«Certo
che no! Non le sto raccontando fanfaluche, amico mio! Le sto
parlando di un fatto arcano, ma che agitò l'Europa intera.
Lasci che le dia degli esempi: la bambina cantante al primo concerto
pubblico del tredicenne James diventò poi la moglie di
un notevole violoncellista tedesco di origine boema, John Baptist
Mara, che era nato nel '44. Divenne un protetto del Principe
Enrico di Prussia, ma il suo carattere istrionico e sfacciato,
la sua intolleranza per le regole di palazzo, il suo modo di
vivere intemperante, dissoluto e immorale, irritarono il Principe
e gli causarono la cacciata da corte. Lui e sua moglie, che era
già diventata la celebre Madame Mara di cui le
avevo detto prima, si trovarono fra mille guai e tentarono di
fuggire da innumerevoli creditori, ma i loro piani vennero scoperti
e lui venne imprigionato. La moglie riuscì a convincere
il Principe a farlo liberare, così poterono partire: prima
per Vienna, poi per Parigi, e infine per Londra, dove, badi bene,
arrivarono nell'ottantaquattro, e Mara suonò in duetto
proprio con John Crosdill, precettore di violoncello di Giorgio
Federico Augusto Principe di Wales, ai Professional Concerts,
e con immenso successo; ossia piacque a tutti i cortigiani, che
favorivano tutte le scelte che la corte destinava al Principe.
Negli anni successivi continuò a godere di protezioni,
e nell'ottantotto cominciò i suoi viaggi su e giù
con l'Italia, insieme a sua moglie: a Londra nel '90, poi a Venezia,
nel '92 di nuovo a Londra. Nel novantanove si separarono, e Mara
tornò a Berlino, dove finì la sua dannata esistenza
da debosciato, nell'ottocento otto, dopo aver sperperato tutte
le sue considerevoli ricchezze in vino, vizi e piaceri proibiti.
Ora, vede, quando un genio come Beethoven, invitato a Londra
da Giorgio IV, anziché andarci gli dedicò la sua
"Battaglia di Victoria", non solo non ricevette
alcun rimborso per la copia o per le spese di spedizione, ma
neppure un biglietto di ringraziamento! Può leggersi questo
in una lettera che scrisse a Ries, e può leggersi pure
un innumerevole quantitativo di lamentele da parte di famosi
musicisti, che da quella corte londinese ricevettero molti complimenti,
ma mai aiuti economici. Era inevitabile: dovevano spendere i
loro denari per gente come Mara, o Burney, o Crosdill, ossia
gente che doveva dedicarsi per loro a quella ricerca, e tenere
la bocca cucita, chiusa da un lucchetto d'argento o d'oro.
Lei deve capire che tutta quella gente non andava dietro a un
violoncello un po' speciale e basta: quella era una Crociata,
una ricerca del Santo Graal! Se tutto si fosse ridotto al problema
di riappropriarsi un violoncello, forse dopo aver fatto il possibile
per ottenerlo legalmente (e avevano grandi possibilità
di manipolare la legge), l'avrebbero ottenuto con la forza, che
so, magari imprigionando Cervetto con qualche scusa, con qualche
calunnia; in fondo era un ebreo, vegetariano e sospetto di eresia...
ma se non fecero nulla di questo è perché finirono
col convincersi che il Cervetto possedeva dei segreti fondamentali,
e il loro scopo era di riunire tutto il legno sacro del Tempio,
al fine di ricostituirlo simbolicamente.
Suvvia, era gente che aveva bisogno di appassionarsi a qualcosa
di forte per vivere accettabilmente una vita che sentiva la pressione
costante della crisi: gente ricca ma annoiata, credulona, impressionabile,
con troppo tempo libero a disposizione, forse... comunque sia,
per salvare la pelle del marito e la sua, Madame Mara raccontò
di conoscere molti segreti importanti al riguardo delle faccende
reali inglesi; ne inventò di ben congegnate relative al
Cervetto, queste giunsero finalmente al Principe Enrico, così
il Principe liberò suo marito ed entrò nel gioco.
A quel punto Mara dovette sottostare, che gli piacesse o no,
alle regole della ragnatela tessuta da sua moglie, e certamente
non gli piacque farlo, a giudicare dalla fine che si cercò;
ma intanto, lì per lì, questo gli permise di uscir
di prigione, liberarsi dall'incubo dei creditori, e ritrovarsi
ricco e protetto senza dover più umiliarsi troppo alle
regole e agli obblighi lavorativi della corte tedesca.
I segreti affascinano, e le donne sono interlocutrici ideali
nell'intimità, così i segreti camminano, e camminano,
e hanno lunghe gambe. Attraverso un altro musicista protetto
dal nobiluomo torinese, il violinista Felice Giardini, il segreto
arrivò in Russia.
Giardini infatti era a Londra già fin dal 1750. Aveva
ricevuto per trent'anni grandi onori e ricchezze dall'aristocrazia
londinese, ma verso l'ottanta si trovò ad essere ignorato,
e la sua fortuna cominciò a declinare; così nell'ottantaquattro
ritornò in Italia, nella sua città natale, Torino.
A Londra doveva aver annusato qualcosa quando vi ritrovò
Lanzetti, col quale aveva lavorato alla corte torinese, nell'orchestra
della Cappella di Vittorio Amedeo III. Giardini quando lasciò
l'Inghilterra aveva sessantotto anni, e poteva pure ritirarsi
dalla scena, ma la curiosità per il mistero fu troppa.
Continuò a premere sul suo vecchio protettore, per ben
cinque anni, e infine tornò a Londra, dove divenne subito
direttore del "Little Haymarket Theatre", cercando
nuovamente fortuna. Fu un disastro finanziario totale, e cercò
allora di risollevarsi organizzando una importante tournée
con cantanti e strumentisti a Pietroburgo e Mosca, dove lui finì
col morire di risipola, ma non senza aver prima detto un gran
numero di ultime parole a gente d'alto rango, annoiata e desiderosa
di curiosità esoteriche. Così emigrò in
Russia un'altra parte del segreto, e prese a crescere e a maturare
secondo il carattere, lo stile e la fantasia dei lunghi inverni
e delle immense vastità di quel grande paese.
Chi aveva avvertito Giardini dell'esistenza di un segreto? Proprio
un altro torinese, il violoncellista Gaetano Chiabrano, che in
quel fatidico ottantaquattro era a Londra e suonava a fianco
del Cervetto, come altro inviato del nobiluomo torinese, visto
il fallimento di Lanzetti, ma data la provata efficacia della
scelta di un violoncellista, al fine di penetrare la casa in
cui si era ormai certi si celasse un segreto cruciale per l'intera
cristianità.
Quanto al Cervetto, pare che lui vivesse in assoluta tranquillità
e benessere tutta la faccenda. Cosa avesse capito di tutto ciò
che gli succedeva intorno è impossibile dirlo, anche se,
vista la cattiva qualità e la permeabilità delle
arche che conservavano quei segreti, qualche idea della faccenda
probabilmente se l'era fatta. D'altronde Giardini, nel desiderio
di rimettere in attivo le sue finanze finendo a far parte del
gioco, aveva riempito Londra e Torino di segnali: c'era un suo
ritratto semidisteso su un largo divano, nel quale lui, con aria
profondamente severa, sebbene rilassata, indicava solennemente
col braccio teso e coll'indice della mano sinistra un violoncello
appoggiato in verticale dal lato opposto del divano, con pagine
di musica appoggiate sopra la cordiera.
In un'altra incisione,
invece, Giardini stava su una pietra tombale, attorniato da geni
in cordoglio, tentando di mostrarsi, anche lì, come custode
di segreti arcani, piuttosto che musicista adeguatosi alle nuove
mode.
Insomma Chiabrano portò una chiave del segreto a Parigi,
da Parigi un'altra chiave partì per Hannover e Francoforte
con Duport, a Vienna c'era già arrivato Mara, che l'aveva
portata anche già a Parigi, dove poté contribuire
a confermare l'autenticità dei segreti quando li svelò
Chiabrano, e Lorenzo da Ponte portò il segreto da Vienna
in America!
Ma si vada a guardare il ritratto a olio di James Cervetto the
Younger, di proprietà della Hill and Sons, a Londra: tutti
i ritratti di violoncellisti che potrà vedere al mondo,
ritraggono il soggetto nell'atto di suonare, o di rilassarsi
con lo strumento a fianco, gli occhi puntati su chi li guarda
o nelle lontananze dei loro sguardi, oppure imbracciando il violoncello
come un'amante, o brandendolo eroicamente, come un'arma; ma Cervetto
no: Cervetto tiene il violoncello stretto fra le gambe e rivolto
verso di sé, chiuso e nascosto fra le sue ginocchia, e
la sua figura sgraziata dalle braccia troppo lunghe, dal collo
irrigidito in avanti, è nell'atto di accordare, la mano
sinistra appoggiata alla base del manico, a pizzicare la corda
col pollice, e la destra sulla chiave della prima corda: il La.
Lo guardi bene: guardi con attenzione il suo sguardo di tre quarti,
lievemente obliquo, rivolto appena fuori dal campo visivo in
cui si trova colui che lo sta scrutando; James è assorto
per l'eternità che un dipinto può fissare, su quella
nota che sta accordando, e pare che sfidi chi lo guarda anche
soltanto a pensare di levargli dalle mani quello strumento. Somiglia
a un lugubre avvoltoio, con quel suo collo avanzato, rigido,
che il pittore, nel disegno, ha unito alla spalla sinistra esageratamente
bassa della redingote, lunga e affilata come la coda rigida di
un uccellaccio. Osservi attentamente lo sguardo di quell'uomo:
è glaciale, con la bocca sottile e appena deformata da
un taglio spregevole, il naso a lama a punta dritta, gli occhi
troppo distanziati e asimmetrici: è un viso luciferino,
terrificante. Lo guardi attentamente, mentre, accordando la sua
prima corda, il suo 'cantino', sembra dire con una vocetta querula:
"la, la, la sono i segreti, la, la, la io li vedo, appena
fuori dalla portata dei vostri occhi, qui, dove io sono e voi
non siete".»
«È terribile... è vero: conosco quel ritratto...
e davanti a lui c'è un fortepiano, forse di Broadwood,
su cui ha posato musica e archetto d'un modello antico... quando
l'avevo guardato avevo notato il gelo inquietante dello sguardo,
la goffaggine del corpo, ma mi sembrava che, accordando, ascoltasse
l'intonazione con gli occhi...»
«Certo: l'inganno di Lucifero, come gridava disperato il
gentiluomo livornese...»