Montagne
"Tutto
il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò
ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una
forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: "ecco
il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese dEgitto!"
( Esodo 32:3-4 )
C'è
una graziosa storiella ebraica che racconta di due rabbini russi in viaggio,
i quali si trovano per caso a passare per Roma. Uno dei due viene a sapere
che la Comunità ebraica locale sta cercando un nuovo rabbino, e
ne parla con il compagno di viaggio, dicendo: «Non sarebbe affatto
male per me che soffro il freddo, stabilirmi qui a Roma, dove sembra che
i rabbini siano pure ben pagati!» Certo:
un pio rabbino può parlare la lingua di Dio, e quella per
quel che sappiamo è la lingua di tutta l'umanità...
ma l'umanità non la parla ancora... E forse per questo, in momenti
di "grazia", crede e spera che a parlare quella lingua sia la
musica, nel suo ineffabile linguaggio di sentimenti più o meno
puri. E in
quale lingua parla il Dio unico, assoluto, di tutti i mondi e di tutti
gli universi? Forse nella lingua della Natura? Quella che solo l'innocenza,
la purezza assoluta dell'essere animale può intendere, sebbene
non possa poi comunicarla né commentarla? Se la parola divina è nella Bibbia data a Mosè, essa può continuare ad essere pure nelle parole che il pur saggio e sapiente traduttore ha reso in latino e in greco, in inglese o in francese o in cinese e hindi e swahili e chissà quant'altro? È "traducibile" la parola di Dio? Può essere "trasportata" nei percorsi del pensiero umano, articolata nel tempo e nello spazio, detta, raccontata, ripetuta, imposta, subita, ricordata, dimenticata? L'ebreo risponde a queste domande con un'azione che in fondo è molto semplice: conservare il "Libro" nella sua originalità e integrità, cosciente che a monte di tutte le regole religiose, i precetti e gli obblighi, la sua appartenenza al "popolo eletto" consiste in quest'unico atto e dovere: conservare e ricordare il libro, la Torah che Dio ha consegnato a Mosè nel deserto. E conservarlo significa fare in modo che quella sequenza di lettere dell'alfabeto ebraico, con i relativi spazi vuoti fra parola e parola, rimangano nel mondo, segni d'inchiostro di forma e dimensione precisi, nello spazio del lungo rotolo di pergamena che ricorda l'atto divino del consegnare la sua parola in un unico fiato vitale, come quello che infonde anima e vitalità alla montagna di terra finissima, che sarà Adam il primo uomo. "Osservare
e ricordare": in ebraico è "shamor ve-zakor",
e la tradizione vuole che nel deserto tutto il popolo sentisse queste
due parole insieme, simultaneamente, come fossero una parola sola. Come
se in musica noi potessimo sentire simultaneamente la tonalità
maggiore e quella minore, ovvero il suono delle armoniche naturali di
una nota e quello delle armoniche "corrette", artificiose. Contrapponi
dunque, per prova, una triade di Do maggiore a un'altra di Mi bemolle
maggiore, e osserva come quel Sol che hanno in comune sia il loro comune
richiamo. Medita su questo, e cerca i modi e i percorsi con i quali questi
due accordi possono generare melodia e armonia...
Certo, qualcosa del genere lo potresti ascoltare anche dentro al sound-track di un videogioco, o come "musica di sfondo" in un film americano... Ma il segreto sta proprio chiuso là dentro... e le parole di Dio fra gli uomini hanno causato morte e afflizione e ignoranza... ...Ora clicca pure col tuo mouse sulle note scritte qua sopra, o qui, per leggere altre note...
Claudio.
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