente, ci dividiamo pazientemente una deliziosa torta
e qualche bottiglia di spumante. Ugo si era preparato
un discorsetto di ringraziamento da recitare con la medaglia al
collo, ma c’è una netta prevalenza di donne che parlano tutte
insieme e si raccontano
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barzellette
spinte. Non gli riesce e si ritira rattristato. Poi Luca si
avvicina con aria stanca, deve spostare tutti i tavoli perché
le donne vogliono ballare. Bene, Rita ha portato la tastiera e le
casse, quindi la musica non mancherà. Ugo mi si avvicina
e sottovoce mi confida “io non posso… ho il cinto”. Oh, beh, un’ernia
è certo una fatto abbastanza personale, basta che se ne stia
seduto in un canto. Macché, la netta prevalenza di donne
non risparmia nessuno, così Ugo balla, continuando a confidare
discretamente a tutte le dame della sala “… sa io non potrei, ho
il cinto…”. Io mi accaparro l’unica giovane presenza, Ilaria, brava
pittrice informale e laureanda all’Accademia. E’ anche l’unica che
non sa ballare, per lo sforzo di trascinarla per poco non mi viene
l’ernia, ma non ne faccio un fatto di cronaca. Ricevo inviti da
signore sconosciute o che non ricordo di conoscere, ma non importa,
siamo tutti uniti nel cavalierato, perché nel frattempo Giovanni
Malventi dichiarava “cavalier fo’ todos!” Mi
apparto con Ilaria, fuori, nella notte, sotto le stelle. Mi parla
di pittori, della sua tesi di laurea, di pigmenti e di colori. Non
riesco a trovare un argomento più futile che ci accomuni.
Poi babbo e mamma se la portano via. Non la rivedrò mai più.
Rientro nella sala
fumosa e sudorosa, dove Ugo sta sfinendo gli ultimi commensali,
”…sa ballo, ma non dovrei, ho il cinto…”
© Aemme Ottobre
1999
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