IL VIOLONCELLO ERRANTE

 

 

 

«Yes, to smell pork, to eat of  the habitation which your  prophet the Nazarite conjured  the devil into: [...]»

(W. Shakespeare; The Merchant of Venice, Atto I, Scena III:30.)

 

«Tutta la bellezza della melodia deriva dal Numero,
il quale permette di misurare con esattezza le voci;
tutto quel che nei ritmi è seducente [...] è opera unicamente del Numero»

(Musica enchiriadis, XI sec.)

 

«Dico di più, che può esservi scienza dimostrativa di quel tale terzo suono, che deve prodursi da due linee sonore, una delle quali sia razionale, e l'altra irrazionale, ma geometricamente cognita.»

(Giuseppe Tartini, "Trattato di Musica, secondo la vera Scienza dell'Armonia", Padova 1754)

 

«Nello stesso modo per cui vi è obbligo, mitzvah, di dire ciò che sarà inteso,
allo stesso modo vi è obbligazione nel tacere ciò che non sarà capito.»

(Talmud: Yevamot 65b)

 


claudio ronco


 

   Stridori,

strepitìo, fischi che trafiggono il corpo come lance e frecce, frastuono di distruzione, incendio, terrore: questo ascoltavo, ogni volta, osservando la riproduzione dell'Inferno musicale, nel mio libro su Hieronymus Bosch. Quegli orecchi trafitti dalla freccia, divisi dal taglio doloroso e poi congiunti dalla lama d'un coltello, quell'ammasso di disarmonici omini assordati, in un inferno concitato e immobile al tempo stesso, fragore cristallizzato nel silenzio, nella condanna dell'eterno mutismo: li hanno guardati e contemplati mille volte gli occhi della mia adolescenza. E quella ghironda là in mezzo, protagonista in legno chiaro, quasi color carne, capovolta e appesa al vuoto, nel suo inquietante equilibrio, strumento musicale e persona insieme... io -o quel che di me c'era allora, cellule ormai disperse del mio corpo, mia morte già avvenuta senza coscienza- io l'ho copiata, l'ho disegnata mille volte, ho immaginato di reggerla fra le mani, sostenerla, impugnarla come vessillo dell'incomprensibile, della mia musica, del suono che cessa di muovere aria e membrane, che si ferma nella parola, che si chiude nell'immagine, che s'imprigiona nella forma... Erano gli anni grevi in cui nella mia Torino oppressa da incubi, depressione e solitudine, componevo figure o labirinti su fogli di carta, per poter disporre di un luogo da cui vedermi, un teatrino dei miei interni, di una mappa di questo, o di un altro mondo...
Chi cerca risposte non entri in quel quadro! Dietro ogni forma ne è nascosta un'altra, in ogni antico significato trionfano infiniti significanti, in ogni silenzio c'è solo fragore di follìa, e il gesto muto di armonia perduta!

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