Facoltà
di Egittologia
Ah, Habib, mio
caro Habib... quando comincerai a crescere?
Soprattutto:
quando comincerai ad alzare il culo dalla sedia per andare a
guardare bene da vicino gli originali, anziché studiare
solo sulle fotocopie??
E poi, questa
tua ossessione per il "Libro di Toth"... Capisco, è
un'idea troppo affascinante per un giovane come te, ma Erodoto
non ha lasciato frammenti dappertutto, specialmente perché
tu ti beatifichi nel ritrovarli!
Va bene... a
seguito del piacevole intrattenimento con l'ottima bottiglia
di Cognac che hai avuto la squisitezza di far recapitare al tuo
vecchio professore, (...ma dove l'hai rubata?!!) ti perdono e
ti benedico...
E siccome dovrò
pur ripagarti della tua devozione... beh, diamine! mi berrò
una pinta di caffé alla menta e mi ficcherò nel
tuo pasticcio con la speranza (...poca...) di tirartene fuori...
Dunque, prima
notizia:
il frammento 7 è
in quella busta per sbaglio; è vero che forse si tratta della
stessa mano dell'8 e del 9, ma viene da un altro papiro, che porta
tracce del sigillo reale: si tratta certamente di una lettera al Faraone.
Ma scritta da chi?
Tu sei partito
dall'idea che l'autore dei Mss 7-9 sia anonimo, perché
voleva tener nascosta la sua identità, come sembra essere
deducibile dall'anomalia dell'aver nascosto quei papiri dentro
a un vaso canopo, quello del cuore, della regina Mirit, una delle
mogli di Ramses II, e dal fatto di siglarlo con un cartiglio
che porta un solo geroglifico.
Ma se prendi
in esame il fatto che il frammento 7 è stato nelle mani
del Faraone (sicuramente Ramses II), allora dovrai accettare
l'evidenza che almeno quello non fosse anonimo! Per conseguenza
ti toccherà far entrare nella tua dura cervice l'idea
che è necessario rintracciare elementi che portino al
suo nome.
E credo sia più
che evidente che si debba cominciare intorno a Mirit... così
dovrebbe tornarti a galla dalla memoria, e anche abbastanza celermente,
che i lavori per la tomba di Mirit furono interrotti, e l'architetto
condannato a morte. Poi Mirit (o quella che crediamo essere lei)
con le sue frattaglie incanopate e un paio di suppellettili,
ce la ritroviamo a Tell el Amarna, sepolta con un mucchio di
altri prosciutti troppo rinsecchiti (...a proposito: quell'Angelo
del Paradiso che ti passa il Cognac, riuscirebbe mica a trovarmi
anche un prosciutto?... italiano, mi raccomando! non quella roba
secca secca e nerastra che fanno in Spagna!), e dentro al canopo
del cuore ci sono i papiri tutti stropicciati...
Chi era quell'architetto?
Beh... accidenti che delusione... non è un mistero: era
Imothep, nato da genitori ebrei... e... oddio come ci deludiamo
nuovamente.... non è neppure una storia nuova: abbiamo
letto di quell'amore fra la regina e l'architetto almeno un centinaio
di volte...
E questo dovrebbe
deluderci? Oh sciocco Habib! E perché mai, se forse siamo
proprio capitati sui papiri della loro vera storia d'amore, anziché
sulle solite narrazioni di quella leggenda!
Però tu
cerchi il "Libro di TOTH" descritto da Erodoto!!! E
allora una volgare storiella di sesso e passioni in ambiente
di corte ti sembra così banale...... "IL LIBRO DI
TOTH"! Quello che insegna agli uomini la CONOSCENZA OCCULTA!!
...e allora... ma certo! l'ebreo che scrive è certamente
Mosè!... O mio dio! com'é possibile interessarsi
ai pruriti sessuali di due adulteri, di fronte a tanta MAESTOSITA'?
Ma vediamo un
po' perché tu attribuisci ad Erodoto l'origine dei Mss
3-6. Certo, uno che descriva in modo simile un ambiente egizio
non può che essere uno straniero, ma il fatto che citi
il diluvio della Torah, non è già abbastanza per
convincerti che si tratti di un ebreo e non di un greco o di
un romano? Ma no! tu pretendi che ciò avvenga solo perché
parla di misteri pre-istorici, di una civiltà antidiluviana!
Magari vuoi anche tu far risalire a loro la costruzione della
Sfinge? e anche tu vuoi dirmi che ha più di diecimila
anni? e vuoi convincere il tuo vecchio prof ormai mummificato
dall'alcool che quella civiltà è MATRICE di tutte
le altre?
...Habib, i tuoi
quindici anni su questa povera terra sono ancora troppo pochi
perché io già debba decidere di punirti con la
disillusione... Habib, Habib... non sei uno studente di questo
Istituto: sei solo un ragazzo addetto alle pulizie! ricordalo!
Il fatto che
io dedichi sempre tanto tempo al tuo desiderio di sapere e ti
esorti a studiare è certamente ripagato oltre misura dal
tuo entusiasmo così infinitamente vitale, dal crescere
della tua intelligenza così... necessaria alla MIA vecchiaia,
alla mia disillusione... ma proprio per questo... non posso ingannarti...
Né però
da parte tua puoi pensare di DERUBARMI dei miei segreti... vederti
chino sui miei libri e sulle mie carte fino a notte tarda (quante
volte ti ho raccolto addormentato sulla mia scrivania e ti ho
trasportato fino al tuo letto!), mi ha dato la gioia di sentirmi
quel "padre" che non sono mai stato... e per il bene
che ti voglio... non coltivare mai il desiderio di superare le
barriere dell'occulto!
Ma per questa
volta ti rivelerò un segreto: sì, quei pezzettini
di papiro raccontano frammenti di una storia universale, forse
eterna, terribile e meravigliosa insieme. Certo, se ne stanno
in un oscuro armadio perché da quei pochi frammentini
non sembra uscire un gran ché del loro significato, ma
siccome li conservo da tanti anni, e per tanti anni li ho contemplati,
accetta di leggere i vecchi appunti che scrissi prima della loro
traduzione e archiviazione. Eccoteli: avevo vent'anni, facevo
l'assistente squattrinato in questa Università, ero innamorato
follemente di tutti gli esseri femminili giovani e carini che
incontravo sulla mia strada, avevo grandi ambizioni...
T.e.A./Ms.3-6
Ei fu, siccome
immobile, dato il mortal... ciuf ciuf... va be'... altri pezzetti
polverizzati di parole da rimettere insieme... ma chi se li andrà
mai a leggere?... Ei giace, mummia nel ventre della terra, i
suoi resti antichi sotto la grande piramide senza sommità,
eppure così immensa da apparire simile a un altissimo
cubo. Giace in una tomba trainata dai cavalli fieri della sua
ultima battaglia, e intorno tumuli di fiori dei suoi sterminati
campi, ormai divenuti polvere. Là dove egli è andato,
negli immensi e desolati deserti della morte, infuriano violente
tempeste, il diluvio
universale
questo
però però però... è proprio scritto
in ebraico... guarda guarda...
giace, mummia
nel ventre della terra
resti antichi
nella piramide senza fine
simile a un
cubo
tomba come
cavallo (oppure: in forma di)
tumuli di
fiori polverizzati
fuori - immensi
deserti senza vita
dove infuriano
tempeste
diluvio universale .....
cavallo ------ diluvio
universale????!!!
... là dov'è
il suo corpo, nel profondo di quella sepoltura si giunge scendendo
ripidissime scale, e strette ... nulla vorrei, altro che giacere con
lei, Mirit, nell'abisso di quella sepoltura; così come fu ...
amor che vince la morte ... amor ch'annullo... amato amar perdona...
miciona... purr furrr... mi prese per te piacer sì forte...
che a nulla valse morte... se uscito dalle porte di questa mia prigione,
tu solo mi dicessi: vieni, mio micione!... purr furrrrr.... BUMPATAPUM!!!
T.e.A./Ms.7
Per Ramses
II, da Imothep, architetto reale.
Ho abbandonato
il tuo lavoro, o mio Sovrano.
Troverai la tua
casa incompleta, eppure già vissuta. Ci sono le ricche
suppellettili, i soffici letti, tende preziose alle ampie finestre,
ma non il tetto, ché quello non lo potei fare...
Troverai che
vi abitano quattro gatti ben tenuti che non mangiano, perché
rifiutano ormai qualsiasi sapore: essi guardano dalle tue finestre
l'infinito di desolati deserti, tutt'intorno; non desiderano
fuggire.
Troverai che
le tracce del mio abbandono odorano ancora del mio malessere,
della mia angoscia. Sono orme sulla sabbia, effimere tracce che
seguono un strada già percorsa dai miei piedi.
Non c'è altro da fare, tutto l'essenziale è già
stato fatto! Eppure tu ancora mi chiedi un tetto per la tua dimora!
Per sfuggire al tuo terrore! Per nascondere la tua nullità
con l'opera della mia intelligenza!
No! Padrone delle
mie paure! Non ti darò quel che tu mi chiedi!
T.e.A./Ms.8
Lettera di
Mirit a Imothep.
Io porto la responsabilità
della lacerazione;
l'insanabile, infinita assenza mi attende, nella lunga notte
dell'attesa della mia morte.
Tu non ci sei
più e io tremo solo per questo.
Tremo insieme
alla terra che si ribella alle fabbriche dell'uomo, alle sue
torri di disprezzo e vanità, e annullo queste sue mura
schiodando le assi che le sostengono, strappando i massi dalle
loro ordinate relazioni, scuotendo la più forte delle
tue costruzioni, o Re! Nessuna mi sopravviverà! Nessuna
vedrà la fine del mio dolore!
Ma io sono null'altro
che un'anima antica, sopravissuta a un'incauta vanità,
e che
erra nel mondo dopo la demolizione dei suoi templi. Eravamo un
essere solo, ricordi? E io fuggii da te! Io, donna che tu condanni,
io sono Lilith! Il demone! Lilith che fuggì da Adam, che
dimezzò la sua forza!
Sono l'essere
che incute terrore perché nel suo volto si legge il geroglifico
dell'annientamento! Oh, uomo che mi donò il suo sangue!
Uomo che ti sporgi nel ventre infecondo di Lilith!
Sono un'anima
pericolosa, ma non muove la mia vita fra molteplici vite? E come
altrimenti potrei dare al mondo i miei figli? In quale modo,
altrimenti potrei esistere? L'ambiguità è simulacro
palese del conflitto, del malessere che persevera nella sua opera
di corrosione, come acqua sulla pietra, in incommensurabile lentezza!
Ma non sono forse anch'io come l'inondazione che viene invadendo,
e si ritrae lasciando feconda di vita la terra?
Tu mi denigri
e mi cacci dalle tue dimore, dai tuoi caldi letti, tu implori
il cielo per compiere il mio annientamento. Per questo devo salvarmi!
Perché non hai guardato in cielo che quel sole che t'accieca,
né mai hai nel tuo profondo amato la bella luna che lo
riflette. E solo questo io sono: la luna che sale e che scende,
con le acque rosse del dolore che a te è dedicato.
Non salvo di
me alcuna verginità, essa mi è stata negata nel
corpo; là dove lacerai Adam, là la mia pelle è
rimasta aperta. Salvo dunque solo il mio biancore, nella
diafana pelle che m'avvolge, puro spirito vagante e desolato.
Poiché
ho vissuto l'unicità irripetibile, nulla dovrebbe impedire
a noi, esseri della terra, di credere nel mondo a venire. E quel
mondo, dovremmo saperlo, non è in un altrove. Quando vivevo
nell'Eden, non ci fu detto che non v'era altro mondo? E i quattro
fiumi sgorgavano dai nostri piedi, irrigando la terra che noi
eravamo. Cosa sarà, dunque, il nostro corpo futuro? Quale
potrà essere la melodia del nostro canto, se già
ora crediamo che il tono delle nostre musiche mai potrà
variare?
Se tu vincessi,
se io mi annullassi, non capisci che il pensiero di questa invarianza
avrà potere sulla terra da cui siamo stati generati, e
sulla terra che noi stessi abbiamo creato? In me ciò avviene
come punizione, con cui vado errando, né credo per questo
di essere abbandonata. Piango e attendo. Offro la mia passione,
né chiedo altro che il mio pentimento. E quello attendo.
Esiste una differenza
tra il possedere passioni e il muovere a passione, né
questo tu hai capito. Tu, architetto di meraviglie, costruisci
per colui che possiede per così breve tempo, e non ti
accorgi che di quanto forti o fragili siano le fondamenta. Ma
dell'opera noi guardiamo l'apice, e le tue opere sono tronche!
O Sovrano che
mi condanni! Tu che credi di possedere ogni passione, tu non
puoi amare, poiché sei vittima del sentimento che lega
al sé, né riconosci amore in gioie e dispiaceri;
colui che muove le passioni, invece, egli ama, ma è
suddito della passione. Colui che possiede le passioni si crede
Sovrano dei propri amori, e ripete il suo errore senza saper
di ripeterlo; così egli organizza le sue azioni di conseguenza
alla sua ignoranza, ed è suo rifugio la tranquilla serenità
delle istituzioni e delle promesse del suo Faraone. Egli costruisce
il tempio del suo Sovrano con l'esecuzione esatta della sua legge,
succube della legge che rispetta.
Così io
e te siamo infelici, né sappiamo risanare le nostre ferite
altrimenti che con la vendetta. Poiché noi ora non siamo
spinti dalla passione che unisce, ma da quella che separa; non
siamo guidati dall'amore per le cose del mondo a venire, ma dall'amore
per le cose passate e perdute.
So che in me
non cesserà il malessere, poiché più greve
è in me il peso del ricordo dell'Eden perduto, che tu
non hai. Eppure ancora penso che alla mia vita mancherà
il tuo spirito e il tuo abisso, il tuo ridere e la tua morte,
e la tua innocenza. Alla mia vita mancherà il tuo pensiero
senza tempo, così come in questi nostri anni mi hai mostrato;
alla mia vita mancherà il profumo della nostra follia;
alla mia vita mancheranno i silenzi che non si accompagnano a
paura.
Muoverò
il mio spirito dolente in questo infinito panico dove
entrambi ci siamo perduti; esso mi porta solo l'eco delle molteplici
voci che intonano il nostro canto. Ma queste risonanze sono anche
volontà degli dèi, perciò più contrasto
il loro potere, più greve è il tributo che devo
pagare; ma non esiste altra via per noi, poiché siamo
cacciati fuori dal nostro mondo di unità, né sappiamo
trovarne altro, né profetizziamo altri luoghi ove ciò
possa avvenire; solo con te sono in accordo il mio cuore e il
mio spirito. Il canto delle nostre voci racconta del nostro passato
significare, racconta del mondo che vivevamo nei nostri giorni;
esso era mondo di significati che pure erano atti!
Quel nostro mondo
è crollato ad opera del falso potere del nostro Sovrano
e a causa del nostro crederci indigenti senza il suo governo.
Nessuna altra ricchezza potrà costruirsi e significare
nel mondo? Per questo noi siamo già morti: poiché
non sappiamo credere altrimenti, a causa dei nosti occhi accecati
dalla passione che solo mira a se stessa.
O mio amato,
forte e coraggioso cavallo indomabile, a te vanno i fiumi delle
mie lacrime salate come un mare da troppo tempo prosciugato.
Esso è simile al lago calmo su cui volano gli uccelli
e i riflessi delle colline, ma intorno ad esso è solo
morte e desolazione, e il fiore non nasce e non muore, ma resta
bianco ed eretto a contemplare il sole con lo sguardo vuoto e
fragile del cristallo. Morto è quel mare come morto è
il corpo terrestre, ormai idolo di sale eretto a gridare verso
il cielo il suo silenzio!
Muoio ora anche
per te, e ho agito dal tuo pensiero, poiché tu eri profeta
del nostro vivere governato dalle leggi di un Faraone, e in tale
vita io non sono altro che quello spirito vagante senza alcun
luogo che lo descriva.
T.e.A./Ms.9
Parole del
Faraone Ramses II, figlio di Sethi I.
La mia amata
moglie in quei giorni volle morire. Al suo dolore si alza il
mio Inno, implorando Ptah, chiamando Isis al mio cospetto, Anubis
al suo capezzale.
Ella accusa me
del suo destino, eppure l'occhioche inseguì la preda era
il suo, e tanto la punì. Ma noi scendiamo nella pena,
e gravi giorni di dolore hanno abbassato il nostro capo.
Si donino a Basthet
4 piatti di offerte in luoghi diversi, secondo le dimensioni
della superficie del nostro giardino. Siano offerte nell'acqua
fine dei fiumi che bagnano le dolci terre della mia amata.
Colui che mi
tradì fu salvato dal fratello di sangue, Sacerdote di
Horus. Anch'egli abbia il mio divino perdono, e possa godere
della libertà di salire al cospetto di Anubis.....
Le sue interiora
siano purificate e il suo corpo portato con onore nella casa
della vita.
Sono passati
più di cinque anni e sono ancora un coglione di assistente
senza un soldo in tasca. E fra un'ora arriva la MIA Mirit che
mi crede un ricco professore.... Avevo la presunzione di aver
trovato lavoro e soldi... bella roba!
se
torno in Italia ormai non trovo più lavoro che come sotto sottosotto
assistente... ero venuto qui per la passione e per la gloria!!!!!
Ho creduto di averla trovata? Per questo sono stato punito?
............ecco,
caro Habib.....
questo è
stato l'inizio. Poi ho preso un po' di pezzi di papiro antico
sui quali c'era spazio per scrivere, mi sono messo con grande
pazienza a tradurre e redarre in bella calligrafia da erudito
scriba ebreo, e infine con mano lesta ho infilato un po' di frammentini
dentro al canopo mentre lo tiravamo fuori dal polveroso mucchio
di potenziale ricchezza e gloria destinata (per natura...) solo
al mio superiore: il Chiarissimo Professore, esimio Anziano dell'Università,
oculato gestore degli ingenti fondi che il Governo italiano destina
all'Egitto, nel nome della illuminata figura di Giovanni Belzoni...
Ci sono cascati
tutti: quel tanto che è bastato a farmi entrare nel gioco,
guadagnare bene e subito, fare carriera, avere la cattedra in
questa Università... Poi ci sei tu che ci scruti... tu
che frughi nel mio armadio (degli scheletri...!!), e senti l'odore
attraente del desiderio...
Medita Habib!
Medita!
Ti ho confessato
tutto, ormai. Tutto quello che ti serve sapere.
L'ho fatto perché
qua finisce la nostra storia, piccolo allievo incredibilmente
intelligente... fra poche ore salgo su un aereo militare e me
ne torno a Roma, per sempre. Non mi vedrai più... dovrai
cercarti un nuovo Maestro... o capire che tu basti a te stesso....
in questo mondo di merda...
Habib, ho sprecato
la mia vita in tutto, meno che nell'insegnare a Te. Ora che ho
settant'anni, che sono vecchio, voglio agire: nel mio paese stanno
tutti impazzendo... voglio poter fare qualcosa "contro"...
almeno tentare... mi capisci?
Sì, caro
Habib, so che di te mi posso fidare... solo di te. Fa' sparire
quei falsi frammenti di papiro (che comunque sono catalogati
e archiviati fra un tal numero di altri frammenti di papiro che
non c'è molta differenza fra il lasciarli lì dove
sono e il bruciarli...).
Usa bene quel
che ti ho insegnato; sii saggio, prudente e accorto nel tuo agire,
e continua ad essere folle nel tuo indagare al di là
di quelle acque...........
E soprattutto:
smetti di rubare la carta intestata dell'Istituto Universitario,
perché se qualcuno ti scopre finisci in guai seri...
Ti voglio bene
come o più di... resterò sempre sicuro di aver
avuto un figlio meraviglioso... là, nel misterioso
Egitto...
Addio
Habib.
Il
tuo professore, padre e amico Davide Fano.
Cairo,
Venerdì 17 dicembre 1937.