Fu davanti a quella ghironda - o meglio,
a una grande riproduzione di quel dettaglio del trittico di Hieronymus
Bosch - che un giorno d'autunno di molti anni fa incontrai Ahasvero:
l'ebreo errante.
Non fui io ad accorgermi di lui: lui si presentò a me,
insinuandosi lentamente, gradualmente, impercettibilmente nella
mia anima. Ma prima restò a lungo alle mie spalle, ad
ascoltarmi parlare proprio di quella ghironda.
Io ero là per caso, passeggiando con un'amica.
Si camminava lentamente, perché il nostro era un dialogo
d'innamorandi, fatto intrecciando corone di pensieri e
fantasie per cercar di intrecciare i nostri corpi, desiderosi
di intensità calde d'amore, di baci interminabili con
le mani a stringere le guance, a chiudere tutto il mondo nella
tenerezza dei nostri visi.
Lei si chiamava Sophia, o forse è la mia memoria che vuole
a tutti i costi chiamarla in questo modo, perché non la
vidi più, dopo quel giorno.
In quel luogo c'era un grande cartello pubblicitario, a dividere
la fila di alberi impolverati e tristi in un viale di città,
messo davanti alle macchine parcheggiate, e una panchina dimenticata
lì a guardarlo, fra il passaggio di vecchi tram assordanti,
pochi sguardi indifferenti dei passanti, e le foglie morte di
quell'autunno troppo freddo.
«Guarda, guarda: quel coso ti somiglia!» mi
disse ridacchiando; «Ha il naso gonfio e rosso come te,
e tutti i denti che battono dal freddo!»
«Quello è un famosissimo dipinto di Bosch, e quel
coso è uno strumento musicale: una ghironda,
o "viola da orbi", come la chiamavano nel Medioevo.
E, sai, la chiamavano così perché era usata dai
mendicanti ciechi, o dagli storpi, insomma, dai più disgraziati
fra la gente del popolo, che era tutta disgraziata... Certo,
però, che dipinta dentro a quel quadro vuol dire mille
altre cose...»
«E quali?»
«Beh, intanto devi sapere che quello lì, dal vero,
è un grande Trittico, e quel che vedi è solo un
dettaglio del pannello di destra, dov'è raffigurato un
vero e proprio "Inferno musicale". Se ti guardassi
per intero tutto il trittico, nella pala centrale vedresti una
miriade di esseri umani, e di fiori, e di uccelli coloratissimi,
e poi un sacco di bizzarre, stranissime strutture trasparenti,
fatte come cristalli, o vesciche rigonfie. Il tutto è
immerso in una luce diurna, solare, serena, talmente piacevole
da far sì che venisse chiamato il "Paradiso delle
delizie"; e questo nonostante la stranezza delle attività
in cui sono intenti tutti i suoi personaggi. A sinistra, invece,
c'è una specie di giardino dell'Eden dove Adamo ed Eva
se ne stanno nudi e pacifici a chiacchierare con un uomo vestito
d'una lunga tunica chiara, che sembrerebbe Gesù...»
Per
continuare, clicca sul dettaglio dell'Allegoria dell'ispirazione,
qui sopra, di anonimo fiammingo del XVI sec.