BENEDETTINI
BREVE
STORIA DELLA VITA DI SAN BENEDETTO
Benedetto nacque nella piccola città di Norcia verso il 480
d.C., in un periodo storico particolarmente difficile.
Quattro anni prima (476) era formalmente finito l'Impero Romano d'occidente
con la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augustolo.
Fu contemporaneo di Teodorico e ne vide fallire nel sangue l'ambizioso
progetto di una pacifica convivenza con i Goti ed i Romani; poté
assistere agli orrori della terribile guerra fra i Goti e i Bizantini
per il predominio dell'Italia (535-553), guerra che lasciò
desolato e spopolato il nostro paese tra stragi e pestilenze.
Fu anche contemporaneo di Giustiniano e conobbe le pesanti interferenze
dell'imperatore bizantino in materia religiosa, con la conseguente
umiliazione dell'autorità papale.
Studente a Roma, constatò di persona lo stato di grave decadenza
in cui versava l'antica capitale dell'impero; da essa il giovane Benedetto
fuggì via inorridito ritirandosi nel silenzio e nella preghiera
nei boschi dell'alta valle dell'Aniene, ai confini tra il Lazio e
l'Abruzzo.
Una comunità di monaci di Vicovaro lo volle come abate, ma
l'esperimento fu un fallimento: ben presto quei monaci, preoccupati
per l'eccessiva austerità e disciplina di Benedetto, tentarono
di avvelenarlo.
Dopo questa esperienza, egli intraprese una nuova forma di vita monastica:
nella zona di Subiaco, sull'esempio di ciò che aveva fatto
duecento anni prima in Egitto san Pacomio, organizzò un gruppo
di monaci, suddiviso in dodici comunità di dodici monaci: ciascuna
comunità aveva un proprio superiore, mentre Benedetto conservava
la direzione generale.
L'invidia di un prete, che non gradiva l'accorrere della gente con
ricchi doni ai piedi del santo, costrinse Benedetto ad abbandonare
quei luoghi con il gruppo dei suoi discepoli più fidati.
Fra di essi vi erano giovani dell'aristocrazia romana, come Mauro
e Placido figli di senatori, ma anche goti e figli di schiavi, gente
umile e rozza: per tutti Benedetto era il maestro nella "scuola
del divino servizio" (questa è la definizione che egli
dà del monastero nella sua Regola).
Così
Benedetto gettava le basi di una unità tra barbari e latini
molto profonda, perché fondata sulla fratellanza universale
insegnata dal Vangelo.
Allontanatosi da Subiaco, Benedetto si diresse a Cassino, sulla cui
altura fondò, nel 529, il monastero di Montecassino destinato
a diventare il più celebre in Europa.
Là avvenne la sua morte, tra il 543 ed il 555 d.C., in una
data che l'antica tradizione ha fissato al 21 Marzo.
Due o tre decenni dopo la sua morte i longobardi attaccarono Montecassino
e vi compirono la prima delle memorabili distruzioni che scandiscono,
come tappe, la storia di quell'abbazia.
I monaci scampati al disastro si rifugiarono a Roma portando con sé
il testo della "Regola", quasi certamente autografo di san
Benedetto.
Da loro stessi il papa san Gregorio Magno apprese la vita del grande
santo e ce ne trasmise il racconto nel secondo libro dei suoi "Dialoghi"
unica fonte storica in nostro possesso per conoscere la vita di san
Benedetto..
La Regola benedettina con le sue esigenze di ordine, di stabilità,
di sapiente equilibrio fra preghiera e lavoro, si impose ben presto
a tutto il monachesimo occidentale e fu seguita in tutti i monasteri
europei.
San Benedetto divenne così uno dei santi più popolari
e venerati ed apparve a tutti come l'uomo suscitato da Dio per portare
la pace là dove erano state seminate le distruzioni e la morte.
Divenuto il simbolo dell'ideale monastico, fu spontaneo attribuire
a lui il merito di tutto ciò che il monachesimo, compreso quello
pre-benedettino e quello extra-benedettino aveva compiuto a servizio
della civiltà.
Così nel 1947, Pio XII lo chiamò "Padre dell'Europa"
e il 24 ottobre 1964, in coincidenza con la consacrazione della basilica
di Montecassino, ricostruita dopo la distruzione della seconda guerra
mondiale, Paolo VI lo proclamò "patrono d'Europa".
ALLE ORIGINI DELL'EUROPA
Il cammino dell'Europa ebbe inizio con l'evangelizzazione delle popolazioni
europee da parte della Chiesa. Crollato il mondo romano, nel dilagare
della violenza barbarica, la Chiesa fu la grande forza storica che
fece incontrare, chiamandole a nuova vita, realtà umane profondamente
diverse.
Dalle città romane la fede lentamente si era diffusa nelle
campagne: chiese, cappelle, luoghi di culto erano disseminati un po'
dovunque; da questi si sviluppava intorno un'intensa attività
di assistenza e di istruzione nei confronti delle popolazioni. La
maggiore difficoltà in questa opera di evangelizzazione consisteva
nell'attaccamento ai culti pagani preesistenti, che talvolta si mescolavano
con quelli cristiani. Tuttavia quei luoghi di culto e di preghiera
erano un segno concreto della presenza della Chiesa e richiamavano
alla verità della fede.
La creazione di centri di vita cristiana fu anche il metodo della
evangelizzazione dei popoli barbarici. Fu il grande pontefice san
Gregorio Magno il primo ad operare per la loro conversione, inviando
dei monaci benedettini tra quelle popolazioni. Celebre è l'invio
in Inghilterra di un gruppo di monaci: il loro capo, Agostino, fu
il primo arcivescovo di Canterbury.
Successivamente l'arrivo dei monaci irlandesi ed inglesi sul continente
segnò l'inizio della seconda fase: innumerevole fu la schiera
di monaci che si sparse tra le tribù germaniche ancora pagane.
Tra essi ricordiamo Colombano, Gallo, Willibord e, soprattutto, Bonifacio.
Una fitta rete di monasteri ed abbazie si estese così in tutta
l'Europa: Luxeuil, Bobbio, S. Gallo, Fulda, Reichenau, Corbie e migliaia
di altre costruzioni grandi e piccole. Questi monasteri divennero
un punto di riferimento essenziale per tutte le popolazioni vicine,
centri di evangelizzazione e di civilizzazione.
Sotto la guida dei monaci, queste popolazioni impararono a prosciugare
le paludi, a disboscare le selve, a coltivare la terra, a tracciare
nuove strade, a leggere ed a scrivere. Nei monasteri fiorirono le
scuole della nuova Europa, nata dalla fusione tra romanesimo e germanesimo,
mediate dal cristianesimo.
Dopo il fallimento del tentativo di Carlo Magno di dare unità
politica alla cristianità medioevale, la Chiesa ritrovò
una nuova energia missionaria e fu la volta dei popoli scandinavi,
slavi e degli ungari.
Un'altra schiera di santi (Cirillo, Metodio, Adalberto, re Stefano
d'Ungheria ed altri) compì questa impresa. Così, nel
secolo XI, l'Europa consisteva in una comunità di popoli uniti
dalla stessa fede e dalla stessa cultura: essenziale in quest'opera
di edificazione era stato l'apporto dei monaci benedettini.
I MONASTERI
L'organizzazione benedettina fece sì che i monasteri fossero
non solo centri di vita religiosa, ma anche centri di vita economica
e culturale.
CENTRI DI VITA ECONOMICA
La valorizzazione del lavoro, considerato come mezzo di elevazione
dello spirito e perciò imposto a tutti come un dovere, portò
ad una ripresa della bonifica del suolo e del lavoro dei campi in
tempi in cui gran parte dell'Europa occidentale era incolta e spopolata.
Seguendo le indicazioni della Regola, per provvedere alle loro necessità,
i monaci si diedero a dissodare ed irrigare i campi presso i monasteri,
a prosciugare le zone paludose, bruciare le stoppie, arare, seminare.
Il bisogno di cera per l'illuminazione delle chiese portò allo
sviluppo dell'apicoltura; le necessità di procurarsi la lana
per i vestiti, la pergamena per scrivere, il grasso per illuminare,
favorì l'allevamento del bestiame.
Ben presto intorno ai monasteri vennero a raggrupparsi contadini in
cerca di protezione e, dietro l'esempio dei monaci, presero a dissodare
le terre incolte.
Rifiorirono così le culture della vite e dell'ulivo, da tempo
abbandonate. Ripresero anche gli scambi commerciali.
Il monastero, che normalmente sorgeva in un luogo isolato, divenne
un centro presso cui si radunavano, in determinati giorni dell'anno,
le popolazioni vicine per scambiarsi i loro prodotti; ben presto divenne
il luogo in cui, sotto la protezione dell'abate, poté sorgere
un vero e proprio mercato.
Con il passar del tempo, per il rapido moltiplicarsi delle donazioni,
le proprietà dei monasteri benedettini assunsero vaste proporzioni.
Questo fatto portò allo sviluppo della innovazione tecnica:
si moltiplicarono così nelle abbazie i mulini ad acqua ed officine
di ogni genere (oleifici, concerie, tintorie, birrerie, formaggerie
e, più tardi, stampe).
Ancora oggi nei monasteri benedettini assistiamo a diverse attività.
Ne citiamo alcune: il lavoro della ceramica e dell'oreficeria (a Maresdous
in Belgio ed a Montserrat in Spagna), la fabbricazione di succhi di
frutta (a Dendermonde in Belgio), la rilegatura di libri (a Farnborough
in Gran Bretagna), un laboratorio di restauro di manoscritti e di
libri antichi (a Praglia in Italia), ecc...
CENTRI DI VITA CULTURALE
Un altro importante contributo alla civiltà europea fu offerto
dai monaci con la paziente trascrizione degli antichi scrittori. L'esempio
classico è il monastero di Vivarium (presso Squillace), fondato
verso la metà del secolo VI dall'ex-senatore Cassiodoro in
un fondo di sua proprietà; ma in ogni monastero un certo numero
di monaci si dedicava a questa attività.
Si copiava soprattutto la Bibbia ed i testi dei grandi autori cristiani,
ma anche storici, poeti, naturalisti ed autori di ogni genere del
mondo antico trovarono ospitalità nelle biblioteche monastiche.
Quello che il mondo moderno conosce della letteratura antica è
dovuto in maniera quasi esclusiva all'opera di umili ed anonimi amanuensi:
Montecassino, Bobbio, s. Gallo, Tegernsee, Fulda e Reichenau sono
stati i principali luoghi di conservazione di testi classici.
L'arte dello scrivere era piuttosto faticosa. Nei testi dei secoli
IX e X ritornano spesso affermazioni come questa: "L'approdo
non è più gradito al marinaio di quanto non sia l'ultima
riga del manoscritto allo stanco amanuense".
La lunghezza del lavoro era un altro aspetto scoraggiante: un commento
di sant'Agostino di 218 pagine, con 20 righe per pagina, venne copiato
nell'823 in sette giorni da un unico amanuense, il che rappresenta
un ritmo di lavoro eccezionale. La media invece doveva essere di 10-12
pagine al giorno: per ricopiare la Bibbia era necessario un anno intero.
Alcuni dei manoscritti, soprattutto la Bibbia e gli evangeliari, erano
eseguiti in modo lussuoso: a volte la pergamena era tinta di porpora
ed il testo era scritto con un inchiostro che dava l'impressione dell'oro
e dell'argento.
Frequenti erano le decorazioni con miniature che si facevano sempre
più ricche e ricercate.
La celebre Bibbia offerta a Carlo il Calvo resta uno dei più
begli esempi dell'arte del libro come si seppe praticarla nel monastero
di Tours; ma si ha notizia di altre trenta Bibbie circa uscite da
questo scriptorium. Il lusso e la cura nelle decorazioni rivelano
un amore per i libri che venivano accuratamente conservati: "Monastero
senza libri, piazzaforte senza viveri" dirà il proverbio.
LE SCUOLE
I libri ricopiati con cura servivano ai monaci per la lettura e l'insegnamento.
Per lungo tempo i monasteri, insieme alle chiese cattedrali, furono
l'unico luogo in cui ci si preoccupava di istruire ed insegnare. Nel
789 Carlo Magno in un suo capitolare ordina che "in ciascuna
diocesi, in ciascun monastero vengano insegnati i salmi (per apprendere
le letture), le note, il canto (per cantare l'ufficio), l'aritmetica,
la grammatica (per saper scrivere) e vi siano dei libri corretti con
cura". Ma era questa un'usanza già diffusa.
Le scuole monastiche sono in primo luogo destinate alla formazione
dei monaci; vi sono però dei monasteri che mantengono delle
scuole che possono essere frequentate da studenti laici. È
il caso ad esempio del monastero di san Gallo in Svizzera.
Le materie di studio erano in genere 7 ed erano chiamate arti liberali.
Si distinguevano in un primo corso chiamato trivio perché comprendeva
tre materie: la grammatica, la dialettica (l'arte cioè di ragionare)
e la retorica (l'arte del parlare).
Successivamente si passava al quadrivio che comprendeva quattro materie:
aritmetica, geometria, musica ed astronomia. Tra queste un notevole
impulso subì col passar del tempo l'aritmetica, grazie alle
conoscenze che furono apprese dagli arabi.
Oltre a queste materie interessanti erano gli studi di teologia e
di diritto.
L'OSPITALITA'
L'alto valore che i monaci attribuivano all'ospitalità (l'ospite
è "come Cristo" secondo le parole della Regola) fece
sì che i monasteri divennero un punto di riferimento sicuro
per i pellegrini o per i vari viaggiatori che vi trovavano aiuto e
protezione. Nei loro viaggi verso la Terrasanta, verso Roma o gli
altri luoghi degni di venerazione (tra tutti ricordiamo Santiago de
Compostela) i numerosi pellegrini sapevano di trovare nei numerosi
monasteri che costellavano l'Europa un ristoro alle dure fatiche del
viaggio e la risposta a qualsiasi necessità.
Con questo lavoro immenso e minuzioso è stato offerto un prezioso
contributo alla civiltà europea.
LA
"REGOLA" BENEDETTINA
File prelevato dal sito:
http://www.augustea.it/dgabriele/