Potrai leggere centinaia
di libri sulla Qabbalah ebraica, ma non riuscirai mai a capire
con certezza se l'albero delle Sephirot è
l'albero della conoscenza del bene e del male, oppure l'albero della
vita, di quel giardino dell'Eden da cui fummo cacciati.
Non riuscirai a capirlo, almeno, fintanto che ti fermerai agli avvertimenti
di pericolo che i Rabbini mettono "nero su bianco" in ogni
angolo...
Diverso è quando ti spingi "oltre", anche attraverso
le immagini: l'albero sefirotico è l'Adamo primordiale, e quello,
quindi (o ciò che ne rimaneva) è ovvio credere che fosse
l'albero proibito nel giardino di Eden.
Né esiste differenza vera fra la conoscenza del bene e del
male e la vita stessa, come si può ben capire guardando l'animale
che non mangia del cibo che sa essere velenoso per lui.
Così, di alberi con le radici nella terra ce n'è tanti
quanti ce ne sono con le radici nel cielo, e si chiamano "anime".
Se la tua immaginazione ricorre all'albero in metafora, le troverà
sia all'interno di un violino o di un violoncello (l'anima, negli
strumenti ad arco europei, è quella colonnina non incollata,
che all'interno della cassa armonica trasmette la vibrazione della
corda, attraverso il ponticello e la tavola armonica, al fondo della
cassa, traducendone il movimento da ondulatorio a sussultorio, ovvero
da orizzontale a verticale), sia dentro a un bosco.
Sicché, per il momento, ti invio una mio piccolo racconto,
che trovi cliccando qui (se invece proprio non sai cosè l'albero
delle Sephiroth, cliccaci sopra. Oppure prosegui con l'immagine
più sotto, tratta dal frontespizio di "Portae Lucis"
di A. Gikatilla, un po' ritoccato...):