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Era
già tutto organizzato, quando la mamma ci avverte che non
potrà venire per gravi impegni di famiglia. Beh, ci dovremo
arrangiare. Umberto scenderà da Milano con la produzione
sua e della mamma, appuntamento telefonico alle ore 18. Leonardo
ed io partiremo da Livorno con qualche pezzo, la maggior parte sono
già a Genova. Il cielo minaccia pioggia. Se la tiene
finché non cominciamo a caricare i quadri, poi la molla con
impeto. “Sarà la mamma che piange perché non può
venire…” dico io. Partiamo in mezzo a una grandinata “Deh, mamma,
ora s’esagera!” sbotta Leonardo correndo in mezzo ai chicchi ad
imbucare il comunicato stampa per Il Tirreno. Alle 18 meno un
secondo il gattone chiama: “Io sono a Genova, dove ci incontriamo?”
Decidiamo per un viale alberato vicino casa mia, uno dei pochi luoghi
genovesi dove ti puoi fermare con due auto senza bloccare la circolazione.
In pochi minuti formuliamo un piano d’azione, facciamo un sopralluogo,
lasciamo Leonardo a fare da testa di ponte e in un’oretta trasferiamo
tutti i quadri alle sale dell’Associazione Italo-Americana con un
tempismo ed una precisione degni di una mente triestina, poi andiamo
a cena. Appuntamento la mattina seguente per montare la mostra.
Il giorno dell’inaugurazione lavoriamo presto e bene, in un
paio d’ore tutti i quadri sono a posto, i pannelli ben disposti,
le luci appropriate. Ci avanza il tempo per andare a distribuire
di persona gli inviti ai giornali. Ci muoviamo a piedi, naturalmente,
restando nel centro ottocentesco della città. La Galleria
Rotta è aperta, passiamo a lasciare un invito e curiosiamo
un po’. Andiamo a pranzare in un ristorantino in un quartiere antico.
Parliamo di arte e di artisti mangiando frittura. |
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Tra un totano e una seppiolina eleviamo un pensiero alla mamma lontana,
poi corriamo alla mostra proprio perché l'inaugurazione non
avvenga senza di noi. Entriamo nelle sale ancora vuote: tutto
è a posto, i quadri hanno occupato lo spazio disponibile
senza affollarsi, le luci non si riflettono sui vetri, il libro
delle firme è pronto sul tavolo, il buffet con vino bianco
e focaccia è apparecchiato, i primi invitati occhieggiano
dalla porta spalancata. Ci guardiamo con soddisfazione, come a dirci
che siamo stati bravi a far tutto con precisione e ordine anche
senza la regia di Ugo. Spira aria di fronda. La serata si svolge
con soddisfazione, la Presidente ci accoglie con un caloroso benvenuto
nell’auditorium gremito; Leonardo e Umberto firmano autografi e
distribuiscono monografie con dedica, io no, soprattutto perché
non posseggo una monografia. Gli invitati continuano a giungere
nonostante l’orario lavorativo. Quando si chiudono i battenti ci
permettiamo un breve giro per la città illuminata, infreddolita,
umida dalla pioggia. Nel palazzo Ducale si consuma il primo atto
di una possibile secessione, nel bar sotto l’albergo dove ci attardiamo
fino a notte inoltrata, stiliamo il "Manifesto del G3".
Riassume Leonardo il pensiero di tutti “E bisogna dinnelo che così
un si pòle anda’ avanti! Ugo all’inaugurazioni ci deve veni’!
Ora quando si vede si scarruffa!” Il gattone agita le sopracciglia,
io mi passo una mano sulla pelata. Lo scarrufferemo a Livorno…
come dire: La Scarruffatura
Livornese.
© Aemme (Marzo
1999)
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