... ma ora aggiunga un nove in mezzo a quel ventidue
«Pagina 292? Eccola: oh!... ma è splendida!... è così drammatica... è struggente...»

Guardavo il vecchio Popper, in quella vecchia foto sbiadita del 1911, che sedeva accasciato, tenendo il violoncello dritto di fronte a sé, a contemplarlo allontanarsi dalla sua vita, gli occhi abbassati nella profonda tristezza del distacco.
«...È una delle cose più commoventi che io abbia mai visto; sembra contemplare un'opera che ormai non gli appartiene più, che sfugge dalle sue mani, eppure è ancora come attaccata al suo corpo, alle gambe che l'hanno abbracciata per un'intera vita...»
«Ora giri il nove al contrario e lo metta dopo il ventidue.»
«226? C'è la foto di un certo Emil Hermann... "was responsible, with Wurlitzer, for bringing Popper's J.B. Guadagnini (1772) to the United States"... Guadagnini del millesettecentosettantadue? ...portato in America dalla ditta Wurlitzer di New York?»
«È la data che gli avevano attribuito. O un modo per dire otto... ora raddoppi quel nove.»
«Pagina diciotto... David Popper a diciotto anni... la fotografia usata anche per la copertina...»

«Sì, ma anche "Chapter I; Beginnings". E l'inizio è nel ghetto di Praga, quello del Golem, e quello della Alten Synagoge, di fronte alla quale un grande orologio scorre le ore al contrario: da destra a sinistra.»
«David era il figlio di un cantore; l'ho letto oggi. Suo padre si chiamava Angelus, e prestava servizio in due Sinagoghe: la Pinkhas, che era del 1536, e la Zigeiner, più recente. David era nato nel '43, sicché aveva cinque anni quando il ghetto fu quasi interamente raso al suolo e ricostruito come un quartiere aperto. Ma non credo fosse poi così libero e integrato come gli Asburgo volevano che fosse...»
«Probabilmente no, ma è certo che anche David sognò di uscirne, come Jacob Basevi dal suo, a Livorno. Lei non ha mai suonato lo Studio numero 17, dai quaranta Studi per violoncello solo della "Hohe Schule des Violoncellspiels", opera 73, composti fra il 1901 e il 1905?...»

 

 

 

 

 

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