«Io la musica son, ch'ai dolci accenti so far tranquillo ogni più turbato core, ed or di nobil ira, ed or d'amore, poss'infiammar le più gelate menti!», componeva Alessandro Striggio per "aprire" il suo "Orfeo", e Monteverdi musicava. Ma quanto più lontano muovevano i passi di quella musica, scendendo non agli inferi di una vana illusione, ma alle rozze menti del popolo che però capiva e l'ascoltava, e ascoltando cresceva, e crescendo, a piccoli passi, imparava ad amare come Orfeo. Tempo perso: Monteverdi e tutto quel popolo sono carne morta, marcita e scomparsa! E dei loro idoli, feticci, simboli e amori ci rimane solo materia decomposta. Forse da ricomporre?... |
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